venerdì 26 dicembre 2008

BUONE FESTE!!!!!!!


Uploaded on authorSTREAM by rose456

Quel processo non s’ha da dire

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/


23 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Per calcolare lo stato della libertà d’informazione in Italia, c’è un’ottima unità di misura: lo spazio dedicato dalla stampa e dai tg nazionali al processo in corso a Palermo a carico dell’ex capo del Ros e poi del Sismi, generale Mario Mori, e del suo vice, col. Mario Obinu, per favoreggiamento alla mafia a causa della mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Una cosina da niente. Nemmeno una riga, una parola sulle udienze che si susseguono da metà luglio. In aula non si vede quasi mai un cronista e non è mai entrata una sola telecamera. Una delle rare eccezioni è Lirio Abbate, il valoroso giornalista dell’Ansa che vive sotto scorta per le minacce mafiose dopo aver scritto “I complici” con Peter Gomez. Mercoledì ha firmato tre lanci d’agenzia sulla lunga deposizione del primo testimone d’accusa: il generale Michele Riccio, anche lui ex del Ros, che accusa Mori e Obinu di avergli impedito di catturare Provenzano 13 anni fa in un casolare di Mezzojuso indicato dal mafioso suo confidente Luigi Ilardo, poi assassinato da Cosa Nostra subito dopo aver accettato di collaborare con la giustizia.

Quella sera e nei giorni seguenti nessun giornale né tg nazionale ha ripreso la notizia. Il Tg1, per esempio, era molto impegnato a intervistare il produttore De Laurentiis sul nuovo film-panettone di Christian De Sica. Un vero peccato, perché Riccio ha raccontato di quando Ilardo incontrò Mori e gli avrebbe detto: “Le stragi non le abbiamo fatte solo noi della mafia, ma anche voi dello Stato”. Mori, anziché domandare spiegazioni o fare obiezioni, girò i tacchi e - sempre secondo Riccio - se ne andò senza dire una parola. Poi Riccio s’è soffermato su uno strano vertice nello studio Taormina: “Il mio difensore Carlo Taormina mi fece incontrare il senatore Dell'Utri, con la scusa di studiare le carte del suo processo. Passò a salutarci l'avvocato Cesare Previti (che poi non partecipò alla riunione, ndr)… Taormina mi chiese di dire, nei processi per mafia a Palermo, che Ilardo non mi aveva mai parlato di Dell'Utri”. Invece gliene aveva parlato eccome. Riccio - riferisce l’Ansa - non seguì l'amorevole consiglio di Taormina e mesi dopo gli revocò il mandato. Previti - ricorda Riccio - era presente da Taormina anche in occasione di un’altra riunione. Una presenza interessante, la sua, anche se “inattiva”, visto che - come ricorda Riccio - Previti conosceva bene Mori e “sovente veniva a trovarlo negli uffici del Ros”.

Di più: “Nel 1994 ho visto Mori che dal proprio ufficio spostava in un'altra stanza il piatto d'argento che gli era stato regalato da Previti, commentando con una battuta: ‘Cambiato il governo, si deve cambiare anche la disposizione del vassoio’…”. Dopo aver ricostruito il mancato blitz di Mezzojuso, Riccio riferisce i nomi che Ilardo gli fece prima di morire: nomi delle persone che gli risultavano legate a Cosa Nostra o agli amici degli amici, sulle quali non potè aggiungere altro perché fu ammazzato prima di mettere a verbale le sue dichiarazioni. E, fra gli altri, cita Dolcino Favi, il procuratore generale reggente di Catanzaro che un anno fa tolse a Luigi De Magistris l’inchiesta “Why Not”, e che in passato era stato in servizio a Siracusa. Favi - riferisce l’Ansa - sarebbe stato “gestito” da un avvocato di Lentini “molto legato a un uomo del boss Santapaola”. Dichiarazioni tutte da verificare, s’intende (il processo serve a questo). Ma piuttosto avvincenti e attuali. Peccato che nessuno le racconti.

Ps. Un mese fa, chi scrive fu condannato a 8 mesi di reclusione in primo grado per aver diffamato Previti riportando sull’Espresso il racconto di Riccio ai pm di Palermo sulla presenza dell’ex deputato nello studio Taormina il giorno della riunione fra l’avvocato, l’ufficiale e Dell’Utri. Il Tg1 diede la notizia con grande risalto. Ora che Riccio, in Tribunale, ha ribadito e arricchito il suo racconto, il Tg1 tace. Viva il servizio pubblico.

L'ACQUA NON E' PIU' UN BENE COMUNE, la politica è contro di noi

fonte:
http://www.cittadinoqualunque.com/2008/12/lacqua-non-e-piu-un-bene-comune-la.html

Attenzione il governo ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua, il tam tam di e-mail e Grillo lo stanno diffondendo per il web, l'opposizione non esiste, nel Parlamento fanno le cose peggiori senza che nessuno (tranne Di Pietro) ce ne renda conto; riporto qui sotto un'articolo tratto da peacelink.it:
"Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei grafitti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L'acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropiarsene per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca"
(art. di Rosaria Ruffini - docente di teatro allo Iuav)

giovedì 25 dicembre 2008

BUON NATALE

fonte:
http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1489&Itemid=1

Scritto da Stefano Montanari
giovedì 25 dicembre 2008

Per ragioni che non capisco ma che accetto, è uso augurare al prossimo un buon 25 dicembre, l’ipotetico compleanno di Gesù, e al diavolo il resto dell’anno.

Ligio alla tradizione, anch’io voglio mandare un po’ di auguri.

Per diritto di precedenza, buon Natale a Silvio Berlusconi che, forse approfittando di un percorso di vita incontestabilmente più lungo, di miracoli ne ha fatti ben più di Cristo: dalla sparizione dei rifiuti di Napoli a quella, tuttora in corso, del cervello di molti connazionali.

Per diritto onomastico, a seguire, buon Natale a Cristiano Di Pietro, rampollo di cotanto padre e miracolosamente veloce nell’apprendere i segreti del galateo politico italiano. E, naturalmente, buon Natale al babbo e alla sua squadretta di cementificatori, di vestali, di pontefici (nel senso etimologico di costruttori di ponti) e di emuli dei simpatici castori costruttori di dighe, in questo caso in versione lagunare.

Buon Natale ad Antonio Bassolino, capitano coraggioso che ha saputo resistere alla tempesta senza che nessuno gli abbia fatto tirar fuori i miliardi di Euro (chi sa dire quanti?) scomparsi in un festoso gioco di prestigio di ecoballe e di aziende dai compiti misteriosi.

Buon Natale ai giudici per i quali essere ubriachi ed
accoppare (meglio se dopo averla violentata) una donna che non è d’accordo ed oppone resistenza non sono aggravanti come potrebbe apparire a noi che, ingenui ed ignoranti di leggi, siamo capaci di usare solo il buon senso, ma sono attenuanti. E, ancora, un buon Natale a loro, ai magistrati, per i quali massacrare l’ambiente è marachella indegna di attenzione.

Al proposito, buon Natale alla Chiesa Cattolica Romana che se ne sta distrattamente ad osservare senza alzare un dito (sempre che se ne accorga) lo scempio che si fa, almeno in proporzione terrestre, del Creato del cui progettista si dichiara rappresentante.

Un doveroso buon Natale alla famosa legge CIP6, camaleontico monumento all’illegittimità ed alla mascalzonaggine.

Buon Natale alla Costituzione, mutilata e sbeffeggiata da un parlamento mai eletto da nessuno con le ultime amputazioni sottoscritte docilmente da un presidente della repubblica cui nessun italiano ha dato il seggio in senato.

Parlando di voti, come non augurare buon Natale agli scrutatori abruzzesi, stanchi per il superlavoro, cui sono sfuggiti i voti dati alla lista Per il Bene Comune addirittura nel seggio dove ha votato il candidato al governatorato?

E i miei auguri alla Mafia, senza il cui apporto una bella fetta dell’economia nostrana chiuderebbe bottega, preceduta dalla nostra politica.

Naturalmente buon Natale alle società di calcio che vivono in un’altra economia e che possono permettersi di sborsare decine di milioni di Euro per assicurarsi i deliziosi quanto effimeri palleggi di qualche ragazzotto, non dovendo scucire un centesimo per i disastri che una certa frazione di frequentatori degli stadi allestisce con puntuale regolarità ed essendo esentati dalla tirannia del fisco.

E l’ARPA? Certo, auguri anche all’ARPA che ci ha tenuti sempre tranquilli raccontandoci con pazienza le favole della buona notte, qualche volta sacrificando persino qualcuno dei loro che è finito in occasionali, piccole tempestucce giudiziarie, subito sopite, però.

Un felice Natale all’ENEL e a tutti i fautori di quella cosa chiamata carbone pulito, sperando che qualcuno smentisca il Nobel Carlo Rubbia, fermo nel negarne l’esistenza.

E i miei auguri personali a tutti quegli uomini di buona volontà che stanno cercando di farci chiudere la ricerca, dalla pittoresca psicopatica romana che, dopo un periodo di quiete, ora vive una ricaduta, a certe associazioni comiche che stiamo disturbando a qualche magistrato che, valendosi di consulenti di origini incerte e di altrettanto incerta preparazione scientifica, fanno archiviare procedimenti colossali pur disponendo di materiale a dir poco scottante.

Auguri a Legambiente che, dopo i trionfi ottenuti con la messa in opera dell’inceneritore di Brescia e con la prossima riapertura di quello di Verona, sta ora per vedere acceso l’impianto turbogas di Modugno e vede con favore la torre di Babele di rifiuti in partenza nella Torino chiampariniana.

Uno splendido Natale a tutti i media di regime che, con rocciosa abnegazione ed eroicamente incuranti della loro missione, sono sempre stati coerenti nel distorcere scientificamente le informazioni sull’ambiente o, nei casi estremi, nel tacerle.

Un Natale radioso alla nostra accademia che ha dimostrato con i fatti come esista anche una sorta di Italian Dream che permette persino ad un analfabeta di assurgere alle superbe altezze della cattedra: basta disporre della parentela giusta, di connessioni adeguate e, in mancanza d’altro, di un fisico generoso e disponibile. Da lì, dalla cattedra, applicando la tariffa del caso, si può raggranellare anche qualche soldo. Basta cancellare la scienza alle pagine giuste.

Buon Natale e lunga vita all'amianto di cui gl'industriali, i professori juke box e i politici hanno perpetuato l'esistenza a dispetto della più ovvia e della più antica delle evidenze. I mesoteliomi sono anche merito vostro, così come lo sono oggi una collezione di malattie da inquinamento.

Buon Natale ad Umberto Veronesi, l'uomo zero.

Un buon Natale particolarmente interessato, e questo per motivi geografici, a chi ha dato il permesso d’imbottire un po’ del sottosuolo modenese di gas facendone un deposito colossale per i fabbisogni di clienti stranieri. L’augurio, e questo più che altro a noi che qui abitiamo, è che la terra non tremi come sta facendo ora perché, altrimenti, magari quel gas farà il botto.

Infine, certo dopo aver dimenticato chissà quanti meritevoli, i miei auguri rispettosi alle autorità modenesi che, resistendo alla tentazione di fare il bene comune e con molto senso dell’umorismo, ci hanno ampliato l’inceneritore, invitandoci a produrre con rinnovata lena rifiuti se non vogliamo che si spenga quel ricco, sempre più gigantesco falò.

Buon Natale non al vecchio mondo ma al mondo vecchio.

Mosche bianche e pecore nere

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

24 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO

Proviamo a immaginare se fosse già in vigore la legge bavaglio che vieta ai giornalisti di citare o riassumere atti di indagini in corso, anche non segreti, prima del processo. Avremmo decine di politici e imprenditori in carcere e nessuno saprebbe perché. Avremmo giornali e tv che insinuano e alludono senza poter fare nomi né spiegare chi ha fatto cosa. Il Giornale ipotizzava che il figlio di Di Pietro, Cristiano, era indagato: falso. Ma dalle carte emerge che, consigliere provinciale a Campobasso, aveva rapporti prima “istituzionali” (per alcune caserme in Molise) poi “ambigui” col provveditore alle opere pubbliche di Napoli, Mario Mautone, ora agli arresti. Pare che avesse raccomandato un amico. Pessimo, specie per chi porta quel cognome. Ieri il padre l’ha cazziato sul blog: “Condotte senza rilevanza penale, ma non opportune e non corrette. Ma è solo il mio punto di vista, quindi di parte (e di padre). Bene fa la magistratura a indagare. Non c'è figlio che tenga”. Un anno fa il ministro Di Pietro trasferì Mautone da Napoli a Roma, nell’ambito di una più generale rotazione dei provveditori, onde evitare che mettessero radici. La signora Mautone suggerì al marito di ricattarlo sui rapporti col figlio, per conservare la poltrona. Di Pietro, evidentemente non ricattabile, lo traslocò lo stesso. Ora tutti si domandano come abbia fatto a sapere che Mautone non era Maria Goretti. Beata ingenuità: in politica basta avere naso e orecchie funzionanti per sapere tutto prima dei giudici. Che, come dice Piercamillo Davigo, “sono come i cornuti: sempre gli ultimi a sapere”.

La corruzione inconsapevole che affonda il Paese

fonte:
http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16598

La cosa enormemente tragica che emerge in questi giorni è che nessuno dei coinvolti delle inchieste napoletane aveva la percezione dell'errore, tantomeno del crimine. Come dire ognuno degli imputati andava a dormire sereno. Perché, come si vede dalle carte processuali, gli accordi non si reggevano su mazzette, ma sul semplice scambio di favori: far assumere cognati, dare una mano con la carriera, trovare una casa più bella a un costo ragionevole. Gli imprenditori e i politici sanno benissimo che nulla si ottiene in cambio di nulla, che per creare consenso bisogna concedere favori, e questo lo sanno anche gli elettori che votano spesso per averli, quei favori. Il problema è che purtroppo non è più solo la responsabilità del singolo imprenditore o politico quando è un intero sistema a funzionare in questo modo.

Oggi l'imprenditore si chiama Romeo, domani avrà un altro nome, ma il meccanismo non cambierà, e per agire non si farà altro che scambiare, proteggere, promettere di nuovo. Perché cosa potrà mai cambiare in una prassi, quando nessuno ci scorge più nulla di sbagliato o di anomalo. Che un simile do ut des sia di fatto corruzione è un concetto che moltissimi accoglierebbero con autentico stupore e indignazione. Ma come, protesterebbero, noi non abbiamo fatto niente di male!

E che tale corruzione non vada perseguitata soltanto dalla giustizia e condannata dall'etica civile, ma sia fonte di un male oggettivo, del funzionamento bloccato di un paese che dovrebbe essere fondato sui meccanismi di accesso e di concorrenza liberi, questo risulta ancora più difficile da cogliere e capire. La corruzione più grave che questa inchiesta svela sta nel mostrarci che persone di ogni livello, con talento o senza, con molta o scarsa professionalità, dovevano sottostare al gioco della protezione, della segnalazione, della spinta.

Non basta il merito, non basta l'impegno, e neanche la fortuna, per trovare un lavoro. La condizione necessaria è rientrare in uno scambio di favori. In passato l'incapace trovava lavoro se raccomandato. Oggi anche la persona di talento non può farne a meno, della protezione. E ogni appalto comporta automaticamente un'apertura di assunzioni con cui sistemare i raccomandati nuovi.

Non credo sia il tempo di convincere qualcuno a cambiare idea politica, o a pensare di mutare voto. Non credo sia il tempo di cercare affannosamente il nuovo o il meno peggio sino a quando si andrà incontro a una nuova delusione. Ma sono convinto che la cosa peggiore sia attaccarsi al triste cinismo italiano per il quale tutto è comunque marcio e non esistono innocenti perché in un modo o nell'altro tutti sono colpevoli. Bisogna aspettare come andranno i processi, stabilire le responsabilità dei singoli. Però esiste un piano su cui è possibile pronunciarsi subito. Come si legge nei titoli di coda del film di Francesco Rosi "Le mani sulla città: "I nomi sono di fantasia ma la realtà che li ha prodotti è fedele".

Indipendentemente dalle future condanne o assoluzioni, queste inchieste della magistratura napoletana, abruzzese e toscana dimostrano una prassi che difficilmente un politico - di qualsiasi colore - oggi potrà eludere. Non importa se un cittadino voti a destra o a sinistra, quel che bisogna chiedergli oggi è esclusivamente di pretendere che non sia più così. Non credo siano soltanto gli elettori di centrosinistra a non poterne più di essere rappresentati da persone disposte sempre e soltanto al compromesso. La percezione che il paese stia affondando la hanno tutti, da destra a sinistra, da nord a sud. E come in ogni momento di crisi, dovrebbero scaturirne delle risorse capaci di risollevarlo. Il tepore del "tutto è perduto" lentamente dovrebbe trasformarsi nella rovente forza reattiva che domanda, esige, cambia le cose. Oggi, fra queste, la questione della legalità viene prima di ogni altra.

L'imprenditoria criminale in questi anni si è alleata con il centrosinistra e con il centrodestra. Le mafie si sono unite nel nome degli affari, mentre tutto il resto è risultato sempre più spaccato. Loro hanno rinnovato i loro vertici, mentre ogni altra sfera di potere è rimasta in mano ai vecchi. Loro sono l'immagine vigorosa, espansiva, dinamica dell'Italia e per non soccombere alla loro proliferazione bisogna essere capaci di mobilitare altrettante energie, ma sane, forti, mirate al bene comune. Idee che uniscano la morale al business, le idee nuove ai talenti.

Ho ricevuto l'invito a parlare con i futuri amministratori del Pd, così come l'invito dell'on del Pdl Granata ad andare a parlare a Palermo con i giovani del suo partito. Credo sia necessario il confronto con tutti e non permettere strumentalizzazioni. Le organizzazioni criminali amano la politica quando questa è tutta identica e pronta a farsi comprare. Quando la politica si accontenta di razzolare nell'esistente e rinuncia a farsi progetto e guida. Vogliono che si consideri l'ambito politico uno spazio vuoto e insignificante, buono solo per ricavarne qualche vantaggio. E a loro come a tutti quelli che usano la politica per fini personali, fa comodo che questa visione venga condivisa dai cittadini, sia pure con tristezza e rassegnazione.

La politica non è il mio mestiere, non mi saprei immaginare come politico, ma è come narratore che osserva le dinamiche della realtà che ho creduto giusto non sottrarmi a una richiesta di dialogo su come affrontare il problema dell'illegalità e della criminalità organizzata. Il centrosinistra si è creduto per troppo tempo immune dalla collusione quando spesso è stato utilizzato e cooptato in modo massiccio dal sistema criminale o di malaffare puro e semplice, specie in Campania e in Calabria. Ma nemmeno gli elettori del centrodestra sono felici di sapere i loro rappresentanti collusi con le imprese criminali o impegnati in altri modi a ricavare vantaggi personali. Non penso nemmeno che la parte maggiore creda davvero che sia in atto un complotto della magistratura. Si può essere elettori di centrodestra e avere lo stesso desiderio di fare piazza pulita delle collusioni, dei compromessi, di un paese che si regge su conoscenze e raccomandazioni.

Credo che sia giunto il tempo di svegliarsi dai sonni di comodo, dalle pie menzogne raccontate per conforto, così come è tempo massimo di non volersela cavare con qualche pezza, quale piccola epurazione e qualche nome nuovo che corrisponda a un rinnovamento di facciata. Non ne rimane molto, se ce n'è ancora. Per nessuno. Chi si crede salvo, perché oggi la sua parte non è stata toccata dalla bufera, non fa che illudersi. Per quel che bisogna fare, forse non bastano nemmeno i politici, neppure (laddove esistessero) i migliori. In una fase di crisi come quella in cui ci troviamo, diviene compito di tutti esigere e promuovere un cambiamento.

Svegliarsi. Assumersi le proprie responsabilità. Fare pressione. È compito dei cittadini, degli elettori. Ognuno secondo la sua idea politica, ma secondo una richiesta sola: che si cominci a fare sul serio, già da domani.

Roberto Saviano - da Repubblica

lunedì 22 dicembre 2008

Nubi sul Nobel

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13323/Nubi+sul+Nobel

19/12/2008

Sospetti di corruzione e l'ingombrante presenza delle lobby farmaceutiche: la magistratura apre un'inchiesta
Cosa succede se anche una delle più nobili istituzioni viene colpita dal sospetto di corruzione? Se le indagini avviate dal procuratore di Stoccolma Nils Erik Schulz dovessero giungere a una conclusione nefasta, il primo effetto sarebbe il rivoltamento nella tomba di Alfred Bernhard Nobel, il chimico svedese inventore della dinamite che istituì il Premio a lui intitolato, il secondo lo screditamento della più prestigiosa premiazione in ambito scientifico.

Il Nobel e le lobby farmaceutiche. Gli agenti svedesi della squadra anti-corruzione stanno lavorando sulla possibilità che il gigante farmaceutico Astra Zeneca possa aver influenzato la decisione della commissione del Karolinska Institute nell'assegnazione del Premio Nobel per la Medicina al tedesco Harald zur Hausen, meritevole di aver contribuito alla ricerca sull'Hpv, lo human papilloma virus, che può causare il cancro del collo uterino e, guarda caso, la Astra Zeneca è detentrice del brevetto per i vaccini contro il virus: il profitto che deriverebbe dalla vendita di due farmaci, il Gardasil e GlaxoSmithKline Cervarix, raggiunge milioni e milioni di euro. Secondo l'impianto accusatorio, Bernard Fredholm, presidente della commissione che nomina i candidati al Nobel è stato, nel 2006, sul libro paga del colosso farmaceutico come consulente; Bo Angelin, membro della commissione dei 50 che elegge il vincitore, ha ugualmente servito per la multinazionale anglo-svedese. Le indagini del procuratore sono state stimolate dalla stampa europea che poneva la questione di un conflitto di interessi dal momento che la Astra Zeneca sponsorizza due società legate al Premio Nobel, la Nobel Media e la Nobel Web. Contratti da centinaia di migliaia di dollari che possono implicitamente influenzare le scelte della commissione.

Il viaggio in Cina. Un altro filone dell'inchiesta riguarda il viaggio e la permanenza in Cina, interamente a carico del ministero dell'Istruzione, di alcuni membri della commissione. Il governo cinese avrebbe chiesto informazioni sui criteri della nomina dei candidati e sull'attribuzione del Premio. È dal 1957 che uno scienziato cinese non si aggiudica il prestigioso Premio che Pechino, nella sua lotta di conquista, anche nel campo scientifico, vorrebbe vedere assegnato a uno dei suoi. I vertici della Royal Swedish Accademy of Sciences, sono seriamente preoccupati per la ricaduta che l'inchiesta potrebbe avere sulla integrità e il prestigio del riconoscimento accademico che ogni anno viene attribuito ai migliori ricercatori nel campo della fisica, chimica, medicina, economia, letteratura e a chi si sia particolarmente distinto nel garantire la pace nel mondo. Il Segretario permanente dell'Accademia Reale, Gunnar Oquist ha riconosciuto che il viaggio in Cina dei membri della commissione, i cui nomi non sono stati resi noti, sia stato "assolutamente inopportuno".

Polemiche e veleni. Non è la prima volta che il Premio Nobel viene attraversato da polemiche o scandali. Una delle più gravi colpe che viene attribuita all'Istituto è quella di non aver mai premiato, nonostante le cinque nomination, il grande leader indiano Mahatma Gandhi.
Nel 1995, il quotidiano russo Izvestia, gettò delle ombre sul premio per la Medicina a Rita Levi Montalcini sostenendo che Francesco Della Valle, direttore generale della Fidia avesse "sponsorizzato" l'assegnazione del Nobel alla Montalcini, perché ciò avrebbe comportato grossi profitti derivanti dalla vendita del Gronassial. Nell'affaire avrebbe avuto un ruolo rilevante anche Duilio Poggiolini, all'epoca direttore generale del servizio farmaceutico nazionale e membro della Loggia P2.

Australia, aborigeni vincono causa ambientale contro multinazionale mineraria

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13263/Australia%2C+una+vittoria+per+gli+aborigeni

17/12/2008

Bloccato il progetto di deviazione del fiume McArthur

Gli aborigeni australiani hanno vinto la loro causa contro il gigante minerario anglo-svizzero Xstrata: quarto produttore mondiale di rame e di nichel, produce l'otto percento dello zinco comperato nel mondo ed è inoltre tra i primi esportatori mondiali di carbone.

Il piano aziendale elaborato dalla Xstrata per lo sfruttamento delle risorse di zinco presenti nel Northern Territory, prevedeva la deviazione del corso di un fiume per poter espandere una miniera da cui viene estratto zinco. Alcuni leader aborigeni hanno pianto di gioia quando è stata annunciata a decisione della corte federale. La popolazione aborigena aveva infatti intrapreso una lunga battaglia per contrastare la decisione governativa relativa alla deviazione del corso fluviale del McArthur, che sarebbe servita a espandere la miniera, trasformando il sito per l'estrazione di zinco da sotterraneo a sito di superficie. Insieme alle organizzazioni ambientaliste, alcuni gruppi di aborigeni hanno messo in allarme sui potenziali pericoli derivanti da una deviazione del corso del fiume: durante la stagione delle piogge infatti, il McArthur, scorrendo lungo il nuovo percorso, verrebbe contaminato da infiltrazioni inquinanti provenienti dalla miniera. L'altro capo di accusa presentato dagli aborigeni riguardava una mancanza nel processo di approvazione istituzionale del progetto: la corte federale ha approvato il ricorso, riconoscendo effettivamente un vizio nel procedimento. Il corso del fiume McArthur è già stato deviato per più di 5 chilometri e adesso gli aborigeni chiedono che torni a scorrere lungo il corso originario. Xstrata ha espresso il proprio disappunto per quanto contenuto nella sentenza, annunciando che l'azienda probabilmente si vedrà costretta a chiudere la miniera. Il Consiglio per le Risorse del Northern Territory ha descritto la sentenza federale come una grande sconfitta per l'industria mineraria australiana.