Dietro la “finta crisi”, l’Italia scopre una recessione record
[Le Monde]
A Pomigliano d’Arco, a una quindicina di chilometri da Napoli, Nicola Sarkozy ha molti amici.
Davanti ai cancelli della Fiat, gli operai che la CGIL (il più forte tra i sindacati italiani) ci ha fatto incontrare, commentano con invidia il piano d’aiuti che il presidente francese ha concesso all’industria automobilistica. “Con 6 miliardi, Sarkozy, ha fatto scendere in piazza 2 milioni di persone, da noi, con qualche centinaia di milioni di euro, Berlusconi ha rabbonito tutti”.
Per i 5000 operai della fabbrica, i 2 miliardi di euro sbloccati dallo Stato italiano a favore dell’industria dell’auto (1500 euro di bonus per l’acquisto di un veicolo ecologico) e degli elettrodomestici non cambieranno nulla. Questi operai producono le potenti Alfa-Romeo, che in fatto di ecocompatibilità non va certo forte. Giovedì 5 febbraio gli impiegati più determinati hanno fatto una quindicina di chilometri a piedi per bloccare, in segno di protesta, l’autostrada Napoli-Roma.
Francesco ha fatto i suoi conti. Dal settembre 2008 ha passato 19 settimane in cassa integrazione. Di colpo, i suoi 1200 euro di stipendio mensile sono scesi a 760. Francesco ha due bambini ed una moglie che non lavora. È ai suoi genitori pensionati che si rivolge. “Qui al sud i poveri si aiutano tra loro”. Venerdì 13 febbraio ha manifestato questa volta a fianco degli impiegati del settore pubblico, come hanno fatto altri migliaia di persone, convocati allo sciopero dalla CGIL. Parola d’ordine: “Uniti contro la crisi”
La crisi? I media le prestano poca attenzione. I telegiornali danno la parola più volentieri ai commentatori (politci e rappresentanti sindacali) e meno a quelli che la vivono. Incorreggibile ottimista, Silvio Berlusconi, ha evitato a lungo l’argomento, per sdrammatizzare.Perché preoccuparsene?. Abituata ad una crescita debole, l’Italia resisteva trasformando i suoi ritardi strutturali in vantaggi: un settore bancario poco concentrato, buona tenuta delle esportazioni, salari bassi per resistere alla concorrenza, basso indebitamento dei singoli cittadini. Da cui l’impressione di una “finta crisi”, che ricorda tanto quel che si diceva nel ‘39 a proposito della “finta guerra”.
Venerdì, la Penisola, già in recessione dal terzo trimestre, ha registrato la peggiore inflessione di crescita degli ultimi 28 anni: -1.2% nel quarto trimestre rispetto al precedente, -2.6% su scala annuale. La produzione industriale è calata a picco:-2.5% in dicembre. Questa volta Berlusconi ha dovuto ammettere la sua “preoccupazione”. Gli istituti di ricerca economica? prevedono che nel 2010 il debito pubblico (il terzo al mondo) potrebbe raggiungere il 110% del PIL. Ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede un ritorno della crescita economica non prima del il 2011.
Fronte a questa situazione, lo Stato, che si vanta di aver varato un piano anti-crisi da 80 miliardi di euro (essenzialmente costituito da fondi europei e da finanziamenti già previsti in bilancio nel mese di giugno), ha chiesto alle regioni di sborsare 8 miliardi di euro per finanziare i sussidi di disoccupazione.
Secondo fonti sindacali, le ore di disoccupazione stanno aumentando vertiginosamente: +209% nell’industria chimica, +152% nel settore metallurgico, +137% nell’indistria meccanica, +84% nella chimica, +73% nell’industria alimentare, + 39% nell’abbigliamento e + 31% nel settore conciario.
Persino l’industria del lusso, il famoso “Made in Italy”, non ne è indenne. La IT Holding, con 1800 impiegati, proprietaria dei marchi Ferré e Malo (cachemire) è sul bordo della bancarotta. In un altro settore, Indesit, uno dei fiori all’occhiello dell’industria degli elettrodomestici, ha annunciato l’imminente chiusura di un suo stabilimeno a None, vicino a Torino. Persino il padrone dell’ Harry’s Bar di Venezia, Arrigo Cipriani, deve adattarsi alla diminuzione di clienti. Ed ha proposto ai suoi dipendenti di “lavorare meno - lavorare tutti”.
Solo i prodotti di lusso resistono. La Ferrari ha annunciato martedì 10 febbraio un fatturato record di 6 587 veicoli venduti nel 2008. Il cantiere navale Modelart di Itri, si concentrerà sulla fabbricazione di grandi yacht, di più di 50 metri. “Non ci sono più acquirenti per quelli più piccoli” ha spiegato il suo direttore. A Pomigliano, Francesco si lamenta: “E noi, cosa possiamo fare per cavarcela? Il lavoro nero? La Camorra?”