sabato 31 gennaio 2009

Dalla parte dei lettori

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

30 gennaio 2009, in PETER GOMEZ

Qualcosa di straordinario sta accadendo in questi giorni. Per la prima volta la rete e la sua "memoria" rischiano di scalfire seriamente il paludato mondo dell'informazione italiana. Per un giorno e mezzo le pagine web dei commenti di Corriere della Sera e della Repubblica sono state intasate da centinaia e centinaia di messaggi di lettori indignati per il modo con cui era stata seguita dai due quotidiani la manifestazione di piazza Farnese. Solo uno sciocco potrebbe dire che si trattava esclusivamente di sostenitori di Di Pietro decisi ad assediare con le loro proteste le redazioni dei giornali. Certo, tra di loro i dipietristi non mancavano. Ma la verità è un'altra. Anche in Italia esiste ormai un pubblico nuovo che cerca d'informarsi attraverso la rete.

I giornali scrivono che Di Pietro ha attaccato Napolitano dandogli del mafioso? Si va sul web, si rivede il suo intervento. E ci si fa un'opinione.

All'improvviso il re resta nudo. La realtà non è più mediata. È immediata. Ciascuno può giudicare, almeno per quanto riguarda eventi pubblici come questi, se i cronisti hanno riportato fedelmente i fatti, o meno. Se gli opinionisti ragionano sulla realtà o su quella che loro vorrebbero essere la realtà.

Rispetto a questa rivoluzione le classi dirigenti del Paese sembrano vecchie di molti secoli. Del resto proprio i quotidiani ieri ci hanno spiegato che Napolitano aveva deciso di replicare con un comunicato a Di Pietro dopo aver letto i dispacci delle agenzie su quanto stava accadendo in piazza. È stato lì, su un take di agenzia, che lo staff del Presidente ha trovato la prima ricostruzione sbagliata degli avvenimenti (la frase sul «silenzio mafioso» veniva impropriamente accostata ad altre). Ed è stato in quel momento che è scattata la reazione. Un corto circuito mediatico, insomma, facilitato dall'ormai evidente avversione del Quirinale per le voci che cantano fuori dal coro Pd-Pdl, ma pur sempre un corto circuito.

La stampa su tutto questo deve riflettere. I quotidiani sono in crisi, perdono copie ogni giorno, mentre le loro pagine web doppiano ormai come diffusione quelle di carta. Prendere sotto gamba il popolo della rete insomma è pericoloso. Anche perché la pubblicità, vera linfa vitale dei media, è destinata a spostarsi sempre più su internet. E in futuro vicinissimo le vere battaglie per la conquista del mercato si giocheranno lì.

Quello che è accaduto negli Usa, dove Obama ha raccolto attraverso il web milioni e milioni di dollari per la sua campagna elettorale e dove giornali dalla storia centenaria rischiano di chiudere, è un segnale di quanto avverrà da noi. Quello che è successo con gli articoli su piazza Farnese è invece un monito per molti giornalisti che dovrebbero ricominciare a ricordare di avere un solo padrone: il lettore.

A chi servono i rigassificatori?

fonte:
http://www.terranauta.it/a735/biohazard/a_chi_servono_i_rigassificatori.html


In Italia è prevista la costruzione di 12 impianti di rigassificazione. Un'enormità se si considerano le effettive necessità del nostro paese che in questo modo diventerebbe il secondo al mondo per numero di rigassificatori.

di Marco Cedolin

Il rigassificatore di Rovigo

I rigassificatori (da non confondere con i gassificatori che appartengono alla categoria degli impianti d’incenerimento) sono strutture di grandi dimensioni, utilizzate per riportare allo stato gassoso il gas ridotto allo stato liquido al fine di consentire il trasporto dello stesso per mezzo delle navi gasiere.
I rigassificatori sono impianti dal costo estremamente elevato, nell’ordine dei miliardi di euro, determinano impatti ambientali di una certa rilevanza, ma soprattutto risultano potenzialmente pericolosissimi in caso di esplosione. Nel mondo i rigassificatori sono in totale una cinquantina, la metà dei quali concentrati in Giappone, dove la morfologia del territorio rende problematica la costruzione dei gasdotti.

A fronte della finora scarsa diffusione di questo tipo d’impianti a livello mondiale (in particolare le strutture off shore come quella inaugurata in autunno al largo di Rovigo o quella in progetto al largo di Livorno sono fra le prime al mondo nel loro genere) occorre sottolineare come l’unico incidente catastrofico accaduto in un rigassificatore fino ad oggi, rimanga quello di Cleveland nel 1944 che determinò la morte di 130 persone.

Ciò nonostante la maggior parte degli esperti, pur non ritenendo probabile l’eventualità di un’esplosione, ammette la possibilità che questa possa verificarsi e concorda nel considerare potenzialmente catastrofiche le conseguenze della stessa, soprattutto nel caso esistano insediamenti abitati nell’area interessata dall’incidente.

Il rigassificatore di Panigaglia ha circa 30 anni

In Italia oltre al rigassificatore di Panigaglia (La Spezia), costruito una trentina di anni fa dall’Eni ed a quello di Rovigo inaugurato lo scorso autunno, costato circa 2 miliardi di euro e realizzato da una società di cui fanno parte Exxon Mobil, Qatar Petroleum ed Edison, è prevista nei prossimi anni la costruzione di 12 impianti di rigassificazione che potrebbero assorbire annualmente oltre 100 miliardi di metri cubi di gas liquido trasportato per mezzo delle navi gasiere.
I primi progetti ad andare in cantiere dovrebbero essere il rigassificatore off shore di Livorno costruito dalla tedesca Eon, il rigassificatore di Trieste appannaggio del colosso iberico dell’energia Gas Natural, quello di Augusta che sarà costruito dalla Erg, il rigassificatore di Porto Empedocle di competenza dell’Enel, l’impianto di Porto Recanati che sarà realizzato da Gaz de France ed il rigassificatore di Falconara appannaggio dell’Api.

La scelta italiana di puntare in maniera così massiccia su questo genere d’impianti (se tutti i progetti venissero realizzati diventeremmo il secondo paese al mondo per numero di rigassificatori alle spalle del Giappone) è stata fino ad oggi motivata con l’ambizione di diversificare le fonti di approvvigionamento del gas, nell’ambito di una costante crescita dei consumi energetici del nostro paese nei decenni futuri.

Tale giustificazione si manifesta priva di fondamento, non solamente alla luce della pesante congiuntura economica, che rende assai poco probabile una crescita esponenziale del fabbisogno energetico italiano nei prossimi anni, ma anche e soprattutto in virtù del fatto che l’Italia ha creato e sta continuando a sviluppare una rete di gasdotti in grado di soddisfare abbondantemente le esigenze presenti e future del nostro paese nell’ambito dell’importazione del gas.

Una mappa dei rigassificatori previsti aggiornata al maggio 2008 a cura di Ecoalfabeta

Basti pensare che soltanto ragionando a breve e medio termine è attualmente in fase di completamento il potenziamento del gasdotto algerino Ttpc che trasporterà 6,5 miliardi di metri cubi di gas in più l’anno; l’ENI, inoltre, ha già iniziato il potenziamento del gasdotto Tag che trasporta in Austria il metano estratto dai giacimenti siberiani per consentire il trasporto aggiuntivo di 3,2 miliardi di metri cubi annui.
Entro la fine del 2012 la società Galsi s.p.a. della quale fanno parte Edison, Enel ed Hera, dovrebbe terminare la costruzione di una nuova pipeline di 2280 km che via Sardegna trasporterà annualmente 8,5 miliardi di metri cubi di metano aggiuntivo dall’Algeria a Piombino, in Toscana e nel corso del 2013 dovrebbe essere inaugurato il gasdotto South Stream che attraverso la Grecia trasporterà il gas russo fino in Puglia.

In realtà, il complesso programma energetico basato sulla costruzione di un così grande numero d’impianti di rigassificazione, fortemente osteggiato dai cittadini che si ritroveranno a dover convivere con queste strutture pericolose ed impattanti, non mira alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, né tanto meno intende rispondere ad una futura crescita della domanda italiana che non avrebbe ragione di esistere.

Semplicemente la scelta dei rigassificatori costituirà uno strumento a disposizione delle grandi multinazionali dell’energia per costruire enormi profitti, trasformando l’Italia in una sorta di hub energetico attraverso il quale distribuire il gas negli altri paesi europei. Come sempre profitti in larga parte privati, costruiti sulle spalle dei cittadini, senza essersi neppure premurati di chiedere loro il permesso.

venerdì 30 gennaio 2009

Piazza Farnese 28.01.09 - Io so - Giustizia per i magistrati - da Roma , Monia Benini

MARCO TRAVAGLIO PIAZZA FARNESE 28/01/2009

Quello che vedete è il 1° di 4 video, se siete curiosi andate a vederli su Youtube,
ormai l'informazione passa solo da lì.

Questo e' un Paese da rifare

fonte:
http://www.antoniodipietro.it/


29 Gennaio 2009

Piazza Navona come Piazza Farnese, stesso film, stesso giornalismo, stessi titoli, stessi Tg, stessa politica, coriacei, immobili, e compatti contro la verità, l’informazione libera ed i cittadini. Quella piazza, convocata dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, ha urlato per difendere la giustizia, la democrazia.

Le parole di verità si chiamavano Marco Travaglio, Salvatore Borsellino, Carlo Vulpio, Sonia Alfano, Beppe Grillo, Pancho Pardi. Di loro, e delle loro parole, nessuna traccia questa mattina, se non in Rete.

Ai direttori della disinformazione è bastata una frase estrapolata dal mio discorso, per costruire la “loro notizia”, alla quale si sono aggiunte dichiarazioni bipartisan, o meglio “monopartisan” del mondo politico.
Casini “Di Pietro umilia l’opposizione”, Cesa e Cuffaro umiliano gli italiani.
Cicchitto “ Idv partito qualunquista e forcaiolo”, lo preferisco a truffatore e mafioso.
E a seguire, Fassino, Finocchiaro, Follini, fino all’ultimo usciere di palazzo Madama, in un'orgia di dichiarazioni deliranti, patetiche e false. Avessero intervistato anche Previti, Dell’Utri e Provenzano, sarebbe stato perfetto.

La realtà è che quella piazza ha difeso la democrazia, ha difeso Luigi De Magistris, Clementina Forleo, Luigi Apicella vittime della mafia anche loro, quella che sempre più si infiltra nelle istituzioni, quella che uccide senza pallottole, ma con la carta stampata ed i Tg, le nuove armi di distruzione di massa. Nessuno ha parlato della luna, tutti intenti a guardare il dito perché è vietato guardare la luna. La luna ha un nome, “Why not”, e parla di miliardi di finanziamenti europei che scompaiono nel nulla ogni anno in Calabria e che finiscono nelle tasche della criminalità organizzata e dei partiti politici. Linfa vitale della dittatura in cui siamo scivolati.

Lo striscione esposto a Piazza Farnese non offendeva il Presidente Napolitano, e nemmeno io l’ho fatto. Le decine di video pubblicati in Rete mi danno ragione. I cittadini mi danno ragione ed io do ragione a Beppe Grillo quando dice che “questo è un Paese da rifare”.

Grazie agli organizzatori, che non sono dell’Italia dei Valori, altra menzogna, ma dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, dal palco, dalla piazza e dalla Rete.

giovedì 29 gennaio 2009

L'informazione che non esiste

29/01/2009

Ieri a Roma in Piazza Farnese è successa una cosa bellissima, c'è stata una bellissima manifestazione dove ha partecipato tantissima gente e soprattutto molti giovani che sono arrivati a Roma da tutta Italia, hanno parlato molte persone tra cui Di Pietro, Marco Travaglio, Sonia Alfano, Salvatore Borsellino, si è parlato di mafia, di intercettazioni, di giustizia.

La cosa che però mi ha davvero dato fastidio è che anche questa volta i giornali di tutto questo non hanno detto nulla, l'altra volta è stata con la manifestazione a Piazza Navona, i telegiornali, i radiogiornali e i giornali di qualsiasi movimento hanno solo parlato della frase "volgare" che Di Pietro ha detto riferendosi al Presidente della repubblica Napolitano, ho visto e rivisto il video varie volte ma secondo me di volgare non c'è proprio niente, io riguardo a Napolitano la penso molto peggio, da quando ha messo la sua firma sulla legge sulla impunità delle 4 più alte cariche dello stato non mi sento rappresentato da lui e credo sia stato molto più volgare il suo atteggiamento, fare in modo che 4 persone, tra cui Berlusconi e Schifani, siano al di sopra della legge e non possano essere giudicati per quello che hanno fatto e che continuano a fare lo trovo davvero vergognoso, e non crediamo a quello che ci hanno propinato i vari telegiornali, cioè che non poteva fare diversamente, non è assolutamente vero, poteva e aveva tutto il diritto di non firmarla, alla faccia dell'arbitro imparziale, dov'è l'imparzialità in quella legge?
E guai a dire che non è imparziale, si offende pure, mentre noi che siamo governati da gente collusa con la mafia non abbiamo nemmeno il diritto d'indignarci e guai al solo pensare "che non è stato del tutto imparziale", frase molto volgare, mentre essere governati da Berlusconi è, come potrei definirlo, etico?

Insomma anche questa volta pur di non parlare di cose serie e importanti si sono inventati un'altro falso caso pur di parlare male di una manifestazione che senza l'appoggio di nessuna fonte d'informazione, tranne internet, riesca a portare in piazza migliaia di persone e che parlano di problemi seri.
Nessuna fonte d'informazione ha parlato dell'intervento di Salvatore Borsellino, nessuno ha parlato e parla della nuova legge sulle intercettazioni che mette definitivamente il bavaglio ai giudici che vogliono farle, è strano come questi personaggi che ci governano ci parlano di etica morale e poi fanno leggi del genere, chi non ha nulla da temere non ha paura di essere intercettato, sembra tanto banale, ma io che non ho mai commesso nulla di grave non ho nessuna paura che intercettino le mie telefonate, e in primo luogo dovrebbero farlo loro che sono ai vertici delle istituzioni e dovrebbero dare l'esempio.
Oggi alcuni telegiornali neanche hanno parlato della manifestazione di ieri, forse si sono resi conto che a parlare male gli fanno lo stesso pubblicità, e poi la gente incuriosita va a vedere i filmati su Youtube, dove c'è il filmato della manifestazione che metto in fondo, peccato che la maggior parte non si pone il problema di andare a vedere e crede che sia tutta una buffonata o una cosa da niente, ma proprio questo dimostra come l'informazione italiana sia marcia nel profondo, se non appartieni a un partito che ha televisioni e giornali o radio non sei nessuno, e la gente continua a leggersi la loro bella dose di informazioni false.

Ci sono 2 cose che però mi hanno rallegrato parecchio, la prima è che questo movimento che sta nascendo affrontando i problemi veri dei cittadini fa veramente paura talmente tanta che si preferisce non parlarne nemmeno, tanto anche quelli che non hanno ancora aperto gli occhi prima o poi lo faranno, si faranno delle domande a cui vorranno trovare una risposta che questi politici non danno.
La seconda è che nessuno ha preso le difese del povero Veltroni che è stato definito "scemo", non si è difeso nemmeno lui, vuoi vedere che sta aprendo gli occhi e inizia a capire cosa è?

donald


martedì 27 gennaio 2009

Lo Stato non intende risarcire le 142 vittime delle torture di Bolzaneto

fonte:
http://it.peacereporter.net/articolo/13936/Lo+Stato+non+intende+risarcire+le+142+vittime+delle+torture+di+Bolzaneto

27/01/2009

Il ricorso contro la sentenza del luglio scorso è stato presentato questa mattina

L’avvocatura dello Stato ha presentato ricorso contro la sentenza che, nel luglio scorso, lo aveva condannato a risarcire circa 2 milioni di euro alle vittime delle violenze commesse dalle forze dell’ordine durante il G8 del luglio 2001.

Lo Stato, tramite gli avvocati Matilde Pugliaro e Giuseppe Novaresi, ha impugnato la sentenza di risarcimento appellandosi alla “contraddittorietà intrinseca del dispositivo” di risarcimento e alla “assenza di correlazione tra dispositivo e motivazione”. Questo ricorso risulta ancora più sorprendente dal momento che giunge dopo le scuse ufficiali per le “vergognose vessazioni” subite dalle oltre cento persone presenti nella caserma di Bolzaneto da parte degli agenti di polizia e dalle guardie carcerarie. La somma da versare anticipatamente alle 142 vittime aventi diritto, ammonta a circa un milione di euro. Gli avvocati, scrivono che: "L'esito favorevole dell'impugnativa proposta imporrebbe quindi un recupero di quanto indebitamente versato che, in mancanza di garanzie reali, e vista la molteplicità dei destinatari - molti dei quali, oltretutto, residenti in differenti Stati - rischierebbe di non andare a buon fine". Sei mesi fa 15 dei 45 imputati sono stati condannati, complessivamente, a 23 anni e 9 mesi di reclusione, meno di un terzo rispetto a quanto chiesto dai pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati.

Circoli mediatico-giudiziari

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/


27 gennaio 2009, in PETER GOMEZ

Per una volta bisogna dirlo: avevano ragione Silvio Berlusconi e i suoi quando denunciavano l'esistenza in Italia di un circolo mediatico giudiziario teso a stravolgere la realtà e a condizionare l'opinione pubblica. La prova? Quello che sta accadendo in questi giorni intorno alla questione intercettazioni telefoniche. E per capirlo basta leggere con attenzione "Il Giornale". Giovedì 22 gennaio, il quotidiano di Paolo Berlusconi, titola a caratteri cubitali in prima pagina «Tutto il marcio delle intercettazioni. Tangenti a pubblici ufficiali, affari con la camorra, lavoretti sporchi per i politici: un pentito svela cosa si nasconde dietro "il grande fratello" dei Pm. Che spesso fa il doppio gioco, rivelando agli inquisiti la presenza di cimici". Seguono due pagine di articolo in cui si racconta come Vittorio Bosone, il titolare di una delle più importanti ditte private che affittano i macchinari per gli ascolti alle forze di polizia e alle procure, dopo che la sua azienda è andata a carte 48, ha deciso di pentirsi inviando un esposto a molti tribunali in cui si denuncia con nomi e cognomi il malaffare nascosto dietro al business degli ascolti telefonici. La notizia è verosimile, ma falsa.

Che il mondo degli apparecchi per le intercettazioni noleggiati da privati allo Stato, sia oscuro, è un fatto. Chi scrive, nel corso degli anni, ha più volte denunciato come il sistema, per come è stato congegnato, sia un sistema a rischio bustarelle; come manchi un albo dei noleggiatori di macchinari; come le varie imprese facciano spesso cartello tra loro per non abbassare i prezzi e come in qualche caso (pochi per fortuna) si siano occupati di intercettazioni anche uomini vicini alla criminalità organizzata. Una semplice ricerca negli archivi dei giornali permette di scoprire che episodi di questo tipo non mancano e non sono mancati. Lo stesso Bosone poi si è trovato coinvolto in un'inchiesta su intercettazioni illegali effettuate da un suo dipendente a favore di importanti imprenditori.

Il punto però è un altro. Bosone, che assicura di non avere nulla di cui pentirsi, non è una gola profonda. La denuncia riportata da "Il Giornale" è fasulla: probabilmente si tratta di una sorta di lettera anonima inviata a varie autorità giudiziarie da suoi concorrenti per metterlo in difficoltà. Il Giornale, insomma, ha abboccato a una polpetta avvelenata. Tanto che nei giorni seguenti non scriverà più una riga sulla vicenda e domenica pubblicherà, ben nascosta in fondo alla pagine delle lettere, una smentita dell'interessato.

È importante però osservare quello che è accaduto nella giornata di giovedì. A sera va in onda "Porta a Porta". Tra gli ospiti di Bruno Vespa ci sono il presidente del Copasir, Francesco Rutelli, e il ministro della difesa, Ignazio La Russa. Si parla di intercettazioni e il direttore de "Il Giornale", Mario Giordano, finisce anche per dilungarsi sullo scoop farlocco della mattinata. Anche se proprio l'avvocato di Bosone, verso mezzogiorno, ha contattato i cronisti del suo quotidiano per spiegare loro che hanno preso un abbaglio.

Ora gli infortuni possono capitare a qualsiasi giornalista. Questo però è qualcosa di diverso. È una sorta di ballon d'essai prodromico a ciò che accadrà due giorni dopo quando Silvio Berlusconi, in Sardegna, comincia a parlare di Genchi e del suo presunto archivio che, come è ormai noto ai lettori di questo blog, con le intercettazioni non ha nulla a che vedere. Visto che il cavallo della «gola profonda» è morto, se ne inforca un altro. L'importante, intanto, è montare a tutti i costi uno scandalo che possa giustificare una legge che tagli le mani a pm e investigatori. Il circolo mediatico giudiziario ha colpito di nuovo.

lunedì 26 gennaio 2009

Maroni, attacco alla libertà

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/maroni-attacco-alla-liberta/

di Pietro Adami (Giuristi Democratici), Liberazione, 23 gennaio 2009


Da quanto si è appreso, il Ministro Maroni sarebbe intenzionato a limitare profondamente la libertà di riunione e manifestazione. Secondo quanto ha dichiarato, si appresterebbe a introdurre una disciplina che definisce un generale divieto di manifestare davanti ai luoghi di culto, e addirittura davanti a supermercati e centri commerciali, monumenti e siti di interesse pubblico. «Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i Prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi» ha dichiarato, aggiungendo che sarà possibile chiedere una cauzione agli organizzatori delle manifestazioni, che non verrebbe restituita in caso di danni commessi durante i cortei. Naturalmente, «non si tratta di regole ferree», ma si valuterà caso per caso. Conclude affermando che «non si vuole dare una risposta repressiva, ma bisogna dare piena attuazione sia al diritto di manifestare sia al diritto di chi non manifesta di vivere la propria città». Il ministro afferma che non si tratta di un provvedimento repressivo. In merito a tale affermazione lascio giudicare chi legge. Ciò che posso senz'altro affermare è che si tratterebbe di una rivoluzione culturale e giuridica in materia di libertà personali, e di un provvedimento illegittimo e incostituzionale. Ed aggiungo che un consulto del Ministro con i suoi esperti giuridici gliene darà conferma.
La Costituzione Italiana all'art. 17 prevede che «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica». Le manifestazioni sono riunioni in luogo pubblico. Quindi, in primo luogo le manifestazioni non hanno bisogno di essere autorizzate. Occorre solo una comunicazione (art.18 Tulps) e solo per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica, possono essere vietate. La Costituzione italiana, come noto, è un'attenta composizione di interessi, diritti, aspettative. I diritti, anche quelli fondamentali incontrano un solo limite, negli altri diritti degli altri cittadini. Ciò non significa che tutti i diritti siano sullo stesso piano. Parafrasando Orwell: alcuni diritti sono più fondamentali degli altri. Vista l'esperienza del ventennio precedente all'emenazione della Costituzione, al centro del tessuto di questa coperta a scacchi dei diritti, vi è un diritto: la libertà, che con il suo filo interseca e cuce tutti gli altri. Libertà, ed in particolare la libertà politica di opinione e manifestazione del pensiero. Mai più, pensò l'Assemblea costituente, il cittadino dovrà esserne privato, almeno finché dura questo testo. Per cui, con grande fermezza, scolpì negli articoli del Titolo I della Parte I, le libertà fondamentali. Dalla libertà di domicilio a quella di stampa, dalla libertà religiosa a quella di manifestare il pensiero. Il Costituente dovette inserire anche dei limiti, a queste libertà, perché l'esercizio privo di regole di una libertà può rappresentare una violazione di altre libertà. Per dirla con la Corte Costituzionale «in modo che l'attività di un individuo rivolta al perseguimento dei propri fini si concili con il perseguimento dei fini degli altri» (sent.1/56).Ma qui il costituente fu attento. Comprese che i limiti dovevano essere tassativi. Quelli e non altri. E soprattutto che al futuro governo bisognava lasciare, invece, il minimo margine di discrezionalità possibile, nella limitazione delle libertà.Quindi, il costituente ha deliberato di chiarire con estrema attenzione le ragioni per cui i diversi diritti potevano essere limitati, e soprattutto ha evitato di scrivere che i diritti fondamentali potevano essere limitati per "ragioni di ordine pubblico". E' chiaro: tutto può rientrare nel concetto di "ordine". Io posso ritenere ordinata una società in cui non vi siano pensieri diversi dal mio. Ci si faccia caso, il concetto di ordine non è mai posto, nella Costituzione, a limite e come contrapposto ad una libertà. Le libertà prevalgono sempre sul generico "ordine". Ed ecco, quindi, l'art.17 Cost: «Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».La sicurezza e l'incolumità non devono essere messe in pericolo dalla libertà di manifestare. Quando c'è il rischio che qualcuno si faccia male, subentra il diritto della persona alla incolumità fisica. E' un diritto, l'unico diritto, considerato superiore, rispetto alla libertà politica di manifestare. E' solo in questo quadro che, negli anni scorsi, si è ritenuto legittimo che fosse impedito che le manifestazioni passassero davanti ai luoghi "istituzionali". Si temeva (nella gran parte dei casi a torto), che i manifestanti avrebbero potuto assalire questi luoghi. E quindi che qualcuno potesse farsi male. Non per una tutela "sacrale" del luogo istituzionale.
Ed ecco la rivoluzione culturale del Ministro. Che cosa è accaduto davanti al Duomo di Milano? Vi sono stati rischi per l'incolumità di qualcuno? Non sembra. Può piacere la preghiera collettiva, può non piacere, ma non mi pare che abbia posto in pericolo l'incolumità di alcuno.Il ministro introduce un rovesciamento di prospettiva. Il diritto della cittadinanza da tutelare non è più l'incolumità: è il fastidio che si prova a vedere manifestata un'idea o una fede diversa dalla nostra. Il ministro non sostiene che vi sia un generale pericolo che i manifestanti diano l'assalto alle chiese. Il ministro ritiene che possa dare fastidio, a chi passa davanti ad una chiesa, trovarvi davanti qualcuno di una religione diversa che prega, o che manifesta contro gli aumenti della frutta. Non solo. Viene ritenuto prevalente il "diritto di chi non manifesta di vivere la propria città". Il diritto al parcheggio nello spazio pubblico, anteposto ad una libertà costituzionale. Siamo ad un punto di svolta: il fastidio per la diversità riceve riconoscimento e tutela giuridica. Ad oggi, con questa Costituzione, una simile norma è destinata a cadere in breve tempo. Aggiungo due elementi di illegittimità ulteriori. In primo luogo quello della cauzione, che consentirebbe di manifestare solo a chi ha le risorse economiche per versarla. La Costituzione è chiara: nessun limite se non c'è pericolo per la salute. Salute fisica, non salute morale, altrimenti dovrebbe essere vietato anche il rito dell'ampolla alle sorgenti del Po. Porre un elemento economico alla base di una manifestazione rappresenterebbe una evidente compressione della libertà costituzionale. E, si aggiunge, è proprio la motivazione posta a base della scelta dal ministro ad essere erronea (ovvero che in tal modo gli organizzatori sarebbero indotti a svolgere funzioni di ‘ordine pubblico' interno). Chi organizza le manifestazioni, attività meritoria e non certo facile, non ha certo questo compito, né ha i mezzi. E' compito delle forze dell'ordine tutelare i pacifici manifestanti da atti violenti, e fare in modo che chi li compie ne risponda, civilmente e penalmente, se ve ne sono gli estremi. La responsabilità penale e civile conseguente agli atti vandalici è personale.Gli organizzatori delle manifestazioni non sono società di calcio, con fini di lucro. Inoltre, come noto, è prassi comune che alle manifestazioni partecipino gruppi non invitati, spesso proprio con la funzione di provocatori, che a questo punto avrebbero ancor più interesse ad agire, sapendo che, oltre al danno politico, si aggiunge un danno economico. Rappresenta, infine, un ulteriore elemento di illegittimità la circostanza che «non si tratta di regole ferree» e che si valuterà caso per caso. L'inverso puro di quanto voleva il costituente: regole certe, valide per tutti, non "a disposizione" del governo in carica.

(23 gennaio 2009)

Il grande Zelig

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

LUNEDÌ 26 GENNAIO 2009
Marco Cedolin

La politica durante queste prime settimane dell’anno sembra somigliare sempre più ad una rappresentazione di cabaret, dove ogni problema, anche il più serio, tende a perdere la propria consistenza finendo per manifestarsi sotto forma di celia, di boutade, di battuta di spirito spesso di cattivo gusto. Alcune volte si tratta di un’ambizione “umoristica” perseguita dagli autori, in altri casi l’effetto “comico” nasce dalla velleità di arrampicarsi sugli specchi ostentando la massima serietà, spesso semplicemente il tutto deriva dal superamento inconscio di ogni senso del ridicolo.

Silvio Berlusconi la settimana scorsa, in riferimento alla crisi economica e alla drammatica (non esiste incubo peggiore di una società fondata sulla crescita che si manifesta incapace di crescere) recessione che stando alle stime più ottimistiche determinerà la perdita di 2 punti di Pil durante l’anno in corso, ha risposto che la cosa non lo preoccupa affatto. Non si tratta assolutamente di un dramma, ha detto con il piglio del consumato economista. Significa che torneremo a vivere nella situazione di un paio di anni fa, quando il Pil era di 2 punti inferiore ad oggi, e non si stava comunque peggio. In molti continuano a domandarsi se le sue parole potessero essere prodromiche di un ripensamento riguardo all’opportunità di continuare a perseguire un modello di sviluppo basato sulla crescita, o più semplicemente risultassero indicative di lacune mai colmate concernenti le nozioni elementari di economia.

Il governo, Confindustria, Cisl e Uil hanno firmato l’accordo sui contratti di lavoro, manifestando soddisfazione per l’intesa raggiunta, nonostante la Cgil (il più grande sindacato italiano) non lo abbia sottoscritto. Un po’ come manifestare giubilo per il raggiungimento di un accordo fra le squadre di serie A, al quale Milan, Inter e Juventus si sono manifestate contrarie.

Tutta l’informazione e buona parte degli uomini politici hanno “tuonato” contro gli imputati delle nuove BR (quelle nuovissime che non hanno fatto attentati ma secondo l’accusa progettarono di farli) che avrebbero violentemente minacciato in aula il giuslavorista Pietro Ichino. Le frasi incriminate “siete una banda di sfruttatori e “sei un massacratore di operai” rientrano forse nel novero degli insulti (quanto meritati o meno giudicate voi) ma non certo in quello delle violente minacce, che giornalisti e politici hanno creduto bene d’inventare a beneficio del proprio Zelig personale.

I vertici sindacali, posti di fronte al crollo mondiale delle vendite di automobili, determinato non solo dalla crisi economica ma anche da un’evidente saturazione del mercato destinata a protrarsi almeno a medio termine, invocano il governo affinché destini le risorse sottratte ai contribuenti per finanziare a fondo perduto l’industria privata. Nella fattispecie la Fiat che da sempre costruisce il proprio profitto lautamente sovvenzionata dal denaro pubblico. Nessuna proposta concernente un’eventuale riconversione degli stabilimenti non ancora delocalizzati (magari nella produzione di micro-cogeneratori per l’autoproduzione energetica domestica), nessuna ipotesi finalizzata alla creazione attraverso il denaro pubblico di posti di lavoro alternativi ad un’esperienza industriale ormai anacronistica, nessuna intenzione di guardare al futuro, ma solo il tentativo di perpetuare un passato moribondo totalmente disancorato dalla realtà.

Il ministro dell’Interno Maroni, in risposta all’onda emotiva ingenerata dai drammatici casi di stupro e violenza accaduti negli scorsi giorni, si è detto disposto ad aumentare di 10 volte la presenza dell'esercito nelle città, fino a collocare 30.000 soldati a protezione dell’ordine pubblico, in ossequio all’equazione ancora tutta da dimostrare: più soldati, uguale meno violenza.
Silvio Berlusconi, tornando ieri sull’argomento in quel di Sassari, ha pensato bene di ironizzare sulla questione e dimostrandosi molto più a suo agio nelle vesti di “uomo di cabaret” piuttosto che di economista ha affermato che a bloccare gli stupri “non ce la faremmo mai, poiché servono tanti soldati quante sono le belle ragazze italiane”. Posto di fronte alla veemente reazione dell’opposizione ombra e di quanti non ritenevano opportuno scherzare su accadimenti di questa gravità, si è poi indispettito per il mancato applauso, dicendosi deluso del fatto che in molti non hanno compreso come si trattasse di un complimento alle ragazze italiane.

Il grande Zelig è forse lo strumento migliore per esorcizzare le problematiche reali, annegandole nella finzione, fra le pieghe di un teatro dell’assurdo che le nasconda alla vista. In fondo tutto ciò che non si vede (come le nanopolveri che escono dagli inceneritori) non viene percepito ed è più facile far finta che non esista, almeno fino a quando non si spengono le luci del palcoscenico.

domenica 25 gennaio 2009

Ci vorrebbe una guerra

fonte:
http://www.movimentozero.org/mz/


24 gennaio 2009



Mi sembra che con queste storie del tempo (meteorologico, quello che passa è affare assai più serio, è anzi l’unico veramente serio) stiamo diventando paranoici. Abito a Milano da sessant’anni. A parte quella eccezionale del 1985 (ma allora caddero tre, diconsi tre, metri di neve, la città si paralizzò per tre giorni, con gli autobus vuoti in mezzo alla strada, e fu anche una cosa bella e istruttiva perché i milanesi, in una vera
emergenza, ritrovarono quel senso di solidarietà che, nel benessere, avevano perduto da tempo) di nevicate come quella di questi giorni (35 centimetri) ne ho viste parecchie, anche quando ero bambino, negli anni Cinquanta e non esisteva nessuna Protezione civile. Noi, imbacuccati per quel che si poteva, andavamo a scuola lo stesso, all’uscita giocavamo a palle di neve, ci divertivamo ed eravamo allegri. E anche i grandi giocavano a palle di neve, si divertivano ed erano allegri. Davanti ai portoni di casa ci si muniva del famoso «olio di gomito» e si aiutavano i portinai a spalare. Se qualche anziano scivolava, lo aiutavamo a rialzarsi. Non era una tragedia, stava nella logica delle cose e si può scivolare anche quando non c’è la neve.
Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha dichiarato: «Il Paese ha tenuto bene». Eh, sembra che siamo stati investiti dallo tsunami o dall'alluvione del Polesine o dai tank israeliani. Invece sono stati solo 20 o 40 centimetri di neve, della vecchia, cara, onesta neve. Ma i giornali (non il nostro, una volta tanto) e le tv sono pieni di servizi allarmati e allarmanti che sono certamente più dannosi della neve. Ci si preoccupa anche degli stambecchi del Gran Paradiso che nella neve vivono da sempre, è il loro habitat.
Il fatto è che ci siamo troppo abituati, in tutto, a situazioni standard, a un’omologazione perenne e universale (è il motivo per cui i turisti italiani in qualsiasi posto vadano, anche in Uzbekistan, pretendono caffè espresso e spaghetti). E quindi non tolleriamo più qualsiasi situazione che sia appena un po’ fuori dalla norma. Se in estate fa caldo fa sempre troppo caldo, se fa un po’ meno caldo è un’estate fredda e, mio dio, chissà se arriveranno gli stranieri, i tedeschi, gli olandesi, e che ne sarà del nostro turismo, l’industria più importante del Paese? Perché poi c’è questa abitudine bottegaia di convertire tutto in soldi. Se non nevica è pregiudicata la stagione sciistica e ci sono i piagnistei degli albergatori di montagna, se nevica ci sono quelli degli albergatori e dei negozianti di città. Se non piove è subito siccità. Se piove è subito alluvione. Non si può essere sereni.
Pensiamo di avere il diritto di regolare i fenomeni naturali come regoliamo i nostri condizionatori. Ancora negli anni Ottanta facevamo, d’estate, viaggi di 500 chilometri senza i climatizzatori in macchina. Oggi non saremmo più in grado si sopportarli. Sapete che vi dico? Avremmo bisogno di una bella guerra. Speriamo che qualcuno ce la dichiari.

Massimo Fini

da www.massimofini.it

Mafia: Te la do io l'Emilia - intervista a Sonia Alfano

fonte:
http://www.grillireggiani.it/joomla/