sabato 6 giugno 2009

Rete censurata a norma di porcata

Fonte:



Ricevo e inoltro che è passato l’emendamento D’Alia.

L ‘attacco finale alla democrazia è iniziato!

Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.

Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733) che obbliga i medici a denunciare i pazienti clandestini ed è stato introdotto l’articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”. Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. Si chiamerà articolo 60. Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.

Un qualunque blogger che invita a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, dovrà essere oscurato dai provider che saranno obbligati a rispettare il provvedimento. Ovunque il sito si trovi.
Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore.

La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 50 mila a 250 mila euro per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per istigazione a delinquere e per apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali.
Facile immaginare come potranno essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge. Stanno legalizzando l’oscuramento di Facebook, Youtube e i blog di libera informazione.

Il governo del presidente del consiglio corruttore in conflitto di interessi sta legalizzando ciò che altrove è impensabile. Mediaset, la sua azienda televisiva, è l’unica al mondo ad aver chiesto a Youtube 500 milioni di risarcimento.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.

Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet, l’Italia diventa come la Birmania e la Cina.

Facciamo girare questa notizia il più possibile. È ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani. È in gioco la libertà nel suo senso più elementare.

Per quanto mi riguarda mi rendo disponibile a prendere parte ad un sit-in a Montecitorio o al Senato armati di rabbia e videocamere. Forza! O potrebbe essere la fine.

Più ricchi, più malati (e meno male che l’uomo è un animale intelligente!)

Fonte:

di Sonia Toni

Chi l’avrebbe mai detto? La società del dopoguerra arrancava faticosamente sperando in una ripresa economica che potesse consentire a tutti di togliersi almeno la fame. Lo zucchero, il caffè, l’olio, la pasta, beni di primaria importanza per il nutrimento quotidiano, erano trattati come gli oggetti più preziosi. Chi possedeva un sacco di caffè o dei fagioli secchi era considerato ricco. Non stiamo parlando di mille anni fa ma - dal punto di vista della storia - dell’altro ieri. La fame era un incubo reale, uno spauracchio che non risparmiava nessuno. Le malattie più diffuse erano quelle determinate da scarsa igiene, nutrizione povera, stretto contatto con animali domestici e non, mancanza di riscaldamento e acqua corrente nelle case: erano spesso malattie infettive, quindi contagiose. Ora le malattie più comuni non sono contagiose eppure ce n’è una vera e propria epidemia. Il paradosso del benessere, l’assurdità dell’ingordigia e l’equazione inversamente proporzionale della ricchezza: più l’uomo riempie lo stomaco, più la sua anima e il suo cervello, si svuotano. Il benessere non ha affatto migliorato l’uomo anzi, lo ha reso ancora più famelico, più vorace, trascinandolo in una sorta di bulimia culturale, spirituale, mentale e, spesso, letterale. Mai come in quest’epoca è stato concretizzato il proverbio “l’appetito vien mangiando”, infatti più mangiamo e più ne vogliamo, fino a scoppiare; ed è questa la fine che molti fanno: scoppiano, nel vero senso della parola. 
L’obesità dilaga e si riscontra sempre di più anche in soggetti molto giovani. E’ comunissimo vedere bambini, e spesso anche neonati, grassi e mentre dilagano gli interventi di chirurgia estetica, non si dà la minima importanza al mantenimento della salute che, non si afferma mediante l’assunzione di pillole o vaccini ma è la somma di una serie di comportamenti di cui il cibo costituisce una parte determinante. Il benessere economico vissuto sconsideratamente ha portato l’uomo ad ammalarsi e, del resto, basterebbe riflettere su uno dei significati del termine “malato” per chiarirsi un po’ le idee in merito. “Malato” deriva anche da “mal atto”, quindi, spesso la malattia è il risultato di una serie di azioni sbagliate. Dove abbiamo sbagliato? E soprattutto, dove continuiamo diabolicamente a sbagliare? L’errore più fatale di questa epoca è la separazione dell’uomo dalla natura che lo ospita. Gli esseri umani continuano stupidamente a credere di poter vivere e guarire, distaccati dal seno di madre natura. L’”emancipazione” dell’uomo dall’ambiente nel quale vive è pura illusione; un’illusione che stiamo pagando a caro prezzo. Abbiamo inventato le automobili per andare più veloci e ci ritroviamo a perdere ore ed ore bloccati nel traffico morendo asfissiati; i vaccini e gli antibiotici, hanno salvato intere generazioni da malattie infettive ed ora moriamo da stupidi a causa di patologie non contagiose. La medicina “ufficiale” è diventata serva della multinazionali del farmaco che vorrebbero rimpinzarci di porcheria chimica anche se (almeno ogni tanto) capita che stiamo bene; e siccome i sani non sono dei buoni clienti allora bisogna inventarsi malattie nuove che andranno “curate” con farmaci nuovi e tutto, ovviamente, per il nostro “bene”. L’apoteosi di questa assurdità si raggiunge con la prevenzione di malattie inventate a tavolino dalle case farmaceutiche. Con la complicità dell’ingegneria genetica che, tramite lo studio dei geni contenuti nel Dna ci racconta quali sono le malattie alle quali saremmo più soggetti, viene svolto un business che ci viene propinato come “strategia preventiva”. Il massimo dell’aberrazione in questo senso - almeno per ora - avviene in quelle cliniche degli Usa, nelle quali si rimuovono certi organi a “scopo preventivo”. Un esame del Dna ti dice che potresti avere la predisposizione del cancro all’utero? Niente paura: vieni da noi che te lo togliamo così non ci pensi più. A quel punto, certamente non avrai più problemi all’utero ma sicuramente ne svilupperai di peggiori nel resto del corpo che ti rimane. Per non parlare dei problemi psicologici che potrebbero accompagnarti per il resto della vita ma per questo ci sono gli strizzacervelli e tutta un’altra serie di farmaci che non verranno mai a mancare. La dipendenza dalla droga può essere molto meno pericolosa, almeno non c’è nessuno che vuole propinartela come se fosse la tua salvezza. Alla luce di tutto questo, mi sorge spontanea una domanda: ma come abbiamo fatto a diventare così scemi?

I Diritti della Madre Terra: un’utopia realizzabile?

Fonte:

Il 22 aprile il presidente boliviano Evo Morales ha tenuto un discorso davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sottolineando la necessità di una Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra. Freud sosteneva che la civiltà doveva difendere l’uomo dalla natura, ma adesso la situazione si è capovolta.


di 
Elisabeth Zoja

madre natura
E' necessaria una Dichiarazione dei Diritti della Madre Terra sostiene Evo Morales, presidente della Bolivia
I fiumi, i laghi e i ghiacciai “hanno il diritto a vivere in un ambiente sano”, dichiara il presidente boliviano Evo Morales. Questo diritto dovrebbe far parte della Dichiarazione Universale sui Diritti della Madre Terra.

Durante il sue discorso alle Nazione Unite del 22 aprile, Evo Morales ha parlato della necessità di una tale dichiarazione, poiché “ciò che sta accadendo adesso a causa del cambiamento climatico è legato al mancato rispetto della Madre Terra”.

L’idea del presidente boliviano è più fondata di quel che sembra. A suo parere questa dichiarazione non sarebbe altro che la continuazione della storia dei diritti. “Il XX secolo è stato il secolo dei diritti umani, innanzi tutto con l'approvazione dei diritti civili e politici nel 1948, ed in secondo luogo con l'approvazione dei diritti economici, sociali e culturali nel 1966. Adesso il XXI secolo deve diventare il secolo dei diritti della Madre Terra e di tutti gli esseri viventi.”

“L'Organizzazione delle Nazioni Unite è l'ente che deve far rispettare i diritti della Madre Terra e degli altri esseri viventi. […] So che questo compito non sarà facile. Molte persone, specie gli avvocati, affermano che solo noi esseri umani abbiamo diritti. So che questa nostra convinzione è difficile da accettare perché alcuni esseri umani credono di essere l'ombelico del mondo e... dell'universo. Tuttavia so anche che alla fine saranno la ragione, il buon senso e la realtà a prevalere.”

Il presidente della Bolivia continua elencando quattro diritti che dovrebbero essere presenti nella Dichiarazione:

Il diritto alla vita. Nessun ecosistema, nessuna specie animale o vegetale, nessun ghiacciaio, fiume o lago può essere eliminato o sterminato a causa di un atteggiamento irresponsabile degli esseri umani. […] Il nostro diritto termina quando incominciamo a provocare l'estinzione o l'eliminazione della natura.

Il diritto alla rigenerazione delle sue bio-capacità. L'attività umana sul Pianeta Terra e le risorse della terra non sono illimitate. […] C'è un limite, dato dalla capacità di rigenerazione delle specie animali, vegetali, forestali, delle fonti di acqua e dell'atmosfera. Se non lo rispettiamo “distruggeremo lentamente la nostra casa, asfissieremo poco a poco il nostro Pianeta, tutti gli esseri viventi e noi stessi.”

Il diritto ad una vita pulita. I fiumi, i pesci, gli animali, gli alberi e la stessa terra hanno il diritto a vivere in un ambiente sano.

Il diritto all'armonia e all'equilibrio tra tutti e tutto. Esistono milioni di specie viventi, ma solo noi esseri umani abbiamo la coscienza e la capacità di controllare la nostra evoluzione.

evo morales
Il presidente boliviano Evo Morales
Morales accusa il capitalismo che“considera l'uomo il padrone indiscusso del pianeta”, e conclude il discorso annunciando: “È giunta l'ora di riconoscere che la terra non ci appartiene, bensì siamo noi ad appartenerle.”

L’uomo non è più una delle numerose specie presenti sul pianeta, è la natura ad essere diventata una di tante: una di tante attività, uno di tanti luoghi di vacanza, uno dei tanti hobby. “A me piace passare la domenica nella natura”dice uno, “a me coi videogiochi”, risponde l’altro.

Siamo noi esseri umani a controllare tutto, ogni altro essere è solo una frazione della nostra ‘civilizzazione’: se esiste ancora qualche macchia di natura è perché noi vi abbiamo costruito attorno un recinto e l’abbiamo chiamata “parco nazionale” o “area protetta”.

Eppure Freud diceva la civiltà doveva difendere l’uomo dalla natura. In settant’anni la situazione si è invertita.

venerdì 5 giugno 2009

Democrazia alimentare e nuovi colonialismi

Fonte:

L'espansione coloniale di alcuni paesi in Africa e in Asia sta provocando la dipendenza alimentare di questi ultimi a causa della loro estrema povertà. Nei paesi ricchi l'impatto sulle superfici coltivabili per l'allevamento è davvero insostenibile. Dove vogliamo arrivare?


di 
Valerio Pignatta

deforestazione
La deforestazione è uno dei problemi più gravi che sta colpendo molti paesi del nostro pianeta
Un paio di mesi fa fece notizia sui vari media la dichiarazione del presidente della Coldiretti Sergio Marini che chiedeva ai G8 di prendere provvedimenti di fronte a un nuovo tipo di espansione coloniale di alcuni stati in Africa e in Asia. Vennero infatti forniti alcuni dati di questo fenomeno: stati asiatici in forte crescita demografica e industriale come Cina, Giappone e Corea del Sud ma anche paesi arabi con sistemi economici sempre più “sviluppati” come Qatar, Bahrein, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait vanno acquistando ampie superfici di terreni coltivabili in paesi poveri sia africani (i primi) che asiatici (i secondi) mettendo in condizione di dipendenza alimentare e squilibrando la bilancia del commercio estero di interi paesi che a causa dell'estrema povertà si svendono in cambio di presunti aiuti tecnologici di tipo agricolo.

Questi, però, poi si condensano in esportazione delle derrate alimentari prodotte nei paesi che possiedono le aziende agricole stesse. E le cifre di questo affare non sono piccole. Secondo alcuni calcoli gli agricoltori cinesi stabilmente insediati in Africa potrebbero arrivare a un milione entro il 2010. 14 le aziende agricole africane della Repubblica Popolare Cinese ripartite in vari paesi come Uganda, Zambia, Zimbabwe, Tanzania.

7,6 i milioni di ettari acquistati dai paesi “colonizzatori” all'estero nel 2008, pari a circa la metà della superficie coltivabile italiana.

La motivazione più evidente di questa moderna politica coloniale è quella difar fronte alla crisi mondiale con adeguate riserve alimentari, dato che molti di questi paesi dipendono in proporzioni diverse, ma comunque elevate, dall'importazione di generi alimentari (la Corea del Sud ad esempio vi dipende per più del 60%). Ovviamente la forte crescita demografica di alcuni di essi è un fattore altrettanto valido di spinta in questo senso.

Fin qui le informazioni dovute e il quadro delineato dai media.

Poi possiamo provare a fare delle riflessioni aggiungendo qualche altro dato.

allevamento
L'impatto sulle superfici coltivabili che hanno gli allevamenti è davvero enorme
La prima annotazione dolente che va fatta è che non ci sono citazioni da parte di Coldiretti del problema del consumo alimentare di carne nel mondo. Come dimostrano molti studi, un pianeta con miliardi di persone in costante aumento non può più permettersi di cibarsi in maniera sconsiderata di carne da allevamento. L'impatto sulle superfici coltivabili (e non) che hanno gli allevamenti è davvero enorme. La stessa quantità di superficie coltivata ad uso cerealicolo per umani consente rese in termini di sostentamento maggiori e producemeno danni ambientali. Testi ormai divenuti classici come Ecocidio di Jeremy Rifkin o The Food Revolution di John Robbins (solo per citarne due) hanno ampiamente supportato questa visione con una mole di dati scientifici considerevole.

Il World Watch Institute segnalava già nel 2001 che “Nell'America centrale e meridionale, l'allevamento è responsabile di quasi la metà della perdita di superficie della foresta pluviale”. (1)

Senza contare quando i terreni vengono usati per colture che producono biocarburanti. Anche in questo ambito ormai si sta sempre più facendo chiarezza. I dati sul risparmio effettivo di CO2 e sulla resa energetica con i biocarburanti non sono così entusiasmanti. L'inquinamento chimico del terreno dovuto alla coltivazione di queste piante e il consumo enorme di acqua necessaria depauperano il territorio (per produrre un litro di biodiesel servono 4000 litri di acqua tra irrigazione e processo chimico di trasformazione). Alcuni esperti delle Nazioni Unite hanno recentemente affermato che la coltivazione di colture per i biocarburanti rappresenta un crimine contro l'umanità.

ogm
Non aspettiamo che le multinazionali degli Ogm ci costringano a mangiare la pozione magica che stanno preparando
Va ripensato dunque il nostro rapporto col cibo. E su più fronti. I dati sullo spreco di alimenti nelle cucine delle famiglie occidentali (o con stile di vita simile) sono raccapriccianti. I nordamericani lasciano nei rifiuti ogni anno circa il40% del cibo prodotto (ma anche qui i dati sono difformi e vanno secondo le fonti da un 25 a un 45%). In Italia secondo i dati della Onlus Last Minute Market finiscono nell'immondizia 4 mila tonnellate di cibo al giorno tra cui il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% di frutta e verdura. La media italiana di rifiuti di cibo ancora perfettamente consumabile è dell'11% (dati ADOC – Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori). In Gran Bretagna la quantità di cibo che finisce nella spazzatura potrebbe sfamare circa 150 milioni di persone l'anno. La cifra di questo spreco è pari a cinque volte quello che la stessa Gran Bretagna spende in aiuti internazionali...

Quanti terreni in meno servirebbero se si avesse una maggiore coscienza del cibo e del proprio stile di vita?

Cosa stiamo aspettando? Che le multinazionali degli Ogm colgano l'occasione al volo implementando le loro “ragioni” e ci prendano per l'orecchio costringendoci a mangiare la nauseante pozione “magica” che ci hanno preparato?

Oppure ci aspettiamo che i potenti dei G8, o chi per loro, di punto in bianco superino il concetto di economia di mercato e di lauti profitti ai vincenti e condividano ciò che rimane del pianeta ex-azzurro con i fratelli africani e asiatici? Ci crediamo davvero nel fondo dell'animo?

Non è “per caso” solo una contagiosa rivoluzione del quotidiano quella che può sollevare in noi stessi la coscienza e nel mondo la sofferenza agli altri? I grandi “verbi” innovatori del passato che hanno portato un vento nuovo nell'umanità come si sono diffusi? Con i G8 d'altri tempi? Non mi pare proprio. Anzi. Sempre dal basso, checché se ne dica.

Zappiamo e seminiamo nel nostro pezzetto di terra, mangiamo vegetali, non sprechiamo e non ingrassiamo. Il resto si metterà in moto. Meglio lentamente ma durevolmente. In maniera orizzontale e non verticale. Perché la terra è di tutti.

(1) Halweil, Brian, “L'incremento numerico degli animali da allevamento”, in World Watch Institute, I trend globali 2001. Futuro, società e ambiente, Edizioni Ambiente, Milano, 2001, p. 45.

Il Duca di Casoria e l’opposizione silente

Fonte:

Qualcuno, come Sylos Labini, come Indro Montanelli, se fosse ancora in vita potrebbe vantarsi di averlo detto in tempo: Silvio Berlusconi è un pericolo per la democrazia, la Costituzione, le libertà fondamentali della Repubblica Italiana.
Qualcuno, come chi ha lavorato all’”Unità” rifondata e libera, potrebbe ricordare che, negli anni 2001-2007 ha accanitamente e appassionatamente indicato Berlusconi come il grande corruttore illegale del Paese fuori legge che stava, che sta (si fa per dire), governando.
Qualcuno, come chi scrive, potrebbe riportare alla luce un vecchio evento: nel maggio del 1994, non appena Berlusconi ha portato al giuramento il suo primo governo (Previti ministro della Difesa e dunque comandante in capo del carabinieri che avrebbero dovuto arrestarlo) si è immediatamente dimesso dall’incarico di direttore dell’Istituto di Cultura di New York (con sei anni di anticipo sulla scadenza dell’incarico) per non sottomettersi all’umiliazione di rappresentare all’estero l’Italia di Berlusconi.
Ma allora è necessario anche ricordare che fin dal primo momento chi ha opposto resistenza a Berlusconi è stato subito trattato con sufficienza e sarcasmo dalla “parte avversa”. Tutta la sinistra, dalla più moderata alla più radicale, da Morando a Bertinotti, ci ha spiegato, ammonito, ingiunto, gridato che il problema era sempre un altro: Non dire tutti NO, non inseguire i magistrati, non occuparsi della vita privata, non rifiutarsi alle giuste e necessarie riforme “insieme”, per il bene dell’Italia.
Ancora oggi, dopo Casoria, dopo la vergogna di tutto ciò che è emerso e che sta emergendo sul traffico di minorenni tra terra ferma e Sardegna, Ritanna Armeni, dall’aldilà del marxismo, ammonisce: “La sinistra esca dai salotti e frequenti di più i compleanni delle ragazze del popolo”. Non spiega che cosa succede se ti presenti senza scorta, senza fotografo e senza pendaglio di oreficeria internazionale da euro 6,000.00
Intanto monta la rivolta dei terremotati, lo scisma della giunta siciliana e l’immondizia che sta soffocando Palermo.
Se il crollo accadrà - e i segni sono clamorosi - sarà come all’Aquila; disastro per cause naturali.
Mentre il Premier fa bloccare dal garante della Privacy (di solito distratto e apatico), da giudici e poliziotti, le foto che mostrano i suoi balletti rosa e i suoi trasporti di amici e amichette su aerei militari a spese dello Stato, a gran voce a sinistra si chiede di stare fuori degli affari privati e di famiglia di Berlusconi Silvio, cittadino disturbato nella sua legittima intimità. E invece di rispondere alla normale domanda: “Fareste educare i vostri figli da Berlusconi ?” la si deplora e condanna al punto di indurre Franceschini, che aveva osato chiedere, alla ritrattazione.
Anche le dieci domande di “Repubblica” sono ignorate e derise nel garbato silenzio dell'opposizione che invece ripete (sull’orlo del disastro): “Siamo disposti alle riforme insieme.”
Il disastro verrà e il rischio è questo:
L’ILLEGALE MAGGIORANZA DI BERLUSCONI PRECIPITERA’ ABBRACCIATA ALLA SUA OPPOSIZIONE GARBATA E SILENTE. ALLA FINE BASTERA’ UNA SOLA LAPIDE.
MA A CURA DI CHI?

Furio Colombo

11 settembre: 10 domande a "La Repubblica"

Fonte:



Massimo Mazzucco
Tratto da Luogocomune
E’ giusto e sacrosanto che un quotidiano di tiratura nazionale abbia il diritto di chiedere conto delle loro azioni ai propri governanti. I governanti infatti hanno una responsabilità precisa nei confronti degli elettori – quella di fare per loro conto le migliori scelte possibili - e devono poter essere chiamati a risponderne in qualunque momento.
Altresì è giusto e sacrosanto che i cittadini abbiano diritto di chiedere conto delle loro azioni ai quotidiani di tiratura nazionale. I quotidiani di tiratura nazionale infatti hanno una responsabilità precisa nei confronti dei cittadini – quella di informarli correttamente su quello che accade nel mondo - e devono poter essere chiamati a risponderne in qualunque momento.
Rivolgiamo quindi 10 domande al quotidiano La Repubblica.
Nessuno oggi può negare l’importanza che hanno avuto, sulle sorti di intere nazioni - compresa la nostra - i fatti dell’11 settembre. In luce di questo fatto vorremmo sapere:
1 – Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come mai nessun nome arabo comparisse sulle liste passeggeri diffuse inizialmente dalle agenzie? LINK
2 – Come è noto, due dei 4 aerei dirottati hanno compiuto manovre altamente spettacolari, ritenute estremamente difficili, se non impossibili del tutto, da piloti professionisti con esperienza trentennale. Perchè nessun giornalista di Repubblica ha sollevato obiezioni, quando le autorità americane ci hanno raccontato che gli aerei sono stati dirottati da 4 persone che non avevano mai guidato prima un jet nella loro vita? LINK 1,LINK 2
3 – Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come possa un edificio di qualunque tipo crollare su se stesso, … … partendo dalle zone alte, ad una velocità simile a quella di un corpo in caduta libera? (Esistono precise leggi della fisica, che impongono un accumulo progressivo di ritardo – rispetto alla caduta libera – man mano che ciascun piano si abbatte su quello inferiore). LINK
4 – Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come possano 5.000 tonnellate di cemento polverizzarsi in nuvole di polvere finissima, con particelle dello spessore di pochi micron al massimo, grazie alla sola forza di gravità? (La forza cinetica sviluppata dalla semplice caduta non è assolutamente sufficiente a compiere quel tipo di lavoro, tant’è vero che quando un edificio crolla da solo rimane spezzato in grossi blocchi ben riconoscibili). LINK
5 – Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato che cosa abbia generato le pozze di metallo fuso trovate alla base delle tre torri crollate, che registravano temperature di circa 800° centigradi a ben sei settimane dai crolli?
6 – Perchè i giornalisti di Repubblica non hanno sollevato obiezioni, di fronte alla notizia che il WTC7 sarebbe crollato per un cedimento strutturale, quando esistono filmati, diffusi dalla CNN, in cui si sentono chiaramente i poliziotti dire “Allontanatevi, perchè l’edificio sta per saltare in aria”? “Move it back, the building is about to blow up” LINK (al minuto 4:40 del filmato).
7 - Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come sia stato possibile identificare i resti di tutti i passeggeri del volo AA77, quando l’aereo su cui viaggiavano si è letteralmente disintegrato nell’impatto contro il Pentagono?
8 - Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come abbia fatto un Boeing da 100 tonnellate (UA 93) a scomparire in una buca di qualche metro al massimo?
9 - Visto che il volo UA93 è caduto a terra integro e non è esploso in volo, perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come sia stato possibile ritrovarne alcuni frammenti e rottami a 14 chilometri di distanza?
10 - Perchè nessun giornalista di Repubblica si è domandato come sia stato possibile identificare i resti di tutti i passeggeri di UA93, quando l’aereo su cui viaggiavano si è letteralmente disintegrato al suolo?
In sintesi, perchè La Repubblica ci ha raccontato tutte queste cose, dandole per vere, senza nemmeno preoccuparsi di verificarle? Da questa "verità", avallata da Repubblica con estrema disinvoltura, sono poi dipese guerre nelle quali è stato ucciso oltre un milione di civili.

Aggressione alla Lista a Cinque Stelle di Pescara

Fonte:


giovedì 4 giugno 2009

Signorine & Signorini

Fonte:




Vignetta di Bandanas
da espresso.repubblica.it
4 giugno 2009


Direttori. Esperti di gossip. Paparazzi. Starlette. Così la macchina del Cavaliere ha lavorato per disinnescare il caso Noemi.

 
A trasformarlo nella 'Pravda' ci aveva pensato, martedì 5 maggio, il Cavaliere in persona. "
Trovate tutto su 'Chi'!Trovate tutto su 'Chi'!", aveva continuato a ripetere il presidente del Consiglio negli studi di 'Porta a Porta', quando si era presentato dall'amico Bruno Vespaper giustificare la sua partecipazione al compleanno della diciottenne Noemi Letizia in quel di Casoria. Era stato così che il settimanale di gossip della Mondadori, diretto da Alfonso Signorini, il giornalista più vicino alla presidentessa Marina Berlusconi, era diventato all'improvviso il faro che tutte le testate del gruppo, da 'il Giornale' di Mario Giordano fino ai tg e ai gettonatissimi programmi Mediaset della mattina e del pomeriggio, dovevano seguire.

Per più di un mese la grande macchina della 
propaganda berlusconiana, impegnata allo spasimo nel tentativo di ridurre i danni causati dall'esplodere del caso Lario-minorenni, è ruotata intorno alle interviste, alle foto posate, alle versioni 'ufficiali' dell'accaduto pubblicate dal rotocalco. Seguendo uno schema consolidato, 'Chi' offriva ai suoi quasi tre milioni di lettori una serie di temi in gran parte falsi (per esempio le bugie di Elio Letizia, il padre di Noemi, che assicura di essere un "socialista riformista" vecchio amico del premier) poi ripresi da siti Internet, televisioni e quotidiani. Insomma, mentre gli altri direttori del 'comitato elettorale' (definizione di Enrico Mentana) erano impegnati a nascondere le notizie - le dichiarazioni di Veronica Lario e dell'ex fidanzato di Noemi, Gino Flaminio - o a segnalare agli avvocati di Berlusconi la presenza difotografie compromettenti da far sequestrare dalla magistratura romana, Signorini si muoveva da spin doctor. A Napoli veniva inviato il migliore e più roccioso tra i suoi cronisti: Gabriele Parpiglia, 30 anni, ex addetto stampa dell'agenzia fotografica del pluriprocessato Fabrizio Corona e suo grande amico.

Descritto da tutti come un ragazzo sveglio e 
col pelo sullo stomaco, Parpiglia ha cominciato al settimanale 'Star Tv' dove seguiva, tra l'altro, i 'tronisti' e i 'corteggiatori' del programma 'Uomini e donne' di Maria De Filippi: una strana fauna di figuranti del mondo dello spettacolo che per fama e denaro, come ha ammesso proprio il giornalista, è disposta a diretutto e il contrario di tutto. In quell'ambiente Parpiglia si muove così con disinvoltura. E lo dimostra subito, intervistando Noemi mentre un fotografo la riprende con i genitori e il sedicente fidanzato Domenico Cozzolino, un pr di discoteca, casualmente anche lui ex 'corteggiatore' del programma della De Filippi.

Il pezzo, rilanciato da tutte le tv, ha comunque uno scopo preciso: dire agli italiani che Noemi "è illibata", tanto che la ragazzina assicura di aver baciato in vita sua solo Domenico. 
Sembra gossip, ma in realtà 'Chi' sta facendo, con abilità, politica.

Parpiglia del resto sa il fatto suo. Molti trucchi del mestiere li ha imparati proprio dal re di Vallettopoli, 
Fabrizio Corona. Con lui ha anche scritto un libro ('La mia prigione') e soprattutto ha partecipato, sia pure nelle vesti di semplice testimone oculare, ad alcune memorabili 'operazioni' oggi ritenute dalla magistratura un ricatto bello e buono: la più celebre di tutte è senz'altro l'intervista ai transessuali che trascorsero con Lapo Elkann una notte brava a base di droghe, poi sfociata in un ricovero in ospedale. Insomma, Parpiglia è il tipo giusto per giocare, all'occorrenza, anche pesante.

Il primo obiettivo di 'Chi' diventa quindi quello di 
minare la credibilità di Gino Flaminio, l'ex fidanzato di Noemi, che a 'Repubblica' ha raccontato come l'amicizia tra la teenager e il premier fosse nata dopo che Berlusconi aveva visto un suo book fotografico. Una versione nei fatti poi confermata anche dalla zia di Noemi, che dimostra come il presidente del Consiglio abbia mentito quando ha sostenuto di essere un amico di vecchia data della famiglia Letizia.

Così Parpiglia, memore degli insegnamenti di Corona, fa allestire al ristorante La scialuppa di Napoli una sorta di set fotografico. Lì, 
dopo essersi presentato come un giornalista della stampa estera, incontra verso le 17 Gino e suo padre, mentre tutto viene fotografato e registrato. La conversazione però è piuttosto deludente. L'ex fidanzato di Noemi spiega di non aver ricevuto una lira da 'Repubblica', non smentisce una virgola dell'intervista precedente, e si limita ad aggiungere di aver invece raggiunto un accordo economico da circa 10 mila euro con 'Novella 2000' (che nega). Il colpo comunque riesce lo stesso, perché Gino alla finechiede e ottiene per il disturbo 500 euro. Ma il pezzo e le foto non escono su 'Chi'. Signorini e Parpiglia (che hanno lavorato a 'Lucignolo' con il direttore del 'Giornale', Mario Giordano), dirottano il tutto sulle pagine del quotidiano di via Negri. Qui l'articolo, intitolato 'Ecco le verità a pagamento dell'ex di Noemi', viene firmato da Parpiglia e da un altro cronista, non presente a Napoli. Il clima politico si arroventa e il Pdl, capeggiato da Maurizio Gasparri, accusa di fatto 'Repubblica' di versare soldi per le interviste. È una balla, ma l'importante è screditare. Il set del ristorante La scialuppa non ha comunque cessato di sorprendere.

Mercoledì 27 maggio, a mezzogiorno, squilla il cellulare del giornalista de 'L'espresso' 
Marco Lillo. A cercarlo è Roberta Arrigoni, titolare di un'agenzia fotografica, la Uno Press, fornitrice abituale di 'Chi' e di altri settimanali. La Uno Press è una società importante. E, come risulterà qualche giorno dopo, è amministrata da Tonino De Filippo, un grande amico di Signorini, tanto che il direttore di 'Chi' ne ha celebrato il matrimonio civile nel settembre del 2008 a palazzo Duganani a Milano.

Roberta dice di poter mettere 'L'espresso' in contatto con una ragazza che è stata l'amante del premier e per questo è stata favorita nel concorso del 'Grande Fratello'. Se fosse vero sarebbe un caso lampante di conflitto d'interessi.

L'Arrigoni vive e lavora a Milano, ma invita Lillo a raggiungerla l'indomani a Napoli dove, a suo dire, l'amante di Berlusconi dovrebbe posare per un servizio fotografico. La donna fissa l'appuntamento al ristorante La scialuppa. Qui l'agente fotografico e la sedicente fiamma del Cavaliere si siedono allo stesso tavolo (o a quello immediatamente vicino) dove è anche stato fotografato Gino Flaminio. La ragazza è la polacca 
Laura Drzewicka, già concorrente del 'Grande Fratello', e davanti a Lillo e al suo collega Claudio Pappaianni (muniti di registratori), chiede 50 mila europer un'intervista. La proposta viene rifiutata. L'unica cosa che 'L'espresso' può eventualmente acquistare sono documenti e foto, ma solo se di buona qualità. Mai le interviste.

L'incontro in ogni caso prosegue e i giornalisti pongono a Laura domande sui suoi presunti rapporti con il premier per saggiare l'attendibilità del suo racconto. Dopo qualche minuto i due si accorgono di essere spiati da un tavolo vicino dove siedono una decina di persone. Due uomini anzi li fotografano, prima di andarsene in motorino. La 
trappola a quel punto è evidente. Chi l'abbia organizzata esattamente lo stabilirà la magistratura di Napoli e l'Ordine dei giornalisti.

Il resoconto parziale dell'accaduto, sotto il titolo fuorviante 'L'espresso pronto a pagarmi per incastrare Silvio', viene infatti pubblicato da 'il Giornale'. E a firmare l'articolo, senza spiegare come la soubrette fosse un'agente provocatore, è lo stesso cronista che il giorno prima aveva scritto con Parpiglia il pezzo su Gino, l'ex fidanzato di Noemi. Questa volta, insomma, Agatha Christie non serve per capire come sono andate le cose. Perché la 
macchina berlusconiana della menzogna esiste e continua a funzionare. 

L'energia dalla paglia: ecco l'isola a impatto zero

Fonte:

Samso, in 10 anni dagli sprechi alla rivoluzione verde.
CO2 ridotta del 140 per cento con e fonti rinnovabili

Un'immagije di Samso, l'isola danese in cui tutta l'energia proviene da fonti rinnovabili
Un'immagije di Samso, l'isola danese in cui tutta l'energia proviene da fonti rinnovabili
L'isola che c'è. Verde, sostenibile al 100%, indipendente dal punto di vista energetico, a emissioni zero. Samso, un lembo di terra a due ore di traghetto da Copenhagen, è diventata in dieci anni un esempio di rivoluzione ecologica. Nelle case immerse nel verde il frigorifero, la tv e tutti gli elettrodomestici sono alimentati con l'energia del vento e il riscaldamento va con il sole o con caldaie a trucioli di legno o paglia. Un bel cambiamento per questa minuscola isola bagnata dal Kattegat (il tratto di mare che separa la penisola danese dalla Svezia) che fino a dieci anni fa si riscaldava a nafta e importava il 100% dell'elettricità dalla terra ferma. Oggi i suoi 4400 abitanti producono più energia di quella che consumano. E grazie alle fonti rinnovabili che coprono la totalità dei loro bisogni elettrici e il 70% di quelli termici hanno ridotto del 140% le emissioni di CO2 a un costo di 15 mila euro per abitante. Tutto comincia nel 1997 quando il governo del Regno di Danimarca si dà un obiettivo ambizioso: aumentare la produzione di energie rinnovabili fino a coprire il 35% del fabbisogno energetico del Paese entro il 2030. E cerca un luogo dove sperimentare, un laboratorio in miniatura di sostenibilità. La scelta cade su Samso, un'isola dedicata all'agricoltura e all'allevamento, probabilmente destinata al declino: i giovani in cerca di futuro sono costretti ad abbandonare famiglia e isola solo per andare alle superiori e poi nella maggior parte dei casi non rientrano più. In quelle condizioni la sfida del governo di fare di Samso la «prima isola danese dell'energia rinnovabile» non è scontata. La municipalità è presa alla sprovvista, gli abitanti sono scettici. Ma c'è qualcuno che ci crede, Soren Hermansen. Nato da una famiglia di agricoltori Hermansen, abbandona l'isola a 16 anni per andare a studiare. Dopo diverse esperienze all'estero (fino in Nuova Zelanda) all'insegna dell'agricoltura bio rientra a Samso con una laurea in ecologia e la volontà di promuovere i temi ambientali. Allora quarantenne si candida subito ed è il primo impiegato del progetto del governo. E gli altri? «Scuotevano la testa, erano scettici — spiega Hermansen, intervenuto a Milano all'assemblea di Assocasa, associazione detergenti e specialità per l'industria e la casa —. Non riusciremo mai, dicevano i miei conterranei, siamo troppo pochi». Lui non si dà per vinto, organizza riunioni su riunioni, non si scoraggia davanti al conservatorismo delle persone che alle sue sollecitazioni rispondono: «Non siamo hippy». L'ex agricoltore sa come convincere i suoi conterranei, con l'arma del risparmio. L'utilizzo dell'energia rinnovabile, spiega a tutti, cifre alla mano, è più conveniente (grazie anche a un piccolo sussidio governativo). E a poco a poco anche i più riottosi cambiano idea. Tanto che oltre oltre a un impianto offshore di 10 pale eoliche (a cui se ne aggiungono altri sulla terra ferma) e a un sistema di 2500 metri quadrati di pannelli solari nel Nord dell'isola (oltre a tre altre centrali) molti proprietari, di loro iniziativa, hanno sostituito le caldaie a olio combustibile con pompe di calore geotermiche, pannelli solari e stufe alimentate con segatura e pellet. «Siamo riusciti a coinvolgere tutti, imprenditori e contadini, persino le banche» dice Hermansen, oggi direttore della Energy Academy, una struttura (sostenibile al 100%), inaugurata nel 2006, come punto di riferimento per aziende, università e politici interessati all'esperienza dell'isola. E fonte di informazione e consulenza per gli abitanti «e i turisti, sempre più numerosi» (la Sardegna ha in corso una collaborazione con l'Accademia e qualche richiesta è arrivata anche da Puglia e Sicilia). Hermansen che passa almeno quattro mesi all'anno in giro per il mondo a raccontare di Samso (il settimanale Time l'ha inserito nella sua classifica 2008 degli «eroi per l'ambiente») non siede sugli allori. «Avevamo come target anche un risparmio di energia del 20% ma siamo arrivati solo al 10%». La sua spina sul fianco poi, sono i trasporti. «Io ho una macchina elettrica, ma solo per i piccoli spostamenti. Sarà la sfida dei prossimi anni: camion e auto alimentati dall'idrogeno generato dalle turbine eoliche» dice orgoglioso confidando nei progressi dell'industria dell'auto.

martedì 2 giugno 2009

Sindaco, c'è posta per te!

Fonte:



Cari amici,

subito dopo l’insediamento delle nuove giunte comunali, a seguito delle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno prossimi, come Associazione dei Comuni Virtuosi ci siamo dati l’obiettivo di spedire una copia del nostro documentario videoViaggio nell’Italia dei Comuni a 5 stelle” a tutti gli 8.102 sindaci degli altrettanti comuni italiani.

Il documentario racconta le esperienze concrete già realizzate o in corso di sperimentazione da amministrazioni comunali italiane che hanno deciso di ridurre la propria impronta ecologica con la collaborazione e “complicità” dei cittadini che formano una comunità locale: un’ora di interviste, immagini, racconti, che! dimostrano la bontà di progetti e obiettivi come strategia rifiuti zero, stop al consumo di territorio, mobilità sostenibile, nuovi stili di vita, efficienza e risparmio energetico.

Ecco allora le esperienze incredibili di Cassinetta di Lugagnano (MI), Capannori (LU),Olivadi (CZ), Correggio (RE), Monte San Pietro (BO), Morbegno (SO), San Miniato(PI), e tante altre. Il tutto arricchito dalle interviste a personaggi del calibro di Dario Fo,Beppe GrilloMaurizio PallanteJacopo Fo.

Ora, abbiamo calcolato che un’operazione di tale portata richiederà un investimento economico di circa € 15.000,00, tra stampa e spedizione degli oltre 8.000 DVD. Per sostenere parte delle spese siamo alla ricerca di sponsor coerenti con l’azione svolta dalla nostra rete (a questo proposito possiamo già contare sul sostegno del Centro Riciclo di Vedelago -TV della Sig.ra Carla Poli).

Per questo siamo a chiedere a ciascuno di voi un contributo libero per aiutarci a raggiungere la cifra necessaria all’invio collettivo del nostro documentario.

Crediamo infatti che i nostri sindaci italiani possano “aprire gli occhi” di fronte alla bontà delle sperimentazioni che, giorno per giorno, stiamo portando avanti nei 25 comuni iscritti alla rete. Se non altro non potranno più dire di non sapere... 

Se credi come noi che questo progetto possa avere un senso puoi effettuare un bonifico bancario alle seguenti coordinate: Conto corrente intestato a: Associazione nazionale dei Comuni Virtuosi - Poste Italiane, filiale di  Monsano (AN) - c/c n. 67159707

IBAN: IT90 W076 0102 6000 0006 7159 707

http://www.anticasta.it

Grazie per la preziosa collaborazione che vorrai darci! 

Marco Boschini - Coordinatore Comuni Virtuosi