venerdì 8 maggio 2009

Ecco gli affari della Mafia spa

Fonte:

La percezione di insicurezza rispetto ai fenomeni criminali in Italia da parte dei cittadini e delle

imprese è in aumento, nonostante il numero dei reati in Italia nel 2008 sia diminuito dell’11% (e

del 12% le rapine), e che l’Italia si collochi, secondo le rilevazioni dell’Eurostat in tema di

delinquenza, al quarto posto in Europa per il numero di crimini denunciati. Per il 24,5% delle Pmi

negli ultimi due anni è peggiorato il livello di sicurezza. Due imprese su tre destinano in media il

2% dei propri ricavi al sostegno dei costi per la sicurezza. Ciò implica che una quota rilevante dei

margini lordi (tra il 10% e il 25%) è destinata ad essere sottratta al reddito degli imprenditori o

agli investimenti per spese connesse alla sicurezza e alla sopravvivenza stessa dell’attivita’. Il

4,1% delle Pmi considera la possibilita’ di trasferire altrove la propria attività o di

cederla a causa del rischio di rapine, furti o estorsioni. Tra le cause principali della criminalità, il

71,1% degli imprenditori indica l’impunità dei criminali e la mancanza di certezza della pena, il

31,6% l’immigrazione clandestina, il 22%

il degrado urbano e sociale, anche in termini di mancanza di infrastrutture.

E’ quanto emerge da un’indagine su Criminalità, sicurezza e Pmi realizzata da Confcommercio in

collaborazione con Format - Ricerche di Mercato, e presentata oggi, a Palermo, in un convegno

presso la Sala Gialla di Palazzo dei Normanni, nell’ambito della sesta tappa del Roadshow PMI di

Confcommercio.

Secondo Confcommercio la lotta alla criminalità organizzata sta facendo passi importanti,

aumentano di anno in anno i beni confiscati alla mafia (nel 2008 sono passate allo Stato 1.139

imprese, con una dislocazione territoriale che vede la Lombardia come terza regione dopo la

Sicilia e la Campania, e un patrimonio immobiliare superiore ai 500 mln) ma rimane pervasiva e

devastante l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia, negli

appalti e nella pubblica amministrazione. Oggi la criminalità organizzata fattura oltre 100 mld di

euro l’anno, si specializza, amplia l’ambito territoriale e diversifica le sue attività.

Le infiltrazioni della criminalita’ nel tessuto imprenditoriale

hanno innanzitutto un effetto destabilizzante sulla concorrenza e nel sistema delle imprese.

L’impresa mafiosa può, grazie a vantaggi competitivi indebiti - quali non rispettare i costi della

legalità in termini di sicurezza sul lavoro, ambiente, etc, piuttosto che ottenere forniture a prezzi

ridotti, ma soprattutto

grazie alla pressochè illimitata disponibilità di risorse finanziarie - dare l’impressione di creare

benessere sul territorio, ma in realtà contribuisce solo ad affossare il mercato, mortificare la

libertà d’impresa e impedire il

dispiegarsi di una compiuta democrazia economica.

Nella lotta al racket e alla criminalità organizzata Confcommercio, secondo quanto emerso nel

corso del convegno di Palermo, ha scelto una strada che la vede, anche attraverso le

organizzazioni territoriali, “al fianco dei propri associati impegnati a collaborare con le forze

dell’ordine e la magistratura

denunciando gli estorsori durante i processi a loro carico, fornendo supporto legale e costituendosi

parte civile contro la mafia”; ma allo stesso modo con fermezza e determinazione Confcommercio

ha deciso “di sospendere quegli associati che coinvolti in tali procedimenti si rifiutino di collaborare

con la

giustizia”.

Confcommercio è direttamente impegnata sul fronte della lotta all’usura e al racket anche con un

rappresentante nel Comitato di Solidarietà per le vittime del racket e dell’usura, ma sopratutto

attraverso le sue organizzazioni territoriali, che operano in stretto contatto con i Consorzi fidi

(molti dei quali gestiscono i fondi per la prevenzione dell’usura della legge 108/96), e associazioni

antiusura e antiracket, sportelli Legalita’.

Il socialismo ha fallito, il capitalismo è in bancarotta. Cosa succederà adesso?

Fonte:

Qualunque logotipo ideologico adottiamo, lo spostamento dal mercato libero all'azione pubblica dovrà essere molto maggiore di quanto i politici immaginano.

di Eric Hobsbawm, The Guardian, tradotto per
Senzasoste da Andrea Grillo


Il XX secolo è già alle nostre spalle, ma non abbiamo ancora imparato a vivere nel XXI, o almeno a pensarlo in modo appropriato. Non dovrebbe essere così difficile come sembra, dato che l'idea fondamentale che ha dominato l'economia e la politica nel secolo scorso è scomparsa, chiaramente, nel tubo di scarico della storia. Avevamo un modo di pensare le moderne economie industriali -in realtà tutte le economie-, in termini di due opposti che si escludevano reciprocamente: capitalismo o socialismo.
Abbiamo vissuto due tentativi pratici di realizzare entrambi i sistemi nella loro forma pura: da un lato le economie a pianificazione statale, centralizzate, di tipo sovietico; dall'altro l'economia capitalista a mercato libero esente da qualsiasi restrizione e controllo. Le prime sono crollate negli anni '80, e con loro i sistemi politici comunisti europei; la seconda si sta decomponendo davanti ai nostri occhi nella più grande crisi del capitalismo globale dagli anni '30 ad oggi. Per certi versi è una crisi più profonda di quella, nella misura in cui la globalizzazione dell'economia non era a quei tempi così sviluppata come oggi e la crisi non colpì l'economia pianificata dell'Unione Sovietica. Ancora non conosciamo la gravità e la durata della crisi attuale, ma non c'è dubbio che vada a segnare la fine di quel tipo di capitalismo a mercato libero che si è imposto nel mondo e nei suoi governi nell'epoca iniziata con Margaret Thatcher e Ronald Reagan.
L'impotenza, quindi, minaccia sia coloro che credono in un capitalismo di mercato, puro e destatalizzato, una specie di anarchismo borghese; sia coloro che credono in un socialismo pianificato incontaminato dalla ricerca del profitto. Entrambi sono in bancarotta. Il futuro, come il presente e il passato, appartiene alle economie miste dove il pubblico e il privato siano reciprocamente vincolati in un modo o nell'altro. Ma come? Questo è il primo problema che si pone oggi a noi tutti, e in particolare a quelli di sinistra.
Nessuno pensa seriamente di ritornare ai sistemi socialisti di tipo sovietico, non solo per le loro carenze politiche ma anche per la crescente indolenza e inefficienza delle loro economie, anche se questo non deve portarci a sottovalutare le loro impressionanti conquiste sociali ed educative. D'altro canto, finché il mercato libero globale non è esploso l'anno scorso, anche i partiti socialdemocratici e moderati di sinistra dei Paesi del capitalismo del Nord e dell'Australasia si erano impegnati sempre di più nel successo del capitalismo a mercato libero. Effettivamente, dal momento del crollo dell'URSS ad oggi non ricordo nessun partito o leader che denunciasse il capitalismo come una cosa inaccettabile. E nessuno era così legato alle sue sorti come il New Labour, il nuovo laburismo britannico. Nella sua politica economica, tanto Tony Blair che Gordon Brown (e questo fino all'ottobre del 2008) potevano essere definiti senza alcuna esagerazione come dei Thatcher in pantaloni. E lo stesso vale per il Partito Democratico degli Stati Uniti.
L'idea fondamentale del nuovo Labour, a partire dal 1950, era che il socialismo non fosse necessario, e che si poteva aver fiducia che il sistema capitalista facesse fiorire e generare più ricchezza di qualsiasi altro sistema. I socialisti non dovevano fare altro che garantire una distribuzione egualitaria. Ma a partire dal 1970 la crescita accelerata della globalizzazione creò sempre più difficoltà e sgretolò fatalmente la base tradizionale del Partito Laburista britannico, e per la verità alle politiche di aiuto e sostegno di qualsiasi partito socialdemocratico. Molte persone, negli anni ‘80, pensarono che se la nave del laburismo non voleva colare a picco, cosa che era una possibilità reale, dovesse mettersi al passo con i tempi.
Ma non fu così. Sotto l'impatto di quello che vedeva come la rivitalizzazione economica thatcherista, il New Labour, a partire dal 1997, si bevve tutta l'ideologia, o piuttosto la teologia, del fondamentalismo del mercato libero globale. Il Regno Unito deregolamentò i suoi mercati, vendette le sue industrie al miglior offerente, smise di fabbricare beni per l'esportazione (a differenza di Germania, Francia e Svizzera) e puntò tutto sulla sua trasformazione in centro mondiale dei servizi finanziari, e di conseguenza in paradiso dei riciclatori multimilionari di denaro. Così l'impatto attuale della crisi mondiale sulla sterlina e l'economia britannica sarà probabilmente più catastrofico di quello su ogni altra economia occidentale e questo renderà la guarigione più difficile.
E' possibile affermare che ormai tutto questo è acqua passata. Che siamo liberi di tornare all'economia mista e che la vecchia scatola degli attrezzi laburista è qui a nostra disposizione -compresa la nazionalizzazione-, così che non dobbiamo far altro che utilizzare di nuovo questi attrezzi che il New Labour non avrebbe mai dovuto smettere di usare. Comunque questa idea fa pensare che sappiamo come usare questi attrezzi. Non è così.
Da un lato non sappiamo come superare l'attuale crisi. Non c'è nessuno, né i governi, né le banche centrali, né le istituzioni finanziarie mondiali, che lo sappia: tutti questi sono come un cieco che cercasse di uscire da un labirinto dando colpi alle pareti con bastoni di ogni tipo nella speranza di trovare la via d'uscita.
Dall'altro lato sottovalutiamo il persistente grado di dipendenza dei governi e dei responsabili delle politiche dai dogmi del libero mercato, che tanto piacere gli hanno regalato per decenni. Si sono forse liberati del principio fondamentale per cui l'impresa privata orientata al profitto è sempre il mezzo migliore e più efficace di fare le cose? O che l'organizzazione e la contabilità imprenditoriali dovrebbero essere i modelli anche per la funzione pubblica, l'educazione e la ricerca? O che il crescente abisso tra i multimilionari e il resto della gente non sia tanto importante, dopotutto, sempre che tutti gli altri -eccetto una minoranza di poveri- stiano un po' meglio? O che quello di cui ha bisogno un Paese, in qualsiasi caso, è il massimo di crescita economica e di competitività commerciale? Non credo che abbiano superato tutto questo.
Comunque una politica progressista richiede qualcosa in più di una rottura più netta con i principi economici e morali degli ultimi 30 anni. Richiede un ritorno alla convinzione che la crescita economica e l'abbondanza che comporta siano un mezzo, non un fine. Il fine sono gli effetti che ha sulle vite, le possibilità vitali e le aspettative delle persone.
Prendiamo il caso di Londra. E' evidente che a tutti noi importa che l'economia di Londra fiorisca. Ma la prova del fuoco dell'enorme ricchezza generata in qualche parte della capitale non è il fatto di aver contribuito al 20 o 30% del PIL britannico, ma come questo ha influito sulle vite dei milioni di persone che vivono e lavorano lì. A che tipo di vita hanno diritto? Possono permettersi di vivere lì? Se non possono, non è per niente una compensazione il fatto che Londra sia un paradiso dei super-ricchi. Possono ottenere posti di lavoro pagati decentemente, o nella realtà un lavoro qualsiasi? Se non possono, a che serve tutto questo affannarsi per avere ristoranti da tre stelle Michelin, con chef diventati essi stessi stelle. Possono mandare i loro figli a scuola? La mancanza di scuole adeguate non si compensa con il fatto che le Università di Londra possano allestire una squadra di calcio fatta di vincitori di premi Nobel.
La prova di una politica progressista non è privata ma pubblica, non solo importa l'aumento del reddito e del consumo dei privati ma l'ampliamento delle opportunità e, come le chiama Amartya Sen, delle capabilities -capacità- di tutti per mezzo dell'azione collettiva. Ma questo significa -deve significare- iniziativa pubblica senza fini di profitto, neanche se fosse solo per redistribuire l'accumulazione privata. Decisioni pubbliche dirette a conseguire un miglioramento sociale collettivo dal quale tutti ne guadagnerebbero. Questa è la base di una politica progressista, non la massimizzazione della crescita economica e del reddito personale.
In nessun ambito questo sarà più importante che nella lotta contro il problema più grande che ci troviamo ad affrontare in questo secolo: la crisi dell'ambiente. Qualsiasi logotipo ideologico adottiamo, ciò significherà uno spostamento di grandi dimensioni dal libero mercato all'azione pubblica, un cambiamento più grande di quello proposto dal governo britannico.
E, tenuto conto della gravità della crisi economica, dovrebbe essere uno spostamento rapido. Il tempo non è dalla nostra parte. 

La FIAT prepara chiusure e licenziamenti

Fonte:

Marco Cedolin
Dopo settimane durante le quali i media italiani hanno incensato senza posa le politiche commerciali del gruppo FIAT e l’azione del suo ad Sergio Marchionne, indomito cavaliere lanciato alla conquista della Chrysler e dell’Opel, sembra essere arrivata la prima doccia fredda concernente i progetti per il futuro dell’azienda torinese.
I
 
quotidiani tedeschi hanno ieri reso noti alcuni dettagli del nuovo “progetto Fenice”, attraverso il quale la FIAT intenderebbe perfezionare l’acquisizione dell’Opel e contemporaneamente suggere qualche miliardo di sovvenzioni pubbliche anche in Germania, come in Italia sta facendo sistematicamente da oltre mezzo secolo. All’interno delle 46 pagine che compongono il nuovo piano viene dichiarata l’intenzione di procedere alla chiusura in tutta Europa di una decina di stabilimenti (come riportato sulla cartina) con conseguente licenziamento di almeno 10.000 lavoratori.
In Italia gli stabilimenti a rischio smantellamento dovrebbero essere tre, Termini Imerese in Sicilia, Pomigliano in Campania e la Pininfarina di S. Giorgio Canavese in Piemonte.

La classe politica e buona parte del mondo sindacale italiano, fino a ieri impegnati a tessere le lodi di Marchionne e dell’azienda da lui capitanata (e dagli italiani tutti finanziata) che stava contribuendo a rivalutare l’immagine del nostro paese nel mondo, hanno reagito alla notizia con un misto d’incredulità e stupore.
Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ha immediatamente scritto una lettera al presidente della Fiat 
Luca di Montezemolo e all'amministratore delegato Sergio Marchionne, chiedendo di tenere presente la centralità delle fabbriche italiane e si è premurato di domandare l’organizzazione di un incontro a breve termine, al quale saranno presenti anche le organizzazioni sindacali. Il segretario della Uilm Antonino Ragazzi ha affermato trattarsi di una notizia completamente infondata. Il segretario della Cisl Bonanni ha tuonato contro l’allarmismo che non aiuta a far crescere il settore auto in Europa. Il segretario della Fiom Rinaldini ha detto che un simile disegno porterebbe all’apertura di un pesante conflitto sociale. Il vicesindaco di Torino Tom Dealessandri ha garantito da parte sua che non c'è alcuna ipotesi di chiusura di Mirafiori, unica fabbrica automobilistica della Fiat al nord, ignorando evidentemente che nel piano si fa espresso riferimento alla Pininfarina di S.Giorgio Canavese che certo non è ubicata in meridione.

maggiori quotidiani italiani hanno dato la notizia facendo riferimento unicamente al giornale economico tedesco Handelsbatt, all’interno del quale veniva imputata al piano di Marchionne la chiusura di 2 stabilimenti (uno al Nord e uno al Sud) in Italia, senza citare nella maniera più assoluta altre fonti di stampa tedesche, come il Frankfurter Allgemeine che offriva una panoramica più dettagliata degli stabilimenti oggetto della chiusura, con l’ausilio della cartina che compare in cima all’articolo. Naturalmente dopo aver plaudito a lungo “l’eroica” cavalcata di Marchionne, diventa assai difficile illustrarne le reali conseguenze che si manifesteranno sotto forma di soggetti assai poco epici quali serrate di stabilimenti e licenziamenti di lavoratori, ragione per cui risulta imperativo indorare la pillola molto lentamente.

giovedì 7 maggio 2009

Canone Rai: se il contribuente è informato...

Fonte:



RICEVO & PUBBLICO

L'Agenzia delle Entrate, in materia di canone/imposta Rai fa il gradasso, partendo dal presupposto che il contribuente sia debole e impaurito di fronte all'Autorità fiscale. Vediamo le ultime novità.

Scenario reale. Quando un contribuente, alle pressanti e invasive richieste dell'Agenzia, risponde che non possiede un televisore, oppure - nei termini temporali previsti dalla legge - fa disdetta del canone o chiede il suggellamento dell'apparecchio, l'Agenzia stessa richiede la compilazione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e il pagamento dei canoni successivi alla disdetta, considerata inefficace senza quel modulo.

Scenario assurdo. E' come se, dopo aver fatto la dichiarazione dei redditi e aver pagato le imposte nei tempi di legge, l'Agenzia scrivesse chiedendo la compilazione di un modulo in cui si deve confermare di aver dichiarato il vero e si autorizza la Guardia di Finanza ad entrare in casa propria in qualsiasi momento per verificare. Non solo, ma l'Agenzia dovrebbe chiedere anche il pagamento di centinaia di euro di more, in quanto senza questo modulo la dichiarazione dei redditi non sarebbe stata presentata nei termini.

Quale differenza tra lo scenario assurdo e quello reale? Che nel caso del canone/imposta l'assurdo diventa reale!!

Come difendersi. La Rai e l'Agenzia delle Entrate fanno i gradassi contro i presunti deboli. Ma quando il contribuente si informa sui propri diritti e denuncia il loro comportamento alle autorità competenti, la loro forza si trasforma in paura. Una paura che ha spinto l'Agenzia ad accettare in fretta e furia la disdetta di un contribuente anche senza la compilazione del modulo. 
Leggere per credere.
Ovviamente la Rai e l'Agenzia delle Entrate continueranno a comportarsi in maniera illegale con tutti coloro che non conoscono o non difendono i propri diritti, limitandosi a retrocedere solo di fronte ai singoli casi di cittadini informati. E' tipico dell'arroganza che li permea.

Invitiamo ancora i contribuenti a cui venisse richiesta la compilazione del fantomatico modulo a farsi valere con denunce al Garante del Contribuente, alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di Torino. Qui come fare: 
http://www.aduc.it/dyn/rai/comu.php?id=170597

Sito Internet dedicato al canone-imposta Rai: 
http://www.aduc.it/dyn/rai
Firenze, 30 Aprile 2009
Fonte: www.aduc.it

L'immoralità è insita nel nostro Paese

Fonte:

Intervista a Bruno Tinti di Aaron Pettinari - 3 maggio 2009
Fonte: 
Antimafiaduemila


Dallo scorso dicembre si autodefinisce un “cantastorie”. Lasciare il proprio lavoro di magistrato dopo oltre 41 anni trascorsi ad occuparsi di diritto penale dell'economia, di falsi in bilancio, di frodi fiscali e reati finanziari sicuramente non è stata una decisione facile.
Non lo è mai quando si ha tanta passione.

"Lascio perché è sempre più difficile fare il magistrato. Sono allo studio riforme legislative che ridurranno i pm a puri dipendenti del ministero di Grazia e Giustizia. Ho sempre fatto il pubblico ministero in modo del tutto autonomo perché, a mio parere, non c'è differenza tra pm e giudice. Come pm ho sempre fatto un lavoro imparziale. Il pm chiede la condanna di un colpevole, non di un imputato. Non credo che possa essere identificato esclusivamente con l'accusa, preferisco definirlo come la parte pubblica che conduce l'indagine cercando di appurare la verità. Questo però presto diventerà impossibile. E quindi io non voglio trovarmi in una magistratura che non è più quella che conosco..." .

Così aveva spiegato la propria decisione lo scorso novembre.
Noi lo abbiamo raggiunto alla presentazione del suo nuovo libro: “La questione immorale”, tenutasi a Porto Sant'Elpidio, in provincia di Ascoli Piceno.

Dottor Tinti, quando si può parlare di “questione immorale”? La classe politica spesso usa questi termini ma poi si perde nel significato della parola stessa con atteggiamenti tutt'altro che morali...

Io non farei esempi di moralità o immoralità della nostra classe dirigente. Il discorso è molto più ampio. Basta guardare la nostra situazione e la nostra storia. La rappresentanza politica che è presente in Parlamento non è certo nata oggi. Se il Paese, da anni ormai, esprime la propria preferenza per questa classe dirigente evidentemente questo significa che noi cittadini vogliamo essere rappresentati da certi soggetti, perché ci identifichiamo negli stessi. Poi va considerato che  siamo in presenza di un circolo vizioso perché i cittadini non sono informati a causa di un tipo di  informazione proprietaria che effettua un certo tipo di propaganda. Se il cittadino non viene informato, e non supera questo handicap tentando egli stesso di reperire informazioni tramite internet o quotidiani, ecco che i cittadini restano sudditi, continuando anche in futuro ad esprimere preferenze per leader che approfittano della situazione per proprio vantaggio. Ma la cosa ancora più preoccupante è che la nostra è una classe dirigente inquinata dal malaffare perché ad essere inquinato è il popolo italiano. E per dimostrare questo non serve fare grandi esempi, basta guardare alle piccole cose. Dalle auto parcheggiate in doppia fila, fino ai limiti di velocità mai rispettati. O ancora le leggi sulla parità di diritto tra uomini e donne sul lavoro o tra italiani e stranieri. Queste sono leggi che esistono ma che nel nostro Paese vengono raramente rispettate. E se si è così nel piccolo provate ad immaginare quando si ha tra le mani la gestione del potere.

Come valuta il problema dell'informazione in Italia? Spesso si assiste alla scomparsa delle notizie. Per esempio in questi giorni Luigi De Magistris, dopo essere stato attaccato a reti unificate, è stato prosciolto da tutte le accuse che gli avevano addebitato. Sui giornali e in tv però nessuno o pochissimo risalto è stato dato a questa notizia, invece, importantissima.
Se ai tempi del terzo Reich Goebbels avesse avuto un ministero della propaganda come quello che abbiamo noi oggi staremmo ancora con il braccio alzato: efficientissimo. Si è assistito e stiamo tutt'ora assistendo a una delegittimazione della magistratura anche a livello subliminale. Persino nelle fiction ad apparire come eroi sono i poliziotti e i carabinieri. Il giudice è quello che “rompe”, un imbecille che non lavora o arriva sempre in ritardo. Anche tramite questi mezzi si fa passare il messaggio che la magistratura è qualcosa che frena il Paese così come dice il nostro ineffabile presidente del consiglio. Quindi appare ovvio che l'informazione, al momento di dare notizie che contrastano tale progetto, preferisce tacere. Mi stupisco dei giornali indipendenti. Avrebbero dovuto dare la notizia. 

Restando in tema di delegittimazione una vera e propria strategia è stata ordita ai danni del “consulente” Gioacchino Genchi. La sua opinione a riguardo?
Questo fa parte dell'attacco contro le intercettazioni e della delegittimazione della magistratura e dei suoi funzionari. Hanno fatto credere che esistesse un grande archivio di telefonate registrate facendo intendere ai cittadini che siamo tutti spiati. Un allarme assurdo che l'informazione proprietaria ha reso credibile dando spazio ad opinioni di politici che per cognizione di causa o per non conoscenza, hanno strumentalizzato tutto questo per raggiungere il loro principale obiettivo che è quello di eliminare la possibilità di essere intercettati. Per quanto riguarda l'archivio del dottor Genchi voglio precisare una cosa. Il consulente, per definizione, ha con sè la documentazione processuale. La possiede legittimamente perché è il pm a dargliela. Se si vuole effettuare un incrocio sui tabulati telefonici è chiaro che questi finiranno nelle mani del consulente. Un soggetto che dovrà essere sentito poi anche nell'eventuale processo. E se dovrà essere sentito riguardo ad un'indagine da lui compiuta perché non dovrebbe avere copia dei documenti su cui ha lavorato? Come potrebbe rispondere correttamente se no?

Per quanto riguarda le intercettazioni le principali imprese specializzate nell'eseguirle hanno minacciato il governo sia di non accettare futuri incarichi che di interrompere quelli già avviati se non verrà saldato il debito. Quale sarebbe il danno se ciò accadesse? 
Secondo me il governo sarà contentissimo di questa cosa. Da tempo sta cercando di bloccare le intercettazioni, e se vi riuscirà senza fare leggi vergogna, prenderà due piccioni con una fava, risparmiando anche un sacco di soldi. Il danno per la giustizia sarebbe incalcolabile perché senza intercettazioni non si potranno più garantire se non quei processi più semplici come omicidi o quegli atti criminali commessi in flagranza di reato. Alcuni reati si scoprono solo tramite indagini complesse, lunghe e le intercettazioni sono fondamentali proprio in questi casi. Che così scomparirebbero dall'ordine dei processi.

Oggi si parla molto di necessità di maggior “controllo della magistratura”. C'è chi vorrebbe che quella italiana si uniformasse a quella straniera, sul modello degli Stati Uniti o della Svizzera.
Si può spiegare in due parole perché in Italia non può funzionare un sistema come questi. Negli Usa giudici ed i procuratori vengono eletti e sono direttamente appoggiati ad un partito. Questo implica una serie di aspetti. E' ovvio che alla fine del suo mandato il procuratore dovrà rendere conto al proprio elettorato. Dal suo agire può dipendere una rielezione o addirittura un avanzamento di carriera a sindaco o governatore. La domanda che subito sorge spontanea è “se può subire pressioni come può svolgere serenamente il proprio lavoro?”. Posso raccontare un episodio che ha coinvolto un collega svizzero. Svolgendo delle indagini su una banca questi era arrivato a scoprire delle movimentazioni con il ministero della giustizia, occupato da uno dei membri del partito che lo aveva eletto procuratore. Alle pressioni che arrivarono rispose con tono minacciando un coinvolgimento della stampa nel caso in cui non avesse più potuto porre a compimento l'indagine. Ecco perché in Italia questo sistema non potrebbe funzionare. Perché la stampa è fortemente intrecciata con la politica mentre all'estero no. A prescindere da questo poi credo che il sistema italiano sia migliore per un semplice motivo. Il giudice è un impiegato dello Stato. Non ci sono elezioni ma dei concorsi e la carriera è dettata dal merito. Ogni mese percepisce uno stipendio a prescindere da quello che sarà il suo giudizio ad un processo. Per questo potrà svolgere il lavoro con assoluta serenità. Certo è vero che può esserci il pm o il giudice corrotto con suoi progetti ed il suo santo protettore politico ma questi sono da considerare come una patologia, una malattia, e non rappresentano l'intera categoria.

Vista la situazione generale quali possono essere gli anticorpi per far fronte al grave stato che ci ha descritto?
Per prima cosa devo fare una considerazione. Io ho fatto l'impiegato tutta la vita. Io sono un tecnico, quando parlo di giustizia e di diritto; non mi sottraggo a queste domande anche se il mio giudizio vale come quello di qualunque altro. Detto ciò io ripeto ancora una volta che non posso pensare ad una Paese che esprime una classe dirigente diversa da ciò che il Paese stesso è. In un Paese sano non emerge una classe dirigente classe dirigente fondata sul malaffare. E' impossibile. Magari ci sarà una quota fisiologica di politici disonesti ma nel complesso la classe dirigente è sana ed efficiente. In un paese in cui i cittadini per primi non rispettano le regole è ovvio che emerga una classe dirigente di questo tipo. Se questo è vero, e non ho l'autorità per dire se è così o no, allora è dura uscirne perché bisogna aspettare una generazione di cittadini diversa da quella attuale. E quando arriverà chi la educherà? Come? Quindi, purtroppo, c'è da essere pessimisti.

Milano razzista

Fonte:

 Le cartine non esistono. L'abbiamo inventate. Così i confini, tratti immaginari che generano e alimentano la diversità. La Terra non è attraversata da meridiani e paralleli ma, al massimo, da corsi d'acqua e catene montuose. Eppure abbiamo perso la facoltà di muoverci liberamente. Abbiamo perso il diritto di spostarci. Chi attraversa linee inesistenti, fa scattare l'allarme. Deve identificarsi, giustificarsi, deve avere un permesso. E non è il permesso di essere uguale agli altri, ma il permesso di essere diverso.

  Facciamo entrare chi sta fuori ma non lo chiamiamo uomo, non lo chiamiamo donna. Lo chiamiamo extracomunitario. Lo autorizziamo a varcare una linea immaginaria che abbiamo disegnato noi, e poi gli togliamo lo libertà. Lo facciamo entrare in casa, ma non gli permettiamo di sedersi, di aprire il frigorifero, di usare i nostri cerotti per medicarsi. Tutt'al più, se vuole, può pulire il pavimento.

  A Milano, i mezzi pubblici potrebbero diventare privati. I posti a sedere potrebbero avere colori diversi, come i settori dello stadio. Il colore verde per i milanesi, il giallo per i cinesi, il marrone per gli africani. Magari l'azzurro per i bambini e il bianco per i vecchi, sempre che non siano bambini e vecchi nati al di là della linea di confine. Una donna incinta somala potrebbe dover cedere il posto a una donna incinta lombarda. In fin dei conti, porta in ventre un subumano.
  I clandestini, fuori a spingere. Così si risparmia carburante.

  Nel ventennio fascista, in edicola uscivano periodici che spiegavano con dovizia di particolari la differenza tra le razze. Veniva mostrato in cosa la nostra razza era superiore, e come alcuni tratti somatici dimostravano chiaramente l'inferioriorità genetica di tutte le altre. 

  Non abbiamo imparato niente.

Berlusconi: Io sono il più popolare

Fonte:

Articolo di , pubblicato sabato 2 maggio 2009 in Danimarca.

[Dagbladet Politiken]

Il capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, dice che i sondaggi mostrano che é il leader politico più popolare del mondo.

Fra i leader politici eletti il leader più popolare nel mondo è il capo del governo italiano Silvio Berlusconi. Almeno secondo lo stesso Silvio Berlusconi.

In precedenza il politico di destra Berlusconi si è paragonato con Gesù e Napoleone ed oggi ha detto di aver dei sondaggi che mostrano come egli sia il leader politico più popolare del mondo

Dice che il 74% lo sostiene.

Quasi i due terzi degli italiani sono contenti di lui, ancora secondo quanto lui stesso afferma.

“Il presidente degli USA Barack Obama ha un sostegno del 59%. Il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula ha l’approvazione del 64%. Io ho il 74%, che è molto alto” ha detto ai giornalisti a Napoli.

Tuttavia alcuni non erano così felici di vederlo ai festeggiamenti del primo maggio. Molti giovani gli hanno urlato “Vattene” o “Sparisci” quando è arrivato nella città del Sud Italia.

[Articolo originale "Berlusconi: Jeg er mest populær"]

La questione immorale

Fonte:





Vignetta di BandanasIl vice-disastro si è svegliato. Da qualche giorno il segretario del Pd, Dario Franceschini, sembra tutt'altra persona. Sarà stato per il quotidiano dei vescovi "L'Avvenire", che ha messo nero su bianco il proprio disappunto per la passione del nostro attempato premier per le teenager, o sarà stata la prospettiva di perdere altri consensi in favore dell'astensione o dell'Italia dei Valori, ma per la prima volta Franceschini assomiglia a un leader dell'opposizione.

Della svolta non si può che essere felici. Fare opposizione, infatti, non è difficile. Bisogna essere solo puntuali, precisi, e soprattutto costanti. Alle parole della maggioranza 
vanno contrapposti i fatti: il prezzo dei biglietti aerei sulla tratta Milano-Roma, gestita dall'italiana (si fa per dire) Cai, aumentati in media del 25 per cento; l'inceneritore dei rifiuti di Acerrache, inaugurato in pompa magna dal Cavaliere, comincerà a bruciare rifiuti solo il prossimo gennaio; i fondi stanziati per la ricostruzione in Abruzzo assolutamente insufficienti; le derive xenofobe di parte della maggioranza che proprio oggi con uno dei suoi più noti esponenti, il leghista Matteo Salvini, ha proposto nel più puro stile Ku Klux Klan posti riservati sulla metropolitana per i milanesi purosangue. Bisogna poi ricordare - di continuo - che il divorzio tra il settatatrenne Berlusconi e Veronica Lario non è più una faccenda privata visto che la futura ex moglie ha accusato il Cavaliere di «frequentare minorenni». 

Riuscirà, dunque, Franceschini a proseguire per questa strada? Personalmente ne dubito. Certo, il fatto che il Pd parli finalmente con una voce unica (la sua) è già un bel risultato. Ma per battere per mesi, anzi per anni, questi tasti 
è necessario essere credibili. E se anche Franceschini lo è (o almeno non può essere accusato di satirismo - la versione maschile della ninfomania - o di disonestà evidente) non lo è il suo partito. È inevitabile, infatti, che all'elencazione dei disastri dei berluscones, sempre più spesso nascosti dai media, la maggioranza finisca per contrapporre quelli dei democratici. 

Pensate solo a quali formidabili argomenti è oggi costretto a rinunciare il centro-sinistra. Nessuno in quelle fila può parlare di 
questione morale, magari per ricordare come nel governo siedano numerosi imputati e condannati per tangenti o per aver favorito reati ambientali, perché la questione morale nemmeno nel Pd è stata affrontata. Nessuno può ricordare l'intreccio sempre più forte tra finanza-politica e industria, dopo che, nel 2005, alcuni leader della sedicente sinistra sono stati pizzicati in flagrante mentre facevano di tutto per favorire l'Unipol di Gianni Consorte.

L'opposizione di Franceschini è insomma necessariamente limitata. Per questo c'è da augurarsi che il congresso del Pd di ottobre si risolva in un bagno di sangue (per i vecchi apparati). E che finalmente quel partito 
si ricordi di avere un codice etico decidendo di applicarlo. Altrimenti si continuerà a vivacchiare attendendo Veronica o la dipartita (magari per over-dose di Cialis) del suo futuro ex marito. Un po' poco perché il centrosinistra posso sperare di tornare al governo nei prossimi dieci anni. 

Il “duro lavoro nell’orto”

Fonte:

Nell’immaginario collettivo, prendersi cura dell’orto è considerato un lavoro estremamente faticoso e, quindi, da evitare. Ma davvero è così? Da dove nasce questa convinzione generale? Ce lo spiega Nicola Savio che di questo “duro mestiere” ha fatto la sua vita…

di
 Nicola Savio

gallina
Prendersi cura dell’orto è considerato un lavoro estremamente faticoso e, quindi, da evitare. Ma davvero è così? (Foto di Nicola Savio)
Tra gli “ortolani” esistono vari approcci al lavoro. C’è chi passa la sua giornata con la zappa in mano, chi cerca sollievo dal lavoro attraverso la chimica e chi attraverso una ferrea logica ed organizzazione. In generale, quasi tutti, vi diranno che “l’orto dà lavoro”.

La reazione generale conseguente sarà, nel migliore dei casi, “non ho abbastanza tempo”, nel peggiore,“ma chi me lo fa fare”.

Ma oltre agli aspetti tradizionali che legano il nostro immaginario “agricolo”all’idea di terribili sudate sotto un sole rovente o di piedi congelati in pozze di fango, cosa fa sì che l’orto “dia lavoro” e, quindi, consumi energie (siano esse fisiche, secondo l’approccio biologico, od economiche, approccio chimico)?

Semplice: i nostri sistemi tradizionali di coltivazione non sono ecologici.

Con questo non voglio dire che l’orto tradizionale stia sterminando i delfini o sia la causa dei disastri conseguenti l’affondamento delle petroliere…

Stando alla definizione del vocabolario della lingua italiana Zingarelli (11° edizione), ecologia - /ekolo’dzia/ [ted. Oekologie, comp. del gr. Óikos ‘casa, abitazione’] - è la branca della biologia che studia i rapporti reciproci fra organismi viventi e ambiente circostante e le conseguenze di tali rapporti.

Prendendo spunto dall’ottimo libro di Stefan Buczacki Il Giardino Ecologico(Franco Muzzio editore, 1990), per ecologia si intende “tutto quello che vive, dove e perché”.

Gli esseri umani hanno la tendenza a valutare il comportamento di piante ed animali riferendosi sempre ad una sola specie, la propria, e questo porta di conseguenza ad una serie di malintesi.

La convinzione del “duro lavoro dell’orto” nasce proprio da questi fraintendimenti ed errori e, quindi, da un’inefficienza ed inefficacia di base.

orto
In natura, esistono due tipi principali di ambiente: la foresta e la prateria (Foto di Nicola Savio)
Generalizzando si può dire che in natura, esistono due tipi principali di ambiente: la foresta e la prateria.

Ogni singolo metro quadro di terra strappato dall’uomo a questi due sistemi cercherà di ritornare allo stato naturale con tutte le sue forze e le sue armi che, nel caso del nostro piccolo orticello, saranno perfettamente rappresentate da “infestanti” e parassiti, per contrastare i quali dovremo fare ricorso alle nostre energie. Voi, contro il mondo… un’esperienza da titani!

Toby Hemenwey nel suo Gaia’s Garden descrive approfonditamente i meccanismi che soggiacciono a questa “lotta” e, soprattutto, descrive gli strumenti attraverso cui “arrendersi” ed iniziare a lavorare con la natura piuttosto che contro.

Uno degli esempi più chiari che Hemenwey porta come dimostrazione di “giardino ecologico” è quello della policultura.

Nell’orto tradizionale siamo abituati ad individuare zone specifiche per ogni tipo di coltivazione: creiamo filari di pomodori e campi di insalata seguendo una logica assolutamente “umana”.

Così facendo, però, diamo origine alle nicchie ambientali perfette per il propagarsi di malattie crittogame, parassiti ed erbe infestanti.

Nella policultura, al contrario, le coltivazioni vengono mischiate secondo unalogica “naturale” dove non esistono monoculture o “zonizzazioni” nette, a meno che i terreni non siano stati disturbati precedentemente.

Piantine
Nell’orto tradizionale siamo abituati ad individuare zone specifiche per ogni tipo di coltivazione
Uno degli esempi di policultura riportati da Hemenwey consiste nelrealizzare un “letto” o “bancale” di 2 mq per ogni adulto che parteciperà dei frutti della policultura.

Due settimane prima dell’ultima gelata si preparano in semenzaio o in serra 10 piantine di cavolo per ogni bancale.

Una settimana dopo l’ultimo gelo si seminano ravanelli, finocchio selvatico, pastinaca, calendula e diverse varietà di lattuga. Quindi, l’intera area viene ricoperta mischiando i semi, ma piantandoli separatamente per evitare che i più pesanti si raccolgano tutti da una parte. I semi vengono disposti in modo che ve ne sia almeno uno ogni 5 cm quadri ed il tutto viene rivestito con un sottile strato di compost e bagnate.

Quattro settimane dopo dovrebbe essere possibile raccogliere i primi ravanelli. Nelle buche rimaste si potrà, a questo punto, trapiantare i cavoli mantenendoli ad una distanza di circa 40 cm.

Giunti alla sesta settimana le lattughe dovrebbero essere abbastanza cresciute da poter essere raccolte (man mano che le diradate le restanti potranno arrivare a completo sviluppo).

Ad inizio estate seminate fagioli nani negli spazi lasciati liberi dalle insalate, a questo punto dovrebbero essere quasi pronti per la raccolta anche i cavoli, seguiti a ruota dai fagioli.

La pastinaca, a sviluppo molto lento, sarà cresciuta all’inizio dell’autunno quando potrete piantare fave ed agli da raccogliersi al ritorno della primavera del prossimo anno.

mercoledì 6 maggio 2009

L'ONU chiede 7,8 milioni di danni ad Israele

Fonte:


Marco Cedolin

La notizia trova spazio su tutti i maggiori quotidiani europei, ma i giornali italiani, troppo impegnati a seguire le vicende coniugali del premier ormai divenute argomento fisso delle prime pagine, hanno evitato di farne menzione o si sono limitati a relegarla in qualche trafiletto.
L’ONU, come dichiarato in conferenza stampa da Ban Ki – moon, ha fatto pervenire ad Israele una richiesta di risarcimento di 7,8 milioni di euro, in seguito alla relazione della commissione che ha indagato in merito agli attacchi contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, compiuti dall’esercito israeliano durante 
l'operazione Piombo Fuso dello scorso inverno che ha causato la morte di oltre 1500 palestinesi.

Il risarcimento riguarda i bombardamenti (in alcuni casi con l’utilizzo del fosforo bianco) a Gaza da parte dell’esercito israeliano di 3 scuole, un ospedale e la sede delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Bombardamenti che hanno causato circa 50 morti e in merito ai quali la commissione d’indagine ha individuato gravi colpe dei militari israeliani che non avrebbero preso le necessarie precauzioni, né fatto gli sforzi necessari, volti a garantire il rispetto dell’inviolabilità delle Nazioni Unite e la protezione delle migliaia di civili che avevano cercato rifugio negli edifici dell’ONU.
La commissione ha inoltre domandato l’apertura di un’indagine riguardante eventuali violazioni del diritto internazionale, concernenti l’utilizzo del 
fosforo bianco in zone densamente popolate, da parte dell’esercito israeliano, sempre nel corso dell’offensiva su Gaza.

L’iniziativa dell’ONU è estremamente importante, in quanto suona come una condanna senza appello nei confronti dei massacri di civili palestinesi, compiuti dall’esercito israeliano nel corso dell’operazione Piombo Fuso. Dispiace constatare una volta di più come i grandi giornali italiani, soggiogati dalla lobby che li gestisce, non abbiano saputo cogliere l’importanza della notizia, ma si siano limitati a constatarne la “scomodità”, relegandola nel novero dell’informazione da sottacere per non incorrere nell’ira del padrone.

Obama e Monsanto: un amore interessato

Fonte:
Barack Obama ha deciso di affidare la dirigenza del nuovo «Food Safety Working Group» (Gruppo di Lavoro per l’Igiene degli Alimenti) a Michael Taylor, un avvocato del colosso biotech Monsanto. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: e se il presidente non fosse così immune dallo strapotere delle lobbies multinazionali?
di Andrea Bertaglio

obama
Barack Obama ha deciso di affidare la dirigenza del nuovo «Food Safety Working Group» (Gruppo di Lavoro per l’Igiene degli Alimenti) a Michael Taylor, un avvocato del colosso biotech Monsanto
Nonostante il processo di santificazione di Barack Obama non abbia mai subìto battute d’arresto dalla sua comparsa sulla scena politica internazionale, è bene ricordare come anche il neo-presidente americano non sia così immune dallo strapotere delle principali lobbies multinazionali.

Se già sono fondati i dubbi riguardanti la reale indipendenza di Obama sorti a causa delle sue controverse proposte (si pensi al campo energetico, per esempio, in cui il leader democratico propone l’implementazione delle energie rinnovabili parallelamente a quella dell’energia nucleare), è più che mai evidente che il presidente non risponde unicamente ai suoi cittadini, ai suoi elettori o ai suoi “supporters on line” che ne hanno fatto una star in breve tempo, quando si vedono colossi come la Monsanto ricevere in dono posizioni di potere nel settore agro-alimentare.

È infatti di poco tempo fa la decisione di Barack Obama di affidare a Michael Taylor, un avvocato della Monsanto, appunto, il compito di dirigere il nuovo «Food Safety Working Group» – Gruppo di Lavoro per l’Igiene degli Alimenti (1).

Taylor, oltre ad essere un avvocato del colosso biotech della famiglia Shapiro (ed un mago del conflitto d’interessi), è anche periodicamente un consulente della Food and Drug Administration (FDA), l’ente che negli Stati Uniti autorizza i farmaci. Nel 1991, come vice-commissario per le politiche della FDA, Taylor fu tra quelli che più efficacemente indussero l’ente federale ad autorizzare l’uso dell’ormone della crescita geneticamente modificato (dalla Monsanto) per le vacche da latte e i vitelli da carne. In particolare, Taylor fu l’estensore dei regolamenti della FDA sulle etichette alimentari: quelli che vietano in USA di segnalare la presenza di ormone della crescita nelle etichette sulle confezioni di latte, yogurt e formaggi freschi.

Nel 1994 Taylor era al ministero americano dell’Agricoltura (USDA) come amministratore del servizio ministeriale di Igiene ed Ispezioni Alimentari. Nel 1998, invece, Taylor è tornato alla Monsanto come vice-presidente delle «politiche pubbliche», ossia della potente attività di lobby della multinazionale.

taylor
Michael Taylor, oltre ad essere un avvocato del colosso biotech, è anche periodicamente un consulente della Food and Drug Administration (FDA)
Come direttore del “Food Safety Working Group” Taylor avrà modo di appoggiare efficacemente un recente progetto di legge (presentato dalla parlamentare Rosa de Lauro) che ha messo in allarme i coltivatori organici in USA, poiché se approvato metterebbe fuori legge la produzione dei loro prodotti biologici, sulla base dei rischi per la “igiene alimentare”che le coltivazioni organiche rappresenterebbero.

Si invitano con questo progetto di legge a «stabilire standard minimi scientificamente fondati» per coloro che producono cibo usando come concime, per esempio, del letame (può suonare assurdo ma c’è ancora chi lo fa) invece che dei concimi chimici. Le ispezioni si concentrerebbero infatti su questi produttori, ma ovviamente non sulle colture industriali: ispezioni che riguarderanno non solo «l’immagazzinamento e la conservazione», ma anche «la raccolta», e soprattutto (cosa più interessante per Monsanto) «la selezione delle sementi» (2).

I coltivatori biologici usano le proprie sementi naturali e spesso, come succede da millenni in tutto il mondo, se le scambiano, sottraendosi al business degli ibridi geneticamente modificati. Tutto ciò sarà presto illegale perché la FDA ha da poco ridefinito le sementi come «alimenti», e con ciò le ha sottoposte ai controlli previsti per l’igiene alimentare. Si potranno però evitare guai durante questi controlli adottando le scientifiche sementi geneticamente modificate,brevettate Monsanto e da comprare ogni anno.

La cosa allarma anche perché ci si può aspettare che le idee di Taylor e le norme relative all’ “igiene” saranno presto accolte da qualche commissario europeo entusiasta per la “scienza”, che premerà più o meno dietro le quinte per farle adottare obbligatoriamente anche dagli Stati dell’Unione (3).

ogm
Un migliaio di agricoltori sudafricani, che hanno seminato 82 mila ettari di granturco OGM di tre diverse varietà Monsanto, hanno perso l’80% del raccolto
Si dovrebbe però ricordare che tale scienza ha portato un migliaio diagricoltori sudafricani, che hanno seminato 82 mila ettari di granturco OGM di tre diverse varietà Monsanto, a perdere l’80% del raccolto. Le pannocchie appaiono sane e prospere dall’esterno, ma dentro hanno pochissimi chicchi. Monsanto ha offerto di risarcire i danni, accusando una “sotto-fertilizzazione” durante lo sviluppo delle sementi “in laboratorio”. Anche per Monsanto la “scienza” ha dei limiti (4).

Come già accennato, le politiche di Obama sono parecchio controverse. Proporre di rivitalizzare e rivalorizzare le aree agricole attraverso il Rural plan, dare incentivi ed agevolazioni per riportare popolazione, competenze e manodopera a lasciare le grandi città per ritornare nelle campagne (proposta assolutamente condivisibile perché intelligente e conveniente sotto tutti i punti di vista) è quantomeno assurdo quando si minaccia contemporaneamente l’esistenza dei piccoli produttori biologici dando ancora più potere a chi, come Monsanto, è già noto per mostruosità come l’invenzione del “gene terminator”, che rende sterili le piante.

Questa “sterilizzazione” rende dipendenti dalle proprie sementi gli agricoltori che fanno uso di questo tipo di sementi; operazione che, stando alle testimonianze di Vandana Shiva, ha portato al suicidio per eccessivi livelli di indebitamento migliaia di contadini indiani. Monsanto ha sempre spacciato la propria sete di profitti per un nobile tentativo di sconfiggere la fame nel mondo, ma questa favola è già stata raccontata da altri pochi decenni fa, con la “rivoluzione verde”. E se ne sono visti i risultati, sia sociali, che ambientali, che economici.

obama
L’attuale presidente americano dovrebbe scegliere subito da che parte stare: se da quella dei cittadini o da quella delle multinazionali
Obama non è a conoscenza di tutto ciò? È davvero all’oscuro delle malefatte di chi da anni sta cercando di propinare al mondo i suoi mutanti geneticamente modificati, delle sue violazioni dei diritti umani, o degli incalcolabili danni alla salute ed all’ambiente causati dalla sua “scienza” e dai suoi “innovativi” prodotti?

L’attuale presidente americano,simbolo di cambiamento e di speranza, dovrebbe scegliere subito da che parte stare: se da quella dei cittadini (americani e di tutto il mondo) e di chi ha creduto e crede in lui, o da quella delle multinazionali che hanno dominato non solo l’economia, ma anche la politica di quest’ultimo secolo, a meno che anche queste non credano in lui più di quanto non lo stiano facendo i suoi elettori.

O, forse, il problema è capire se anche il presunto “uomo più potente del mondo” è in grado di fare una scelta di questo tipo, ovvero se è ancora nelle condizioni di poterla fare.

Fonti:

(1) Asher Miller, «Monsanto planting seeds in the White House?», OpEdNews, 24 marzo 2009.

(2) Lynn Cohen-Cole, «How to criminalize seeds», Rense.com, 20 marzo 2009. Si vedano anche: «Is Organic Farming Killer Rep. Rosa DeLauro Becoming the Most Hated Woman in America? (I Hope So)» 20 marzo 2009, http://educate-yourself.org/cn/ rosadelaurooppositiongrowing20mar09.shtml; «Goodbye Farmers Markets, CSAs, and Roadside Stands by Linn Cohen-Cole (19 marzo 2009), http://educate-yourself.org/cn/cohen-..colegoodbyefarmersmarkets03mar09.shtml

(3) Maurizio Blondet, “Tutto il potere a Monsanto”, 02/04/09

(4) Adriana Stujit, «Monsanto GM-corn harvest fails massively in South Africa», Digital News, 7 marzo 2009.