sabato 27 giugno 2009

Montanari: Solo ingenuità nel dossier di Federambiente sulle nanopolveri?

Fonte:
di Stefano Montanari *
MODENA. Dal 2004 ad oggi io ho tenuto quasi 800 conferenze sul tema dell’impatto sulla salute e sull’ambiente delle micro e nanopolveri inorganiche, un argomento che tratto non per averne letto ma perché è il frutto di scoperte e ricerche personali che oggi, pur cocciutamente ignorate a casa nostra, sono alla ribalta in campo planetario. Il “genio” non sono io ma mia moglie, la dott.ssa Antonietta Gatti, con cui collaboro da una trentina d’anni, messa a capo di progetti europei e ora selezionata dalla FAO, unica italiana e tra i pochissimi europei, tra i 17 esperti a livello mondiale per l’inquinamento degli alimenti proprio a causa di queste polveri.

Nel corso di queste conferenze mostro dati inconfutabili e, di fatto, mai confutati scientificamente, ottenuti nel laboratorio che dirigo, e al termine il pubblico esce a dir poco preoccupato. Ma basta un personaggio qualunque, non importa con quale autorità, non importa in base a quali studi, pronto a dire che non è vero niente, che la maggior parte della gente è felice di dargli credito e di trarne sollievo. Questa è la psiche umana, e su questa certezza si basa il documento di Federambiente.

Approcciato dal punto di vista scientifico, ci troviamo di fronte a tenere ingenuità, ma se l’approccio è quello della psicologia delle masse, ecco che l’aspetto muta radicalmente e il bersaglio è colpito con precisione.

Non voglio entrare sulla qualità degli estensori del documento, nessuno dei quali ha la benché minima esperienza nel campo sanitario specifico e nessuno dei quali ha mai avuto la modestia di avvicinare l’occhio ad un microscopio elettronico per osservare ciò che avviene, di fatto, quando le polveri incrociano un tessuto biologico. Ricordo che a metà Ottocento Rudolph Virchow, per certi versi un gigante della Medicina, dava del cialtrone a Louis Pasteur (lui non medico) perché si trastullava con bizzarri esserini che comparivano sotto la lente del microscopio. Microscopio per il quale Virchow si faceva vanto di non aver mai toccato e microscopio da cui uscì la disciplina della batteriologia. Dunque, niente di nuovo sotto il sole.

Ma venendo al documento commissionato da Federambiente - e già qui nessun ente scientifico perderebbe più tempo su di un conflitto d’interessi così palese – qualunque addetto ai lavori non potrebbe altro che notare non solo l’irrilevanza dei dati, ma addirittura gli errori contenuti. Basti vedere quanto si afferma su quelle che gli estensori equivocano per polveri secondarie quando invece, almeno stando a quanto si può evincere, si tratta di polveri primarie condensabili. Il che è tutt’altra cosa. Tanto per chiarezza, le polveri secondarie si formano a distanze ragguardevoli dal luogo di combustione e dopo tempi anche relativamente lunghi. Perciò non sono certo rilevabili con le metodiche usate dal gruppo autore dello studio.

Altra bizzarria riportata è quella dei filtri e della loro asserita efficienza al 99% e oltre. Sia sufficiente ricordare che i filtri agiscono sulle polveri primarie filtrabili che costituiscono una frazione di gran lunga minoritaria delle polveri, e che quell’efficienza è calcolata sulla massa e non sul numero. Se i Nostri ricordassero un po’ di geometria, avrebbero ben presente che una particella da 10 micron di diametro ha la massa di un miliardo di particelle da 0,01 micron. Il che significa che, se il filtro cattura una particella da 10 micron lasciando sfuggire quelle da 0,01 (come avviene in effetti) e la valutazione viene eseguita sulla massa, ecco che l’efficienza risulta essere elevatissima.

Se l’approccio pretendesse di avere dignità di scienza, visto che ormai è ampiamente dimostrato, addirittura dall’ARPA, che la patogenicità della particella è inversamente proporzionale alle sue dimensioni, l’efficienza andrebbe valutata sul numero di particelle e sull’inverso del loro volume (meglio sarebbe considerare anche il rapporto superficie/volume, ma qui si andrebbe troppo sul complicato) e, così, quel 99% si ridurrebbe ad un numero decimale infimo.

In quel 99%, non si tiene nemmeno conto delle particelle primarie condensabili e di quelle secondarie. Se così si facesse, quella valutazione in massa, per fuorviante che sia, precipiterebbe a valori ancora più bassi.

E che ne sarà, poi, di quel poco che il filtro cattura? Poiché il filtro risulta intasato dopo pochi secondi, ogni pochi secondi il filtro viene scosso da un getto violento di aria compressa che libera quel materiale particolato così ingombrante.
Uno dei tanti argomenti che non sono sfiorati nel documento è la sorte dei vari elementi chimici. Dalla fine dell’alchimia in poi, ci siamo dovuti rendere conto che il piombo resta piombo, il nichel, nichel, il mercurio, mercurio, e così via. Con un minimo di cultura tossicologica, davanti a questa scoperta post-alchemica qualche ispirazione viene inevitabilmente.

Sarebbe anche interessante un confronto, temo ormai impossibile, con Antoine Lavoisier. Secondo il principio di conservazione della massa, non un grammo di ciò che viene bruciato scompare. Anzi, si conserva con precisione assoluta. E, dato che a ciò che si brucia viene aggiunto per puri motivi tecnici almeno altrettanto materiale, la conclusione è che ciò che esce dall’inceneritore (la parola ”termovalorizzatore” è invenzione dei venditori e chi usa quella parola si colloca in quella categoria) è doppio rispetto al rifiuto che, con un gioco di prestigio ideato per gabbare un pubblico un po’ distratto, si è fatto sparire dalla vista (in parte, perché le ceneri si continuano a vedere e rendono sempre più aggressive le discariche).

Se, proseguendo, i nostri scienziati avessero nozioni di tossicologia, saprebbero che molto spesso la combustione trasforma materiali innocui in sostanze tossiche, e, se conoscessero un po’ di nanotossicologia (se ne tratta molto oggi a livello mondiale,) saprebbero che la riduzione di masse grossolane i masse di dimensioni minori ne incrementa, e non di poco e non in modo lineare, l’aggressività.

Non voglio entrare in valutazioni epidemiologiche perché, con ogni evidenza, le esternazioni contenute nel documento sono il parto di non addetti ai lavori, né entrerò su argomenti come la letteratura medica che, temo, non è stata valutata compiutamente o, magari, non è stata compresa o, magari ancora, è quella “sponsorizzata”.

Mi limiterò a ricordare come stiamo ancora scontando l’incoscienza di scienziati o sedicenti tali che, per quattro soldi, hanno sostenuto l’innocuità dell’amianto, del fumo di tabacco, della diossina, dei cloro-fluoro-carboni, del piombo-tetraetile, di una miriade di additivi alimentari e non ora proibiti, di pesticidi, di farmaci poi rivelatisi letali o teratogeni… E potrei continuare.
Uno scienziato che pretenda di essere chiamato tale ha il dovere dell’onestà e quello della modestia.

Quando si afferma qualcosa che va contro tutta la scienza precedente e, magari, anche contro il buon senso, o si è fatta una scoperta di portata eccezionale o si è vittima di un abbaglio. Il mio invito, allora, è di ripensarci, di studiare, di sperimentare con intelligenza e di non cedere a certe tentazioni, se non altro per non cadere in ciò che continuava ad affermare Lorenzo Tomatis, il più grande oncologo italiano: “Le generazioni future non ci perdoneranno lo scempio che stiamo perpetrando.”

* direttore laboratorio Nanodiagnostics

Consulta, la cena segreta

Fonte:

26 giugno 2009, in PETER GOMEZ


Vignetta di theHandda l'Espresso in edicola

Un incontro carbonaro tra il premier, Alfano, Ghedini e due giudici della Corte Costituzionale. Per parlare di giustizia. Ma sullo sfondo c'è anche l'immunità di Berlusconi.

Le auto con le scorte erano arrivate una dopo l'altra poco prima di cena. Silenziose, con i motori al minimo, avevano imboccato una tortuosa traversa di via Cortina d'Ampezzo a Roma dove, dopo aver percorso qualche tornante, si erano infilate nella ripida discesa che portava alla piazzola di sosta di un'elegante palazzina immersa nel verde. Era stato così che in una tiepida sera di maggio i vicini di casa del giudice della Corte costituzionale Luigi Mazzella, avevano potuto assistere al preludio di una delle più sconcertanti e politicamente imbarazzanti riunioni, organizzate dal governo Berlusconi. Un incontro privato tra il premier e due alti magistrati della Consulta, ovvero l'organismo che tra poche settimane dovrà finalmente decidere se bocciare o meno il Lodo Alfano: la legge che rende Silvio Berlusconi improcessabile fino alla fine del suo mandato.

Del resto che quello fosse un appuntamento particolare, gli inquilini della palazzina lo avevano capito da qualche giorno. Ilva, la moglie di Mazzella, aveva chiesto loro con anticipo di non posteggiare autovetture davanti ai garage. "Non stupitevi se vedrete delle body-guard e se ci sarà un po' di traffico, abbiamo ospiti importanti...", aveva detto la signora Mazzella alle amiche. Così, stando a quanto 'L'espresso' è in grado ricostruire, a casa del giudice si presentano Berlusconi, il ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini. Con loro arriva anche un altro collega di Mazzella, la toga Paolo Maria Napolitano, eletto alla Consulta nel 2006, dopo essere stato capo dell'ufficio del personale del Senato, capo gabinetto di Gianfranco Fini nel secondo governo Berlusconi e consigliere di Stato.

Più fonti concordano nel riferire che uno degli argomenti al centro della riunione è quello delle riforme costituzionali in materia di giustizia. Sul punto infatti Berlusconi e Mazzella la vedono allo stesso modo. Non per niente il giudice padrone di casa è stato, per scelta del Cavaliere, prima avvocato generale dello Stato e poi, nel 2003, ministro della Funzione pubblica, in sostituzione di Franco Frattini, volato a Bruxelles come commissario europeo. Infine l'elezione alla Consulta a coronamento di una carriera di successo, iniziata negli anni Ottanta, quando il giurista campano militava in un partito non certo tenero con i magistrati, come il Psi di Bettino Craxi (ma lui ricorda di aver mosso i primi passi al fianco dell'avversario di Craxi, Francesco De Martino), diventando quindi collaboratore e capo di gabinetto di vari ministri, tra cui il suo amico liberale Francesco De Lorenzo (all'epoca all'Ambiente), poi condannato e incarcerato per le mazzette incassate quando reggeva il dicastero della Sanità.

La cena dura a lungo. E a tenere banco è il presidente del Consiglio. Berlusconi sembra un fiume in piena e ripropone, tra l'altro, ai presenti una sua vecchia ossessione: quella di riuscire finalmente a riformare la giustizia abolendo di fatto i pubblici ministeri e trasformandoli in "avvocati dell'accusa".

L'idea, con Mazzella e Napolitano, sembra trovare un terreno particolarmente fertile. Il giudice padrone di casa non ha mai nascosto il suo pensiero su come dovrebbero funzionare i tribunali. Più volte Mazzella, come hanno in passato scritto i giornali, ha ipotizzato che la funzione di pm fosse svolta dall'avvocatura dello Stato. Solo che durante l'incontro carbonaro l'alto magistrato si trova a confrontarsi con uno che, in materia, è ancora più estremista di lui: il plurimputato e pluriprescritto presidente del Consiglio. E il risultato della discussione, a cui Vizzini, Alfano e Letta assistono in sostanziale silenzio, sta lì a dimostrarlo.

'L'espresso' ha infatti potuto leggere una bozza di riforma costituzionale consegnata a Palazzo Chigi un paio di giorni dopo il vertice. Una bozza che adesso circola nei palazzi del potere ed è anche arrivata negli uffici del Senato in attesa di essere trasformata in un articolato e discussa. Si tratta di quattro cartelle, preparate da uno dei due giudici, in cui viene anche rivisto il titolo quarto della carta fondamentale, quello che riguarda l'ordinamento della magistratura. Nove articoli che spazzano via una volta per tutte gli 'odiati' pubblici ministeri che dovrebbero essere sostituiti da funzionari reclutati anche tra gli avvocati e i professori universitari.

Per questo è previsto che nasca un nuovo Consiglio superiore della magistratura(Csm) aperto solo ai giudici, presieduto sempre dal presidente della Repubblica, ma nel quale entrerà di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, escludendo invece il procuratore generale degli ermellini.

L'obiettivo è evidente. Impedire indagini sui potenti e sulla classe politica senza il placet, almeno indiretto, dell'esecutivo. Del resto il progetto di Berlusconi di incrementare l'influenza della politica in tutti i campi riguardanti direttamente o indirettamente la giustizia trova conferma anche in altri particolari. Per il premier va rivisto infatti pure il modo con cui vengono scelti i giudici della Corte costituzionale aumentando il peso del voto del parlamento. Anche la riforma della Consulta è un vecchio pallino di Mazzella.

Nei primissimi anni '90 il giurista, quando era capogabinetto del ministro delle Aree urbane Carmelo Conte, aveva tentato di sponsorizzare con un articolo pubblicato da 'L'Avanti' l'elezione a presidente della Corte dell'ex ministro della Giustizia Giuliano Vassalli e aveva lanciato l'idea di modificare la Carta per affidare direttamente al capo dello Stato il compito di sceglierne in futuro il presidente.

Allora i giudici non l'avevano presa bene. Da una parte, il pur stimatissimo Vassali, era appena entrato a far parte della Consulta e se ne fosse diventato il numero uno per legge avrebbe ricoperto quell'incarico per nove anni. Dall'altra una modifica dell'articolo 135 della Costituzione avrebbe finito per far aumentare di troppo il peso del presidente della Repubblica che già nomina cinque giudici. Per questo era stato ricordato polemicamente proprio dagli alti magistrati che stabilire una continuità tra Quirinale e Consulta era pericoloso. Perché la Corte costituzionale è l'unico giudice sia dei reati commessi dal capo dello Stato (alto tradimento e attentato alla Costituzione), sia dei conflitti che possono sorgere tra i poteri dello Stato, presidenza della Repubblica compresa. Altri tempi. Un'altra Repubblica. E un'altra Corte costituzionale.

Oggi, negli anni dell'impero Berlusconi, un imputato che fonda buona parte del proprio futuro politico sulle decisioni della Corte, che dovrà pronunciarsi sul Lodo Alfano, può persino trovare due dei suoi componenti disposti a discutere segretamente a cena con lui delle fondamenta dello Stato. E lo fa sapendo che non gli può accadere nulla. Al contrario di quelli dei tribunali, le toghe della Consulta, non possono ovviamente essere ricusate. Edalla loro decisione passerà la possibilità o meno di giudicare il premier nei processi presenti e futuri. A partire dal caso Mills e dal procedimento per i fondi neri Mediaset.

lunedì 22 giugno 2009

Perù, gli indios salvano la loro terra: il governo ha ceduto

Fonte:

Continua la cronaca sulle sommosse che hanno agitato il Perù. Dopo circa due mesi di proteste il governo peruviano ha finalmente revocato i decreti che avevano scatenato l’ira degli indios per la difesa della loro terra. I nativi sono così riusciti a tutelare i propri diritti sull’Amazzonia.


di
Salvina Elisa Cutuli

protesta indios
Gli scontri tra le forze dell'ordine governative e gli indios hanno provocato numerosi morti e dispersi
Circa dieci giorni fa il governo peruviano aveva invitato la Chiesa a compiere una proposta di mediazione per cercare di arginare, almeno in parte, le rivolte degli indigeni scatenati da una grande ira funesta a seguito della legge forestale che il direttivo di Lima aveva adottato consentendo lo sfruttamento di un’area di 45 milioni di ettari di foresta per cercare gas e petrolio.

Strano, ma vero. A distanza di poche settimane la protesta si è placata. Gli indios sono riusciti ad avere la meglio, e i due decreti controversi, causa di numerosi morti, sono stati revocati dal Governo. Il Congresso di Lima ha spazzato via le leggi contestate con un'ampia maggioranza, 82 voti contro 12, al termine di cinque ore di dibattito.

Queste leggi, che permettevano investimenti stranieri per lo sfruttamento di miniere e foreste in Amazzonia, erano state approvate nel 2007 e nel 2008 nell'ambito dei poteri concessi dal Congresso al presidente Alan Garcia per permettere l'applicazione dell'accordo di libero commercio con gli Stati Uniti.

Alla notizia del voto favorevole l’Aidesep (associazione interetnica di sviluppo della foresta peruviana), che riunisce 1.350 comunità indigene dell’Amazzonia, ha fermato i blocchi stradali e l’occupazione dei giacimenti petroliferi.

Purtroppo non si conosce bene il numero delle vittime; secondo diverse organizzazioni umanitarie, i morti sarebbero una sessantina, molti dei quali disarmati, mentre centinaia di persone risultano ancora disperse.

alberto pizango
Alberto Pizango è considerato uno dei leader della rivolta dei nativi
Lo scontro più sanguinoso è stato quello avvenuto lo scorso 5 giugno durante il quale 20 indigeni sono stati uccisi dalle forze governative che, dagli elicotteri, hanno sparato sulla folla.

Un massacro ancora oscuro, così come resta oscura la versione ufficiale dei fatti fornita dal governo che in molte parti appare poco credibile; pertanto l’organizzazione Survival International chiede l’apertura di una inchiesta per comprendere il vero svolgimento dei fatti.

Secondo “il governo peruviano invece - almeno rispetto a quanto è stato scritto sul quotidiano peruviano La Repubblica - alcuni indigeni armati di lance e frecce hanno ucciso 25 poliziotti armati di kalashnikov, camionette blindate ed elicotteri, spogliandoli di tutte le loro armi, e uscendo dallo scontro con solo tre morti nelle loro file. Se fosse vero, dovrebbe dimettersi mezzo governo, a cominciare dal ministro dell’interno, perché significherebbe che il Perù ha le forze di sicurezza più incapaci del mondo”. La resa del governo è stata una vera rivincita per gli indigeni e soprattutto per la loro terra che, almeno per il momento, non piangerà dei disastri e degli scempi di esplorazione e sfruttamento.

Uno dei pochi esempi in cui il buon senso vince sulla distruzione e sull’annientamento. Una vittoria della terra e dei suoi diritti, di una vera coscienza che spazza via la speculazione in nome del rispetto verso la Madre terra. Il trattato del libero commercio tra Perù e Stati Uniti, infatti, avrebbeprivatizzato uno dei patrimoni mondiali più importanti per la biodiversità dell’intera umanità, l’Amazzonia peruviana, aprendolo allo sfruttamento da parte delle multinazionali del petrolio, del gas, dell’acqua e del legname e sottraendolo alle popolazioni indigene che lo considerano loro assegnato per diritto ancestrale.

foresta amazzoniaca peruviana
L'Amazzonia peruviana si è salvata dalla deforestazione e dallo sfruttamento delle multinazionali
Il trattato, inoltre, avrebbe sottratto completamente alla sovranità peruviana il territorio, perché le multinazionali avrebbero sfruttato il territorio liberamente senza alcuna mediazione con le popolazioni che vi abitano.

Nell’Amazzonia peruviana non si è combattuto, dunque, un semplice conflitto per la terra con le popolazioni native espulse dalle loro terre ancestrali per far posto al latifondo, alle enclosures, allo sviluppo capitalista di terre libere.

In questa lotta, le popolazioni native, considerate generalmente residuali e assimilabili, si sono mostrate sempre più coscienti di sé e dei propri diritti e per questo più combattivi, e sono stati i portavoce di tutti coloro che pensano che il pianeta, la vita, la natura e la biodiversità non possano essere assoggettati a nessun tipo di trattato come quello firmato dal governo di Lima che, senza pensarci, stava per vendere nelle mani degli Stati Uniti la risorsa più preziosa del suo paese.