sabato 17 gennaio 2009

Chi di casa ferisce, di casa perisce

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

17 gennaio 2009, in MARCO TRAVAGLIO

A casa Berlusconi devono essere terrorizzati da Di Pietro. E’ bastato che toccasse il 15% in Abruzzo e collezionasse 1 milione di firme contro la legge Alfano, perché Il Giornale di famiglia scatenasse una campagna forsennata per gabellarlo come l’epicentro dell’inchiesta “Global Service” a Napoli. Peccato che, a parte un paio di sciagurate raccomandazioni tentate dal figlio Cristiano, l’ex pm sia del tutto estraneo all’indagine, che coinvolge invece gente del Pd e del Pdl. Dal 19 dicembre all’11 gennaio Il Giornale gli ha dedicato titoloni in 17 prime pagine su 21, mentre in Italia e nel mondo accadeva di tutto. Fior da fiore, fra i titoli più succulenti: “Tutti gli intrallazzi del clan Di Pietro”. “Gasparri: Di Pietro coniglio”. “Rivolta dei fan di Di Pietro”. “Di Pietro jr. si dimette, ora tocca a Tonino”. “Bondi: non vorrei mai mio figlio in politica”. “Di Pietro, il giallo dei rimborsi elettorali”. “Di Pietro nei guai vuol depistare e sforna referendum”. “La verità sulle case di Di Pietro”. Come se i presunti “intrallazzi” su rimborsi e immobili non fossero già stati archiviati dal Gip di Roma il 14 marzo 2008. Il Giornale anzi scrive il contrario: “La Procura decise di rinviare a giudizio anche la tesoriera di Idv, Silvana Mura”, più Di Pietro. Invece la Procura chiese di archiviarlo, mentre la Mura non fu nemmeno indagata.

In fatto di case, poi, gli editori di nome e di fatto dovrebbero suggerire al Giornale un pizzico di prudenza. Paolo Berlusconi confessò proprio a Di Pietro le stecche pagate alla Cariplo per rifilarle tre immobili Edilnord invenduti (alla fine fu ritenuto concusso). E sulle magioni di Silvio c’è materia per una Treccani. La villa di Arcore soffiata a prezzi stracciati a un’orfana minorenne, per giunta assistita da Previti. Il falso in bilancio amnistiato per i terreni di Macherio. Gli abusi edilizi a Villa Certosa, sanati dal condono varato dal padrone di casa. Eppoi questa campagna ne ricorda un’altra, sferrata nel 1995-’97 sempre dal Giornale, allora diretto da un maggiorenne, Vittorio Feltri. Di Pietro minacciava di entrare in politica con un partito tutto suo, dopo aver respinto le offerte di destra e sinistra. Il 23 dicembre ‘95 l’house organ sparò in prima pagina un’intervista al faccendiere craxiano latitante Maurizio Raggio: “Dal Messico gravi accuse a Di Pietro. Raggio: Pacini Battaglia diede una valigetta con 5 miliardi a Lucibello per Di Pietro”. E così per due anni: corrotto, concussore, venduto. Nel ’97, subissato di cause perse in partenza, Paolo Berlusconi risarcì l’ex pm con 400 milioni di lire. Feltri si scusò in prima pagina: “Caro Tonino, ti stimavo e non ho cambiato idea”. Nella 2 e nella 3, un lungo autodafè (“Dissolto il grande mistero: non c’è il tesoro di Di Pietro”) informava i lettori che “Di Pietro è immacolato”, la campagna del Giornale era una “bufala”, una “ciofeca”. E la nota “provvista” miliardaria? Mai esistita. Ma ormai l’immagine del simbolo di Mani Pulite era devastata. Infatti ora si replica.

venerdì 16 gennaio 2009

Aids: milioni di morti, miliardi di utili

fonte:
http://www.ilribelle.com/mensile-on-line/2009/1/13/aids-milioni-di-morti-miliardi-di-utili.html

Aids Doveva essere la Peste di fine millennio,

poi le previsioni sono state smentite dai fatti.

Ma resta in piedi il giro d’affari. Immenso


di Federico Zamboni

La paura dell’Aids si diffuse nella prima metà degli anni Ottanta, in un crescendo di notizie sempre più inquietanti. A suscitare l’allarme non era solo il numero delle vittime: nei Paesi occidentali il cancro, il fumo e l’abuso di alcol ne hanno mietute – e continuano a mieterne – incomparabilmente di più1. La chiave di volta era un’altra: l’Aids non aveva una causa specifica. Come diceva il suo stesso nome, acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome (Sindrome di Immunodeficienza Acquisita), l’unica cosa che si sapeva era che a un certo punto, per ragioni inesplicabili, le difese immunitarie di un ragguardevole numero di persone crollavano.

Inizialmente, come si ricorderà, il fenomeno sembrò riguardare due categorie specifiche: i tossicodipendenti e gli omosessuali. Nel loro modo di vivere, si ipotizzò, doveva esserci qualcosa che determinava l’insorgere della malattia. Le droghe, specialmente se consumate assiduamente e in forte quantità, potevano avere tra i propri effetti collaterali l’indebolimento, fino alla debacle, del sistema immunitario. Analogamente, si disse, gli omosessuali che cambiano un gran numero di partner finiscono con lo stressare il proprio organismo: a ogni contatto diretto con lo sperma altrui si verifica una sorta di “shock” immunitario, che a lungo andare mina, fino a comprometterle, le capacità di reazione. Inoltre, venne notato, in molti casi i gay statunitensi avevano uno stile di vita in cui l’alta promiscuità sessuale si accompagnava all’uso di stupefacenti.

Fino a questo punto, però, l’immagine pubblica dell’Aids rimaneva fedele alla sua definizione originaria. L’Aids restava una “sindrome”, vale a dire il risultato di un insieme di fattori. I quali, va da sé, restavano tutti da definire, potendo ricomprendere qualsiasi elemento che provocasse una forte diminuzione delle difese immunitarie. Ribadiamolo: qualsiasi elemento. Non necessariamente un virus.

Il nocciolo della questione è qui. E tutto quello che è venuto in seguito, dall’approccio medico allo sfruttamento commerciale, poggia su questo aspetto. La svolta arriva nel 1984, quando il ricercatore statunitense Robert Gallo2 annuncia sulle colonne di Science di aver individuato la causa dell’Aids. Il virus Hiv, appunto. Quell’ “Human Immunodeficency Virus” che determina di per se stesso, indipendentemente da ogni altro elemento, lo svilupparsi della malattia. Sulla base di questo presupposto si delineano le tre grandi direttrici su cui si procederà da lì in avanti. Nell’ordine, come vedremo meglio tra poco, la prevenzione, i test di rilevazione del virus e i metodi di cura. Nonché, a ricomprendere tutti e tre gli aspetti in quella che sarebbe la soluzione definitiva, la ricerca di un possibile vaccino. A proposito: già nel 1985 lo stesso Robert Gallo si (sbi)lancia in una previsione che gronda di ottimismo e che ha il sapore di una certezza. «Se il ritmo delle ricerche proseguirà con lo stesso slancio che hanno avuto finora, entro cinque anni si dovrebbe arrivare alla produzione del vaccino.»

1985 più 5. Uguale 1990. Diciotto anni fa.



Aids, che ci sia ciascun lo dice…
Posizionata la pietra angolare, con l’identificazione dell’Hiv come causa diretta ed esclusiva dell’Aids, l’edificio è cresciuto rapidamente. E, come accade molto più spesso di quanto non si voglia ammettere, la stragrande maggioranza degli operatori si è ben guardata dal chiedersi se quella premessa fosse davvero così solida come veniva affermato. Tranne rarissime eccezioni, puntualmente ignorate o tacciate di incompetenza nonostante vi fossero, tra loro, addirittura dei Premi Nobel quali il microbiologo Peter Duesberg e il chimico Kary B. Mullis, chi si è occupato di Aids negli ultimi vent’anni lo ha fatto allineandosi di buon grado alla versione dominante.

La teoria è diventata un teorema. Il teorema è diventato un assioma. Poiché l’Hiv era indiscutibilmente all’origine dell’Aids, le contromisure sono state analoghe a quelle che si sarebbero prese nei confronti di ogni altro virus dagli effetti mortali e dall’alto potenziale epidemico. La prevenzione si è focalizzata sui comportamenti da evitare per non incorrere nel contagio. La cura, in attesa del provvidenziale ma tuttora irraggiungibile vaccino3, si è rivolta a quei farmaci che potessero rallentare quanto più possibile lo svilupparsi della malattia. Inoltre, a metà strada tra prevenzione e cura, si è messo a punto un test che permettesse di accertare l’infezione da Hiv prima che si manifestassero i sintomi dell’Aids.

Cominciamo dalla prevenzione. Dopo oltre due decenni di martellamento mediatico è senza dubbio l’aspetto più noto dell’intera vicenda. Il presupposto è che l’Aids si trasmetta attraverso il sangue e altri fluidi corporei, in particolare quelli seminali per l’uomo e quelli vaginali per la donna. La parola d’ordine, perciò, è tanto semplice quanto perentoria: evitare qualsiasi contatto con quelle sostanze, specie se si ha a che fare con soggetti già infettati o comunque a rischio. Come? Dipende. In ambito sessuale le alternative sono due: la prima, che ogni tanto torna a essere caldeggiata ma che è talmente irrealistica da diventare risibile, è un’assoluta castità; la seconda è l’uso sistematico del profilattico, tanto meglio se all’interno di una relazione monogamica stabile e di lunga durata.

Per oltre vent’anni l’Azt, scoperto nel 1964 e subito accantonato per la sua

tossicità, rimase inutilizzato. Fino a quando la “scoperta” dell’Hiv permise

alla Burroughs Wellcome di riciclarlo.


Se il problema è la droga, invece, il pericolo principale – esclusi gli effetti immunodepressivi degli stupefacenti in quanto tali – consiste nel condividere con altri consumatori la stessa siringa e, quindi, lo stesso ago. La soluzione, ovvia, è che ognuno utilizzi siringhe “usa e getta”. Il che ci porta al principio di carattere generale che si è esteso a qualunque altro ambito, dagli ospedali ai dentisti, dai barbieri ai laboratori in cui si fanno i tatuaggi o si mettono i piercing: gli strumenti che possono sporcarsi di sangue devono essere rigorosamente monouso. Li compri, li usi, li butti. Affinché qualcun altro, intanto, li produca, li venda, ci guadagni. Nel suo piccolo (ma nemmeno poi tanto, se si moltiplicano gli importi unitari per un numero enorme di pezzi) il business dell’Aids passa anche di qui.

Ma il grosso, naturalmente, transita altrove. Innanzitutto nei farmaci. Innanzitutto nel famigerato Azt. Scoperto nel 1964 da Jerome Horwitz, che sperava di poterlo impiegare nelle terapie antitumorali, palesò fin dall’inizio difetti tanto gravi da indurre lo stesso Horwitz a disinteressarsene, al punto che non lo brevettò neppure. Per oltre vent’anni l’Azt rimase inutilizzato. Poi, in coincidenza con l’emergere dell’Aids e dell’ipotesi virale di Gallo e Montagnier, la Burroughs Wellcome4 lo fece uscire dall’ombra e ne avviò la sperimentazione clinica. Le aspettative erano altissime. Il clima di allarme che andava dilagando, nel consueto rimbalzo tra tecnici, pubbliche istituzioni e mass-media, rendeva più che mai urgente il reperimento di una qualsivoglia terapia. Risultato: nonostante i pesantissimi effetti collaterali (collaterali?) l’Azt superò agevolmente le verifiche e venne validato. A mali estremi, estremi rimedi. Ora i medici potevano prescriverlo. I malati dovevano assumerlo. Alla Burroughs Wellcome non restava altro da fare che avviarne la produzione su vasta scala e prepararsi a incassare il fiume di denaro che sarebbe scaturito dalla sua commercializzazione. Dal punto di vista imprenditoriale, o speculativo, era il massimo che si potesse ottenere: il monopolio assoluto su un mercato vastissimo, per di più in continua crescita.

Siete sieropositivi all’Hiv, ma non avete alcun sintomo? Secondo

gli esperti dovete curarvi comunque, come se aveste già l’Aids. Farmaci

su farmaci, incluso il famigerato Azt.


Ed eccoci all’ultimo tassello: il test di rilevazione dell’Aids. O meglio, e la differenza è determinante, il test di rilevazione degli anticorpi all’Hiv. Il test è ormai accessibile a tutti, anche privatamente. In Rete viene proposto a prezzi variabili che partono da un minimo di 12 sterline, e il consiglio è di utilizzarlo ogni qual volta vi sia una possibilità di contagio. Ovvero, per parlare dell’eventualità più comune, ogni volta che si sia avuto un rapporto sessuale “non protetto” con un partner sconosciuto e del quale non si è perfettamente sicuri (come se poi, in un’epoca di altissima promiscuità come la nostra, si potesse essere totalmente certi della condotta di chicchessia). Inoltre, visto che i tempi di reazione sono soggettivi, il consiglio aggiuntivo è di ripetere il test a più riprese, a distanza di alcune settimane.

Ma il problema principale non è neanche il costo: è la sua effettiva utilità. E le conseguenze che innesca. La tesi corrente, come abbiamo visto, è che l’Aids sia determinato dal virus Hiv e che, pertanto, il passaggio dall’infezione iniziale alla malattia conclamata sia solo questione di tempo. Benché per tanti altri virus questo periodo di incubazione sia solitamente breve, nel caso dell’Hiv/Aids è non soltanto molto più lungo di quanto avviene, ad esempio, per il colera (1-5 giorni) o per l’Ebola (3-9 giorni), ma è addirittura indeterminato. In altre parole, e la casistica è estremamente ampia, si può risultare positivi al test per l’Hiv e non avere nessun calo, e men che meno nessun crollo, delle difese immunitarie. Tecnicamente si è stati colpiti dal virus, come sta a indicare la presenza di anticorpi; concretamente l’organismo continua a funzionare come sempre, senza alcun danno né evidente né occulto. Si è malati di nome, si è sani di fatto. E quindi?

Secondo gli “esperti” bisognerebbe curarsi comunque. In via preventiva. Iniziare subito ad assumere farmaci “antiretrovirali” e sottoporsi a un monitoraggio costante. Proprio come si farebbe se, invece, ci si trovasse già in una fase ben più avanzata. Malati di nome, malati di fatto.



AIDS, c’è chi dice no
I dubbi sull’attendibilità della versione ufficiale, quella che il succitato Premio Nobel Peter Duesberg definisce esplicitamente «un dogma»5, sono cominciati già alla fine degli anni Ottanta. Mentre la generalità degli operatori si allineava pedissequamente all’impostazione prevalente, vuoi per mero conformismo, vuoi perché direttamente partecipi dei profitti che ne stavano derivando, alcuni studiosi si fermarono a riconsiderare l’intera questione. Fino a metterne in discussione le premesse.

La versione ufficiale domina il sistema

sanitario e, quindi, l’azione dei governi.

Il pregio, si fa per dire, è che quella

versione soddisfa un’infinità di interessi. Che sono tanto economici quanto politici.


Non era affatto facile. Oltre a una competenza specifica in materia di virus e di processi biochimici, ci volevano la lucidità, l’onestà intellettuale e la forza morale necessarie ad affrancarsi da quello che ormai era diventato un pensiero unico. Al di là dell’aspetto squisitamente scientifico – e anche nella scienza, checché se ne dica, andare contro certe “verità” significa esporsi alla demonizzazione e all’ostracismo – c’era da fare i conti con altri due ostacoli. Enormi. Primo, l’opinione pubblica era terrorizzata e desiderava oltremodo che l’Aids venisse ricondotto entro i limiti di un’epidemia, per quanto grave, della quale si erano finalmente scoperte sia le cause che le terapie. Secondo, i vari Gallo e Montagnier erano circonfusi da una sorta di aureola che li rendeva inattaccabili, proprio perché venivano presentati, e percepiti, come i paladini della lotta contro il Male. Se loro erano i novelli San Giorgio, e l’Aids era il drago, quanto spazio c’era per chi veniva a criticarli, accusandoli di aver sbagliato tutto? Affermando che le loro tesi erano un cumulo di bugie, o se non altro di abbagli. Sottolineando che le catastrofiche ipotesi iniziali su una diffusione esponenziale del morbo erano state smentite dalla realtà. Sostenendo che non è affatto vero che l’Aids sia causato dal virus Hiv – che tutt’al più ne costituirebbe un effetto secondario, proliferando a sua volta in un organismo indebolito dal venir meno delle normali difese immunitarie – e che la massima parte delle morti attribuite all’Aids, specialmente in Africa, sono invece dovute a malattie ben note quali la dissenteria e la tubercolosi, e andrebbero perciò ricondotte ad altre cause tra cui la denutrizione e le condizioni igieniche sempre più precarie. Accusando l’Azt, infine, di essere sempre restato ciò che era all’inizio, vale a dire una sostanza altamente tossica i cui effetti negativi sono di gran lunga superiori a quelli positivi, quand’anche ve ne siano.

Attribuendo l’Aids a un virus, e solo ad esso, l’Occidente si assicura un’assoluzione preventiva per ogni immunodepressione.

La battaglia è stata impari fin dal primo momento e lo è rimasta. La versione ufficiale continua tuttora a dominare il sistema sanitario e, di conseguenza, il modo in cui i governi approcciano il fenomeno. Vere o false che siano, le spiegazioni che sono state date all’Aids hanno il pregio, si fa per dire, di soddisfare simultaneamente un’infinità di interessi. Che vanno dalla politica, ivi inclusa la geopolitica, all’economia. La priorità della politica è che la situazione sia, o appaia, sotto controllo. Quella dell’economia è che la gestione del fenomeno movimenti immense somme di denaro, sotto forma sia di investimenti pubblici per la prevenzione e la cura a spese dello Stato dei malati (veri e presunti) sia di costi a carico dei privati che si sottopongono alle terapie, onerose non solo per il prezzo delle singole confezioni di farmaci ma perché, non avendo come scopo la guarigione definitiva ma solo il contenimento della malattia, si protraggono all’infinito.

Ma c’è dell’altro. Ed è forse l’aspetto più importante, anche se di solito non se ne fa cenno alcuno. Accanto alle funzioni che abbiamo visto, infatti, il “dogma dell’Hiv” ne svolge un’altra assai meno evidente, ma della massima importanza. Attribuendo l’Aids a un virus, e soltanto ad esso, l’Occidente si assicura un’assoluzione preventiva, e illimitata, per qualsiasi altra forma di immunodepressione.

La causa è un virus? Allora si tratta di una fatalità. Che non dipende da noi. La radioattività? Non c’entra. L’inquinamento chimico? Non c’entra. Ammettere che fattori di questo tipo possano danneggiare il sistema immunitario, fino a renderlo inservibile, significherebbe aprire almeno uno spiraglio a una revisione critica del nostro stile di vita.

La faccia scura della luna, come si dice. Ci fanno vedere quella illuminata, quella del benessere consumista, e moltissimi di noi si lasciano abbagliare. Senza preoccuparsi di cosa c’è davvero dall’altra parte. ™

Federico Zamboni





Note:

(1) Per limitarsi all’Italia, le cifre ufficiali fissano le vittime di tumore in circa 150 mila persone. Le vittime dell’Aids, invece, sono intorno alle 200. Secondo il Ministero della Sanità dipende dal diffondersi delle terapie antiretrovirali, ma resta il fatto che negli ultimi anni sono calati drasticamente anche i casi di nuovi sieropositivi (per una ricognizione aggiornata al 2007, www.ministerosalute.it/resources/static/primopiano/503/DATI_AIDS_ISS.pdf).
(2)L’annuncio di Gallo scatenò una vera e propria battaglia, anche legale, con Luc Montagnier e con l’Istituto Pasteur in cui questi operava. Montagnier, infatti, aveva isolato il virus Hiv già un anno prima di Gallo e ne rivendicò la paternità, vincendo la causa contro il collega americano.
(3)L’ultimo annuncio di un’ormai prossima messa a punto di un vaccino è arrivato dallo stesso Luc Montagnier all’inizio dell’ottobre scorso. Durante la cerimonia di consegna del Nobel 2008, che gli è stato attribuito per la medicina a fronte dei suoi studi sull’Aids, Montagnier ha detto che sta lavorando a un vaccino "terapeutico" che dovrebbe essere ufficializzato "entro tre o quattro anni se i finanziamenti saranno costanti".

(4)La Burroughs Wellcome, in realtà, è un marchio che rinvia a due attività distinte. Da un lato la grandissima industria farmaceutica che tutti conoscono; dall’altro una fondazione di ricerca scientifica. Come si legge nel sito di quest’ultima (bwfund.org), “The Burroughs Wellcome Fund is an independent private foundation dedicated to advancing the biomedical sciences by supporting research and other scientific and educational activities”.

(5)Le posizioni di Peter Duesberg sono esposte, in maniera esauriente e comprensibilissima, nel volume Aids, il virus inventato (Baldini, Castoldi, Dalai, pagg. 527, € 9,90), al quale rinviamo espressamente per una dettagliata conoscenza delle tesi alternative a quelle ufficiali.

Gli strumenti del massacro

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

15/01/2008
Marco Cedolin

Pubblicato su Terranauta

Fra le notizie più allarmanti che giungono da Gaza, dove da oltre 2 settimane l’esercito israeliano sta portando avanti il sistematico massacro del popolo palestinese, una delle più spaventose è quella che riguarda l’utilizzo di armi di distruzione di massa, fra le quali bombe al fosforo bianco e mini atomiche “tascabili” meglio conosciute come “Dime”.
L’argomento è di dominio pubblico da molti giorni, ma la censura mediatica lo ha fino ad oggi relegato all’informazione sul web. Telegiornali e grandi quotidiani (con l’eccezione dell’Unità che ha dedicato un articolo alla questione) si ostinano ad ignorare colpevolmente la notizia, prodigandosi in compenso nella descrizione particolareggiata dei “terribili” razzi Kassam che Hamas continuerebbe a lanciare in quantità sempre crescente nonché a distanze sempre maggiori, contravvenendo perfino alle leggi della fisica.

Le bombe al fosforo bianco, che distruggono completamente il tessuto organico delle vittime, sono vietate dal protocollo dell’ONU per la messa al bando delle armi non convenzionali, ma Israele è fra i paesi che non l’hanno sottoscritto. Israele è in compenso fra i firmatari della Convenzione di Ginevra che vieta l’utilizzo di tali bombe contro la popolazione civile ed in aree densamente popolate, anche qualora vengano utilizzate esclusivamente per realizzare una cortina fumogena a protezione delle truppe, come fonti israeliane sostengono essere accaduto. In sostanza ci troviamo di fronte ad un pesante crimine di guerra che potrebbe potenzialmente portare Israele a risponderne davanti al tribunale dell’Aja, anche se sappiamo bene che non accadrà. Non accadrà poiché la protezione di cui gode lo stato israeliano a livello internazionale lo pone al riparo da qualsiasi rischio, non certo perché manchino gli elementi che dimostrano il massiccio uso delle bombe al fosforo bianco avvenuto in questi giorni su Gaza.
Sono numerosissime infatti le foto di bimbi i cui resti dimostrano in maniera inequivocabile gli effetti del fosforo bianco, così come numerose sono le foto ed i testimoni oculari che documentano il lancio delle bombe al fosforo, così come non mancano gli operatori sanitari che si sono trovati alle prese con morti e feriti colpiti dai ferali ordigni.

Se possibile ancora più raccapriccianti risultano essere le testimonianze di alcuni medici norvegesi presenti negli ospedali di Gaza, che analizzando le ferite presenti su un certo numero di cadaveri hanno riscontrato il probabile uso delle bombe “Dime”. Si tratta di vere e proprie “atomiche tascabili” create dall’aviazione statunitense per “limitare i danni collaterali” che causano un’esplosione radioattiva di breve raggio, in grado di rilasciare microschegge che tranciano i tessuti molli e oltre a causare la morte dei malcapitati s’innescano nei tessuti dei feriti, provocando il cancro con il passare degli anni. Naturalmente si tratta di ordigni “sperimentali” che pertanto non sono ancora inseriti negli elenchi delle armi proibite.
Gaza dunque somiglia sempre più ad una sorta di teatro per la sperimentazione dei massacri, strapieno di bambini destinati al ruolo di cavie sacrificali. Resta da domandarsi fino a quando la società Occidentale, il cui crollo verticale sotto il profilo del rispetto dei diritti umani è ormai paragonabile a quello finanziario, intende aspirare a sopravvivere a sé stessa, e si tratta di un mistero dalla difficilissima lettura.

domenica 11 gennaio 2009

Forno a micronde - La ricetta per ammalarsi di cancro

fonte:
http://www.laleva.org/it/2004/02/forno_a_micronde_-_la_ricetta_per_ammalarsi_di_cancro.html

By Archimede on 11.02.04 11:09 | Permalink
Esiste da dieci anni una prova, che il tribunale svizzero ha soppresso, che dimostra come il cibo trattato con le microonde possa danneggiare il sangue in modo rilevante. Studi più recenti hanno aggiunto prove evidenti che il forno a microonde è un rischio per la salute.


Nel 1989, un nutrizionista svizzero, il Dottor Hans-Urich Hertel fece delle scoperte allarmanti sull'uso del forno a microonde. Ma nonostante ciò per più di dieci anni ha dovuto lottare per avere il diritto di far sapere al mondo che cosa aveva scoperto.

Il punto che ha cercato in tutti i modi di rendere noto al pubblico è di interesse vitale per i consumatori : tutti i cibi che vengono cucinati o scongelati nel microonde possono causare dei cambiamenti del sangue che indicano lo sviluppo di un processo patologico presente anche nel cancro.

Nonostante ciò, Hertel per tutto questo tempo, è stato preso in giro dai fabbricanti di forni a microonde che hanno usato le leggi svizzere sul commercio per tappargli la bocca al punto di minacciare di rovinarlo.

Nel Marzo 1993, il Tribunale per il Commercio di Berna, a segui-to di una denunzia della Associazione Svizzera dei Produttori di Apparecchi Elettrici Domestici ed Industriali, ha fatto divieto al Dottor Hertel di dichiarare pubblicamente o per scritto, che i forni a micro-onde sono dannosi alla salute. Non ubbidire a questo ordine avrebbe potuto significare una multa di 5000 Franchi Svizzeri o addirittura un anno di prigione.

La Corte Federale di Losanna ha confermato questo verdetto nel 1994 giustificandolo sulla base della Legge Svizzera contro la Concorrenza Sleale che proibisce "dichiarazioni discriminanti, false, ingannevoli e dannose contro un produttore e i suoi prodotti" (Giornale delle Scienze Naturali, 1998;1: 2-7) una legge che prende esclusiva-mente in considerazione la facoltà di impedire il commercio in sé e non l'intento di nuocere.

Tale legge imbavaglia anche la stampa svizzera poiché qualsia-si osservazione che possa essere considerata una critica del forno a microonde può con facilità portare ad un processo. Le opinioni svizzere sulle scoperte del dottor Hertel non sono condivise dal resto dei paesi europei. Nell'Agosto del 1998, La Corte Europea dei Diritti Umani stabilì che l'ordine del silenzio emesso dalla corte svizzera contro il Dottor Hertel era contrario al diritto di libertà di espressione : La Corte Europea ordinò anche alla Corte Svizzera di pagare un com-penso di 40.000 franchi svizzeri come risarcimento.

Pur avendo vinto la causa da due anni, il Dottor Hertel è ancora in attesa che il Tribunale svizzero cambi la sentenza precedente e gli tolga la multa di 8000 franchi. Nel frattempo le sue scoperte sensaz-ionali sono state convalidate da testimonianze che spuntano qua e là in tutto il mondo.


DA DOVE E' INIZIATO TUTTO QUESTO?

Si ritiene da parte di molti che i forni a microonde siano stati ideati durante la seconda guerra mondiale in Germania per facilitare la preparazione del cibo nei sottomarini; altri dicono che gli stessi scienziati svilupparono tale invenzione per facilitare le manovre durante l'invasione dell'Unione Sovietica. In ogni modo l'invenzione è databile dalla Seconda Guerra Mondiale.

Dopo la guerra, questa tecnologia fu importata negli USA dove fu sviluppa e come risultato il primo forno a microonde fu messo in commercio nel 1952 dalla Raytheon. Da quel momento in poi, questa tecnologia è stata adottata in tutto il mondo senza che venissero fatte ricerche sui possibili effetti dannosi da parte delle autorità di nessun paese.

Solo negli anni '70 cominciarono a comparire dei rapporti che mettevano in dubbio la sicurezza dei cibi cotti a microonde. Studi istologici sui broccoli e le carote cotti a microonde rilevarono che la struttura molecolare dei nutrimenti erano deformati a tal punto da distruggere le pareti cellulari quando, nella cucina tradizionale, la struttura cellulare rimane intatta (Journal of Food Science, 1975;
40 : 1025-9).


IL FUNZIONAMENTO DI UN FORNO A MICROONDE

Il forno a microonde usa un dispositivo chiamato magnetron, che fa oscillare un fascio elettronico ad una frequenza molto alta, producendo così una radiazione di microonde (MW). Gli apparecchi domestici o industriali usano una frequenza di 2.45 gigahertz (Ghz)
ad una potenza di 400-900 watts per un forno domestico standard, la cui alimentazione è progettata per fornire 4000 impulsi al magnetron.
La frequenza di 2.45 Ghz si usa perché l'acqua assorbe l'energia
elettromagnetica più velocemente e al massimo grado a questa fre-
quenza, dando così modo al cibo che contiene acqua di riscaldarsi rapidamente.

Le molecole contenute nel cibo sono costrette a allinearsi con
il campo elettrico molto rapidamente e ad oscillare intorno al proprio asse. Il calore viene prodotto dalla notevole frizione intermolecolare.

Le microonde vengono proiettate dal magnetron all'interno del forno, dove riscaldano il cibo dall'interno verso l'esterno, a differenza dei forno tradizionali che fanno il contrario. Il riscaldamento dall' interno cosa può lasciare delle zone fredde e da ciò la necessità di ruotare costantemente il piatto.

Il massimo livello di perdita permesso dalle norme attuali corris-ponde a una potenza di densità di 5 milliwatts per centimetro quadrato alla distanza di 5 centimetri dalla porta del forno. Questo valore si basa su misurazioni standard per radiazioni MW che sono oggetto
di discussione fra coloro che sostengono che gli effetti atermici delle radiazioni MW dovrebbero essere tenuti in considerazione solo quan- do i livelli di radiazione registrati sono bassi (come ad esempio con i cellulari). Lo sportello del forno stesso dovrebbe essere controllata periodicamente per assicurarsi che non ci siano eccessive perdite.


LA RICERCA DI HERTEL

Undici anni fa, il Dottor Hertel, un medico nutrizionista che ave-va già lavorato per diversi anni per una società alimentare svizzera,
si mise in contatto con il Professor Bernard Blanc dell' Istituto Federale di Tecnologia per sviluppare un programma di ricerca a largo raggio sull'effetto del cibo trattato con microonde negli esseri umani. I due scienziati decisero in seguito di ridurre la loro ricerca ad un livello più limitato, quando il Fondo Nazionale Svizzero non si dichiarò dispon-ibile a finanziare il loro progetto.

Selezionarono otto individui dell'Istituto di Macrobiotica di Kientel in Svizzera che seguivano una dieta strettamente macro-biotica, compreso anche il Dottor Hertel: questo per ridurre al minimo la presenza di elementi che avrebbero potuto essere considerati fuor-vianti per i loro effetti sull'analisi del sangue. Tutti i volontari avevano un'età compresa fra i 20 ed i 40 anni, tranne Hertel che aveva 64 anni.

Come ci racconta Hertel nel suo libro : "Ciò che i dottori non ci dicono" per otto settimane abbiamo vissuto tutti nello stesso albergo e non c'è stato ne fumo, né alcol, né sesso. Ad intervalli di 5 giorni, i volontari ricevevano uno degli otto tipi di cibo disponibili a stomaco vuoto : latte crudo biologico; lo stesso latte preparato in modo tradiz-ionale; lo stesso tipo di latte scaldato in forno a microonde; latte pastorizzato in forma tradizionale; verdura da cultura biologica cruda; la stessa verdura cucinata in forma tradizionale; la stessa verdura surgelata e scongelata in forno a microonde e la stessa verdura cucinata in forno a microonde.

Ai volontari fu prelevato il sangue immediatamente prima di mangiare e a intervalli fissi dopo avere mangiato i suddetti cibi.

Si poterono osservare dei cambiamenti significativi del sangue di coloro che avevano consumato cibo trattato con forno a microonde; mutamenti consistenti in una riduzione di tutti i valori dell'emoglobina e del colesterolo, sia delle lipoproteine ad alta densità (colesterolo "buono") sia di quelle a bassa densità (colesterolo "cattivo") (Nexus, 1995; Aprile / Maggio : 25-7).

I linfociti (globuli bianchi) mostravano una diminuzione a breve termine più evidente dopo che era stato consumato del cibo trattato a microonde che dopo avere consumato del cibo cucinato in maniera tradizionale. Inoltre, Hertel scoprì un'associazione altamente signifi-cativa fra la quantità di energia a microonde nel cibo preso in esame e la luminescenza di quei batteri che si illuminano, se esposti ad una luce speciale, nel sangue di coloro che ne avevano mangiato. Hertel concluse che tale energia poteva essere trasmessa a coloro che mangiavano cibo cucinato a microonde.

Oltre agli effetti suddetti, Hertel notò anche effetti non termici che, egli sostiene, alterano la permeabilità della membrana cellulare poiché cambiano i potenziali elettrici fra l'esterno e l'interno della cellula. Le cellule danneggiate diventano quindi facile preda dei virus, dei funghi e di altri microrganismi.

I meccanismi naturali di riparazione delle cellule vengono anch' essi alterati, e ciò induce le cellule a ricorrere forzatamente alla riserva di energia in "stato di emergenza passando dalla respirazione aerobia (basata sull'ossigeno) a quella anaerobia (priva di ossigeno). Invece di produrre acqua e biossido di carbonio, producono perossido di idrogeno e monossido di carbonio.

In una situazione di questo tipo Hertel asserisce, le cellule passano da un processo generatore di energia di "corretta ossidaz-ione" ad uno di "fermentazione" malata. Hertel prosegue e constata che quando il cibo è trattato con microonde, il forno emette una potenza di 1000 watt o ancora di più. La distruzione e la trasformazione delle molecole del cibo che ne risulta produce dei nuovi composti che si chiamano "radiolitici", sconosciuti in natura. E' opinione corrente nei circoli scientifici che i cibi trattati a microonde non contengano livelli significativamente alti di composti radiolitici più dei cibi cucinati in maniera tradizionale, ma i risultati portati da Hertel suggeriscono il contrario.

Le analisi del sangue dei volontari hanno confermato che in coloro che consumavano cibo trattato a microonde non tutto andava bene. Campioni presi ogni mattina alle 7,45, 15 minuti dopo che avevano mangiato e due ore dopo, mostrarono che i valori degli eritrociti, dell'emoglobina degli ematocriti e leucociti erano al limite minimo della normalità in coloro che avevano mangiato del cibo trattato a microonde.

Tali risultati sono simili a quelli delle persone tendenti all'anem-ia; i risultati erano più evidenti e significativi statisticamente nel secondo mese della ricerca. Inoltre, in correlazione con la diminuz-ione dei valori, si erano innalzati i livelli di colesterolo. Non è difficile capire perché la pubblicazione dei risultati della ricerca nel 1992 abbia causato allarme in Svizzera. Comunque, la reazione delle autorità svizzere e dell'industria che lo portarono davanti ad un tribunale e lo accusarono e condannarono per Concorrenza Sleale, segna un capitolo vergognoso nella stia della Svizzera. Tale fu la pressione sul Professor Blanc che si sentì obbligato a dissociarsi pubblicamente dalla interpretazione data nella relazione congiunta che aveva seguito la loro ricerca, subito dopo la sua pubblicazione. Privatamente, egli ammise che con il Dottor Hertel che lo aveva fatto perché temeva per la sicurezza della propria famiglia (Journal of Natural Sciences,1998; 2-7).

Nonostante tutti i tentativi per metterlo a tacere, la ricerca del Dottor Hertel è disponibile fuori dalla Svizzera per posta o sul sito web (copie disponibili da World Foundation for Natural Science, Box 632, CH-3000, Bern, Switzerland; tel: 0041 33 4381158; fax 437 4816. Sito web : www.wffns.org).


I RUSSI VIETANO I FORNI A MICROONDE

Dopo la seconda guerra mondiale anche i Russi hanno sperimen-tato il forno a microonde. Dal 1957 fino ad oggi, le ricerche sonostate portate avanti dall'Istituto di Radiotecnologia di Klinsk, Bielorussia. Secondo il ricercatore americano William Kopp, che ha raccolto sia le ricerche tedesche che quelle russe, e che è stato inquisito per questo (Journal of Natural Sciences, 1998; 1: 42-3) - dal gruppo legale russo sono stati rilevati i seguenti effetti :

- La carne già cucinata e scaldata nel forno a microonde con calore sufficiente a distruggere un essere umano provoca :

- d-nitrosoditanolamine (un agente ben conosciuto fra le cause del cancro);

- destabilizzazione dei composti biomolecolari della proteina attiva;

- origine di un effetto binding della radioattività dell'atmosfera;

- origine di agenti che causano il cancro nelle proteine-idrolizzate del latte e dei cereali.

- L'emissione di microonde causava anche alterazioni nel comportamento catabolico (guasto) del glucoside - galattoside - elementi che si trovano nella frutta surgelata se viene scongelata in questo modo.

- Le microonde alteravano il comportamento catabolico degli alcaloidi delle piante se la verdura surgelata, cruda o cotta veniva esposta anche per tempi molto brevi.

- I radicali liberi che causano il cancro si erano formati in
alcune strutture molecolari con minerali in traccia nelle sostanze vegetali, specialmente nei tuberi crudi.

- Ingerire cibi trattati a microonde innalzava la percentuale
di cellule cancerogene nel sangue.

- A causa delle alterazioni chimiche nelle sostanze alimentari, c'erano delle disfunzioni nel sistema linfatico che causavano una degenerazione della capacità del sistema immunitario di autodifesa contro la crescita del cancro.

- Il catabolismo instabile dei cibi trattati a microonde alterava le loro sostanze elementali, e ciò provocava disturbi della digestione.

- Coloro che avevano mangiato cibi trattati a microonde mostrarono un incidenza statisticamente maggiore di tumori allo stomaco e all'intestino, oltre a una degenerazione generale dei tessuti cellulari periferici ed una graduale perdita delle funzioni digestive e escretorie;

- L'esposizione alle microonde causò una diminuzione significativa dei valori nutrizionali di tutti i cibi studiati particolarmente :

- Una diminuzione della biodisponibilità delle vitamine del complesso B, della Vitamina C, vitamina E dei minerali essenziali e lipotropi;

- Distruzione del valore nutrizionali delle nucleoproteine della carne;

- Diminuzione dell'attività metabolica degli alcaloidi, glucosidi, galattosidi e netrilosidi (tutte sostanze base delle piante presenti nella frutta e nella verdura);

- Notevole accelerazione della disintegrazione strutturale dei cibi (Perceptions, 1996; Maggio / Giugno : 30-3).

- Come risultato di tali ricerche i forni a microonde furono vietati in Russia nel 1976 e questo divieto fu annullato dopo la Perestrojka.


RICERCHE RECENTI

Ancora alcune di queste teorie devono essere verificate, ma altre ricerche in Gran Bretagna e negli USA hanno messo in evidenza altri rischi. Nel 1990 all'Università di Leeds, due ricercatori del Diparti-mento di Microbiologia Medica hanno studiato il calore irregolare che i forni a microonde possono causare. Hanno scoperto che il contenuto di sale in una data porzione di purea di patate influiva sulla temperat-ura interna della vivanda- maggiore era il contenuto di sale, minore era la temperatura.

Da ciò i ricercatori hanno concluso che "la scarsa penetrazione
di microonde nel cibo preso in esame ad alta concentrazione ionica può essere causato dalla induzione della corrente elettrica/ionica sulla superficie del cibo stesso. Questo spiegherebbe la ragione per cui il cibo confezionato scaldato a microonde di solito è bollente in super-ficie ma freddo all'interno (Nature,1990; 344 : 496).

E' riferito il caso di un paziente che nel 1991 in un ospedale di Tulsa, Oklahoma, è morto per crisi anafilattica dopo una trasfusione di sangue che era stato scaldato in forno a microonde. L'irradiazione
sembra avere alterato il sangue in qualche modo e avere causato la
morte del paziente (Journal of Natural Sciences, 1998; 1: 2-7).

Nell'Agosto 1989, una ricerca del governo britannico ha dimost-rato che la Listeria ed altri batteri potenzialmente mortali possonosopravvivere nel cibo cucinato a microonde, anche se si seguono le istruzioni (Food Business, 1989; 20 :12).

Un'altra ricerca americana ha dimostrato che l'uso di riscaldare avanzi di cibo nel forno a microonde è potenzialmente pericoloso. I ricercatori che studiavano le cause di una serie di casi di Salmonell-osi fra le persone che facevano picnic nel 1992, scoprirono che delle

trenta persone che riportarono a casa della carne avanzata, i dieci che avevano usato il forno a microonde si erano tutti ammalati. Nessuno dei dieci che avevano usato un forno normale o una padella per riscaldare il maiale si era ammalato.

I ricercatori conclusero che, paragonando i metodi convenzionali di riscaldamento, il forno a microonde non dava nessuna protezione all'insorgere di salmonella (American Journal of Epidemiology, 1994; 139 : 903-9).


NON SCALDATE IL LATTE NEL FORNO A MICROONDE

Riscaldare o scongelare latte materno nel forno a microonde causa un diminuzione del livello di fattori anti infettivi del latte, anche se si usano basse temperature (20- 53 °c) ( Paediatrics,1992; 89 :
667 -9 ). In uno studio dell'Università di Stanford in California, il riscaldamento a microonde a più di 72°C si dimostrò come la causa di una sensibile diminuzione di tutti i fattori anti infettivi testati.

Un altro studio, fatto a Vienna, trovarono che cuocere a micro-onde causa cambiamenti notevoli delle proteine del cibo cosa che non si verificava dopo una cottura tradizionale. La D prolina e la cis D idrossidoprolina furono rinvenute in quantità significative nella formu-la del latte per neonati scaldato a microonde, mentre di solito solo la L prolina si trova nel materiale biologico. L sta per levogiro, D per destrogiro, riferendosi alla direzione di rotazione degli elettroni sul piano di polarizzazione ottica).

Lubec ed i suoi colleghi misero in guardia per il fatto che "la conversione di forme da trans a cis può essere pericolosa perché quando i cis-aminoacidi sono incorporati in peptidi e proteine invece che nei loro transisomeri, ciò può portare a cambiamenti strutturali, funzionali ed immunologici" (Lancet, 1989; 9 : 1392-3).

Altre ricerche hanno trovato che il latte per neonati trattato con microonde può causare cambiamenti molecolari degli aminoacidi
delle proteine del latte, causando in tal modo tossicità o cambiando il valore nutritivo del latte stesso. Però la quantità di proteine cambiate era molto piccola (Journal of the American College of Nutrition, 1994; 13 : 209 -10 ).

Non tutte le testimonianze sono comunque negative. Gli scienz-iati di un laboratorio dell'Istituto di ricerca di Zeist, in Olanda, hanno svolto una ricerca di 13 settimane sugli effetti del cibo trattato a micro-onde, sulla composizione del sangue ed altri indicatori sanitari su topi e sembra che non abbiano riscontrato nessun effetto negativo (Food Chemical Toxic ,1995 ; 33: 245 -56 ). Comunque va tenuto presente che si tratta di studi su animali e non sempre si possono applicare ad essere umani.


ATTENZIONE ! PERDITA DI ADDITIVI

Un altro problema del cibo trattato a microonde è che esso ha un colore ed un sapore meno forte se paragonato al cibo cucinato in modo tradizionale soprattutto ciò si verifica nei cibi che contengono della pasta. Questo fatto ha sviluppato ed incoraggiato la produzione di additivi che possono essere usati nei cibi per forno a microonde e che riproducono artificialmente i colori ed i sapori che i consumatori
si aspettano di trovare. Gli studiosi dell'università australiana degli stati di Lara e Ashton nel loro libro che raccomandiamo caldamente
di leggere "I Pericoli del Progresso" (Zed Books, Londra, 1999) affer-mano :

"Un esempio di un nuovo tipo tecnologico di sapori special- mente destinati ai cibi da cucinare a microonde sono i recettori. Questi sono di solito incorporati nell'involucro dei cibi per microonde e sono usati per raggiungere delle aree ad alta temperatura; questo da un effetto di rosolatura al cibo durante la cottura a microonde. Un leggero effetto collaterale di alcuni di questi prodotti prima del 1992 significava anche che veniva emessa una piccola quantità di etere bisfenolo Aúdiclicide,
una sostanza chimica tossica conosciuta come BADGE, che andava nel cibo durante la cottura a microonde. BADGE era un componente dell'adesivo antigelo usato per fissare i recettori all'involucro."

Gli autori citano uno studio del 1992 su 52 campioni di pizza in cui nove recettori usati in una marca contenevano BADGE in una con-centrazione che andava da 0,2 -a 0,3%. La sostanza chimica passava nella pizza quando questa veniva cucinata nell'involucrocome da istruzioni (Food Additives and Contaminants, 1994; 11 : 231- 40).

Spesso pane e cereali vengono venduti in involucri cerati per poter facilmente essere scaldati a microonde. Ma uno studio recente ha dimostrato seguendo le istruzioni risultava che il 60% della cera passava nel cibo (Food Additives and Contaminants, 1994; 11 : 79 -89).

La pellicola in PVC che copre il cibo durante la cottura a micro-onde lascia particelle di plastica a tal punto che una ricerca del 1996 raccomandava di non usare plastica PVC a diretto contatto con il cibo durante la cottura (AB Badeka, MG Kontominas, 1996; citato da Ashton e Laura,1999, pag.68).


COME PROTEGGERSI DALLE RADIAZIONI SE SI DEVE
CONTINUARE AD USARE IL FORNO A MICROONDE

. Controllare periodicamente specialmente lo sportello di chiusura che è la parte più soggetta a perdite;

- Non aprire mai la porta quando il forno è in funzione;

- Stare ad una distanza di almeno circa 90 centimetri (specialmente i bambini); quando il forno è in funzione per evitare effetti cumulativi anche per esposizioni limitate. Il cristallino degli occhi è la parte a maggior rischio per una esposizione alle microonde perché non ha modo di disperdere l'energia termica o in altro modo;

- Evitare di cucinare a microonde cibi surgelati o preparati, specialmente se vanno cotti nel loro involucro;

- Non usare contenitori in PVC;

- Non incoraggiare gli adolescenti ad usare cibo scaldato a microonde o ad usare il forno in generale;

- Sappiate che la maggior parte dei ristoranti usa cibo da microonde in grandi forni industriali che risultano ancora avere maggiori rischi per i consumatori, e i clienti dovrebbero esserne informati;

Il messaggio è abbastanza chiaro. Non cuocete cibi in forni a microonde, specialmente per i bambini, a meno che non ci sia una
vera urgenza. Non date ascolto alla pubblicità ingannevole che vi offre "una preparazione veloce" per la vostra vita "piena di impegni".
Rendetevi conto che il vostro corpo ha bisogno di cibi genuini prep-
arati nel modo più genuino possibile in modo da farlo funzionare al massimo. Più vengono consumati cibi non genuini e sempre più gli organi del vostro corpo saranno colpiti negativamente verso la degen-erazione e la malattia. Trattate il vostro corpo come trattereste una Rolls-Royce non come un bidone della spazzatura.
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Scritto da Simon Best, direttore e produttore
di "Electromagnetic Hazard Therapy",
e-mail : Simon Best
website : Hazard Therapy
Tradotto dalla Signora Paola Macelloni.


PUNTI DI VISTA
CONFLITTO DI INTERESSI

Simon Best il nostro esperto in elettromagnetica, ci ha dato nel testo suddetto una testimonianza agghiacciante dei pericoli dei forni a microonde.

Una dei testi giornalistici più informati su questo argomento specifico sembra un racconto dell'orrore. Una solida testimonianza scientifica ci fa comprendere che scaldare il cibo a microonde lo priva delle parti nutrizionali più importanti. Mangiare del cibo cucinato in questo modo produce dei cambiamenti del sangue, delle cellule e del sistema immunitario rendendo più facile che si verifichino condizioni cancerogene.

Il cibo cucinato a microonde ha un sapore così disgustoso tanto che le industrie alimentari hanno dovuto usare additivi, coloranti, sapori artificiali ed altra spazzatura per fare in modo da far assomigli-are il più possibile al sapore naturale, o come alternativa hanno aggiunto tali sostanze agli involucri e così facendo gli additivi chimici passano direttamente nei cibo. Non ci dobbiamo quindi sorprendere se quelle particelle di eleganti risparmia - tempo come ad esempio i contenitori di plastica pronti per cucinare, finiscono nei cereali della colazione quando si scaldano.

Ma se questa tecnologia è così pericolosa perché nessuno ha mai detto nulla?

La risposta è che quei pochi che hanno tentato di dire ad alta voce quale è il problema hanno visto le loro informazioni venire soppresse dal le così dette illuminate società occidentali come ad esempio la Svizzera.

Questa non è una storia semplicemente su i pericoli della tecno-logia universalmente venduta al pubblico prima che ne venissero
studiati e compresi gli effetti. E' una classica dimostrazione di inter-essi commerciali in collusione con un governo e di un sistema giudiz-iario che mette al primo posto i profitti e non l'interesse pubblico.

Il caso dello scienziato svizzero Dottor Hans-Urich Hertel è un altro capitolo vergognoso della storia della Svizzera. Per 10 anni la Svizzera è riuscita a mettere a tacere la voce del Dottor Hertel usando una legge draconiana che proibisce qualsiasi tipo di critica che poss-ano recar danno al commercio. Anche se questa legge dovrebbe riguardare solo le affermazioni che siano " false o ingannevoli", questo dipende da chi è chiamato ha decidere.

Quello di cui si può accusare la legge svizzera è l'impedire la libertà di parola e la soppressione di qualsiasi prova che avrebbe potuto potenzialmente essere di ostacolo agli interessi di qualche compagnia o industria.

La cosa che da più fastidio è che gli svizzeri proclamano la loro libertà commerciale come sacra e migliore di tutti. Benché il tribunale europeo, quello che dovrebbe avere una voce autorevole più di quello delle singole nazioni, abbia deliberato a favore di Hertel, il tribunale svizzero indugia prima di decidere se intenda prenderne atta.

Lungi da me applaudire il comunismo, ma l'ironia di questa lunga storia sta nel fatto che un regime totalitario e repressivo come era quello russo degli anni '70 sia stato l'unico a reputare giusto proibire una tecnologia che gli scienziati avevano dichiarato pericolosa.

A meno che non crediamo che questo possa succedere in Inghilterra, sta per passare una legge che proibirà di esprimere un giudizio critico su un prodotto se ciò non sarà sostenuto da prove scientifiche. Questo sembra giusto se non consideriamo come potrà essere ricevuta una ricerca come quella di Hertel. Ci saranno dei professori con credenziali che fanno presa sulla gente che probabil-mente sosterranno in tribunale che le prove non sono sufficienti e la voce di Hertel potrebbe essere messa a tacere anche qui.

Qualche volta le leggi che sembrano fatte per proteggerci sono quelle a cui ci dobbiamo opporre più fortemente. Questa nuova legge che dovrebbe aiutare a farci individuare la verità sui prodotti nuovi e vietare alle multinazionali di fare affermazioni false, potrebbe anche proteggere il commercio da dovere sottomettersi a ricerca scientifica. Solo il tempo ci dirà quanti Hertel inglesi avranno la bocca chiusa da una museruola.

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Scritto dalla Signora Lynne McTaggart, editrice della rivista
"What Doctors Don't Tell You" (Vol. no, No. 12),
Satellite House, 2 Salisbury Road, London SW19 4EZ, Inghilterra.
Tradotto dalla Signora Paola Macelloni.