sabato 7 marzo 2009

Berlusconi a Nuoro accolto da mafioso

Fonte:



Se la mafia è la prima azienda italiana per Dell’Utri non esiste. Se la crisi economica sta spazzando milioni di posti di lavoro per Berlusconi non c’è. Se c’è perché la vedono anche i cani non è tragica. Ci sono milioni di appartamenti invenduti? Per Berlusconi bisogna aumentare le licenze edilizie e la cubatura degli immobili.

Il Cipe è un organo che stabilisce le linee generali di politica economico-finanziaria. Autorizza che un domani, chissà quando, un’opera venga finanziata. Il Cipe ha espresso il suo parere favorevole per il ponte di Messina. Ma un conto è autorizzare, un conto è avere i soldi per realizzare. Siccome i soldi non ci sono non si capisce di cosa parlino Berlusconi, giornali e televisioni! E poi con quale nuovo progetto se l’area siciliana interessata dal passaggio è stata tutta costruita con case e villette abitate?

Ma per Berlusconi il consenso si ottiene così. Meno male che chi ribalta la realtà ribalta anche le aspettative. Quegli italiani che addirittura a Nuoro gli hanno dato del mafioso sono l’unica, vera realtà proponibile oggi. Senza giornali e tv.

Per cambiare in fretta, ci vuole umiltà e pazienza

Fonte:http://www.terranauta.it/a828/decrescita_felice/per_cambiare_in_fretta_ci_vuole_umilta_e_pazienza.html
Molte persone sono stanche di questa società e vogliono cambiarla. Adesso. Restano quindi frustrate quando si rendono conto che la realtà non sembra reagire ai loro stimoli. Ma la verità e che i semi hanno bisogno di tempo per germogliare. Per ottenere risultati bisogna quindi piantarli con cura, umiltà e pazienza
di Andrea Bertaglio


Per ottenere i cambiamenti ci vuole pazienza e determinazione
Ci sono sempre più persone che condividono i principi della Decrescita Felice, ma fra queste ce ne sono molte che, comprensibilmente stanche di questo tipo di sistema e giustamente schifate dalla bassezza raggiunta dal mondo politico e da quello economico, si aspettano che il cambiamento possa avvenire da un giorno all’altro.

Innanzitutto, c’è da considerare il fatto che, seppur in tantissimi ed in costante aumento, siamo per il momento una minoranza rispetto al resto della popolazione del cosiddetto mondo industrializzato.

A quanti di voi sarà capitato, anche fra parenti o amici, di essere guardato con aria interrogativa, o addirittura preso per fondamentalista, estremista o pazzo, nel momento in cui vi siete avventurati a parlargli della Decrescita Felice…

Basta molto poco a spaventare le persone, soprattutto quando queste hanno subìto un lavaggio del cervello lungo più di due secoli. Produttivismo, consumismo, dipendenza dal mercato, carriera ecc. Come ce li si può scrostare di dosso dall’oggi al domani?

Immaginate di essere da sempre convinti che la vostra meritata ricompensa per aver dedicato la maggior parte del vostro tempo al lavoro, un lavoro che magari odiate, è il consumo. Immaginate adesso che qualcuno arrivi e vi dica, o vi faccia più o meno cortesemente notare, che il consumo è proprio fra le cause che vi portano a spendere la maggior parte del vostro tempo alle prese col lavoro di cui sopra.

Di sicuro ciò vi potrebbe creare qualche problema, o comunque non vi farebbe sentire a vostro agio. È come credere da una vita a Babbo Natale e sentire qualcuno che vi dice (o vi dimostra) che Babbo Natale non esiste.

Come vi sentireste?

La Decrescita Felice è, soprattutto per le masse, qualcosa da metabolizzare un po’ alla volta, con calma.

Il fatto, e il problema, è che il tempo stringe, sia a livello economico, che sociale, che ambientale. La famigerata recessione dell’economia globale non si farà gli scrupoli che si sta facendo il sottoscritto, ed imporrà bruscamente a moltissima gente degli stili di vita molto diversi da quelli a cui si è abituata negli ultimi anni, determinando così una serie di reazioni e problematiche sociali sotto certi aspetti inquietanti.

E l’ambiente? Beh, ancor più dell’economia o della società, si saprà regolare e “proteggere” da solo, quando per nostra sfortuna lo vorrà fare. Del resto ha già iniziato a darci espliciti segnali, e non aspetterà che dei minuscoli, giovanissimi, irrispettosi e parecchio presuntuosi esseri “salvino il pianeta”, quando non sono nemmeno in grado di salvare se stessi.

Un altro importante aspetto da considerare quando si propone a qualcuno di seguire ciò che la Decrescita Felice “insegna” (o spesso semplicemente “riscopre”), è che non tutti hanno avuto lo stesso percorso.

A quanti amici e/o colleghi provenienti dall’est europeo, dal sud America, dall’Africa e dalla Cina stessa ho parlato della Decrescita Felice! Bene, a quanti credete sia passato per la testa, nonostante in molti abbiano sinceramente condiviso le mie parole ed idee, di abbandonare gli stili di vita che avevano sognato da una vita (quelli consumistici occidentali) e che erano appena riusciti a fare propri?

Ci vorrà del tempo prima che si rendano conto, cellulare dopo cellulare, auto dopo auto, debito dopo debito, che la luccicante società dei consumi alla fine non porta a vivere tanto meglio di quanto potessero fare i folli regimi sotto i quali molti di loro sono cresciuti, e che passare da un estremo all’altro non è certo la scelta più saggia.

È per questo che ritengo fondamentale parlare della Decrescita Felice alla maggior quantità di persone possibile, cercando però di evitare moralismi o prediche a chi non la pensa come noi, o a chi non può ancora permettersi di farlo. Perché come diceva tempo fa Andy Riley, vignettista dell’inglese “Observer”, è irritante «leggere sui giornali quanto è bello “rallentare” prima ancora di aver potuto “accelerare” ».

Per molta gente, anche nei Paesi “sviluppati”, non ha ancora senso parlare di decrescita, o comunque non gliene importa nulla visto che, appunto, non ha ancora avuto modo di “crescere”, secondo i canoni forniti da questo tipo di società.

Insomma, è per diversi motivi che, per portare chi ci circonda al cambiamento in cui tutti speriamo, dobbiamo innanzitutto cambiare noi stessi (“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!”), perché sono indispensabili umiltà, costanza, lucidità e tanta pazienza. Ci si può augurare, ma non certo aspettare, che questi cambiamenti avvengano in fretta. Ma così non sarà.

E se la pazienza a volte si perde (cosa umana e sacrosanta, soprattutto in un mondo che ci dà sempre più motivi per farlo), facciamo almeno in modo che ci porti ad incanalare le nostre energie nella giusta direzione, e non a chiuderci a riccio nell’indisposizione a comunicare, nella presunzione di aver capito tutto o, caratteristica tuttora molto italiana, nella tendenza ad ideologizzare.

Maccheroni con polenta

Fonte:

Maccheroni con polenta

Pubblicato giovedì 19 febbraio 2009 in Romania

[Gândul]

Ero l’unico romeno. Gli altri erano polacchi, ungheresi, bulgari, croati, slovacchi. Ci trovavamo tutti insieme, qualche tempo fa, in una capitale occidentale. La sera, dopo le conferenze su high-tech, ci riunivamo al bar dell’albergo. Ognuno diceva come si chiamava e di dove era. Naturalmente, tutti gli altri si sono riuniti in gruppi ed hanno iniziato a discutere con passione. In modo altrettanto naturale, io, sono stato isolato. Non perchè mi chiamo Popescu, non perchè fossi un mostro con le corna, non perchè non parlassi inglese. Quando sentiva che ero romeno, ognuno prendeva le distanze da me. E non si trattava di uomini politici o giornalisti, ma di esperti di computer. La sensazione che ho vissuto allora, da solo davanti alla mia birra, non la dimenticherò mai.

Ancora di più capisco quei romeni che lavorano onestamente in Italia e che ora hanno paura di entrare in un locale pubblico. Se fossi al posto loro, cercherei, comunque, di riflettere sul fatto che gli italiani che picchiano i romeni in quanto romeni, non si differenziano molto dai romeni violentatori. Ma anche che si tratta di stupri, non del furto di un pezzo di pane perchè si è disoccupati e non si sa cosa dare da mangiare ai propri figli. Lo stupro è la forma più grave di furto: significa depredare il corpo di un essere umano. Che la maggioranza dei predatori di corpi in Italia ha la cittadinanza romena, è un fatto. Esso può avere anche una spiegazione derivante dal mentale collettivo nello spazio carpatico-danubiano. Qui, la violenza sessuale, quando non è aggravata dall’omicidio, è considerata un semi-reato, è trattata quasi con complice divertimento: “Ma si, dai, che le è piaciuto anche a lei!”, “Che ringrazi, la zitella!”, “Qualcuno doveva pur iniziarla, la tipa!”

Orgogliosi a livello teorico e patriottico del loro potenziale virile, “col quale abbiamo sbaragliato gli ungheresi”, i maschi romeni, tra i quali, stando alle statistiche, un terzo ha problemi di erezione, non vogliono comprendere come lo stupro possa uccidere psichicamente una donna, distruggere una ragazza.

Noi romeni che capiamo questo, dobbiamo anche capire – senza doverlo anche accettare – il fatto che le reazioni della società italiana sono inevitabili: i neofascisti si agitano, i politici estremisti cercano di ottenere capitale politico dalla propaganda antiromena, una parte dell’opinione pubblica assorbe questa propaganda; riguardo agli organi di stampa dello Stivale, ho sentito una dichiarazione inedita dell’ex ministro degli Esteri Cioroianu: dice che lo stato romeno deve prendere misure giuridiche contro la stampa italiana! Come se i nostri colleghi “maccheronari” procedessero diversamente dalla nostra stampa “polentona”, che esplode quotidianamente in isteria, stridore, cinismo e aggressività cieca!

Come se la dichiarazione dell’attuale ministro degli Esteri, Diaconescu, relativamente alla “xenofobia” del governo italiano, non fosse stata anch’essa un grido patriottardo, con il quale ci si vuol nascondere la realtà che il PRM [NdT: Acronimo per Partidul România Mare (Partito Grande Romania)] Acronimo per Partidul România Mare (Partito Grande Romania) , l’equivalente romeno degli estremisti italiani, reagirebbe, in una situazione simile, esattamente allo stesso modo, senza che questo implichi necessariamente un’azione di governo.

Accusare gli italiani di xenofobia mi sembra una perdita di tempo. Da una parte c’è l’attitudine folle di centinaia di albanesi kosovari che hanno iniziato sul sito Facebook una campagna di rivolta contro la coppia di cantanti MorandiDuo di musica pop romeno [NdT: Duo di musica pop romeno] per il semplice fatto che sono romeni e lo stato romeno non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo; e dall’altra parte ci sono le reazioni italiane, più o meno giustificate, alle violenze sessuali commesse a catena. Se l’ultimo dei cittadini romeni ad avere commesso uno stupro non ha considerato nemmeno per un momento le conseguenze che possa scatenare contro i romeni in un’atmosfera già fortemente carica di tensione, non possiamo pretendere dagli italiani che siano tutti equilibrati o internazionalisti.

L’unica soluzione viabile mi sembra quella di mangiare sia gli uni che gli altri - che ci piaccia o meno - maccheroni con polenta [NdT: Stanno a simboleggiare i due piatti tipici per l’Italia (la pasta) e la Romania (la polenta)]. Ovvero riconoscere che il problema dei delinquenti romeni in Italia sia un problema italo-romeno. Fino ad ora, ognuna delle due parti ha consumato energie gettando la responsabilità addosso all’altro. Per il governo, per il parlamento della Romania, coloro che sono partiti oltrefrontiera, non sono stati altro, fino ad oggi, che fornitori di miliardi in valuta o di voti ogni 4 anni. Le autorità romene non si sono stancate di dichiarare che “il delinquente non ha etnia o cittadinanza, in quanto delinquente deve essere giudicato, condannato e incarcerato nel paese dove ha compiuto il reato”. Cioè, bene che questi sono venuti da voi, sfortunati voi, cavatevela come meglio potete, stimati colleghi italiani. No, stimati governanti romeni, così come siete stati capaci di pavoneggiarvi con la bilancia valutaria sostenuta dai romeni all’estero, dovete accettare, dobbiamo accettare, che siamo obbligati a pagare per le infrazioni penali di alcuni tra loro. Questo significa forze speciali di polizia dalla Romania che collaborino continuamente con la polizia italiana. Significa una banca dati comune, nella quale siano contenuti i nomi di chi ha precedenti penali e si sposti dalla Romania in Italia e viceversa. Significa creare delle squadre miste di intervento in casi gravi. Allo stesso modo, indipendentemente dalle regolamentazioni europee, non credo che possiamo rifiutare all’Italia, un paese col quale abbiamo un rapporto particolare, la carcerazione in Romania di alcuni condannati. Se c’è bisogno di altre carceri, dobbiamo stanziare fondi dal budget.

A loro volta, le autorità italiane devono riconoscere la loro incapacità di controllare sia il fenomeno della delinquenza romena che le aggressioni antiromene nella penisola. Sono in debito nei confronti dei cittadini italiani e dei romeni che, lavorando onestamente, contribuiscono da anni alla crescita del PIL in Italia. Che arrestino e condannino i colpevoli, ma che anche proteggano gli innocenti.

E noi, romeni di Romania, ancora posseduti dalla rabbia che ci ha pervaso quando abbiamo sentito come è stato ucciso Marian Cozma in UngheriaMarian Cozma, giocatore della squadra nazionale romena di pallamano, ucciso a coltellate fuori da una discoteca in Ungheria , cerchiamo di capire cosa provano gli italiani quando le viene violentata una ragazzina di 14 anni.

[Articolo originale di Cristian Tudor Popescu]

venerdì 6 marzo 2009

Bambini e psicofarmaci: il più atroce dei connubbi

Fonte:http://www.terranauta.it/a845/salute_e_alimentazione/bambini_e_psicofarmaci_il_piu_atroce_dei_connubbi.html
Allucinazioni, psicosi, stati maniacali, gravi danni al fegato (anche mortali): questi gli effetti collaterali riscontrati da una ricerca scientifica ufficiale statunitense su alcuni psicofarmaci per bambini in uso anche nel nostro paese. Abbiamo intervistato Luca Poma.
di Valerio Pignatta

Logo mani dai bambini
Il logo di Giù le mani dai bambini
Luca Poma, oltre ad essere un giornalista, è il portavoce di Giù le mani dai bambini, il più importante Comitato nel nostro paese che si occupa di disagi dell'infanzia e di farmacovigilanza inerente. Con lui abbiamo cercato di capire meglio cosa sta accadendo e come mai si ricorra a terapie così pesanti e nocive per trattare bambini che, come è stato dimostrato più volte, possono guarire (se effettivamente malati) anche con altri tipi di intervento come quello nutrizionale o psicoterapeutico, senza accollarsi il carico di tali invalidanti effetti collaterali.

Luca Poma, è notizia recente che la Food and Drug Administration - l’Agenzia statunitense per il farmaco - abbia allertato medici e genitori sugli effetti collaterali anche gravi e mortali di alcuni psicofarmaci utilizzati per la cura dei bambini iperattivi, la cosiddetta sindrome ADHD (disturbo da iperattività e deficit d'attenzione). La domanda che sorge spontanea è: ma come vengono effettuati allora gli studi di base quando un farmaco viene approvato e prima di essere messo in commercio? Ma come è possibile che sia verificabile solo a posteriori la nocività di un farmaco e i suoi effetti collaterali?

“ Purtroppo la Food & Drug Administration trae sostentamento direttamente dai produttori: la parte preponderante del bilancio di quest’ente sanitario di controllo, che dovrebbe essere totalmente indipendente, deriva invece da versamenti delle multinazionali farmaceutiche , che pagano robusti diritti per ottenere l’autorizzazione ad effettuare qualunque sperimentazione. Inoltre, la maggior parte delle evidenze cliniche circa l’efficacia dei nuovi farmaci vengono fornite alla FDA dalle stesse aziende produttrici. Tragga il lettore le proprie conclusioni…”

Luca Poma
Luca Poma durante una conferenza
Nel nostro paese si parla di circa 162.000 bambini che potrebbero essere potenziali destinatari di questi trattamenti (progetto di screening “PRISMA”, promosso dal ministero dalla Salute). Quanti di questi sono già effettivamente in trattamento? Cosa spinge uno psichiatra a prescrivere uno psicofarmaco a un bimbo di pochi anni con un cervello in piena evoluzione? Le informazioni che dovrebbero instillare dei dubbi oggi sono sempre più abbondanti. Tenendo conto anche del fatto che buoni risultati terapeutici sono stati riscontrati con metodi meno invasivi come ad esempio la psicoterapia o la terapia nutrizionale.

“I minori attualmente in trattamento sono poche migliaia, ma d’altra parte i centri per la somministrazione di psicofarmaci ai minori sono aperti da meno di un anno, quindi è possibile – purtroppo – che il numero cresca. Più che altro è interessante notare che – laddove il farmaco dovrebbe essere un trattamento riservato ai casi limite - il 100% dei bambini iscritti al registro nazionale ADHD sono attualmente in terapia con psicofarmaci”.

Esistono studi che hanno sondato la condizione psicofisica di bambini/ragazzi dopo un lustro o un decennio di assunzione di questi farmaci? Se sì, come mai medici, istituzioni sanitarie e genitori non raccolgono e fanno proprie queste informazioni?

“Si, ne esistono, diversi sono anche pubblicati – e gratuitamente scaricabili – nella sezione Ricerca scientifica del nostro portalewww.giulemanidaibambini.org, già tradotti in lingua italiana. Il problema tuttavia è che il farmaco “funziona”: seda il disagio molto rapidamente, e quindi è in linea con le esigenze tipiche di questa nostra società contemporanea: tutto e subito. Il prezzo che pagheranno questi bambini sul lungo periodo pare interessare poco o niente”.

Pillole
Migliaia di bambini vengono sedati con psicofarmaci rimanendo spesso vittime di danni permanenti
Vista la vostra approfondita esperienza sul campo, se doveste avere la possibilità di intervenire in modo indipendente e definitivo sul problema, cosa mettereste in atto per risolverlo? Come si può ovviare alla leggerezza con cui ci si avventa a curare i sintomi di una presunta malattia con farmaci così pericolosi, anziché interrogarsi sulle cause che hanno originato l'eventuale squilibrio e utilizzare metodi più dolci che vanno alla radice del problema? Come giungere a un'informazione generalizzata e cosciente sulla iatrogenesi? Senza contare la psicosi collettiva indotta dal moderno stile di vita in cui siamo precipitati, che andrebbe risolta a livello sociale con grandi effetti salutari a cascata su una miriade di altre patologie, e non ultimo sulla serenità dei nostri bimbi.

“Il problema è molto complesso, e purtroppo non può essere affrontato in una breve intervista, sennò correremmo il rischio di commettere lo stesso errore già commesso in USA: cedere alle lusinghe delle sirene dell’ “ipersemplicismo”. Possiamo tuttavia indicare delle “linee guida” generiche, tutte da approfondire, ma a nostro avviso efficaci:

1) blackbox (i riquadri neri, come per le sigarette) con i principali effetti collaterali bene in evidenza, perché com’è noto i bugiardini non li legge nessuno;

2) dichiarazione obbligatoria del conflitto d’interessi. Vogliamo sapere quali consulenze hanno dai produttori tutti i quadri e dirigenti dell’Agenzia Italiana del Farmaco e dell’Istituto Superiore di Sanità. Ciò deve valere anche per i ricercatori: quando qualcuno pubblica una ricerca scientifica che osanna lo psicofarmaco, è bene sapere se ha contratti in corso con chi quello psicofarmaco lo produce, e di quale entità;

3) più fondi per equipe multidisciplinari nelle ASL, sennò si approda allo psicofarmaco obbligatoriamente, in carenza di interventi alternativi strutturati;

4) screening medico completo obbligatorio prima di valutare la somministrazione di farmaci psicoattivi, perché molte patologie organiche “mimano” nei sintomi le patologie psichiatriche, e quindi si rischia di curare come psichiatrici problemi che invece sono pediatrici;

5) stabilire comunque un limite tassativo di tempo oltre il quale lo psicofarmaco non può essere somministrato, anche nei casi gravi, sennò si cronicizza una terapia che dovrebbe avere carattere eccezionale e temporaneo per affrontare crisi acute;

6) divieto assoluto di operazioni di marketing pro-psicofarmaco– diretto od indiretto – nelle scuole e sugli insegnanti, perché a scuola si deve studiare, e l’istituzione scolastica non può diventare l’anticamera dell’ASL;

7) più fondi per la ricerca realmente indipendente;

8) obbligo tassativo per i produttori a pubblicare anche quelle ricerche che hanno avuto esito negativo (ad oggi – detenendone il copyright – possono anche non pubblicarle);

Bambini che litigano
Spesso i bambini vivaci vengono "curati" con gli psicofarmaci, anziché con un po' di amore
Sono regole base dettate anche dal buon senso. Non dico che così si risolverebbero tutti i problemi, ma si farebbero certamente dei passi avanti. Ci sono diversi progetti di legge in Parlamento che vanno in questa direzione; speriamo che vengano rapidamente approvati, anche perché dal momento che la lobby del farmaco va in direzione opposta, arrivare ad una normativa nazionale sull’argomento è quanto mai urgente.

Mi permetto di concludere con un appello ai Vostri lettori: molto fa l’informazione, alle famiglie, nella scuola, nelle ASL, etc. Aiutateci come volontari, c’è modo di supportarci anche da casa Vostra, basta avere un PC ed una connessione internet. “Giù le Mani dai Bambini”® si regge totalmente sul lavoro dei volontari: abbiamo bisogno di Voi. Grazie!”

Le vie pragmatiche alla crisi

Fonte:
http://www.bancaetica.com/Content.ep3?CAT_ID=31844&ID=771023

Dopo aver finalmente riconosciuto che esiste una grave crisi economica in corso anche a livello italiano, il governo Berlusconi ha mosso timidi passi per far fronte alla situazione. Si badi bene, tutte azioni difficilmente paragonabili alle misure messe in atto dai principali governi del pianeta. Alle critiche piovute da più parti – confindustria, sindacati, società civile – con motivazioni diverse, l’esecutivo e la sua solida maggioranza parlamentare hanno risposto invitando al pragmatismo. L'Italia ha vincoli forti di debito pubblico già accumulato – ma non era Giulio Tremonti che invitava ad andare oltre gli assurdi parametri di Maastricht? - e il governo può e deve fare poco, aspettando che i mercati capiscano, si redimano e ricomincino a funzionare. 
Eppure qualcosa non quadra. Ci era sempre stato detto che la politica americana è pragmatica, va dritta alla questione e non spreca risorse pubbliche in nome del primato del mercato. E di fronte a questa crisi i pragmatici amministratori americani – incluso il nuovo ministro del Tesoro Timothy Geithner, prima alla FED di New York e vicino al mondo degli affari di Wall Street – hanno messo in campo misure inimmaginabili. Il mega-pacchetto anti-titoli tossici di Geithner ammonterebbe a 2.500 miliardi di dollari, un po' più del PIL del nostro paese. Se tale è il pragmatismo americano, allora vuol dire che questa crisi è davvero senza precedenti, di dimensioni ancora incalcolabili e richiede misure fuori del normale, e ben oltre il pragmatismo all'italiana.

Il governo Berlusconi che ha appena preso la presidenza del G8 in anno cruciale per il futuro dell'economia e della governance globale è chiaramente di fronte ad un bivio, tertium non datur: o si affronta questa crisi con un pragmatismo per limitare i danni e sperare che la nottata prima o poi passi e la malconcia nave italiana esca velocemente e furbescamente non troppo tardi dalla burrasca, oppure si persegue la linea del pragmatismo per cambiare davvero le attuali strutture economiche. E non è solo una questione di stabilità economica e finanziaria, ma di redistribuzione della ricchezza a livello nazionale e globale e di reintroduzione di un controllo democratico sull'economia e la finanza.

L'intera perversa finanziarizzazione dell'economia in ultima analisi è stata dovuta al ritiro forzato dello Stato e dell'intervento pubblico dall'economia, che ha aperto la strada al settore privato. Settore privato che, laddove non aveva sufficienti capitali, ha necessariamente dovuto cercare strategie di pura finanziarizzazione per reperire risorse e garantire elevati profitti, sempre più nel breve termine.

Il mondo dopo questa crisi non potrà essere e non sarà quello di prima. Il rischio è che potrebbe essere ancora peggiore di quello di prima. Siamo di fronte alle macerie ancora fumanti di un sistema internazionale le cui istituzioni e governance sono allo sbando. Se non vi sarà un vero scatto di reni della comunità internazionale per la ricerca democratica di un nuovo consenso – ben oltre il nuovo club del G20, o un G8 allargato a nuove poche potenze – inevitabilmente da abbinare ad una profonda riforma del sistema delle Nazioni unite, allora si andrà subito verso una nuova global governance di fatto, dove il G2 (Usa-Cina) e i suoi più stretti amici decideranno chi uscirà vincente e chi perdente.

Di sicuro non la solita Italia, attendista nel saltare sul carro dei vincitori, né la gran parte dei paesi del pianeta, quelli più poveri, che già oggi iniziano a vivere gli impatti drammatici di questa crisi di cui non hanno affatto responsabilità. Per questi, come per la gran parte dei paesi del pianeta – incluso il nostro– la domanda sarà come poter finanziare un new deal keynesiano, visto che a breve vi sarà una mole di titoli del tesoro Usa e dei principali governi europei che toglieranno mercato agli altri titoli statali meno sicuri. Per questo, oggi più che mai è necessario tornare a proporre un'azione dura ed immediata contro i paradisi fiscali che sono il principale veicolo per fermare l'enorme emorragia di capitali che dai poveri va verso i ricchi – superiore a 1.000 miliardi di dollari l'anno, ben 10 volte l'intero aiuto allo sviluppo mondiale – nonché suggerire l'introduzione di forme di tassazioni internazionali sulle attività monetarie e finanziarie speculative. Il buon senso lo direbbe con un pragmatismo all'altezza della situazione che viviamo.

Antonio Tricarico

Fiumi di energia: nasce la prima centrale ad energia osmotica

Fonte:http://www.terranauta.it/a842/energie_alternative/fiumi_di_energia_nasce_la_prima_centrale_ad_energia_osmotica.html
La prima centrale a energia osmotica entrerà in funzione nei prossimi mesi vicino ad Oslo. La compagnia energetica norvegese Statkraft sarà la prima a sfruttare il passaggio dall’acqua dolce a quella salata per produrre energia elettrica.
di Elisabeth Zoja

Energia osmotica
La compagnia energetica norvegese Statkraft sarà la prima a sfruttare il passaggio dall’acqua dolce a quella salata per produrre energia elettrica.
Là dove il Reno sfocia nel Mare del Nord si mischiano due acque contrapposte: una dolce e una salata. Alle bocche di tutti i fiumi del mondo questo processo racchiude dell’energia. Se questa venisse sfruttata, il solo Reno fornirebbe 1 gigawatt di elettricità, quanto basterebbe per alimentare 650 mila abitazioni.

A differenza dei pannelli solari e delle centrali eoliche, dipendenti rispettivamente dal sole e del vento, l’energia osmotica può essere sfruttata ininterrottamente: in ogni momento del giorno e della notte e indipendentemente dalle condizioni climatiche.

Proprio per questo si calcola che la cosiddetta Blue Energy può soddisfare il 7% del bisogno energetico globale. Non esistono limiti: si può applicare alle bocche dei fiumi di tutto il mondo senza nuocere né alla natura né ad attività umane come pesca e trasporto (New Scientist).

Ma cos’è esattamente l’energia osmotica e come viene sfruttata?


La mappa illustra il potenziale di energia osmotica
L’osmosi è il processo naturale in cuil’acqua passa da una soluzione diluita (“dolce”) ad una più concentrata (salata). Come accade alla bocca di un fiume, l’acqua salata attira quella dolce: le due si mescolano e alla fine del processo rimane solo acqua salata.

Questo processo fu invertito negli anni ’50 da Sidney Loeb e Srinivasa Sourirajan, della University of California: attraverso una membrana molto fine gli scienziati riuscirono a trattenere il sale e “spremere fuori” acqua dolce. Quest’osmosi “invertita” viene attualmente utilizzata negli impianti di desalinizzazione di tutto il mondo.

Dopo 15 anni Loeb si rese conto che tale processo poteva essere utilizzato anche per produrre energia. Mettendo acqua dolce da un lato e acqua salata dall’altro lato di una membrana, l’acqua salata attira quella dolce e le fa attraversare la membrana. In questo modo tutta l’acqua si raccoglie da un lato, sotto grande pressione (fino a 12 atmosfere): a questo punto vieneimmessa in una turbina che genera energia elettrica.

Loeb ha chiamato questo processo pressure retarded osmosis (PRO) e lo ha brevettato nel ’73.

Dopo anni di studi Torleif Holt e Thor Thorsen, dell’organizzazione di ricerca norvegese SINTEF, hanno convinto la compagnia energetica norvegeseStatkraft che sono disponibili membrane abbastanza sottili e resistenti da rendere conveniente lo sfruttamento della Blue Energy.

Una centrale osmotica
La prima centrale a energia osmotica entrerà in funzione nei prossimi mesi vicino ad Oslo
Pertanto fra qualche mese entrerà in funzione la prima centrale osmotica del mondo, che occuperà lo spazio di un campo da tennis nella cittadina di Tofte, a 60 km da Oslo. I duemila metri quadri di membrana utilizzati permetteranno “solo” la generazione di 4 kilowatt di energia elettrica: “Una centrale osmotica davvero potente necessita milioni di metri quadri di membrana”, spiega Torleif Holt. Per questo motivo si stanno ancora valutando varie soluzioni per massimizzare la superficie della membrana in uno spazio limitato.

Ottimizzando lo sfruttamento dello spazio e migliorando la qualità delle membrane, Statkraft vuole costruire una centrale che generi 25 megawatt di elettricità, i quali alimenterebbero più di 15 mila abitazioni entro il 2015.

Sebbene molti aspetti tecnici necessitino di perfezionamenti, è importante che sia stata intrapresa la strada verso lo sfruttamento dell’energia dai fiumi, l’unica capace di renderci indipendenti sia dal clima sia da importazioni di energia (l’Italia importa l’84% dell’energia consumata, Il mondo in cifre 2008).

Non dimentichiamo che questo esempio ci viene proprio dal maggior produttore europeo di petrolio. Se la Norvegia si porta avanti con nuove risorse energetiche, noi ne abbiamo ancor più bisogno.

6 Marzo 2009

Tutti a scuola con Piedibus: prima il piacere, poi il dovere

Fonte:http://www.terranauta.it/a840/vivere_ecologico/tutti_a_scuola_con_piedibus_prima_il_piacere_poi_il_dovere.html
Una comitiva di bambini, accompagnati da due adulti, che si reca a scuola a piedi… ecco cos’è Piedibus: il modo più sicuro, divertente ed ecologico per andare e tornare da scuola.
di Alessandra Profilio


Piedibus è il modo più sicuro, divertente ed ecologico per andare e tornare da scuola.
Orari precisi, fermate stabilite, un itinerario, un autista, un controllore ed un gruppo di bambini con i loro zaini. Insomma, un autobus di linea in piena regola tranne che per un “particolare”: non c’è nessun autobus ed il tragitto viene percorso a piedi.

Il Piedibus, questo il nome del servizio, è costituito da una carovana di bambini che si recano a scuola insieme, accompagnati da due adulti: un “autista” che li precede ed un “controllore” che chiude la fila.

Lungo il percorso i bambini, “raccolti” alle varie fermate predisposte lungo il cammino, chiacchierano tra loro e, allo stesso tempo, apprendono quelle utili informazioni sulla sicurezza stradale necessarie per muovere i primi passi verso l’indipendenza.

La piacevole passeggiata non è preclusa a nessuno: anche gli scolaretti che abitano lontano dalla scuola possono essere accompagnati dai genitori ad una delle fermate del Piedibus per unirsi così ai compagni. In tal modo, d’altra parte, si evita la baraonda di auto che, agli orari di entrata e di uscita dei bambini, si crea, puntualmente, davanti alle scuole.

Con la collaborazione dei genitori, il servizio può essere applicato a qualsiasi zona, in qualsiasi città, in qualsiasi Paese. Non esistono regole prestabilite: ogni gruppo scolastico può organizzarsi in base alle esigenze dei piccoli e dei genitori.

L’estrema flessibilità e la semplicità che la caratterizzano hanno reso l’iniziativa Piedibus sempre più seguita ed apprezzata da adulti e bambini.


Un gruppo di bambini in cammino verso la scuola
Partito, infatti, dalla Danimarca, il servizio, con il passare del tempo, si è diffuso anche negli Stati Uniti ed in molti paesi europei, tra cui il nostro.

A Cagliari, nel Comune di Castegneto (in provincia di Brescia), a Ferrara, Lecco, Milano, Padova, Reggio Emilia e in altre città italiane diverse scuole hanno scelto di aderire a Piedibus ed il bilancio di queste esperienze (riportato nel sito Piedibus.it) è assolutamente positivo. Facile intuirne i motivi: Piedibus rappresenta il modo più divertente, sicuro, educativo ed ecologico per andare e tornare da scuola.

Innanzitutto durante il tragitto da casa a scuola i bambini, spesso pigri e abituati sin da piccoli ad una vita sedentaria, hanno l’occasione di camminare e ciò contribuisce al mantenimento della forma fisica prevenendo l’obesità, patologia sempre più diffusa tra i piccoli e spesso sottovalutata dai genitori, che, in molti casi, continuano a nutrire i figli con merendine e tv.

I passeggeri dell’ “autobus che non c’è”, inoltre, ogni mattina chiacchierano, ridono e scherzano tra loro: in poche parole, iniziano la giornata con il sorriso e tanta energia. E anche i genitori, nelle vesti di “autista” e “controllore”, hanno la possibilità di rilassarsi e di conoscere meglio il proprio bambino osservandolo interagire con i compagni.


Partito dalla Danimarca, Piedibus, con il passare del tempo, si è diffuso anche negli Stati Uniti ed in molti paesi europei, tra cui il nostro
Al contrario, quando i figli si recano a scuola in macchina con i genitori si trovano costretti, sin da una tenera età, a sottostare ai ritmi serrati e frenetici previsti dalla tabella di marcia di mamma e papà: un vero e proprio tour de force che ben poco si presta alle esigenze di serenità dei piccoli.

Con Piedibus, invece, la carovana si rilassa, si diverte e, allo stesso tempo, impara.

L’ apprendimento, infatti, non ha a che fare esclusivamente con i banchi di scuola: durante la passeggiata l’allegra comitiva acquisisce nel migliore dei modi possibili, ovvero tramite l’esperienza diretta, le norme primarie della sicurezza stradale, della mobilità sostenibile e del rispetto per l’ambiente che li ospita.

Dalla conoscenza e padronanza del territorio urbano derivano l’autostima e l’autonomia dei piccoli che, gradualmente, imparano a destreggiarsi nel traffico divenendo, a poco a poco, pedoni consapevoli e cittadini modello.

Giovani Pd, se il modello è Berlusconi

Fonte:

Notte del 4 marzo. Dario Franceschini sale per la prima volta sul seggiolone di “Matrix”, già Mentana. Per la prima volta conduce Vinci, già Cnn. Per la prima volta il segretario Pd ha una risposta sola per ogni domanda. Esempio: “Lei è un segretario a termine?". “Sì, fino al congresso”. “Poi si ricandiderà?”. “No, sono un segretario a termine fino al congresso”.

“Matrix” è una trasmissione agile e furba e conosce i suoi polli. “Questo Franceschini è un po’ troppo monotono nel dire e confermare sempre le stesse cose. Ascoltiamo un po’ di voci intorno a lui”, si devono essere detti in redazione, fidando nelle centocinquantasei anime del Pd.

E così hanno intervistato diverse facce giovani e quasi nuove che gravitano nell’orbita del tanto atteso cambio generazionale. 

Per evitare di additare qualcuno alla gogna, questo blog non farà nomi. Dirà solo che si tratta delle prossime leve di comando, indicherà se sono uomini o donne e non potrà fare a meno di osservare che, con questa nuova generazione al potere, mai e poi mai il Pd conoscerà le vette dell’attuale 25 percento di gradimento indicato in questi giorni dai sondaggi.

Le domande di “Matrix” sono due: Che Partito siete o vorreste essere? Perche Berlusconi vince?

Giovane uomo: Vorrei un partito come la Lega, popolare, radicato nel territorio e in difesa dei cittadini.

Giovane uomo: E’ una follia regalare alla destra parole d’ordine come giustizia e sicurezza. La riforma della giustizia, che, non nascondiamolo, non funziona, non è di destra né di sinistra, interessa tutti i cittadini. La sicurezza dovrebbe essere la nostra parola d’ordine.

Giovane donna: Berlusconi ha il merito di avere capito l’Italia reale. Vede davvero come sono e cosa vogliono i cittadini. Non come noi che siamo distanti dal territorio e ci inventiamo questioni che non esistono o non interessano o vengono dal passato. Berlusconi è moderno ed è anche ottimista. E’ l’Italia al presente.

Giovane uomo: Perché dire solo no? Se una cosa va bene per gli italiani, va bene anche per noi.

Secondo il piccolo coro (notare: ciascuno è stato intervistato da solo) Soru ha perso e l’ignoto Cappellacci ha vinto per le ragioni che i nostri eroi hanno elencato. Della truffa mediatica di Berlusconi che è apparso ogni giorno in Tv non c’è traccia. 

COME SI CAPISCE AL VOLO, LA SOGLIA DI GRADIMENTO PD AL 25 PERCENTO È GIÀ DI IERI. DOPO LA “MATRIX” DEI GIOVANI PD E LA LORO VISIONE DEL FUTURO UN PREVEDIBILE RAPIDO SFOLTIMENTO STA AVVENENDO GIÀ ADESSO, MENTRE NOI SCRIVIAMO E VOI LEGGETE. PECCATO. 

Furio Colombo


mercoledì 4 marzo 2009

Troppi ladri fuori e la mafia protestò

Fonte:

 4 marzo 2009 


Che i ladri siano un problema da sempre, non è una notizia, che l’indulto non sia stato molto

gradito a molti, ormai non fa più notizia. Che, però, a protestare per le scarcerazioni di tanti

mariuoli sia la mafia, fa un certo effetto. Non certo perché, come sosteneva Socrate “i ladri oggi

sono gli unici che possono vendere e comprare il pesce”, ma perché questi signori non essendo

organizzati in una corporazione criminale, agiscono dove meglio credono. Anche e perfino nei

cantieri che pagano il pizzo alla mafia proprio per non avere la sgradita sorpresa di trovarsi i ladri in casa.

Per non parlare di supermercati e farmacie che hanno stanziato la voce aggiuntiva “pizzo”

per evitare ogni giorno di vedersi svuotare le casse da uomini con passamontagna e pistola. “Ma

dove stiamo andando a finire?”, ha obiettato un mafioso di Termini intercettato dai carabinieri.

“Ma così non si vive più!”, ha precisato il suo interlocutore, anch’egli mafioso.

Insomma, alla mafia non va proprio bene che questi cani sciolti vadano in giro a “disturbare”

il loro controllo del territorio. A dire il vero, anni fa, anche alla buona borghesia palermitana non

andò giù il proclama di Dalla Chiesa contro i mafiosi: “Ma così ci ritroveremo i ladri in casa?”,

ebbe a dire un avvocato in un ristorante. Insomma, i ladri danno fastidio a tutti, ma sapere che la

loro eliminazione viene decisa dai boss per garantire tranquillità a chi paga il pizzo non è proprio

una bella notizia.Avere appreso che i boss non hanno gradito l’indulto non fa piacere, soprattutto

a chi, la pensa allo stesso modo.

Unione Europea: deforestazione senza scrupoli

Fonte:http://www.terranauta.it/a839/pianeta_gaia/unione_europea_deforestazione_senza_scrupoli.html
Ogni giorno ettari di foresta vengono rasi al suolo per produrre legname o per lasciare spazio a pascoli e piantagioni di olio di palma e gomma. L’ Unione Europea ha sancito pochi giorni fa una normativa che permetterà di controllare l’origine del legname importato e prevenire il disboscamento illegale. Ma l’allarme deforestazione persiste.
di Virginia Greco


Negli ultimi 35 anni la popolazione umana è quasi raddoppiata, quella animale è diminuita di un terzo e le foreste tropicali si sono dimezzate.
La Commissione Ambiente dell’Unione Europea ha finalmente stabilito, in fatto di commercio di legname, norme precise che dovrebbero prevenire e punire più efficacemente i traffici illeciti e, di conseguenza, l’incontrollatadevastazione delle foreste. Si tratta di un documento di estrema importanza, a lungo atteso dalle associazioni ambientaliste, che ha visto la luce dopo un dibattito durato cinque anni. Secondo tali nuove disposizioni, le imprese coinvolte in attività commerciali del settore dovranno responsabilizzarsi maggiormente e dimostrare che il legname che importano in Europa è prodotto legalmente. Lalegge fornisce indicazioni a tutti i componenti della filiera riguardo a come dimostrare la correttezza del proprio operato e, inoltre, stabilisce norme concrete circa le punizioni da impartire a quanti non dovessero rispettarla.

“Se applicata correttamente, la legge potrebbe ridurre drasticamente il commercio illegale di legname dai Paesi tropicali, rallentare la deforestazione e sostenere i diritti delle popolazioni locali”, ha dichiarato Massimiliano Rocco, responsabile della campagne TRAFFIC e Timber Trade del WWF Italia.

Il WWF è da anni impegnato nella lotta ai traffici illeciti di animali - soprattutto le specie protette - o di parti di essi (si pensi alle zanne degli elefanti e alle pelli di tigre e giaguaro), nonché di legname ricavato tagliando indiscriminatamente gli alberi delle grandi foreste dell’Africa e del Sudamerica. In un report pubblicato da tale associazione si legge che, nel 2006, il 16-19% del legname importato nell’Unione Europea (vale a dire dai 26,5 ai 31 milioni di metri cubi) derivava da fonti illegali. E il trend non sembra essere cambiato.

Occorre dunque intervenire più incisivamente, risultato che evidentemente si propone di ottenere la nuova legge europea. “Adesso è cruciale che l’accordo raggiunto passi l’esame finale del Parlamento e del Consiglio Europeo”, precisa Rocco.


Le foreste rappresentano un patrimonio inestimabile per il pianeta e per noi stessi esseri umani
L’importanza delle foreste

Gli interessi economici spesso portano a dimenticare o sottovalutare l’importanza nell’ecosistema delle foreste, le quali, invece, rappresentano un patrimonio inestimabile per il pianeta e per noi stessi esseri umani. Esse sono le più grandi conservatrici di biodiversità(le foreste tropicali, pur occupando appena il 7% della superficie della Terra, ospitano circa la metà delle specie animali e vegetali attualmente esistenti) e forniscono cibo, materiale da costruzione e fibre tessili a tante popolazioni che vi vivono ai margini.

Inoltre gli alberi prevengono l’erosione del suolo, in quanto le radici mantengono compatto il terreno, nonché consentono la conservazione delle acque: le radici stesse, infatti, insieme alla materia organica vegetale in decomposizione che si combina con i minerali, formano una sorta di spugna sotterranea in grado di raccogliere e rilasciare acqua nelle zone circostanti a ritmo regolare.

Infine, le foreste assorbono una quantità enorme di anidride carbonica, rallentando così i cambiamenti climatici in corso, di cui – come ci è ben noto – gli esseri umani sono la causa prima, tramite l’emissione continua e sproporzionata di gas serra nell’atmosfera.

Deforestazione senza scrupoli

Le foreste al giorno d’oggi coprono una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, cioè il 30% delle terre emerse, ma appena il 12,7% è protetto. La deforestazione avanza ad un ritmo spaventoso e spesso fuori dai vincoli della legalità. Le ragioni economiche sono varie: la produzione di legname, la messa a disposizione di terreni al pascolo e la conversione a fondi per l’agricoltura (spesso intensiva).

Mentre la foresta amazzonica viene consumata per far spazio agli allevamenti bovini, paesi come Indonesia e Papua Nuova Guinea subiscono continue devastazioni a causa della corsa alla produzione di olio di palma: il prodotto vanta infatti un vastissimo mercato in Europa, pertanto le piantagioni di tale vegetale negli ultimi anni si sono moltiplicate. È di pochi giorni fa la notizia che il governo indonesiano ha riaperto le foreste torbiere alla conversione a colture di palma da olio.


Nell’isola di Sumatra, il disboscamento selvaggio minaccia la sopravvivenza di tigri ed elefanti.
Greenpeace, particolarmente attiva nel contrastare questo tipo di commercio, lo scorso novembre aveva manifestato rumorosamente il suo disappunto, bloccando una nave che trasportava olio di palma dall’Indonesia all’Europa. Tale paese, secondo i dati forniti da Greenpeace, è oggi il terzo più grande emettitore di gas serra del mondo.

In Kyrgyzstan, invece, le foreste di noce si stanno riducendo progressivamente a causa dell’espansione dei pascoli e del taglio per scopi commerciali, come ha denunciato la scorsa settimana Eshlay Turukulov, direttore dell’Istituto Forestale dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Mentre in Camerun oltre 25.000 ettari di boschi sono stati di recente ceduti dalle autorità del dipartimento di Dzeng ad una sussidiaria del gruppo francese Thanry, la quale li impiegherà per la produzione di legname da costruzione.

Tutto ciò senza che le popolazioni residenti nei luoghi interessati siano coinvolte in alcun modo nel processo decisionale. Al contrario, le rimostranze spesso sollevate dagli abitanti vengono sistematicamente ignorate o represse. In Camerun i cittadini della regione che sarà deforestata hanno protestato e inviato lettere a diverse autorità, incluso il Presidente della Repubblica, ma non sono riusciti a interrompere la transazione delle terre. In Nigeria un ampio gruppo di donne ha organizzato una protesta contro la compagnia Michelin, la quale ha acquistato 3.500 ettari della Riserva Forestale di Iguobazuwa, per convertirli in piantagioni di gomma. La ribellione e i tentativi di ostruzione sono ancora in corso, ma difficilmente otterranno il risultato sperato.


Alcune donne indigene della Cambogia che hanno sollevato la loro voce a difesa delle foreste
È interessante osservare come siano spesso gruppi organizzati di donne a programmare e portare avanti azioni di protesta per la salvaguardia delle terre in cui vivono. Alcune donne indigene della Cambogia che hanno sollevato la loro voce a difesa delle foreste (sottratte da multinazionali per trasformarle in terreni per le coltivazione da gomma), dicono che“la gente in principio si lamentava per la vendita delle terre alle compagnie straniere, ma nonostante ciò non le otteneva indietro. Allora gli uomini dei villaggi qui intorno hanno incominciato a volerle vendere loro stessi”, dichiara triste As Lun, una di loro. “Dicono che tanto se non saranno loro a venderle, qualcuno comunque gliele sottrarrà. Ma noi donne amiamo la foresta e non vogliamo cederla. Una delle cose più belle è sempre stata andare nella foresta, dormirci, prendere piccoli pesci negli stagni, raccogliere resina e bamboo. Ma ora è difficile farlo: c’è una compagnia, non sappiamo cosa sia accaduto, se la foresta sia stata venduta o se l’abbiano sottratta, sappiamo solo che hanno messo un recinto e un pannello per impedirvi l’ingresso”.

La legge del mercato passa sopra a tutto: diritti degli esseri umani e rispetto dell’ambiente. Per bloccare questi processi di fagocitazione delle foreste si può intervenire solo con la legge e con un’opportuna repressione delle trasgressioni.

Non si possono lasciare sole le popolazioni indigene, perché da sole non possono vincere le loro battaglie, che in realtà sono un’unica battaglia: la salvaguardia del Pianeta e del futuro di tutti noi.