lunedì 29 dicembre 2008

Cina, al terremoto non si fa causa

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13374/Cina%2C+al+terremoto+non+si+fa+causa

23/12/08
Respinta l'azione legale dei genitori dei bambini uccisi nelle scuole crollate del Sichuan. Pechino non vuole discussioni sulle colpe
scritto per noi da
Alessandro Ursic


Ci avevano provato. Per i loro figli uccisi dal crollo della scuola durante il terremoto del Sichuan, una sessantina di genitori avevano sperato nella via della giustizia, facendo causa alle amministrazioni locali e alla ditta di costruzioni. Era il primo caso giudiziario del genere, in Cina: un ulteriore segnale dei fermenti della società civile cinese contro l'autoritarismo statale. Ma il tribunale, dopo diversi avvertimenti in tal senso, ha respinto l'azione legale.

Nella catastrofe del Sichuan dello scorso maggio, che ha causato 88.000 morti (tra cui 10.000 bambini), la tragedia dei piccoli alunni uccisi aveva commosso il mondo ma provocato rabbia in Cina. In molte città colpite dal sisma le scuole crollarono su se stesse (il Partito ha ammesso che 7.000 classi sono andate distrutte), tanto da essere soprannominate "scuole tofu"; gli edifici delle amministrazioni locali, a volte distanti anche solo poche decine di metri, rimasero invece miracolosamente in piedi. Era chiaro che gli istituti scolastici erano stati costruiti con materiale più scadente: da lì la rabbia di migliaia di genitori, che inscenarono manifestazioni di piazza in protesta col governo. Alcuni di loro furono anche arrestati e detenuti per brevi periodi.

Durante l'estate, Pechino si rese conto che la faccenda era potenzialmente esplosiva. Così, a inizio autunno offrì a centinaia di genitori un risarcimento di 6.200 euro a famiglia con aggiunta di pensioni più ricche. Ma a una condizione: che i genitori dei bambini uccisi dal terremoto rifiutassero di fare causa, e tacessero per sempre. Non era un'offerta facile da rifiutare, anche perché formulata tra pressioni e minacce di varie entità. Molte famiglie accettarono. Dissero di sì anche buona parte dei 57 genitori che poi hanno invece cambiato idea, chiedendo un risarcimento di 13.500 euro a bambino, e soprattutto una scusa ufficiale del governo.

Ma risarcimento e scuse potrebbero non arrivare mai. Un giudice locale ha detto alle famiglie coinvolte che da Pechino è arrivato un memorandum interno, con l'imposizione di respingere qualsiasi azione legale. Un genitore ha inoltre rivelato che, domenica scorsa, un funzionario del partito ha arrestato uno dei firmatari della causa, avvertendolo di non parlare più con i media stranieri: chi avesse disobbedito avrebbe potuto essere accusato di tradimento.

L'unica concessione delle autorità è giunta da una commissione indipendente incaricata di indagare sul disastro. Lo scorso settembre, un membro di tale organo ha ammesso che il boom economico aveva probabilmente portato a costruzioni frettolose di diversi istituti scolastici: in particolare, oltre 1.000 di questi erano stati innalzati con materiali scadenti, o lungo le faglie sismiche.

Una magra consolazione per migliaia di genitori. Ma sarà difficile ottenere scuse anche per le famiglie delle migliaia di bambini intossicati dal latte in polvere contaminato con la melamina, quattro dei quali sono morti. La loro causa è stata respinta già in autunno, quando è emerso lo scandalo. E qualche giorno fa, Pechino ha rivelato di considerare l'ipotesi di un'altra offerta di risarcimento. Con le stesse clausole applicate alle famiglie dei piccoli alunni del Sichuan.

venerdì 26 dicembre 2008

BUONE FESTE!!!!!!!


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Quel processo non s’ha da dire

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http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/


23 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Per calcolare lo stato della libertà d’informazione in Italia, c’è un’ottima unità di misura: lo spazio dedicato dalla stampa e dai tg nazionali al processo in corso a Palermo a carico dell’ex capo del Ros e poi del Sismi, generale Mario Mori, e del suo vice, col. Mario Obinu, per favoreggiamento alla mafia a causa della mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Una cosina da niente. Nemmeno una riga, una parola sulle udienze che si susseguono da metà luglio. In aula non si vede quasi mai un cronista e non è mai entrata una sola telecamera. Una delle rare eccezioni è Lirio Abbate, il valoroso giornalista dell’Ansa che vive sotto scorta per le minacce mafiose dopo aver scritto “I complici” con Peter Gomez. Mercoledì ha firmato tre lanci d’agenzia sulla lunga deposizione del primo testimone d’accusa: il generale Michele Riccio, anche lui ex del Ros, che accusa Mori e Obinu di avergli impedito di catturare Provenzano 13 anni fa in un casolare di Mezzojuso indicato dal mafioso suo confidente Luigi Ilardo, poi assassinato da Cosa Nostra subito dopo aver accettato di collaborare con la giustizia.

Quella sera e nei giorni seguenti nessun giornale né tg nazionale ha ripreso la notizia. Il Tg1, per esempio, era molto impegnato a intervistare il produttore De Laurentiis sul nuovo film-panettone di Christian De Sica. Un vero peccato, perché Riccio ha raccontato di quando Ilardo incontrò Mori e gli avrebbe detto: “Le stragi non le abbiamo fatte solo noi della mafia, ma anche voi dello Stato”. Mori, anziché domandare spiegazioni o fare obiezioni, girò i tacchi e - sempre secondo Riccio - se ne andò senza dire una parola. Poi Riccio s’è soffermato su uno strano vertice nello studio Taormina: “Il mio difensore Carlo Taormina mi fece incontrare il senatore Dell'Utri, con la scusa di studiare le carte del suo processo. Passò a salutarci l'avvocato Cesare Previti (che poi non partecipò alla riunione, ndr)… Taormina mi chiese di dire, nei processi per mafia a Palermo, che Ilardo non mi aveva mai parlato di Dell'Utri”. Invece gliene aveva parlato eccome. Riccio - riferisce l’Ansa - non seguì l'amorevole consiglio di Taormina e mesi dopo gli revocò il mandato. Previti - ricorda Riccio - era presente da Taormina anche in occasione di un’altra riunione. Una presenza interessante, la sua, anche se “inattiva”, visto che - come ricorda Riccio - Previti conosceva bene Mori e “sovente veniva a trovarlo negli uffici del Ros”.

Di più: “Nel 1994 ho visto Mori che dal proprio ufficio spostava in un'altra stanza il piatto d'argento che gli era stato regalato da Previti, commentando con una battuta: ‘Cambiato il governo, si deve cambiare anche la disposizione del vassoio’…”. Dopo aver ricostruito il mancato blitz di Mezzojuso, Riccio riferisce i nomi che Ilardo gli fece prima di morire: nomi delle persone che gli risultavano legate a Cosa Nostra o agli amici degli amici, sulle quali non potè aggiungere altro perché fu ammazzato prima di mettere a verbale le sue dichiarazioni. E, fra gli altri, cita Dolcino Favi, il procuratore generale reggente di Catanzaro che un anno fa tolse a Luigi De Magistris l’inchiesta “Why Not”, e che in passato era stato in servizio a Siracusa. Favi - riferisce l’Ansa - sarebbe stato “gestito” da un avvocato di Lentini “molto legato a un uomo del boss Santapaola”. Dichiarazioni tutte da verificare, s’intende (il processo serve a questo). Ma piuttosto avvincenti e attuali. Peccato che nessuno le racconti.

Ps. Un mese fa, chi scrive fu condannato a 8 mesi di reclusione in primo grado per aver diffamato Previti riportando sull’Espresso il racconto di Riccio ai pm di Palermo sulla presenza dell’ex deputato nello studio Taormina il giorno della riunione fra l’avvocato, l’ufficiale e Dell’Utri. Il Tg1 diede la notizia con grande risalto. Ora che Riccio, in Tribunale, ha ribadito e arricchito il suo racconto, il Tg1 tace. Viva il servizio pubblico.

L'ACQUA NON E' PIU' UN BENE COMUNE, la politica è contro di noi

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http://www.cittadinoqualunque.com/2008/12/lacqua-non-e-piu-un-bene-comune-la.html

Attenzione il governo ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua, il tam tam di e-mail e Grillo lo stanno diffondendo per il web, l'opposizione non esiste, nel Parlamento fanno le cose peggiori senza che nessuno (tranne Di Pietro) ce ne renda conto; riporto qui sotto un'articolo tratto da peacelink.it:
"Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei grafitti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L'acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropiarsene per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca"
(art. di Rosaria Ruffini - docente di teatro allo Iuav)

giovedì 25 dicembre 2008

BUON NATALE

fonte:
http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1489&Itemid=1

Scritto da Stefano Montanari
giovedì 25 dicembre 2008

Per ragioni che non capisco ma che accetto, è uso augurare al prossimo un buon 25 dicembre, l’ipotetico compleanno di Gesù, e al diavolo il resto dell’anno.

Ligio alla tradizione, anch’io voglio mandare un po’ di auguri.

Per diritto di precedenza, buon Natale a Silvio Berlusconi che, forse approfittando di un percorso di vita incontestabilmente più lungo, di miracoli ne ha fatti ben più di Cristo: dalla sparizione dei rifiuti di Napoli a quella, tuttora in corso, del cervello di molti connazionali.

Per diritto onomastico, a seguire, buon Natale a Cristiano Di Pietro, rampollo di cotanto padre e miracolosamente veloce nell’apprendere i segreti del galateo politico italiano. E, naturalmente, buon Natale al babbo e alla sua squadretta di cementificatori, di vestali, di pontefici (nel senso etimologico di costruttori di ponti) e di emuli dei simpatici castori costruttori di dighe, in questo caso in versione lagunare.

Buon Natale ad Antonio Bassolino, capitano coraggioso che ha saputo resistere alla tempesta senza che nessuno gli abbia fatto tirar fuori i miliardi di Euro (chi sa dire quanti?) scomparsi in un festoso gioco di prestigio di ecoballe e di aziende dai compiti misteriosi.

Buon Natale ai giudici per i quali essere ubriachi ed
accoppare (meglio se dopo averla violentata) una donna che non è d’accordo ed oppone resistenza non sono aggravanti come potrebbe apparire a noi che, ingenui ed ignoranti di leggi, siamo capaci di usare solo il buon senso, ma sono attenuanti. E, ancora, un buon Natale a loro, ai magistrati, per i quali massacrare l’ambiente è marachella indegna di attenzione.

Al proposito, buon Natale alla Chiesa Cattolica Romana che se ne sta distrattamente ad osservare senza alzare un dito (sempre che se ne accorga) lo scempio che si fa, almeno in proporzione terrestre, del Creato del cui progettista si dichiara rappresentante.

Un doveroso buon Natale alla famosa legge CIP6, camaleontico monumento all’illegittimità ed alla mascalzonaggine.

Buon Natale alla Costituzione, mutilata e sbeffeggiata da un parlamento mai eletto da nessuno con le ultime amputazioni sottoscritte docilmente da un presidente della repubblica cui nessun italiano ha dato il seggio in senato.

Parlando di voti, come non augurare buon Natale agli scrutatori abruzzesi, stanchi per il superlavoro, cui sono sfuggiti i voti dati alla lista Per il Bene Comune addirittura nel seggio dove ha votato il candidato al governatorato?

E i miei auguri alla Mafia, senza il cui apporto una bella fetta dell’economia nostrana chiuderebbe bottega, preceduta dalla nostra politica.

Naturalmente buon Natale alle società di calcio che vivono in un’altra economia e che possono permettersi di sborsare decine di milioni di Euro per assicurarsi i deliziosi quanto effimeri palleggi di qualche ragazzotto, non dovendo scucire un centesimo per i disastri che una certa frazione di frequentatori degli stadi allestisce con puntuale regolarità ed essendo esentati dalla tirannia del fisco.

E l’ARPA? Certo, auguri anche all’ARPA che ci ha tenuti sempre tranquilli raccontandoci con pazienza le favole della buona notte, qualche volta sacrificando persino qualcuno dei loro che è finito in occasionali, piccole tempestucce giudiziarie, subito sopite, però.

Un felice Natale all’ENEL e a tutti i fautori di quella cosa chiamata carbone pulito, sperando che qualcuno smentisca il Nobel Carlo Rubbia, fermo nel negarne l’esistenza.

E i miei auguri personali a tutti quegli uomini di buona volontà che stanno cercando di farci chiudere la ricerca, dalla pittoresca psicopatica romana che, dopo un periodo di quiete, ora vive una ricaduta, a certe associazioni comiche che stiamo disturbando a qualche magistrato che, valendosi di consulenti di origini incerte e di altrettanto incerta preparazione scientifica, fanno archiviare procedimenti colossali pur disponendo di materiale a dir poco scottante.

Auguri a Legambiente che, dopo i trionfi ottenuti con la messa in opera dell’inceneritore di Brescia e con la prossima riapertura di quello di Verona, sta ora per vedere acceso l’impianto turbogas di Modugno e vede con favore la torre di Babele di rifiuti in partenza nella Torino chiampariniana.

Uno splendido Natale a tutti i media di regime che, con rocciosa abnegazione ed eroicamente incuranti della loro missione, sono sempre stati coerenti nel distorcere scientificamente le informazioni sull’ambiente o, nei casi estremi, nel tacerle.

Un Natale radioso alla nostra accademia che ha dimostrato con i fatti come esista anche una sorta di Italian Dream che permette persino ad un analfabeta di assurgere alle superbe altezze della cattedra: basta disporre della parentela giusta, di connessioni adeguate e, in mancanza d’altro, di un fisico generoso e disponibile. Da lì, dalla cattedra, applicando la tariffa del caso, si può raggranellare anche qualche soldo. Basta cancellare la scienza alle pagine giuste.

Buon Natale e lunga vita all'amianto di cui gl'industriali, i professori juke box e i politici hanno perpetuato l'esistenza a dispetto della più ovvia e della più antica delle evidenze. I mesoteliomi sono anche merito vostro, così come lo sono oggi una collezione di malattie da inquinamento.

Buon Natale ad Umberto Veronesi, l'uomo zero.

Un buon Natale particolarmente interessato, e questo per motivi geografici, a chi ha dato il permesso d’imbottire un po’ del sottosuolo modenese di gas facendone un deposito colossale per i fabbisogni di clienti stranieri. L’augurio, e questo più che altro a noi che qui abitiamo, è che la terra non tremi come sta facendo ora perché, altrimenti, magari quel gas farà il botto.

Infine, certo dopo aver dimenticato chissà quanti meritevoli, i miei auguri rispettosi alle autorità modenesi che, resistendo alla tentazione di fare il bene comune e con molto senso dell’umorismo, ci hanno ampliato l’inceneritore, invitandoci a produrre con rinnovata lena rifiuti se non vogliamo che si spenga quel ricco, sempre più gigantesco falò.

Buon Natale non al vecchio mondo ma al mondo vecchio.

Mosche bianche e pecore nere

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http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

24 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Proviamo a immaginare se fosse già in vigore la legge bavaglio che vieta ai giornalisti di citare o riassumere atti di indagini in corso, anche non segreti, prima del processo. Avremmo decine di politici e imprenditori in carcere e nessuno saprebbe perché. Avremmo giornali e tv che insinuano e alludono senza poter fare nomi né spiegare chi ha fatto cosa. Il Giornale ipotizzava che il figlio di Di Pietro, Cristiano, era indagato: falso. Ma dalle carte emerge che, consigliere provinciale a Campobasso, aveva rapporti prima “istituzionali” (per alcune caserme in Molise) poi “ambigui” col provveditore alle opere pubbliche di Napoli, Mario Mautone, ora agli arresti. Pare che avesse raccomandato un amico. Pessimo, specie per chi porta quel cognome. Ieri il padre l’ha cazziato sul blog: “Condotte senza rilevanza penale, ma non opportune e non corrette. Ma è solo il mio punto di vista, quindi di parte (e di padre). Bene fa la magistratura a indagare. Non c'è figlio che tenga”. Un anno fa il ministro Di Pietro trasferì Mautone da Napoli a Roma, nell’ambito di una più generale rotazione dei provveditori, onde evitare che mettessero radici. La signora Mautone suggerì al marito di ricattarlo sui rapporti col figlio, per conservare la poltrona. Di Pietro, evidentemente non ricattabile, lo traslocò lo stesso. Ora tutti si domandano come abbia fatto a sapere che Mautone non era Maria Goretti. Beata ingenuità: in politica basta avere naso e orecchie funzionanti per sapere tutto prima dei giudici. Che, come dice Piercamillo Davigo, “sono come i cornuti: sempre gli ultimi a sapere”.

La corruzione inconsapevole che affonda il Paese

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http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16598

La cosa enormemente tragica che emerge in questi giorni è che nessuno dei coinvolti delle inchieste napoletane aveva la percezione dell'errore, tantomeno del crimine. Come dire ognuno degli imputati andava a dormire sereno. Perché, come si vede dalle carte processuali, gli accordi non si reggevano su mazzette, ma sul semplice scambio di favori: far assumere cognati, dare una mano con la carriera, trovare una casa più bella a un costo ragionevole. Gli imprenditori e i politici sanno benissimo che nulla si ottiene in cambio di nulla, che per creare consenso bisogna concedere favori, e questo lo sanno anche gli elettori che votano spesso per averli, quei favori. Il problema è che purtroppo non è più solo la responsabilità del singolo imprenditore o politico quando è un intero sistema a funzionare in questo modo.

Oggi l'imprenditore si chiama Romeo, domani avrà un altro nome, ma il meccanismo non cambierà, e per agire non si farà altro che scambiare, proteggere, promettere di nuovo. Perché cosa potrà mai cambiare in una prassi, quando nessuno ci scorge più nulla di sbagliato o di anomalo. Che un simile do ut des sia di fatto corruzione è un concetto che moltissimi accoglierebbero con autentico stupore e indignazione. Ma come, protesterebbero, noi non abbiamo fatto niente di male!

E che tale corruzione non vada perseguitata soltanto dalla giustizia e condannata dall'etica civile, ma sia fonte di un male oggettivo, del funzionamento bloccato di un paese che dovrebbe essere fondato sui meccanismi di accesso e di concorrenza liberi, questo risulta ancora più difficile da cogliere e capire. La corruzione più grave che questa inchiesta svela sta nel mostrarci che persone di ogni livello, con talento o senza, con molta o scarsa professionalità, dovevano sottostare al gioco della protezione, della segnalazione, della spinta.

Non basta il merito, non basta l'impegno, e neanche la fortuna, per trovare un lavoro. La condizione necessaria è rientrare in uno scambio di favori. In passato l'incapace trovava lavoro se raccomandato. Oggi anche la persona di talento non può farne a meno, della protezione. E ogni appalto comporta automaticamente un'apertura di assunzioni con cui sistemare i raccomandati nuovi.

Non credo sia il tempo di convincere qualcuno a cambiare idea politica, o a pensare di mutare voto. Non credo sia il tempo di cercare affannosamente il nuovo o il meno peggio sino a quando si andrà incontro a una nuova delusione. Ma sono convinto che la cosa peggiore sia attaccarsi al triste cinismo italiano per il quale tutto è comunque marcio e non esistono innocenti perché in un modo o nell'altro tutti sono colpevoli. Bisogna aspettare come andranno i processi, stabilire le responsabilità dei singoli. Però esiste un piano su cui è possibile pronunciarsi subito. Come si legge nei titoli di coda del film di Francesco Rosi "Le mani sulla città: "I nomi sono di fantasia ma la realtà che li ha prodotti è fedele".

Indipendentemente dalle future condanne o assoluzioni, queste inchieste della magistratura napoletana, abruzzese e toscana dimostrano una prassi che difficilmente un politico - di qualsiasi colore - oggi potrà eludere. Non importa se un cittadino voti a destra o a sinistra, quel che bisogna chiedergli oggi è esclusivamente di pretendere che non sia più così. Non credo siano soltanto gli elettori di centrosinistra a non poterne più di essere rappresentati da persone disposte sempre e soltanto al compromesso. La percezione che il paese stia affondando la hanno tutti, da destra a sinistra, da nord a sud. E come in ogni momento di crisi, dovrebbero scaturirne delle risorse capaci di risollevarlo. Il tepore del "tutto è perduto" lentamente dovrebbe trasformarsi nella rovente forza reattiva che domanda, esige, cambia le cose. Oggi, fra queste, la questione della legalità viene prima di ogni altra.

L'imprenditoria criminale in questi anni si è alleata con il centrosinistra e con il centrodestra. Le mafie si sono unite nel nome degli affari, mentre tutto il resto è risultato sempre più spaccato. Loro hanno rinnovato i loro vertici, mentre ogni altra sfera di potere è rimasta in mano ai vecchi. Loro sono l'immagine vigorosa, espansiva, dinamica dell'Italia e per non soccombere alla loro proliferazione bisogna essere capaci di mobilitare altrettante energie, ma sane, forti, mirate al bene comune. Idee che uniscano la morale al business, le idee nuove ai talenti.

Ho ricevuto l'invito a parlare con i futuri amministratori del Pd, così come l'invito dell'on del Pdl Granata ad andare a parlare a Palermo con i giovani del suo partito. Credo sia necessario il confronto con tutti e non permettere strumentalizzazioni. Le organizzazioni criminali amano la politica quando questa è tutta identica e pronta a farsi comprare. Quando la politica si accontenta di razzolare nell'esistente e rinuncia a farsi progetto e guida. Vogliono che si consideri l'ambito politico uno spazio vuoto e insignificante, buono solo per ricavarne qualche vantaggio. E a loro come a tutti quelli che usano la politica per fini personali, fa comodo che questa visione venga condivisa dai cittadini, sia pure con tristezza e rassegnazione.

La politica non è il mio mestiere, non mi saprei immaginare come politico, ma è come narratore che osserva le dinamiche della realtà che ho creduto giusto non sottrarmi a una richiesta di dialogo su come affrontare il problema dell'illegalità e della criminalità organizzata. Il centrosinistra si è creduto per troppo tempo immune dalla collusione quando spesso è stato utilizzato e cooptato in modo massiccio dal sistema criminale o di malaffare puro e semplice, specie in Campania e in Calabria. Ma nemmeno gli elettori del centrodestra sono felici di sapere i loro rappresentanti collusi con le imprese criminali o impegnati in altri modi a ricavare vantaggi personali. Non penso nemmeno che la parte maggiore creda davvero che sia in atto un complotto della magistratura. Si può essere elettori di centrodestra e avere lo stesso desiderio di fare piazza pulita delle collusioni, dei compromessi, di un paese che si regge su conoscenze e raccomandazioni.

Credo che sia giunto il tempo di svegliarsi dai sonni di comodo, dalle pie menzogne raccontate per conforto, così come è tempo massimo di non volersela cavare con qualche pezza, quale piccola epurazione e qualche nome nuovo che corrisponda a un rinnovamento di facciata. Non ne rimane molto, se ce n'è ancora. Per nessuno. Chi si crede salvo, perché oggi la sua parte non è stata toccata dalla bufera, non fa che illudersi. Per quel che bisogna fare, forse non bastano nemmeno i politici, neppure (laddove esistessero) i migliori. In una fase di crisi come quella in cui ci troviamo, diviene compito di tutti esigere e promuovere un cambiamento.

Svegliarsi. Assumersi le proprie responsabilità. Fare pressione. È compito dei cittadini, degli elettori. Ognuno secondo la sua idea politica, ma secondo una richiesta sola: che si cominci a fare sul serio, già da domani.

Roberto Saviano - da Repubblica

lunedì 22 dicembre 2008

Nubi sul Nobel

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13323/Nubi+sul+Nobel

19/12/2008

Sospetti di corruzione e l'ingombrante presenza delle lobby farmaceutiche: la magistratura apre un'inchiesta
Cosa succede se anche una delle più nobili istituzioni viene colpita dal sospetto di corruzione? Se le indagini avviate dal procuratore di Stoccolma Nils Erik Schulz dovessero giungere a una conclusione nefasta, il primo effetto sarebbe il rivoltamento nella tomba di Alfred Bernhard Nobel, il chimico svedese inventore della dinamite che istituì il Premio a lui intitolato, il secondo lo screditamento della più prestigiosa premiazione in ambito scientifico.

Il Nobel e le lobby farmaceutiche. Gli agenti svedesi della squadra anti-corruzione stanno lavorando sulla possibilità che il gigante farmaceutico Astra Zeneca possa aver influenzato la decisione della commissione del Karolinska Institute nell'assegnazione del Premio Nobel per la Medicina al tedesco Harald zur Hausen, meritevole di aver contribuito alla ricerca sull'Hpv, lo human papilloma virus, che può causare il cancro del collo uterino e, guarda caso, la Astra Zeneca è detentrice del brevetto per i vaccini contro il virus: il profitto che deriverebbe dalla vendita di due farmaci, il Gardasil e GlaxoSmithKline Cervarix, raggiunge milioni e milioni di euro. Secondo l'impianto accusatorio, Bernard Fredholm, presidente della commissione che nomina i candidati al Nobel è stato, nel 2006, sul libro paga del colosso farmaceutico come consulente; Bo Angelin, membro della commissione dei 50 che elegge il vincitore, ha ugualmente servito per la multinazionale anglo-svedese. Le indagini del procuratore sono state stimolate dalla stampa europea che poneva la questione di un conflitto di interessi dal momento che la Astra Zeneca sponsorizza due società legate al Premio Nobel, la Nobel Media e la Nobel Web. Contratti da centinaia di migliaia di dollari che possono implicitamente influenzare le scelte della commissione.

Il viaggio in Cina. Un altro filone dell'inchiesta riguarda il viaggio e la permanenza in Cina, interamente a carico del ministero dell'Istruzione, di alcuni membri della commissione. Il governo cinese avrebbe chiesto informazioni sui criteri della nomina dei candidati e sull'attribuzione del Premio. È dal 1957 che uno scienziato cinese non si aggiudica il prestigioso Premio che Pechino, nella sua lotta di conquista, anche nel campo scientifico, vorrebbe vedere assegnato a uno dei suoi. I vertici della Royal Swedish Accademy of Sciences, sono seriamente preoccupati per la ricaduta che l'inchiesta potrebbe avere sulla integrità e il prestigio del riconoscimento accademico che ogni anno viene attribuito ai migliori ricercatori nel campo della fisica, chimica, medicina, economia, letteratura e a chi si sia particolarmente distinto nel garantire la pace nel mondo. Il Segretario permanente dell'Accademia Reale, Gunnar Oquist ha riconosciuto che il viaggio in Cina dei membri della commissione, i cui nomi non sono stati resi noti, sia stato "assolutamente inopportuno".

Polemiche e veleni. Non è la prima volta che il Premio Nobel viene attraversato da polemiche o scandali. Una delle più gravi colpe che viene attribuita all'Istituto è quella di non aver mai premiato, nonostante le cinque nomination, il grande leader indiano Mahatma Gandhi.
Nel 1995, il quotidiano russo Izvestia, gettò delle ombre sul premio per la Medicina a Rita Levi Montalcini sostenendo che Francesco Della Valle, direttore generale della Fidia avesse "sponsorizzato" l'assegnazione del Nobel alla Montalcini, perché ciò avrebbe comportato grossi profitti derivanti dalla vendita del Gronassial. Nell'affaire avrebbe avuto un ruolo rilevante anche Duilio Poggiolini, all'epoca direttore generale del servizio farmaceutico nazionale e membro della Loggia P2.

Australia, aborigeni vincono causa ambientale contro multinazionale mineraria

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13263/Australia%2C+una+vittoria+per+gli+aborigeni

17/12/2008

Bloccato il progetto di deviazione del fiume McArthur

Gli aborigeni australiani hanno vinto la loro causa contro il gigante minerario anglo-svizzero Xstrata: quarto produttore mondiale di rame e di nichel, produce l'otto percento dello zinco comperato nel mondo ed è inoltre tra i primi esportatori mondiali di carbone.

Il piano aziendale elaborato dalla Xstrata per lo sfruttamento delle risorse di zinco presenti nel Northern Territory, prevedeva la deviazione del corso di un fiume per poter espandere una miniera da cui viene estratto zinco. Alcuni leader aborigeni hanno pianto di gioia quando è stata annunciata a decisione della corte federale. La popolazione aborigena aveva infatti intrapreso una lunga battaglia per contrastare la decisione governativa relativa alla deviazione del corso fluviale del McArthur, che sarebbe servita a espandere la miniera, trasformando il sito per l'estrazione di zinco da sotterraneo a sito di superficie. Insieme alle organizzazioni ambientaliste, alcuni gruppi di aborigeni hanno messo in allarme sui potenziali pericoli derivanti da una deviazione del corso del fiume: durante la stagione delle piogge infatti, il McArthur, scorrendo lungo il nuovo percorso, verrebbe contaminato da infiltrazioni inquinanti provenienti dalla miniera. L'altro capo di accusa presentato dagli aborigeni riguardava una mancanza nel processo di approvazione istituzionale del progetto: la corte federale ha approvato il ricorso, riconoscendo effettivamente un vizio nel procedimento. Il corso del fiume McArthur è già stato deviato per più di 5 chilometri e adesso gli aborigeni chiedono che torni a scorrere lungo il corso originario. Xstrata ha espresso il proprio disappunto per quanto contenuto nella sentenza, annunciando che l'azienda probabilmente si vedrà costretta a chiudere la miniera. Il Consiglio per le Risorse del Northern Territory ha descritto la sentenza federale come una grande sconfitta per l'industria mineraria australiana.

sabato 20 dicembre 2008

Arriva il Natale

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

18/12/2008
Marco Cedolin

In questi giorni di metà dicembre, con i cieli plumbei solcati da nuvoloni neri che si fronteggiano con furia belluina, i corsi d'acqua in piena che borbottano minacciosi e le montagne infiocchettate di neve come mai prima d'ora in questo periodo, lo "spirito natalizio" sembra permeare ogni cosa, fino a penetrare nelle nostre anime aride d'inguaribili pessimisti.

Il Presidente degli Stati Uniti G.W. Bush, recatosi in terra d'Iraq per un saluto di commiato da porgere alla colonia in occasione della scadenza del suo mandato, ha finalmente portato alla luce quelle armi di distruzione di massa che per tanti anni hanno albergato solamente nella sua fantasia ed in quella di pochi suoi fedelissimi. Si trattava di un paio di scarpe numero 42 che sibilando sinistramente sono sfrecciate poco sopra la sua testa, senza che nessun missile patriot riuscisse preventivamente ad intercettarle. Scarpe provenienti certo dall'arsenale segreto di Saddam, che un giornalista iracheno addestratosi a lungo nei campi di Al Quaeda nell’attesa del momento propizio, gli ha lanciato contro con destrezza, apostrofandolo contemporaneamente come "cane" fra lo stupore degli astanti, provocando un certo risentimento fra tutti i quattro zampe che hanno dimostrato di non gradire affatto il paragone.

In Italia il PD di Veltroni somiglia sempre più alla vecchia Democrazia Cristiana durante il periodo di tangentopoli. Il numero degli inquisiti continua a salire ogni giorno di più e gli scandali si susseguono uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. Veltroni, ormai drammaticamente a corto di fantasia, inveisce contro la magistratura che avrebbe preso di mira il suo partito, pronunciando le stesse frasi che Berlusconi ripete ormai da quasi 15 anni. Tutti si affannano a discutere della "questione morale", ma non si comprende bene come il ladrocinio qualora praticato all'ombra di un partito cessi di essere "furto" per trasformarsi semplicemente in un'azione moralmente discutibile.

Le elezioni in Abruzzo hanno decretato il crollo del PD, che dopo gli scandali si è manifestato molto più vicino ai penitenziari piuttosto che non agli elettori. Nonostante lo scontato successo del PDL i veri vincitori sono risultati l'astensione, che ha portato un abruzzese su due a disertare le urne e Antonio Di Pietro, al quale ormai basta fare opposizione poco e male per raccogliere a piene mani voti dal partito ombra di Veltroni che non riesce a fare neppure questo.

Silvio Berlusconi si è appropriato della filosofia Unieuro e simile ad un venditore di lavatrici e televisori esorta gli italiani ad essere ottimisti e spendere a più non posso nei regali di Natale. L'importante è sostenere i consumi, smentendo le cassandre e fugando i fantasmi della recessione. Ora che la social card di Tremonti ha risolto i problemi relativi alla spesa alimentare delle famiglie si può osare di più, va bene anche un alberello acquistato a credito o un TV al plasma preso a rate con il rimborso a partire da aprile 2009. Va bene anche l'abbonamento a SKY di "Pasquale" o un cucciolo robot che riesca a deliziare i bimbi senza sporcare in casa. Natale viene una volta l'anno ed ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte di buon consumatore che contribuisce a far girare l'economia, senza rimuginare sul fatto che anche volendo applicarsi mancherebbero i danari, come fanno i soliti pessimisti.

Nel mondo non si vendono più auto, probabilmente perché nel corso dell'ultimo secolo se ne sono vendute troppe e molte persone hanno iniziato a prendere coscienza del fatto che il mantenimento del "parco auto" (con relative tasse, gabelle, multe e riparazioni) ha un peso insostenibile all'interno del bilancio famigliare.
Dagli Stati Uniti all'Europa tutti i magnati dell'auto che per un secolo hanno accumulato fortune miliardarie all’interno dei propri forzieri, lamentano il crollo delle vendite e domandano l'appoggio statale che li aiuti a socializzare le perdite che, a differenza di quanto accaduto con gli utili, aspirano a condividere con il resto della collettività.
In Italia proprio Walter Veltroni risulta essere in prima fila fra coloro che esortano il governo ad aiutare economicamente la Fiat, sulla falsariga di quanto sta avvenendo negli altri paesi con le industrie automobilistiche nazionali.
Esortazioni del tutto superflue dal momento che gli aiuti di fatto sono già stati stanziati, in quanto la Fiat proprio in questi giorni ha deciso che i propri stabilimenti resteranno chiusi per un mese intero, scaricando in questo modo sulla collettività (attraverso la cassa integrazione) l'onere degli stipendi dei propri dipendenti.

In Irlanda è scoppiato il caso del maiale alla diossina che ha tenuto banco per molti giorni sulle pagine dei giornali, ed anche l’ipotesi che la UE pretenda di ripetere il referendum che ha bocciato il trattato di Lisbona, probabilmente ad oltranza fino al momento in cui vinceranno i SI, ma di questo i giornali hanno parlato molto meno.
In Italia Freccia Rossa ha inaugurato l’era del TAV “taroccato” riuscendo perfino a peggiorare (chiunque avrebbe giurato che sarebbe stato impossibile) la drammatica condizione dei pendolari e dimostrando che al peggio davvero non c’è mai fine.
Negli Stati Uniti la FED ha tagliato il tasso di sconto (ora è compreso fra 0 e 0,25%) probabilmente per l’ultima volta, dal momento che a partire dalla prossima manovra le banche dovranno provvedere a pagare chi prende soldi a prestito. Sempre negli USA gli agenti immobiliari hanno iniziato a noleggiare dei pullmann per portare i propri clienti a visitare le case espropriate ai proprietari schiacciati dai debiti, e davvero lo spirito del Natale fatica a manifestarsi all’interno di questi tour ai quali i proprietari rovinati sono costretti ad assistere loro malgrado.

Ma nonostante tutto siamo ormai giunti nella settimana prenatalizia deputata allo shopping per antonomasia, in quei giorni dell’anno durante i quali anche il più cinico degli animi non può fare a meno di aprirsi verso gli altri e trasudare bontà, comprensione, amore verso il prossimo.Cammineremo fra le vie dei centri cittadini barbaglianti di luci, fra abeti che sfavillano intarsiati di lampadine, luminarie iridescenti che baluginano abbarbicate sopra le nostre teste, stelle comete, Babbi Natale e pacchetti regalo che occhieggiano in ogni dove, accattivanti, rassicuranti, a trasudare serenità e letizia, a dimostrarci che i mutamenti climatici e la crisi economica sono soltanto fantasie da disfattisti. I nostri sguardi si specchieranno dentro all’allettevole cornice delle vetrine, per inebriarsi di luci e colori, le musichette natalizie ci delizieranno riportandoci a quando eravamo bambini ed aprivamo i regali sotto l’albero con il visetto giocondo che si arrubinava tutto per l’emozione. Intorno a noi trepiderà un alluciolio così sfolgorante, gioioso, perfetto da farci sentire in colpa, noi ed il nostro inguaribile pessimismo che ci impedisce di consumare come dovremmo.

La Maserati di Montezemolo licenzia 120 lavoratori

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-maserati-di-montezemolo-licenzia-120-lavoratori/

Cremaschi: scandaloso silenzio di tv e giornali

Giorgio Cremaschi: "Alla Maserati di Modena la Fiat e Luca Di Montezemolo decidono di mettersi avanti nel lavoro rispetto ai 600.000 disoccupati annunciati dalla Confindustria. La scorsa settimana l'azienda ha comunicato la fine del rapporto di lavoro per 120 lavoratori interinali, che in pratica sono stati licenziati in tronco, dalla sera alla mattina. La Maserati, di proprietà Fiat assieme alla Ferrari, oggi non è in crisi, nessuno in Cassa integrazione. Ancora una volta sono proprio le aziende più grandi, i manager più importanti, che in Italia stanno aggravando la crisi con i loro comportamenti antioperai e antisindacali."

(17 dicembre 2008)

mercoledì 17 dicembre 2008

Freccia Rossa ma solo di vergogna

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

Marco Cedolin

La bufala del TAV italiano, costruita con grande enfasi attraverso le grancasse dell'informazione, è durata lo spazio di una giornata. Una giornata durante la quale giornali e TV, coadiuvati dall'a.d. delle Ferrovie di Stato Mauro Moretti e da molti esponenti politici rigorosamente bipartisan, hanno pomposamente annunciato la nascita dell'alta velocità italiana e l'inaugurazione del nuovo treno "Freccia Rossa", corredando il tutto con una lunga sequela di dati falsi ed esternazioni ad effetto assolutamente disancorate dalla realtà.

Il nuovo TAV con la sua rossa livrea che lo rendeva simile ad una strenna natalizia, è così entrato nelle case degli italiani attraverso gli schermi dei TG, mentre il giornalista di turno vantava le mirabolanti qualità dell'alta velocità che "finalmente" consentiranno al nostro Paese di entrare a far parte del gotha dei supetreni, insieme a Francia, Spagna e Germania. La macchina da presa spaziava sugli eleganti interni delle carrozze, strapiene di politici e uomini d'affari tutti eleganti ed entusiasti, per poi zoommare immancabilmente su un tachimetro con la lancetta immobile a segnare 300 km/h. A questo punto il giornalista, entrato in una sorta di trance mistica, iniziava a dare il meglio di sé, sciorinando suggestioni tanto fascinose quanto improbabili. Secondo le parole di alcuni TG con la nuova alta velocità appena inaugurata si potrà andare da Milano a Roma in poco più di 3 ore, secondo altri il tempo sarebbe di 3 ore e mezza. Alcuni giornalisti hanno vantato la capacità del TAV di competere con il trasporto aereo, altri con quello automobilistico, tutti hanno parlato di una rivoluzione epocale nell'ambito dei trasporti. Il TG5 si è sbilanciato fino al punto di affermare che l'alta velocità italiana sarebbe costata solamente 7 miliardi di euro.

La bufala di "Freccia Rossa" è riuscita però ad albergare solamente fra i video e le pagine dei servizi sponsor e l'illusione è durata molto meno di quanto generalmente non accada alle altre strenne natalizie. Il TAV di rosso vestito non è infatti in grado di collegare Milano e Roma ad alta velocità, dal momento che per la maggior parte del proprio percorso (da Bologna a Roma) l'infrastruttura esistente lo costringe a viaggiare alla stessa velocità di un normale Eurostar. In conseguenza di ciò il tempo di percorrenza risulta essere di 4 ore (3.59 recita l’orario delle Ferrovie con studiata malizia che ricorda da vicino le offerte promozionali degli ipermercati), molto simile a quello che 10 anni fa e decine di miliardi di euro fa, sulla stessa tratta spuntava il mitico Pendolino. Come se non bastasse, solamente le prime 2 corse inaugurali, quelle affollate di politici e vip di varia estrazione, sono riuscite ad arrivare in orario, mentre tutte quelle successive hanno accumulato ritardi rilevanti, in alcuni casi addirittura superiori ai 30 minuti che non hanno mancato di fare rimpiangere il servizio esistente negli anni 90.

A concludere la frittata ci hanno pensato i vertici delle Ferrovie che nel maldestro tentativo di privilegiare "Freccia Rossa" nella gestione del traffico ferroviario, sono venuti meno agli accordi presi con la Regione Lombardia, mandando in tilt l'intero servizio regionale per i pendolari. Treni soppressi ed una sequela di ritardi mai sperimentata in precedenza hanno così provocato l'ira non solo dei comitati di pendolari, ma perfino del presidente lombardo Formigoni e dell'assessore alla mobilità Cattaneo che si sono dichiarati pronti a "fermare l'alta velocità" se le Ferrovie non risolveranno immediatamente il problema.

"Freccia Rossa" fino ad oggi dunque solo di vergogna, fra millantato credito ed operazioni di marketing prive di costrutto. L'alta velocità italiana, la cui costruzione, prendano nota i distratti giornalisti del TG5, è già costata svariate decine di miliardi di euro di denaro pubblico, ed altre decine ne costerà prima che venga terminata, continua a restare una fantasia relegata ai tabelloni degli orari ferroviari e riscontrabile solamente nelle tariffe dei biglietti. Moretti dopo avere per anni affermato che il TAV competerà con l'aereo oggi asserisce (forse temendo d'incorrere nell'ira degli amici del neonato CAI) di volere fare concorrenza alle auto, ma l'unico termine di paragone per la bufala di "Freccia Rossa" continua a rimanere il Pendolino, dal quale lo separano molti, troppi miliardi sottratti ai contribuenti italiani e pochissimi minuti rubati al tabellino di marcia, quando non c'è ritardo.

domenica 14 dicembre 2008

Greenpeace lancia un allarme sulle auto elettriche

fonte:
http://www.ecoblog.it/
pubblicato da Roberto Bosio

Negli ultimi mesi, in Germania, si stanno sviluppando delle cooperazioni tra industria dell’auto e dell’energia - come quelle tra Mercedes e RWE, e tra BMW e Vattenfall - per lo sviluppo di autovetture elettriche. Sinergie poco “verdi” secondo gli attivisti di Greenpeace Germania.

Gli argomenti sono noti: le auto elettriche spostano il problema delle emissioni dalle quattro ruote alle centrali elettriche. E sia Vattenfall che RWE continuano a costruire centrali a carbone.
Così, dopo aver fatto due calcoli, si scopre che la Mini Elettrica consuma - se si fa una media delle emissioni prodotte dalle centrali di Vattenfall - circa 133,5 grammi di CO2 al km, mentre la Smart elettrica della Daimler Benz arriva ai 90 grammi di CO2 per km, peggio di quanto faccia la versione a gasolio - 88 grammi di CO2 al km.

Senza considerare che l’energia elettrica tedesca proviene in parte dalle centrali nucleari. e quindi ogni km prodotto da queste auto finirebbe per generare anche scorie radioattive, una parte delle quali emanerebbe radiazioni per migliaia di anni. Per queste ragioni, Greenpeace ha chiesto che le auto elettriche siano fornite di un’etichetta che indichi le emissioni provocate a monte, perché la motorizzazione elettrica può essere considerata una valida alternativa solo nel momento in cui l’energia viene prodotta da fonti rinnovabili.

sabato 13 dicembre 2008

Appello Fini-Travaglio

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

di Massimo Fini e Marco Travaglio

Con l’annuncio di Silvio Berlusconi di voler cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza si è giunti al culmine di un’escalation, iniziata tre lustri fa, che porta dritto e di filato a una dittatura di un solo uomo che farebbe invidia a un generale birmano.

Da un punto di vista formale la cosa è legittima. La nostra Carta prevede, all’articolo 138, i meccanismi per modificare le norme costituzionali. Ma farlo a colpi di maggioranza lede i fondamenti stessi della liberal-democrazia che è un sistema nato per tutelare innanzitutto le minoranze (la maggioranza si tutela già da sola) e che, come ricordava Stuart Mill, uno dei padri nobili di questo sistema, deve porre dei limiti al consenso popolare. Altrimenti col potere assoluto del consenso popolare si potrebbe decidere, legittimamente dal punto di vista formale, che tutti quelli che si chiamano Bianchi vanno fucilati. Ma la Costituzione non ha abolito la pena di morte? Che importa? Si cambia la Costituzione. Col consenso popolare. Elementare Watson. Senza contare che a noi la Costituzione del 1948 va bene così, e non si vede un solo motivo per stravolgerla (altra cosa è qualche ritocco sporadico per aggiornarla).

Com’è possibile che in una democrazia si sia giunti a questo punto? Non fermando Berlusconi sul bagnasciuga, permettendogli, passo dopo passo, illiberalità e illegalità sempre più gravi. Prima il duopolio Rai-Fininvest (poi Mediaset) che è il contrario di un assetto liberal-liberista perché ammazza la concorrenza e in un settore, quello dei media televisivi, che è uno dei gangli vitali di ogni moderna liberaldemocrazia. Poi un colossale conflitto di interessi che si espande dal comparto televisivo a quello editoriale, immobiliare, finanziario, assicurativo e arriva fino al calcio. Quindi le leggi “ad personas”, per salvare gli amici dalle inchieste giudiziarie, “ad personam” per salvare se stesso, il “lodo Alfano”, che ledono un altro dei capisaldi della liberaldemocrazia: l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Infine una capillare, costante e devastante campagna di delegittimazione della Magistratura non solo per metterle la mordacchia (che è uno degli obbiettivi, ma non l’unico e nemmeno il principale della cosiddetta riforma costituzionale), ma per instaurare un regime a doppio diritto: impunità sostanziale per “lorsignori”, “tolleranza zero”, senza garanzia alcuna, per i reati di strada, che sono quelli commessi dai poveracci.

Presidente del Consiglio, padrone assoluto del Parlamento e di quei fantocci che sono i presidenti delle due Camere, padrone assoluto del centro-destra, se si eccettua, forse, la Lega, padrone di tre quarti del sistema televisivo, con un Capo dello Stato che assomiglia molto a un Re travicello, Silvio Berlusconi è ormai il padrone assoluto del Paese e si sente, ed è, autorizzato a tutto. Recentemente ha avuto la protervia di accusare le reti televisive nazionali, che pur controlla nella stragrande maggioranza (ieri, in presenza del suo inquietante annuncio, si sono occupate soprattutto della neve), di “insultarlo”, di “denigrarlo”, di essere “disfattiste” (bruttissima parola di fascistica memoria), di parlare troppo della crisi economica e quasi quasi di esserne la causa (mentre lui, il genio dell’economia, non si era accorto, nemmeno dopo il crollo dei “subprime” americani, dell’enorme bolla speculativa in circolazione).

Poi, non contento, ha intimidito i direttori della Stampa e del Corriere (il quale ultimo peraltro se lo merita perché ha quasi sempre avvallato, con troppi silenzi e qualche adesione, tutte le illegalità del berlusconismo) affermando che devono “cambiare mestiere”.

Questa escalation berlusconiana ci spiega la genesi del fascismo. Che si affermò non in forza dei fascisti ma per l’opportunismo, la viltà, la complicità (o semplicemente per non aver capito quanto stava succedendo) di tutti coloro che, senza essere fascisti, si adeguarono.

Ma sarebbe ingeneroso paragonare il berlusconismo al fascismo. Ingeneroso per il fascismo. Che aveva perlomeno in testa un’idea, per quanto tragica, di Stato e di Nazione. Mentre nella testa di Berlusconi c’è solo il suo comico e tragico superego, frammisto ai suoi loschi interessi di bottega.

Una democrazia che non rispetta i suoi presupposti non è più una democrazia. Una democrazia che non rispetta le sue regole fondamentali non può essere rispettata. A questo punto, perché mai un cittadino comune dovrebbe rispettarla, anziché mettersi “alla pari” col Presidente del Consiglio? “A brigante, brigante e mezzo” diceva Sandro Pertini quando lottava contro il totalitarismo. O per finirla in modo più colto: “Se tutto è assurdo”, grida Ivan Karamazov “tutto è permesso”.

Massimo Fini
Marco Travaglio

Intervista a Fausto Cavalli - Latte crudo e disinformazione



Firmate la petizione al Ministro delle Politiche Agricole Zaia e al sottosegretario Martini, promossa dal Consorzio Tutela Latte Crudo contro la chiusura preventiva dei distributori di latte crudo.
http://www.ipetitions.com/petition/consorziotutelalattecrudo/index.html

venerdì 12 dicembre 2008

Monte San Pietro: consapevolezza e rivoluzione

fonte:
http://www.decrescitafelice.it/?p=396#more-396

di Salvina Elisa Cutuli - articolo tratto da www.terranauta.it

10.000 abitanti e un’amministrazione illuminata. In pochi mesi a Monte San Pietro (BO) si è passati dal 25 all’80% di raccolta differenziata. E mentre in molti cercano siti per nuove discariche, loro ne chiudono una. Com’è stato possibile tutto ciò? Grazie al coinvolgimento della popolazione.
Monte San Pietro e i suoi cittadini sono l’esempio concreto che le cose possono cambiare anche in poco tempo. Basta solo volerlo.
Non stiamo parlando di una città utopica ma di un piccolo comune in provincia di Bologna, di 10.000 anime circa, riconosciuto anche come comune virtuoso per i grandi risultati ottenuti grazie alla raccolta differenziata porta a porta partita nello scorso novembre.
Tutto è nato dopo tre anni di lunghe e faticose trattative in seguito alle quali il comune è riuscito, nel luglio 2007, a mettere in pratica un progetto che permettesse lo sviluppo e il diffondersi della raccolta differenziata. La sfida più grande poi, è stata quella di sensibilizzare i cittadini attraverso un progetto di comunicazione che potesse sostenerli in questo grande sforzo, da tempo annunciato dall’amministrazione ma fino ad allora mai concretizzato.
Attraverso assemblee pubbliche (circa quaranta organizzate in modo da consentire a tutti di poter intervenire, scaglionando i partecipanti nel corso degli incontri), attività con le scuole, attività di sportello presso gli uffici comunali e attività di tutoraggio, tutti i cittadini sono stati resi partecipi ed incoraggiati a qualsiasi forma di sperimentazione e di condivisione. In questo modo, sono state contattate telefonicamente 1800 famiglie; 2000, invece, hanno partecipato agli incontri e 3500 hanno ricevuto la visita dei tutor (ragazzi reclutati nello stesso paese che hanno seguito un percorso di formazione), mentre 200 sono stati i condomini visitati dai gestori per il posizionamento dei bidoni e 700 i bimbi che hanno partecipato alle attività didattiche.
Questo è quanto è emerso dall’intervento di Manuela Ruggeri, Assessore all’Ambiente del comune di Monte San Pietro, al convegno “RIfiuto: RIduco, RIciclo” tenutosi a Gambettola lo scorso 25-26 ottobre.
Manuela Ruggeri - che nel mandato precedente, in qualità di Assessore all’ambiente e sviluppo sostenibile, si era dedicata ad attività estrattive, produttive, promozione del territorio e pari opportunità - ha sottolineato più volte il risultato sorprendente ottenuto grazie alla collaborazione dei cittadini e alla grande ricettività che li ha contraddistinti. Risultato ottenuto ancor prima che scoppiasse l’emergenza in Campania e che si diffondesse, quindi, una maggiore sensibilizzazione al problema rifiuti nelle popolazioni coinvolte in percorsi simili a questo.
Ma non è tutto. La Ruggeri spiega alla platea come nella presentazione delle scelte ambientali che avevano spinto l’amministrazione ad optare verso questa nuova direzione, siano state inserite foto di discariche e di inceneritori, poiché il 90% degli abitanti di Monte San Pietro non sapeva esattamente cosa fossero e come funzionassero.
Suscitare l’orrore, il disagio e il disgusto, a volte aiuta a rimuovere quella patina di ignoranza che è causa di non attenzione, di disinteresse e di noncuranza, e che impedisce di filtrare la realtà tangibile e palpabile rendendola poco chiara e quindi sconosciuta.
Ma non è stato tutto semplice. Inizialmente le persone avevano mostrato molte resistenze. In molti, ad esempio, si chiedevano: “come faccio a buttare in bidoni così piccoli così tanta immondizia?” Cinque mesi dopo l’inizio della raccolta differenziata porta a porta, non solo le perplessità erano scomparse, ma i cittadini si sono dimostrati entusiasti e soprattutto più consapevoli della produzione dei rifiuti, tanto da sollecitarne una riduzione a monte.
Questa presa di coscienza e di consapevolezza da parte dei cittadini di Monte San Pietro è in contrapposizione con il luogo comune secondo il quale “argomenti difficili” come quelli inerenti i rifiuti, il riciclaggio e la raccolta differenziata, interesserebbero a poche persone.
Del resoconto di Manuela Ruggeri, infatti, impressiona la velocità con cui le seguenti pratiche si sono diffuse:
- il compostaggio dei rifiuti domestici, messo in pratica da mille famiglie e dai bimbi della scuola materna ed elementare;
- il last minute market che consente di recuperare ciò andrebbe buttato via e che viene invece nuovamnte immesso nel circuito a fini di beneficenza;
- un grosso gruppo di acquisto solidale sorto grazie al sistema del porta a porta e alle assemblee collettive attraverso le quali è nata una maggiore socializzazione tra i cittadini del piccolo comune;
- il mercatino dell’usato gestito dai bimbi che, nel corso dell’anno, hanno realizzato questo evento insieme alle loro famiglie, con scambio e piccole vendite;
- una maggiore distribuzione di contenitori per acqua alla spina e per detersivi alla spina (quest’ultima in corso di allestimento).
E fu così che la raccolta differenziata è passata dal 25,5% all’80%, mentre solo il 20% di rifiuti viene mandato in discarica. A tal proposito la Ruggeri ha ricordato che “il prossimo anno, la discarica vicino Monte San Pietro verrà chiusa. Se potessimo avere un impianto alternativo sarebbe davvero bello. Mi piacerebbe replicare il progetto della Poli (Carla Poli, titolare del Centro Riciclo Vedelago, in provincia di Treviso, che pratica la raccolta differenziata al 99%, ndr) nella mia provincia”.
Sarebbe bello che queste parole piene di speranza diventassero realtà perchè, come ci dimostra lo stesso caso di Monte San Pietro, alla fine non è così difficile realizzare i sogni e smuovere gli animi della gente per accelerare il passo verso un cambio di rotta che possa garantire un futuro alla vita umana su questo pianeta.

mercoledì 10 dicembre 2008

Il miserabile maestro Gelli contestato a Sanremo

fonte:
http://www.danielemartinelli.it/



Tanto per smentire quelli che dicono che i frequentatori dei blog sono capaci soltanto di fare i guerrieri della tastiera, vorrei segnalare come su Youtube, sempre più spesso, appaiano video di privati cittadini indignati grazie alla cultura diffusa dalla Rete, che scendono in piazza per rinfrescare la memoria ai lobotomizzati televisivi.

A Sanremo, l’altro giorno, per i “martedì letterari” c’era in qualità di ospite d’onore Licio Gelli. A riceverlo, oltre alle solite impellicciate fans di Emilio Fede, anche un civile gruppo di cittadini armati di megafono e cartelloni, che sono addirittura entrati nella sala conferenze.
Peccato che, a parte testate locali e filo-libere, dai soliti media di regime non si sia letto e visto nulla della contestazione proposta nel video. Segno che Gelli, ancora oggi, per la gerontrocrazia conta.
Un plauso ai ragazzi del meetup di Sanremo, testimoni di un’Italia indignata e dotata di memoria. Mi sarebbe piaciuto esserci.

Soltanto 3 anni fa una scena così sarebbe stata quasi impossibile. Oggi, con un numero sempre maggiore di cittadini informati grazie alla condivisione delle notizie in Rete, e grazie agli esempi di coloro che prima di altri si sono esposti, le cose stanno cambiando. E cambieranno sempre più incisivamente.

BIOWASHBALL

La uso già da qualche mese e ne sono davvero contento, vi consiglio di provarla.

Cnr: La bollitura in parte svilisce le caratteristiche d´eccellenza del latte crudo

fonte:
http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=16999

Continuiamo il nostro approfondimento sulla distribuzione e consumo di latte crudo alla spina e sui potenziali collegamenti rispetto ai casi di infezione renale (9 in due anni) che si sono registrati nei bambini
di Federico Gasperini

FIRENZE. Continuiamo il nostro approfondimento sulla distribuzione e consumo di latte crudo alla spina e sui potenziali collegamenti rispetto ai casi di infezione renale (9 in due anni) che si sono registrati nei bambini. Abbiamo sentito Roberta Lodi del Cnr Ispa di Milano che da molti anni si occupa delle problematiche inerenti il latte, che in particolare ci parla della situazione in Lombardia.

Dottoressa, ritiene sufficienti le misure previste nella normativa in vigore per garantire la sicurezza igienica dell´alimento e quindi la salute di chi lo consuma?
«E´ dal 2004 che in Regione Lombardia si eseguono controlli a tappeto sul latte crudo venduto direttamente in azienda dall´allevatore. Prima di arrivare alla definizione dei parametri analitici attualmente previsti in Lombardia tutti coloro che intendevano intraprendere questa attività sono stati ripetutamente controllati. Il Servizio Veterinario della Regione, l´Istituto Zooprofilattico di Brescia ed un progetto ad hoc finanziato dalla Regione Lombardia al CNR ISPA (ero la responsabile del progetto) in associazione con l´Associazione Regionale Allevatori della Lombardia, hanno eseguito una quantità enorme di analisi e verificato che la qualità igienico-sanitaria era sempre ottimale. In particolare sono state anche valutate le prestazioni delle diverse macchine erogatrici. Tutti i responsabili di tali attività sono in continuo contatto, pronti eventualmente ad intervenire. Il Dott. Mario Astuti, direttore del Servizio Veterinario della Regione Lombardia, ha tutto il materiale che occorre per dimostrare come l´attenzione a questo problema non sia mai venuta a meno».

Rispetto ai casi di infezioni registrati, anche se il collegamento con l’ingestione di latte crudo e con il batterio Escherichia coli O157 deve essere ancora definitivamente dimostrata, cosa può essere "sfuggito" nella filiera dei controlli? La contaminazione potrebbe derivare dal consumo di altri alimenti o è da escludere?
«Non so in quale Regione si siano verificati tali casi, si può comunque dire che la contaminazione potrebbe benissimo derivare dal consumo di altri alimenti, così come per i casi registrati prima del 2004 (anno di "avvento" della cosiddetta moda del latte crudo!) in tutta Italia. Non conoscendo il tipo di intervento attuato in altre Regioni, si può ipotizzare che effettivamente i controlli sui diversi allevamenti non sia stato così sistematico come previsto».

Il sottosegretario alla salute ha dichiarato che è necessario bollire il latte crudo prima del consumo. Se il latte si dovesse bollire obbligatoriamente non pensa che tanto valga consumare latte fresco pastorizzato magari ad Alta qualità?
«Reputo che le caratteristiche di eccellenza del latte crudo siano in parte svilite dalla bollitura. E´ certo che il latte pastorizzato di alta qualità è meglio di un latte bollito, magari non in modo corretto. A tal fine il Consorzio Tutela Latte Crudo ha preparato un Comunicato dal titolo “Obbedisco”da affiggere nei punti vendita in cui si tranquillizzano i consumatori invitando a consumare il latte crudo previa bollitura, ma contemporaneamente vengono forniti i “numeri” del lavoro svolto fino ad oggi, e viene denunciato l’attacco al settore».

In generale cosa pensa di questa modalità di distribuzione? Può avere futuro in Italia?
«Io ho creduto e credo tuttora che gli allevatori che hanno intrapreso questa attività sin dall´inizio erano e sono in buona fede, credono in quello che fanno e conoscono perfettamente gli aspetti positivi e negativi di questa nuova "filiera corta". Il rischio è legato a coloro che vedono in questa attività una forma veloce di guadagno e forse non si fanno troppi scrupoli, così come fanno al contrario i veri fautori di tale vendita».

Il latte scomodo

fonte:
http://www.comunivirtuosi.org/

Sabato 06 Dicembre

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
"In questo momento è in atto un violento ed ingiustificato attacco alla vendita diretta del latte crudo.

Questo dopo ben quattro anni, in cui centinaia di migliaia di cittadini, ogni giorno acquistano il latte crudo presso i distributori self service senza che vi sia stato un solo caso provato di patologie causate dal nostro latte, costantemente monitorato mediante migliaia di analisi effettuate dal Servizio Sanitario Pubblico ed in autocontrollo.

La verità è che stiamo dando fastidio a qualcuno che vuole farci chiudere. La vendita diretta è l’alternativa concreta alla globalizzazione dei mercati; c’è chi ha interesse a far morire anche gli ultimi allevatori rimasti.

Noi abbiamo a cuore la salute delle persone; in questo momento chiediamo non ci venga impedito di continuare la campagna di raccolta fondi con Telethon, per dare il nostro contributo a sostegno della ricerca contro le malattie.

Aiutateci a difendere un modo di vendita trasparente, controllabile, che permette ai consumatori di avere il miglior prodotto ad un prezzo onesto, riducendo gli sprechi e salvaguardando l’ambiente."

Associazioni Provinciali Allevatori, Pisa – Lucca – Livorno

Morale a terra

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

9 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Il dibattito sulla “questione morale a sinistra” si fa ogni giorno più elevato. I pregiudicati De Michelis, Di Donato e Pomicino si consolano perchè il più pulito ha la rogna, nella speranza che le mani sporche altrui puliscano le loro. Al Tappone, presentando il suo candidato in Abruzzo Gianni Chiodi, ovviamente inquisito, punta il dito contro le porcherie degli altri. I quali, nonostante gli sforzi, non ce l’hanno ancora fatta a eguagliare le sue. Infatti gli rispondono che lui ha portato in Parlamento un bel po’ di condannati e inquisiti. Vero, peccato che ne abbian portati anche loro. Ma un po’ di meno. Sono come quella signora citata da Enzo Biagi, la cui figlia era “incinta, ma solo un po’”. Quando Beppe Grillo, al V-Day dell’anno scorso, raccolse un mare di firme per una legge di minima decenza che espella almeno i condannati dalle liste elettorali, mancò poco che lo impiccassero: la legge di iniziativa popolare langue in commissione Affari costituzionali, presieduta dall’ottimo Carlo Vizzini, salvato dalla prescrizione per la maxitangente Enimont. Violante (avete capito bene: Vio-lan-te) ha finalmente individuato il nemico da battere: i magistrati, che “hanno troppo potere”, dunque bisogna levargliene un po’, d’intesa con Al Tappone che non vede l’ora. Piercasinando, dopo un vertice con Cuffaro e col commissario Udc di Legnano appena arrestato per spaccio di droga, invita il Pd a liberarsi di Di Pietro, pericolosamente incensurato. Intanto Capezzone (dicesi Ca-pez-zo-ne) intima alla sinistra di scusarsi con Craxi. Poi - come ha scritto un ragazzo sul mio blog - chiederà a Olindo di scusarsi con la Franzoni.
(Vignetta di Molly Bezz)

lunedì 8 dicembre 2008

Viva i tedeschi (quando fa comodo)

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http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

7 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Berlusconi scioglie Forza Italia dopo 15 anni con un discorsetto di mezz’ora. Veltroni annuncia la rottura con Di Pietro a “Che tempo che fa”, da Fabio Fazio, ma poi si scopre che era uno scherzo. D’Alema commissaria Veltroni e auspica un leader di nuova generazione a “Crozza Italia”, e il suo non è uno scherzo. Chissà l’invidia di Bruno Vespa, abituato a ospitare le svolte politiche a “Porta a Porta”. Partiti, leadership e alleanze nascono e muoiono in tv, senza congressi né dibattiti interni. Dopodichè, tutti a interrogarsi sul discredito della classe politica e sulle “grandi riforme” necessarie per uscirne. Ne basterebbe una piccola piccola, ma rivoluzionaria: una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti, che regoli la democrazia interna e la gestione trasparente degli enormi finanziamenti pubblici. Non occorrono voli pindarici: basta copiare dalla Germania, dove i deputati guadagnano la metà dei nostri, sono uno ogni 112.502 abitanti (da noi, uno ogni 60.371), e i partiti devono rispettare regole ferree: l’articolo 21 della Costituzione del 1949 e la legge sui partiti del 1967.

Strano che D’Alema, grande supporter del modello (elettorale) tedesco, non ne parli mai. In Germania ogni partito, per essere tale, deve riunire il congresso almeno una volta ogni due anni, dandosi un programma, uno statuto e un vertice. E ha diritto a finanziamenti statali solo se supera il 5% dei voti alle elezioni europee o federali e il 10% alle regionali. Sennò, nemmeno un euro. I partiti devono pubblicare rendiconti annuali con le entrate (pubbliche e private) e le uscite. Come da noi. Solo che in Germania chi presenta bilanci nebulosi o falsi è costretto dal presidente del Bundestag a restituire tutti i fondi statali. E se un partito riceve soldi illegalmente, deve pagare una multa del triplo della somma incassata, più il doppio se non l’ha messa a bilancio. Le multe vengono poi devolute dal Bundestag a enti assistenziali o scientifici. I bilanci dei partiti sono equiparati a quelli delle società: se falsi o poco trasparenti, chi li firma rischia 3 anni di galera.

Con queste regole, i partiti italiani sarebbero fuorilegge o avrebbero già chiuso per fame. E molti dei loro tesorieri sarebbero in carcere. Da noi i congressi o non si fanno (Forza Italia ne ha tenuti due in 15 anni di vita); o, se si fanno, sono finti (si sa chi vince in anticipo) o finiscono in risse sulle regole malcerte, le tessere fasulle e l’uso disinvolto dei cosiddetti “rimborsi elettorali” (usati addirittura per stipendiare i leader). D’Alema, sempre da Crozza, ha spiegato il discredito dei partiti italiani con la presenza di “troppa società civile: medici, imprenditori, avvocati anzichè politici di professione”. Strano: Obama è avvocato ma, essendo popolarissimo, ha raccolto fondi da centinaia di migliaia di cittadini, senza prendere un dollaro dalle casse dello Stato. In Italia, senza i soldi dello Stato, i partiti sarebbero tutti morti: dagli elettori non prenderebbero un euro. E provare a darsi una regolata, o almeno qualche regola?

domenica 7 dicembre 2008

Le accuse di Berlusconi e le colpe del Corriere

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http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16525

Blandamente criticato da Stampa e Corriere della Sera per una misura in fondo marginale come l'aumento dell'Iva a Sky (che non è come dice Veltroni, una Tv per tifosi squattrinati - quelli vanno allo stadio, in curva - ma per gente benestante) Silvio Berlusconi ha affermato che i direttori di questi due giornali dovrebbero cambiare mestiere. Il presidente del Consiglio ha detto testualmente: "In tanti dovrebbero cambiare mestiere, direttori di giornali e politici, ho visto che la Stampa ha titolato "Berlusconi contro Sky", ho visto le vignette del Corriere della Sera, ma che vergogna... dovrebbero avere tutti più rispetto per se stessi e fare un altro mestiere".

Ha ragione: se non per la Stampa senz'altro per il Corriere della Sera. Ma in senso diametralmente opposto a quello che gli dà il premier. La responsabilità del Corriere della Sera, un giornale dalle grandi tradizioni liberali e che si presenta tutt'oggi come liberale, è di aver non solo avallato ma sostenuto in questi decenni, attraverso i suoi principali editorialisti, Ernesto Galli della Loggia e Angelo Panebianco (nelle cronache è stato invece più equilibrato) le posizioni e le azioni illiberali del Cavaliere.

Il duopolio Rai-Fininvest (poi Mediaset) è il contrario di un assetto liberal-liberista perché, come insegnano al primo anno di Economia, e come scrivevano i padri di questo sistema, Adam Smith e David Ricardo, ammazza la concorrenza che è l'essenza stessa del liberal-liberismo e la cui mancanza è particolarmente grave nel settore dei media televisivi che sono il ganglio vitale di ogni moderna liberaldemocrazia.

Un colossale conflitto di interessi che si espande dal comparto televisivo a quello editoriale, immobiliare, finanziario, assicurativo e arriva fino al calcio, e di cui ci si accorge solo quando tocca anche i propri interessi (che è il caso di Sky). Le leggi "ad personas", per salvare gli amici dalle inchieste giudiziarie, e "ad personam", per salvare se stesso, il "lodo Alfano", ledono un altro principio fondante di una liberaldemocrazia: l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Ma più gravi ancora sono state, a mio avviso, le continue e devastanti aggressioni alla Magistratura italiana, la sua delegittimazione. In terra di Spagna, davanti a tutta la stampa internazionale, allibita, Berlusconi dichiarò che "Mani pulite", cioè inchieste e sentenze della magistratura del suo Paese, di cui pur era premier, erano state una "guerra civile". Non c'è stata volta in cui Berlusconi o i suoi amici politici sono stati raggiunti da provvedimenti giudiziari che i Pm e i giudici non siano stati accusati di "uso politico della giustizia", un reato gravissimo peraltro mai dimostrato, fino ad affermazioni generiche ma non meno gravi: "i giudici sono antropologicamente dei pazzi", "la magistratura è il cancro della democrazia".

E così adesso anche Paolo Mieli si becca della "toga rossa". E ben gli sta. E anche all'inaudito volgare e violento attacco di Berlusconi, il Corriere ha reagito con un corsivetto tremebondo e una cronaca in cui la metteva sull'umorale.

Questo atteggiamento supino del Corriere, il più importante quotidiano italiano, non ha fatto il bene del Paese nè dello stesso Presidente del Consiglio. Lasciatagli passare, passo dopo passo, ogni cosa, il Cavaliere, che antropologicamente non conosce il senso del limite, si sente ormai autorizzato a tutto. Recentemente ha avuto la protervia di accusare le Reti televisive nazionali che pur controlla per i 3/4 di "denigrarlo", di "insultarlo", di essere "disfattiste" (bruttissima parola di fascistica memoria), di parlar troppo della crisi economica e quasi quasi di esserne la causa.

Presidente del Consiglio, padrone assoluto del Parlamento, padrone del centrodestra, se si eccettuano la Lega e l'Udc di Casini che ha avuto il coraggio morale di smarcarsi, padrone del sistema televisivo, ricco più di Creso, Silvio Berlusconi è ormai il padrone pressochè assoluto del Paese. E nessuno può più fermarlo. Una situazione che con la liberaldemocrazia non ha nulla a che vedere. E il Corriere della Sera ne è per la sua parte, che è una notevole parte, corresponsabile.

Massimo Fini - www.massimofini.it

venerdì 5 dicembre 2008

Trieste, 8 denunciati per le contestazioni a Berlusconi

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/hack-proibito-il-dissenso/

Hack: proibito il dissenso
Leggo sul Piccolo di oggi 4 dicembre 2008 che un ricercatore precario e sette studenti dell’Università di Trieste sono stati denunciati per avere gridato il loro dissenso contro questo governo e la sua politica disastrosa nei confronti della scuola, dell’università, della ricerca durante il vertice italo-tedesco fra Berlusconi e la cancelliera Merkel del 18 novembre scorso. Spesso ci chiediamo se questa è ancora una democrazia o siamo già a un regime che usa la televisione al posto del manganello.
Questo fatto ci da la risposta. Fra breve succederà come sotto il fascismo: durante le visite di illustri personaggi, i dissidenti, opportunamente schedati dalle questure, erano ospiti per qualche giorno delle patrie galere.
Margherita Hack

Contestavano Berlusconi: 8 denunce

di Piero Rauber, il Piccolo, 4 dicembre 2008

I fischi, i «buu», gli slogan di scherno anti-Gelmini e anti-Cavaliere, urlati a colpi di megafono e impianti acustici in piazza della Borsa, nel giorno del vertice italo-tedesco, lasciano in eredità otto denunce. «Titolari» loro malgrado della segnalazione inoltrata in Procura dalla Questura - per manifestazione non preavvisata e non autorizzata - un ricercatore precario e sette studenti dell’ateneo di Trieste. Ritenuti, evidentemente, lo zoccolo duro, l’ala più dura del Coordinamento 133, la mente di quel rumoroso sit-in a favore della scuola pubblica che aveva calamitato un centinaio di ragazzi, il pomeriggio del 18 novembre, davanti alla Camera di Commercio, dove erano prima entrati per la conferenza stampa congiunta, e poi erano usciti per un rapido rientro nelle rispettive capitali, Silvio Berlusconi e Angela Merkel. Alcuni dei denunciati l’hanno presa male. Altri, invece, l’hanno digerita. Perché sapevano che sarebbe stata solo questione di tempo. Perché c’era la Digos con le telecamere puntate. E perché ad augurarsi una punizione esemplare si era messo pure il primo cittadino, un Roberto Dipiazza inalberato come non mai. Per il sindaco infatti, che non aveva esitato a chiamare il questore per lamentarsi della riuscita del fuoriprogramma, era stata colpa proprio di quel «gruppetto sparuto di studenti o presunti tali» se i suoi piani - quelli di trascinare il premier fino alle nuove gallerie di Cattinara per un sopralluogo - non erano riusciti fino in fondo. La presenza del Cavaliere, tuttavia, è stata vissuta come occasione irripetibile, più forte della Digos e del Dipiazza furioso. Via dunque a quella manifestazione non autorizzata, sulla scia del test fatto al mattino in piazza Unità dai rappresentanti della scuola Interpreti. Ma con più decibel. «È vero - ammette Luca Tornatore, ricercatore del Dipartimento di astronomia, l’unico non studente che si è preso la denuncia - siamo stati autori di una piccola forzatura. Ma, ci chiediamo, non si deve disturbare proprio mai quest’ordine costituito, che sta distruggendo la formazione pubblica? Abbiamo agito in modo pacifico, mica usando violenza». «Comprendiamo, certo, di aver messo in imbarazzo qualcuno, qui a Trieste, ma al tempo stesso non abbiamo paura», chiude il ricercatore. Il quale annuncia che, nelle prossime ore, arriverà agli organi di stampa una nota congiunta dei denunciati. Poi partirà pure una serie di lettere «indirizzate agli uomini di cultura di questo territorio: Magris, Rumiz e Moni Ovadia - quelli citati in prima battuta da Tornatore - cui chiederemo una presa di posizione».

98 miliardi allo stato? Un azzardo da decidere

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http://www.danielemartinelli.it/


Ieri ero a Roma nell’aula giurisdizionale della Corte dei conti, la magistratura contabile, per assistere all’udienza sul processo allo scandalo delle slot machine, in cui sono imputati i responsabili di 10 concessionarie (fra cui Lottomatica e Snai) molte delle quali, per almeno 2 anni e mezzo, sarebbero rimaste staccate dalla rete dei Monopòli di Stato su cui si registrano tutti i movimenti di denaro.
L’inchiesta avviata dal pm Marco Smiroldo ha stimato un danno erariale che al gennaio scorso ammontava a 98 miliardi di euro.
Ieri i giudici avrebbero dovuto riquantificare il danno economico che le società imputate (assieme a 4 funzionari del Monopòlio di Stato) avrebbero dovuto risarcire allo Stato. Invece l’udienza ha avuto un finale all’italiana: i giudici della Corte dei conti, in accoglimento della richiesta espressa all’unanimità da tutti i difensori, hanno rimandato alla Cassazione (presieduta da Corrado Carnevale) che a sezioni unite dovrà decidere a chi far decidere l’entità del danno. Corte dei conti, Tar, o giustizia ordinaria? Un terno al lotto.
I difensori delle concessionarie imputate sperano sarà il Tar del Lazio, lo stesso che lo scorso aprile, a fronte di un ricorso di gruppo in seguito allo spavento dei 98 miliardi contestati, aveva emesso una sentenza abbastanza sorprendente, in cui si diceva che il danno dev’essere proporzionalmente concordato con le concessionarie, quindi di entità assai più bassa di quei 98 miliardi (che oggi sarebbero un centinaio tondi tondi) pari a 3 manovre finanziarie del governo, se si pensa che l’ultima manovra da 35 miliardi pianifica i prossimi 3 anni!
Intanto potrebbe passare qualche anno prima di attendere la decisione della Cassazione e, quindi, la decisione del danno arrecato.
Spero di non andare in pensione prima di potervi raccontare che, almeno qualche spicciolo, le concessionarie saranno costrette a risarcire. Magari ancora da inviato di Beppe Grillo.

mercoledì 3 dicembre 2008

Due giudici da riabilitare

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

3 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO



Dice bene il presidente Napolitano sul verminaio campano: occorre “forte capacità di autocritica e autoriflessione nel Mezzogiorno sull’impoverimento culturale e morale della politica”. Ora però, visto che l’autocritica non può ridursi a un “tua culpa, tua maxima culpa” battuto sul petto altrui, s’impone qualche parola sul Csm. Il Csm che, sotto la sua presidenza, ha cacciato in malo modo da Catanzaro un pm perbene come Luigi De Magistris che, pur con possibili e rimediabili errori, aveva scoperchiato altri letamai politico-affaristici in Calabria e Lucania. Il Csm che ha espulso a pedate da Milano una gip onesta come Clementina Forleo, colpevole di aver difeso De Magistris e sventato le scalate illegali a Bnl, Antonveneta ed Rcs facendo i nomi dei politici di destra e sinistra che proteggevano la Banda Furbetti. De Magistris e Forleo han dovuto emigrare a Napoli e a Cremona per “incompatibilità ambientale”. E mai formula si rivelò più azzeccata: per fortuna abbiamo ancora magistrati galantuomini (sempre più rari), dunque incompatibili con certi ambienti putridi. Ora, con il blitz della Procura di Salerno al palazzo di giustizia di Catanzaro per stanare i persecutori di De Magistris, comincia ad affiorare la trama che portò all’incredibile scippo delle sue indagini più scottanti. Una trama illustrata un anno fa dai pm salernitani al Csm. Che però finse di non sentire e procedette come un caterpiller contro i due reprobi. Ora urge una “forte capacità di autocritica” del Csm. E’ già tardi per cacciare da Catanzaro i magistrati inquisiti, reintegrarvi De Magistris e riabilitare la Forleo. Ma non è mai troppo tardi.

martedì 2 dicembre 2008

Berlu-Sky: La vera storia

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http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16484

«Ma quale conflitto di interessi. La sinistra ha concesso a Sky per i rapporti che aveva con quella televisione il privilegio del 10 per cento dell'Iva. Abbiamo tolto quei privilegi e abbiamo fatto ritornare l'Iva a Sky uguale a quella di tutti gli altri». E' proprio questa la vera storia del trattamento fiscale agevolato per la pay tv? "L'espresso" ha fatto una piccola inchiesta per ricostruire la vicenda dello sconto dell'Iva a Telepiù, il primo nome della tv a pagamento che fu fondata dal gruppo Fininvest per essere ceduta prima a una cordata di imprenditori amici, poi ai francesi di Canal Plus e infine nel 2002 a Murdoch che la denominerà con il nome del suo gruppo: Sky.

Si scopre così che l'Iva agevolata sugli abbonamenti della pay-tv italiana è stata un trattamento di favore risalente al 1991 fatto dal ministero retto dal socialista Rino Formica e dal governo Andreotti a Silvio Berlusconi in persona. Non solo: dietro questo favore, secondo la Procura di Milano, c'era persino stato un tentativo di corruzione.

Nel 1997 Il pubblico ministero Margherita Taddei chiese il rinvio a giudizio per Berlusconi. Lo chiese anche sulla base di un fax che fu trovato durante una perquisizione. La missiva era opera di Salvatore Sciascia, allora manager Fininvest e oggi parlamentare del Pdl nonostante una condanna definitiva in un altro procedimento per le mazzette pagate dal gruppo alle Fiamme Gialle. Nel fax, diretto a Silvio Berlusconi, Sciascia chiedeva di spingere per far nominare alla Corte dei Conti il dirigente del ministero delle Finanze Ludovico Verzellesi, meritevole perché in precedenza si era speso per fare ottenere l'agevolazione dell'Iva al 4 per cento per Telepiù. In pratica, secondo la ricostruzione dei magistrati, la raccomandazione era il ringraziamento di Fininvest per il trattamento ricevuto.

Il fascicolo processuale però fu trasferito nella Capitale per competenza nel 1997. Nel 2000 il Gip Mulliri, su richiesta del procuratore di Roma Salvatore Vecchione e del pm Adelchi D'ippolito (oggi capo dell'ufficio legislativo del ministero dell'economia con Giulio Tremonti) archiviò tutto. Nessuna rilevanza penale, quindi. Ma restano i dati oggettivi sulla trattativa tra la Fininvest e il ministero per l'abbassamento dell'Iva sulla pay tv: dal 1991 al 1995 quando era controllata o partecipata dal gruppo Berlusconi, Telepiù ha goduto di un'aliquota pari al 4 per cento. Un'agevolazione che allora Berlusconi non considerava scandalosa. Mentre oggi definisce "un privilegio" l'aliquota più che doppia del 10 per cento.

L'innalzamento dal 4 all'attuale 10 per cento fu introdotto alla fine del 1995 nella legge finanziaria del Governo Dini. All'epoca i manager di Telepiù, scelti dal Cavaliere, salutarono così il provvedimento: «È l'ultimo atto di una campagna tesa a mettere in difficoltà la pay tv».

Il 25 ottobre del 1995, Mario Zanone Poma, (amministratore di Telepiù sin dalla sua fondazione) dichiarava alle agenzie di stampa: «L'innalzamento dell'aliquota Iva:
1) contraddice la sesta direttiva della Comunità Europea;
2) contraddice l'atteggiamento degli altri paesi europei verso aziende innovative quali le pay tv;
3) crea una grave discriminazione tra la pay-tv e il servizio televisivo pubblico». I
n pratica il manager scelto da Berlusconi diceva le cose che oggi dicono gli uomini di Murdoch.

Effettivamente un ruolo dei comunisti ci fu. Ma a favore del Cavaliere.

Il Governo Dini voleva aumentare l'Iva fino al 19 per cento (come oggi vorrebbe fare Berlusconi) ma poi fu votato un emendamento di mediazione che fissò l'imposta al 10 per cento attuale. L'emendamento passò con il voto decisivo di Rifondazione Comunista: il suo leader dell'epoca, Fausto Bertinotti, in un ribaltamento dei ruoli che oggi appare surreale, fu duramente criticato dall'allora responsabile informazione del Pds (e attuale senatore del PD) Vincenzo Vita: «È squallido che Bertinotti abbia permesso un simile regalo a questo nuovo trust della comunicazione, figlio della Fininvest».

Peter Gomez e Marco Lillo - Espresso.repubblica.it, 1 dicembre 2008

Il decreto taglia l'efficienza!

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http://www.comunivirtuosi.org/

Lunedì 01 Dicembre 2008

Con il decreto legge 185/2008 (art. 29) approvato venerdì 28 novembre dal Governo, entra in crisi il settore delle rinnovabili. Diventa più difficile usufruire dello sconto del 55% su Irpef e Iras per gli interventi di riqualificazione energetica.
Ad un più complicato iter burocratico per accedere agli sgravi, si aggiunge anche il problema della copertura economica: i privati e le imprese intenzionati a chiedere il bonus dovranno sbrigarsi a presentare la propria domanda perché la possibilità della sgravo è legata alla copertura economica messa in campo dal governo.
Per le agevolazioni sugli interventi energetici sono stati stanziati 82,7 milioni di euro per il 2008; 185,9 milioni per il 2009 e 314,8 milioni per il 2010. Una volta terminati i fondi non sarà più possibile accogliere le domande dei cittadini e delle imprese.
L’agenzia delle Entrate esaminerà le domande in base all’ordine cronologico di invio e comunicherà entro 30 giorni l’esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento «l’assenso si intende non fornito» e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Secondo il presidente di Assolterm, Sergio D’Alessandris, “questo pacchetto anticrisi del governo avrà l’effetto contrario e aprirà una grossa crisi per le aziende italiane del solare termico."
Nello specifico si pone il rischio che gli acquirenti di impianti solari termici, a cui sono stati garantiti dai venditori gli sgravi secondo legge si vedano negare per l’attuale decreto, le agevolazione promesse. Ci potremo trovare, quindi, di fronte ad una possibile rivalsa da parte dell’acquirente per la mancata agevolazione garantita. Eventualità questa che metterebbe in serio pericolo le aziende del settore.
Altro punto ritenuto ambiguo, oltre alla reale adeguatezza di copertura economica per le richieste di sgravio, è la strana formula del “silenzio dissenso”: l’agenzia dell’entrate, che vaglierà e giudicherà le richieste, ha a disposizione 30 giorni per comunicare l’accettazione delle richieste, richieste vagliate in base all’ordine cronologico di invio. La mancata comunicazione da parte dell’agenzia dell’entrate significa automaticamente la bocciatura della richiesta senza possibilità di appello o di spiegazioni in proposito.
Il presidente D’Alessandris sottolinea inoltre la contraddizione insita in questo piano del governo che va controcorrente rispetto a tutti i piani d’azione ambientali/energetici promossi dall’Unione Europea, primo fra tutti l’obbiettivo 20 20 20.
Un piano che si definisce anticrisi nella realtà si ribalta in un piano di crisi per la aziende delle rinnovabili e per le famiglie.

La crescita della decrescita!

fonte:
http://www.decrescitafelice.it/?p=383

1/12/2008

di Andrea Bertaglio

Segavano i rami sui quali erano seduti. E si scambiavano a gran voce le loro esperienze, di come segare più in fretta. E precipitarono con uno schianto. E quelli che li videro, scossero la testa e continuarono a segare.
Bertolt Brecht

Ormai sta iniziando a diventare chiaro: sempre più persone hanno capito, o anche solo percepito, che non stiamo seguendo la giusta direzione, e che la Decrescita è il paradigma culturale che ci permette di cambiarla. Perché Decrescita non vuol dire “tornare indietro”, ma semplicemente “cambiare rotta”, in totale contrasto con l’imposizione della crescita (economica) senza limiti, tanto deleteria quanto improbabile. Decrescita Felice non è ripudio per la tecnologia o per l’innovazione. Ci vuole infatti più tecnologia per costruire, ad esempio, una casa “passiva” che non abbia alcun impianto di riscaldamento o che, se non passiva, consumi al massimo 7 litri di gasolio al metro quadro all’anno, come in Germania, di una che ne consuma più di venti, come in Italia. La Decrescita Felice è il desiderio ed ha l’obiettivo di riportare sia l’economia che, appunto, la tecnologia al servizio dell’uomo, e non il contrario. Decrescita (che finalmente il mio computer non segnala più come “errore”), significa mettere in pratica una serie di cambiamenti che in certi casi possono dare l’impressione di fare un passo indietro, ma non ritiene necessariamente che il passato sia stato tutto rose e fiori. È un tentativo di dare un aspetto più umano e meno atomizzato alla situazione attuale, cercando di unire alcuni vecchi usi o abitudini all’attuale apertura mentale e livello culturale (in teoria superiori rispetto a prima), nonché agli attuali progressi scientifici e tecnologici. È il proposito di riportare l’essere umano a lavorare per vivere, non vivere per lavorare; a produrre per usare, non consumare per produrre. È il tentativo di ridare il giusto significato a termini quali “progresso”, “sviluppo”, “benessere” (ormai confuso con “benavere”) e ovviamente “crescita”, non di voler tornare al carro e alla candela, o altri luoghi comuni preconfezionati che le vengono attribuiti. E se in certi casi la Decrescita Felice può in effetti portare a fare un passo indietro, non vuol dire che sia un male, o che sia una scelta così sbagliata. Se vi trovate sull’orlo di un precipizio, ad esempio, preferireste fare un passo avanti o uno indietro?
Decrescita Felice è anche questo. È la consapevolezza del fatto che è arrivato il momento di rallentare, magari anche di fermarsi un attimo a riflettere sul da farsi, guardare il precipizio che ci si prospetta davanti (che sia economico, sociale, ambientale, esistenziale), fare un passo indietro se è necessario, e continuare sulla nostra “nuova” strada, avendo scelto un sentiero diverso per poter andare avanti. È, paradossalmente, uno dei fenomeni più innovativi che ci siano in questo momento, soprattutto se si pensa che mercato, politica ed economia si basano per lo più su concetti, convinzioni e ideologie ormai vecchi di due secoli.
Sempre più persone stanno determinando la “crescita della decrescita”. Un indice molto forte di ciò è il costante aumento di gruppi o individui che, per esempio, si recano ad ascoltare che cosa Maurizio Pallante ha da dire, o che diventano soci o simpatizzanti di MDF, o ancora che decidono di far parte del gruppo dedicato al Movimento per la Decrescita Felice attivo su Facebook (http://www.facebook.com/home.php?#/group.php?gid=49780005273), questo dirompente e controverso fenomeno dalle potenzialità comunicative enormi, nel quale è possibile restare aggiornati sugli sviluppi e gli eventi di MDF (cosa possibile, se non si vuole stare su Facebook, anche iscrivendosi alla newsletter del sito http://www.decrescitafelice.it/, semplicemente spedendo il proprio indirizzo di posta elettronica all’indirizzo segreteria@decrescitafelice.it). In questo gruppo è e sarà possibile scambiarsi opinioni, consigli, esperienze, in modo da poter passare al più presto dalle parole ai fatti. C’è chi ha proposto di farne un progetto “open source”, chi vuole delle risposte all’esigenza di apportare dei cambiamenti alla propria quotidianità, chi è per il momento semplicemente curioso, e chi vorrebbe creare una rete sempre più fitta di persone che vogliano tornare a vivere in un mondo che abbia un senso per l’uomo, visto che in molti, troppi casi, evidentemente non lo ha più.
Un indice, dicevo, del fatto che siamo solo all’inizio di quello che, mi auguro, sarà un lungo percorso da fare tutti insieme dato che, in un modo o nell’altro, siamo tutti sulla stessa barca.
L’importante è non abbandonarsi all’idea che sia in ogni caso una battaglia persa, e che l’unica possibilità che abbiamo è quella di adeguarsi alle regole dettate da un mercato impazzito che, promuovendo (tramite la società di consumi che ha creato) lo spreco e la superficialità, continua a (provare a) distrarci dalle nostre vere esigenze, propinandoci una serie di vuote e false promesse che non stanno creando che problemi e frustrazioni.
Siamo in tanti. Siamo sempre di più. E possiamo fare tanto.