sabato 3 gennaio 2009

Una prima, vera vittoria

fonte:
http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1497&Itemid=1

Scritto da Antonietta M. Gatti
sabato 03 gennaio 2009

Qualche giorno fa il ministro Ignazio La Russa in una conferenza stampa ha informato di aver stanziato 3 milioni di Euro per risarcire i soldati che si sono ammalati dopo le missioni in zone belliche o in poligoni di terra e per svolgere ricerche nel settore.


Si è ufficialmente riconosciuto che questi soldati sono stati esposti “all’Uranio impoverito ed alle nanoparticelle (…)”. Il ministro della Difesa ha riconosciuto che i soldati si sono ammalati dopo aver subito un’esposizione a quello che io ho chiamato inquinamento bellico.


Il lavoro che ho svolto nelle Commissioni della XIV e XV legislatura insieme ad altri è stato riconosciuto come valido ed è stato accettato il concetto che le esplosioni di bombe ad alta tecnologia (Uranio impoverito ma anche al Tungsteno) creano temperature di combustione molto elevate (> 3.000°C) che aerosolizzano tutta la materia del bersaglio, creando poi polveri di dimensioni anche submicroniche (nano) che possono venire inalate o ingerite con cibo contaminato da questo inquinamento. Gli esperimenti che ho fatto a Baghdad hanno confermato la creazione di nanoparticelle anche dopo l’esplosione di ingenti accumuli di bombe tradizionali.


I soldati e/o le loro famiglie verranno quindi risarciti per queste patologie contratte sul luogo di lavoro. E’ stato poi riconosciuto che anche nei poligoni di tiro ci si può ammalare per le stesse ragioni.


A mio parere i giornali hanno riportato la notizia in maniera frettolosa. Nessun

giornalista ha speso qualche parola in più per commentare la notizia e le sue implicazioni.


Ciò che hanno fatto il ministro La Russa ed il suo entourage è qualcosa che va ben al di là del mero compenso economico. Ha ridato una dignità a questi soldati, cosa che non ha valore venale.


In pratica si è ammesso che ci sono proiettili invisibili che uccidono anche in modo ritardato e che quindi il soldato che si è ammalato in patria è un eroe al pari di chi è morto in un attentato o colpito da un proiettile in zona operativa. Il nostro governo ha riconosciuto che anche questi ragazzi, morti fra mille sofferenze in un letto d’ospedale, hanno servito il proprio paese in modo esemplare fino all’ultimo e non sono diversi di chi ha lasciato la vita per una bomba o un proiettile in Iraq, in Afghanistan o nei Balcani.


L’inquinamento bellico crea nanopolveri che sono proiettili invisibili e questi non hanno confini. A mio parere, a differenza dei proiettili convenzionali, queste nanoparticelle sono molto democratiche, dato che colpiscono tutti indifferentemente, anche colui che ha buttato le bombe dalla cui combustione queste hanno avuto origine. Ovviamente le nanoparticelle creano un inquinamento ambientale a cui sono esposti anche i civili che vivono nella zona, ma che può influire in modo profondo anche sulla fauna e sulla flora.
Si è finalmente ammesso che le patologie sviluppatesi in seguito alle missioni in zone di guerra in soldati che erano risultati idonei dal punto di vista medico non sono solo psicologiche come era stato ipotizzato: da stress.


A questa conclusione sono arrivati anche gli Americani in un rapporto del novembre scorso, le associazioni dei veterani hanno ammesso che lo stress può essere una concausa ma che le patologie sono altro. Primariamente, visto che i reduci della prima Guerra del Golfo accusavano sintomi anche neurologici, i medici avevano pensato che lo stress bellico fosse la causa primaria della sintomatologia. Ora si riconosce che i soldati sono affetti da una diversa patologia che per la sua complessità è stata chiamata sindrome, cioè un insieme di sintomi e segni clinici diversi. La sindrome del Golfo è diversa da quella dei Balcani, ma entrambe possono portare, anche in tempi lunghi, alla morte.

Ho lottato perché venisse riconosciuto questo aspetto della guerra e per dare soprattutto a chi non c’è più (e ne ho conosciuto personalmente tanti) il giusto riconoscimento.

Se da una parte il mio impegno è stato riconosciuto e validato da persone autorevoli, dall’altra ci sono persone che stanno demolendo il mio lavoro con la calunnia e la diffamazione. Una tale dottoressa (di tutt’altro settore), che non ha mai esaminato un campione patologico, che non è mai stata al letto di morte di un soldato, che non ha mai consolato una madre che ha perso il figlio, scrive agli editori di riviste scientifiche che hanno accettato i miei lavori dopo parere favorevole dei referee, scrive alla comunità Europea chiedendo di non accettare più i miei articoli, e di chiudere i miei progetti europei che condivido con partner eccellenti europei. Questa scrive a miei amici, a miei parenti, a uffici governativi, mettendo il seme del dubbio sulla validità del mio operato, come se lei fosse la portatrice della verità. Io questa persona non l’ho mai incontrata né ho mai avuto alcun tipo di rapporto con lei, ma come si spiega che questa possiede un mio indirizzario personale? Ci sarà correlazione con lo scassinamento della mia scrivania personale all’Università o con il disinserimento dell’allarme antifurto in laboratorio? Lei sta lì a tavolino, nascosta nel suo studio universitario, nascosta da pseudonimi, ad inveire, calunniare su chi lavora in prima linea, a diffamare chi non conosce e che non le ha mai fatto alcun male. Perché? L’odio, l’astio, l’acredine, la frustrazione che traspare dai suoi scritti, fanno pensare che questa persona sia priva di pietà per chi soffre e muore. I ragazzi non sarebbero mai stati risarciti col lavoro scientifico di questa signorina. Quello che mi spaventa è che questa persona insegna a studenti che devono essere formati. Che cosa insegnerà loro se non l’odio, l’acredine, l’astio?

Io preferisco lavorare per costruire un futuro migliore ai nostri figli ed insegnare loro la pietà.


Pubblico integralmente questo articolo. Ricordo, se non altro per evitare ai soliti personaggi il disturbo d’inventare nuove calunnie, che la dott.ssa Gatti (mia moglie) presta da due legislature la sua opera presso la Commissione che si occupa delle malattie dei militari non solo a titolo gratuito ma a sue (nostre) spese. Chiunque è libero di fare altrettanto. Ricordo pure che, grazie anche al suo lavoro, l'Italia è oggi l'unico paese al mondo a fare tanto. Nessuno chiede una parola di ringraziamento. Sarebbe sufficiente il rispetto. (Stefano Montanari)

giovedì 1 gennaio 2009

Inqualificabile comportamento di Sgarbi e Polizia Municipale.

fonte:
http://www.soniapresidente.it/

29 Dicembre 2008
“Ancora una volta siamo costretti a prendere atto dei vergognosi comportamenti adottati dal Sindaco di Salemi, Vittorio Sgarbi, dalla polizia municipale, che ieri ha agito in piena e totale violazione della legge e dalla stampa che, come spesso accade, ha riportato notizie false ed imprecise”. Lo ha affermato Sonia Alfano commentando i disordini verificatisi ieri durante la presentazione del libro di Vittorio Sgarbi ad Agrigento. “Il ragazzo che ha contestato Sgarbi ha solo riportato notizie vere che una certa stampa ha subito bollato come “accuse”. Sgarbi è un pregiudicato condannato per truffa allo Stato ed in primo e secondo gradoo per aver diffamato il Dottore Caselli e l’intero pull antimafia. Siamo pertanto grati al ragazzo artefice della contestazione per aver mostrato che in Sicilia esistono ancora persone in grado di urlare la verità e di contestare, legittimamente, chi si è macchiato di così gravi gesti. Siamo amaregiati per l’inqualificabile comportamento della polizia municipale che, senza nessun titolo nè motivazione, ha sequestrato il ragazzo rinchiudendolo in una stanza della biblioteca “Franco La Rocca” mentre non ha agito nei confronti dei guarda spalle di Sgarbi che, come di consueto, hanno bruscamente tentato di allontanare, senza nessun titolo, il contestatore. E’ paradossale che uomini dello Stato difendano un pregiudicato che ha truffato quelle stesse Istituzioni che le loro divise rappresentano. Chiameremo a rispondere nelle sedi giudiziarie competenti gli artefici dei gravi episodi accaduti ieri e, ancora una volta, ci schieriamo al fianco di chi contesta, usando l’arma della verità, personaggi lesivi per l’immagine dell’ antimafia e dunque della Sicilia come Vittorio Sgarbi. Infine chiediamo che il Questore di Agrigento faccia piena luce sull’ accaduto ed identifichi tutte le persone coinvolte, tramite foto e video che forniremo noi stessi, al fine di sanzionare comportamenti illeciti specie se operati da chi indossa una divisa”.

lunedì 29 dicembre 2008

Cina, al terremoto non si fa causa

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13374/Cina%2C+al+terremoto+non+si+fa+causa

23/12/08
Respinta l'azione legale dei genitori dei bambini uccisi nelle scuole crollate del Sichuan. Pechino non vuole discussioni sulle colpe
scritto per noi da
Alessandro Ursic


Ci avevano provato. Per i loro figli uccisi dal crollo della scuola durante il terremoto del Sichuan, una sessantina di genitori avevano sperato nella via della giustizia, facendo causa alle amministrazioni locali e alla ditta di costruzioni. Era il primo caso giudiziario del genere, in Cina: un ulteriore segnale dei fermenti della società civile cinese contro l'autoritarismo statale. Ma il tribunale, dopo diversi avvertimenti in tal senso, ha respinto l'azione legale.

Nella catastrofe del Sichuan dello scorso maggio, che ha causato 88.000 morti (tra cui 10.000 bambini), la tragedia dei piccoli alunni uccisi aveva commosso il mondo ma provocato rabbia in Cina. In molte città colpite dal sisma le scuole crollarono su se stesse (il Partito ha ammesso che 7.000 classi sono andate distrutte), tanto da essere soprannominate "scuole tofu"; gli edifici delle amministrazioni locali, a volte distanti anche solo poche decine di metri, rimasero invece miracolosamente in piedi. Era chiaro che gli istituti scolastici erano stati costruiti con materiale più scadente: da lì la rabbia di migliaia di genitori, che inscenarono manifestazioni di piazza in protesta col governo. Alcuni di loro furono anche arrestati e detenuti per brevi periodi.

Durante l'estate, Pechino si rese conto che la faccenda era potenzialmente esplosiva. Così, a inizio autunno offrì a centinaia di genitori un risarcimento di 6.200 euro a famiglia con aggiunta di pensioni più ricche. Ma a una condizione: che i genitori dei bambini uccisi dal terremoto rifiutassero di fare causa, e tacessero per sempre. Non era un'offerta facile da rifiutare, anche perché formulata tra pressioni e minacce di varie entità. Molte famiglie accettarono. Dissero di sì anche buona parte dei 57 genitori che poi hanno invece cambiato idea, chiedendo un risarcimento di 13.500 euro a bambino, e soprattutto una scusa ufficiale del governo.

Ma risarcimento e scuse potrebbero non arrivare mai. Un giudice locale ha detto alle famiglie coinvolte che da Pechino è arrivato un memorandum interno, con l'imposizione di respingere qualsiasi azione legale. Un genitore ha inoltre rivelato che, domenica scorsa, un funzionario del partito ha arrestato uno dei firmatari della causa, avvertendolo di non parlare più con i media stranieri: chi avesse disobbedito avrebbe potuto essere accusato di tradimento.

L'unica concessione delle autorità è giunta da una commissione indipendente incaricata di indagare sul disastro. Lo scorso settembre, un membro di tale organo ha ammesso che il boom economico aveva probabilmente portato a costruzioni frettolose di diversi istituti scolastici: in particolare, oltre 1.000 di questi erano stati innalzati con materiali scadenti, o lungo le faglie sismiche.

Una magra consolazione per migliaia di genitori. Ma sarà difficile ottenere scuse anche per le famiglie delle migliaia di bambini intossicati dal latte in polvere contaminato con la melamina, quattro dei quali sono morti. La loro causa è stata respinta già in autunno, quando è emerso lo scandalo. E qualche giorno fa, Pechino ha rivelato di considerare l'ipotesi di un'altra offerta di risarcimento. Con le stesse clausole applicate alle famiglie dei piccoli alunni del Sichuan.