venerdì 29 maggio 2009

Le fiabe di Tremonti e le preghiere di Sacconi

Fonte:
di Emilio Carnevali

Confesso di esserci rimasto piuttosto male quando, fortunatamente già grandicello, ho appreso che una delle mie preferite favole dell’infanzia – 
Il mago di Oz – era in realtà una metafora di politica monetaria scritta in occasione della colossale deflazione del 1880-1896 negli Stati Uniti. L’autore del libro, il giornalista democratico L. Frank Baum, intendeva così sostenere l’introduzione di un sistema bimetallico (le babbucce di Dorothy erano infatti, nella versione originale, d’argento) che avrebbe aumentato l’offerta di moneta, fermando la deflazione e salvando così gli agricoltori del sud (lo spaventapasseri) e i lavoratori industriali (l’uomo di latta) strozzati dai pesanti debiti contratti. Nella realtà l’allora candidato democratico Bryan, sostenitore del Free Silver, fu sconfitto dal candidato repubblicano McKinley, rappresentante dei banchieri e dell’establishment conservatore delle grandi città orientali. McKinley mantenne il sistema aureo, ma grazie alla scoperta di nuovi giacimenti d’oro in Alaska, Australia e Sud Africa l’offerta di moneta aumentò lo stesso e con essa i prezzi e le precarie condizioni degli “spaventapasseri”. 
Un trauma da infanzia negata a posteriori – quello di scoprire che la magica strada dorata che tanto aveva acceso la mia prolifica fantasia di bambino era in realtà “la corona di spine sulla testa dei lavoratori” (il gold standard) – dal quale solo ora riesco a riprendermi grazie all’immaginifico ministro dell’economia che la provvidenza ci ha portato in dote. 
Già autore della celebre Robin Hood Tax, già gran maestro della finanza creativa, Giulio Tremonti ci dimostra infatti che dopo una lettura macroeconomica delle fiabe è possibile anche addentrarsi in una lettura fiabesca della macroeconomia. 
Il governo Berlusconi non ha fatto praticamente nulla per contrastare la crisi economica in atto e le conseguenze di essa su cittadini e lavoratori, ma la filastrocca con la quale sono stati caricati a molla i suoi ministri e portavoce é che la l’Italia “sta reagendo meglio di ogni altro Paese europeo”. Questa affermazione è, semplicemente, una fiaba. I recenti dati Istat indicano che dall’inizio della crisi (che possiamo datare simbolicamente con il fallimento della Lehman Brothers), il Pil italiano ha registrato una flessione del 4,4 % in sei mesi (quarto trimestre del 2008 e primo del 2009 rispetto al terzo trimestre del 2008). Solo la Germania fra i grandi Paesi Europei ha fatto peggio, con un –5,8%, ma questo è comprensibile vista l’importanza dell’export per l’economia tedesca. Stanno invece meglio dell’Italia il Regno Unito (-3,5%), la Spagna (-2,8%) e la Francia (-2,4%). 
Con tutto ciò Tremonti si è vantato ieri di fronte alla platea della Confcooperative che “la velocità di crescita del debito e del deficit è inferiore alla media europea e i dati italiani, corretti per il ciclo, dimostrano che è l'unico Paese che sta sotto il 3%” del rapporto deficit/pil. In sostanza si è vantato di non aver fatto nulla, al contrario dei governi degli altri Paesi europei, e ha poi rivendicato il risultato di conti pubblici in ordine se 
facessimo finta che non ci sia la crisi. Poteva aggiungere anche che se ipotizzassimo la scoperta di grandi giacimenti di diamanti sul Gran Sasso potremmo considerare l’Italia il maggior esportatore europeo di diamanti e che – si diceva al mio paese, sempre ai tempi della mia infanzia – se ipotizzassimo mio nonno dotato di ruote potremmo anche considerarlo una carriola.
Ma il passaggio dal filone fantasy all’epopea mistico-millenaristica è stato opera di un altro ministro, il prode Maurizio Sacconi (altro ex socialista), autore di una delle dichiarazioni più incredibili registrate negli ultimi mesi dalle agenzie di stampa: con il protrarsi della crisi – ha detto il responsabile del Welfare sempre all’assemblea di Confcooperative – “avremo bisogno dell'illuminazione della nuova enciclica sociale del Papa. Le nostre comunità, di fronte alla crisi saranno spaventate dalle incognite. Nell'attraversamento del guado, quando la notte è buia, non possiamo non rivolgerci a questi valori”. 
E siamo così ritornati all’immaginario della mia infanzia, a quegli stupendi b-movie demenziali americani tipo “L’aereo più pazzo del mondo” (Jim Abrahams, David Zucker, Jerry Zucker, Usa 1980). A un certo punto del volo gli altoparlanti annunciavano ai passeggeri: “Niente panico, la situazione è assolutamente sottocontrollo… a proposito, c’è qualcuno che sa pilotare un aereo?”.

Alessandria, stop al nucleare: il Tar accoglie il ricorso

Fonte:

Clamoroso colpo di scena nella vertenza tra ecologisti e governo (nazionale e regionale) riguardo all’installazione nucleare di Bosco Marengo, alle porte di Alessandria, il cui smantellamento secondo gli ambientalisti l’avrebbe trasformata in un pericoloso deposito di scorie radioattive: il 21 maggio il Tar piemontese ha accolto il ricorso presentato da diverse associazioni territoriali, bloccando di fatto la procedura prevista dal governo. «Da Alessandria - commenta Lino Balza di “Medicina democratica”, portavoce dell’iniziativa ambientalista - arriva una grossa vittoria, di buon auspicio nella battaglia contro il nucleare in Italia».

L’ordinanza del Tar del Piemonte, che ha sospeso lo smantellamento dell’impianto (ex Fabbricazioni Nucleari), secondo gli ambientalisti «crea un precedente nazionale per tutti i siti nucleari: infatti lo stesso governo aveva dichiarato apertamente che, in caso di pronuncia definitiva a favore del nostro ricorso, l’intera strategia sin qui adottata sarebbe stata da rivedere, in relazione a tutti gli impianti nucleari presenti in territorio italiano».

In seguito al ricorso presentato da “Medicina democratica”, Legambiente, Pro Natura e altre associazioni, il Tribunale amministrativo regionale ha di fatto pronunciato una ordinanza contro il Ministero dello sviluppo economico e l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca Ambientale, rigurado alla Sogin (Società gestione impianti nucleari). Nella sentenza, il Tar accoglie l’istanza cautelare e sospende l’esecuzione dello smantellamento, dato che «le circostanze allegate dai ricorrenti comprovano l’esistenza di un pregiudizio grave e irreparabile derivante dall’esecuzione del provvedimento impugnato».

La battaglia di Alessandria contro il nucleare si è svolta «nell’indifferenza dei sindaci della provincia» e con l’opposizione della stessa Regione Piemonte, dice Balza, ma è stata vinta «grazie ad una entusiasmante sottoscrizione popolare». Secondo gli ambientalisti, ora confortati anche dal Tar, la demolizione dell’impianto di combustibili nucleari di Bosco Marengo avrebbe implicitamente creato un deposito di scorie radioattive, definito “temporaneo” ma di fatto permanente, «in un sito assolutamente inidoneo, cioè non sicuro», in barba alle disposizioni del 2003 che prescrivono la sistemazione in sicurezza dei depositi radioattivi, innanzitutto previa stesura di una valutazione di impatto ambientale.

Decrescita e migrazioni

Fonte:

Fino a quando dominerà il paradigma della crescita infinita, non si potrà mai arrestare il fenomeno delle migrazioni. Quest’ultimo – insieme a guerre di occupazione per accaparrarsi le risorse, consumismo ed inquinamento – si ridurrà soltanto con uno stile di vita più sobrio e con l’implementazione dell’autoproduzione di beni. Vi presentiamo “Decrescita e migrazioni”, nuovo ed interessante libro di Maurizio Pallante.

di Andrea Bertaglio

decrescita e migrazioni
Decrescita e migrazioni, di Maurizio Pallante
Il nuovo libro di Maurizio Pallante,Decrescita e migrazioni, è un pamphlet tanto sintetico quanto incisivo, che spiega come le società basate sulla crescita economica a tutti i costi implichino necessariamente una crescita delle migrazioni di una sempre maggiore quantità di persone.

Un tema molto scottante e molto attuale, in cui nella maggior parte dei casi si bada solo alle fasi “finali” di queste problematiche (parlando di accoglienza piuttosto che di espulsione, ad esempio), senza minimamente curarsi delle cause, dell’origine di questi fenomeni.

Un sistema economico fondato sulla crescita del prodotto interno lordodeve aumentare in continuazione il numero dei produttori e consumatori di merci. Di conseguenza deve indurre, con le buone o con le cattive, con la persuasione o con la forza, un numero crescente di contadini tradizionali ad abbandonare l'autoproduzione di beni, cioè l'agricoltura di sussistenza dove la vendita è limitata alle eccedenze, per andare a produrre merci e guadagnare in cambio il denaro necessario a comprarle. Questo passaggio implica l'abbandono delle campagne e il trasferimento nelle città con costi sociali e ambientali elevatissimi. Sociali se si considera, ad esempio, l’impatto fra le diverse culture quando migliaia di persone si spostano in massa dal sud al nord del mondo (o dall’est all’ovest); ambientali se si pensa che oggi più della metà della popolazione mondiale vive ammassata nelle grandi metropoli.

Uno stile di vita non omologato sui modelli consumistici, oltre a migliorare la qualità della vita di chi lo pratica, può contribuire a rimuovere le cause che inducono a emigrare in misura superiore a quanto comunemente si pensi; seppure sia a volte difficile, e delicato, far capire a chi non ha avuto mai niente (materialmente parlando) che la soluzione ai suoi problemi non è l’acquisto di merci, ma che anzi ne è la causa.

migrazioni
Fino a quando dominerà il paradigma della crescita infinita, non si potrà mai arrestare il fenomeno delle migrazioni
In questo breve libro Maurizio Pallante, caratterizzato dalla sua solita indipendenza di pensiero, mostra chiaramente come a livello politico non ci sia nessuna intenzione di arrestare veramente i flussi migratori in corso, nonostante i buoni propositi in alcuni casi o le ridicole o altisonanti proposte per ridurne la portata in altri. Quando sia la destra che la sinistra auspicano (ancora) una società ed un’economia che prevedono la crescita infinita del consumo di merci, si ha bisogno di un numero sempre più alto di “consumatori”.

Fino a quando la crescita infinita sarà il modello economico e sociale propinato a tutte le società del mondo, non si potrà mai dare fine al fenomeno delle migrazioni, nemmeno se si volessero istituire le più feroci ronde da una parte, o se si volesse accogliere chiunque ne faccia domanda dall’altra (entrambe soluzioni impossibili ed insensate).

Fino a quando le società opulente, già eccessivamente caratterizzate da una crescita ipertrofica, vorranno mantenere certi stili di vita, non si potranno permettere di diminuire il numero né di persone dipendenti dal mercato, né di persone per la manodopera a basso costo.

Fino a quando le società cosiddette “povere” vorranno seguire il mito della crescita, non si potranno permettere di continuare a sostentarsi come hanno sempre fatto tramite le loro economie di sussistenza, ma dovranno adeguarsi ad un mercato falsamente libero. E le loro popolazioni, appunto, trasferirsi in massa in quei Paesi nei quali invece l’economia di sussistenza è stata abbandonata da fin troppo tempo.

Migrazioni, crescita, guerre di occupazione per accaparrarsi le risorse, consumismo, inquinamento, possono essere ridotti con uno stile di vita più sobrio e con l’implementazione, quando possibile, dell’autoproduzione di beni.

Si può fare molto per risolvere da subito i nostri problemi. E nostri vuol dire di tutti i popoli, sia “ricchi” che “poveri”, o presunti tali.

Questo volume, “Decrescita e migrazioni”, si legge facilmente nonostante la complessità dei temi trattati. E soprattutto fornisce delle immediate "risposte", pur nella sua sinteticità, alle problematiche epocali in questione.

giovedì 28 maggio 2009

Abbonatevi a "Il Fatto"

Fonte:




Vignetta di BandanasCi siamo. Il conto alla rovescia è cominciato. A settembre, finalmente, avremo un giornale nuovo, libero, tutto nostro. Un giornale eccentrico, rispetto agli altri. Un fatto nuovo. Perché?

1) Racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà la notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano. 

2) Non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi. 

3) Non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito. 

4) Nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.

Per questo vi chiediamo di abbonarvi subito: il prezzo della nostra libertà di informare e del vostro diritto di essere informati dipende dal numero di copie che i lettori acquisteranno in edicola, ma soprattutto dagli abbonamenti che raccoglieremo prima di partire. Più abbonamenti, più libertà.
 
Il nostro giornale avrà 16 pagine, tutte a colori. Uscirà sei giorni a settimana, tranne il lunedì. Sarà un giornale di carta e un giornale web. Sarà diretto da Antonio Padellaro. Avrà una redazione di giovani agguerriti. Si avvarrà di un gruppo di firme, di inviati di punta e di autori satirici che hanno condiviso con noi la lunga battaglia contro il regime berlusconiano, senza sconti per un’opposizione troppo spesso complice. Li scoprirete via via nell’apposito spazio “AnteFatto” che creeremo presto su questo e altri blog e siti amici. Con tutte le indicazioni per abbonarvi e diventare subito soci fondatori del nostro giornale (ricevendolo per posta, possedendo un coupon da presentare in edicola, scaricandolo in rete dopo la mezzanotte, e così via).

Nell’attesa - che sarà breve - dell’AnteFatto, ecco i riferimenti dell’ufficio che fin da oggi riceverà le vostre prenotazioni per l’abbonamento:
telefono 02-66506795
fax 02-66505712
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Vi terremo aggiornati, di settimana in settimana, delle prenotazioni raccolte. Sarà dura, ma tutti insieme ce la faremo. Dipende da tutti voi, anzi da tutti noi

Serraglio elettorale

Fonte:

Marco Cedolin
Tutto è grottesco nella corsa elettorale che si sta consumando sotto il sole di questa canicola prematura di fine maggio. Ad iniziare dal merito delle elezioni stesse, un parlamento europeo di cui al di là della facile mangeria si fatica assai ad evincere il senso e delle amministrazioni provinciali che a breve potrebbero ritrovarsi a non amministrare più nulla, se la soppressione delle province da tempo ventilata finirà per andare in porto.

Preso atto della scarsa salienza della consultazione, ciò che più risulta avvilente sono i toni ed i contenuti espressi dalla sarabanda dei partiti politici, con l’unica eccezione costituita dalle piccole formazioni politiche (di destra come di sinistra) che comunque sono già state deprivate a priori dal parlamento della possibilità di tramutare in rappresentanza politica i voti dei propri elettori.

I “partiti che contano” o sperano di contare stanno affrontando la campagna elettorale con lo stesso spirito con cui ci si da vita ad una sonora scazzottata al bar dello sport, in merito al contestato rigore della domenica. Lo sfrenato egotismo ed il diffuso malanimo, stanno producendo fra PD e PDL ed i piccoli partiti a loro satellizi, una serie infinita di risse verbali, attacchi alla persona e insulti gratuiti del tutto fini a sé stessi, funzionali solamente alla volontà comune di non entrare nel merito delle gravi problematiche che affliggono il paese e l’Europa tutta.
Neppure una parola riguardo al
 
Trattato di Lisbona, alla perduta sovranità monetaria, all’Europa dei burocrati tesa ad annientare il valore aggiunto costituito dalle peculiarità delle comunità che si vorrebbero ogni giorno di più sradicate dai propri territori e dalle proprie tradizioni. Silenzio totale in merito all’Europa della precarietà, dove si cannibalizzano i diritti dei lavoratori, depauperando oltre mezzo secolo di conquiste sociali
Neppure una proposta concreta attraverso la quale affrontare la 
vera crisi (non l’ologramma della crisi finanziaria) di un modello di sviluppo prossimo a defungere, per effetto della quale nel corso dei prossimi anni sempre più ampi strati della popolazione si vedranno privati della possibilità di realizzare un reddito che possa consentire loro una sopravvivenza dignitosa, a dispetto di tutti i cabalisti a pagamento che pronosticano la fine della crisi senza essere in grado di produrre una sola ragione in virtù della quale l’ipotesi dovrebbe realizzarsi. Neppure un minimo cenno di autocritica per avere dato vita ad un processo di globalizzazione tanto insensato quanto controproducente, a solo beneficio dei profitti di banche e corporation. Nessuna volontà di procedere ad una riflessione in merito allo strapotere dell’oligarchia finanziaria, i cui risultati in termini di disoccupazione, povertà diffusa e progressivo annientamento dei diritti, iniziano a farsi sentire in maniera devastante.

I partiti che contano non gradiscono parlare di politica, trattandosi di temi troppo complessi all’interno dei quali è facile scivolare. Immaginate
 Antonio di Pietro che ha reclutato in tutta Italia una marea di candidati “sensibili ai problemi ambientali” alle prese con temi come l’incenerimento dei rifiuti, la cementificazione del territorio e le grandi opere di cui si è sempre fatto portatore. Immaginate la Lega Nord posta di fronte al tema del trattato di Lisbona che cozza violentemente con i presupposti che sono alla base della sua stessa nascita. Immaginate Franceschini che oggi domanda finanziamenti a pioggia per i disoccupati, ma in due anni di governo si è guardato bene dal destinare loro un solo euro. Immaginate lo stesso Berlusconi chiamato a sostanziare le ragioni per cui i cittadini dovrebbero rimanere ottimisti di fronte alla chiusura generalizzata delle aziende e all’aumento della cassa integrazione di oltre il 300%. Per non parlare di SL di Nichi Vendola che ha reclutato all’interno della propria formazione politica perfino i Verdi in fase di dissoluzione, pur sostenendo apertamente il TAV, i rigassificatori e l’incenerimento dei rifiuti o dell’UDC di Casini/Caltagirone impegnato a sostenere la “famiglia” attraverso l’innalzamento dell’età pensionabile ed i valori cristiani per mezzo dell’aumento delle capacità militari europee.
Accantonata la politica che è scomoda e non fa chic, meglio allora fare proprio il modello “Amici” e “Buona Domenica”, dove la rissa verbale, l’insulto, la zuffa condita dai peggiori epiteti, conseguono un’ottima resa in termini di audience e se trasposti altrove possono rappresentare la falsariga di una campagna elettorale condotta unicamente “contro” l’avversario, senza l’ambizione di effondersi in alcuna proposta politica degna d’interesse. Ultimo esempio, ma solo in ordine di tempo, di quanto grottesca sia la classe politica italiana, lo ha reso ieri il leader pro tempore del PD Franceschini che impegnato ad attaccare Berlusconi, pur avendo migliaia di argomenti legittimi e concreti attraverso i quali poterlo fare, ha preferito le offese a livello familiare, con la conseguenza di ottenere una brutta figura e fare scendere ancora più in basso il livello questa già avvilente campagna elettorale.

mercoledì 27 maggio 2009

Gli OGM “non hanno rese agricole superiori”

Fonte:

Ad aprile è stato pubblicato un rapporto americano che attacca la garanzia di più forti rendimenti degli OGM. Non è il primo studio a mettere in dubbio l’efficacia degli organismi geneticamente modificati, eppure i paesi e le superfici coltivate con OGM continuano ad aumentare.


di 
Elisabeth Zoja

ogm
Gli Ogm hanno rese agricole superiori? Secondo un rapporto Usa non sarebbe così
Gli organismi geneticamente modificati (OGM) non vengono più criticati solo in Europa. Ad aprile è stato pubblicato un rapporto americano che attacca il principale argomento dei fabbricanti di sementi modificate: la garanzia di più forti rendimenti. Responsabile del rapporto è la Union of Concerned Scientist, un gruppo di esperti del MIT (Massachusetts Institute of Technology).

Qualche settimana dopo, a inizio maggio, l’UE ha imposto il suo diritto a consumare carne bovina senza ormoni (gli Stati Uniti come contropartita continueranno a sovratassare una serie di prodotti alimentari europei).

Ma il diritto di produrre e consumare alimenti senza ormoni non implica quello di produrre e consumare senza OGM?

Vediamo innanzitutto quali sono, secondo il rapporto americano, i vantaggi di questi organismi geneticamente modificati.

“Da anni gli industriali affermano che nutriranno il mondo, promettendo che gli OGM avranno migliori rendimenti. Ma dopo vent’anni di ricerche e tredici di commercializzazione, i contadini americani che fanno ricorso a queste sementinon hanno delle rese agricole superiori. L’agricoltura tradizionale, invece, continua ad avere risultati migliori”, afferma Doug Gurian-Sherman, autore del rapporto.

mais
Esiste il mais modificato per resistere ad alcuni insetti e quello che resiste agli erbicidi
Per arrivare a questa conclusione il biologo ha passato al setaccio tutti gli studi accademici pubblicati sulla soia e sul mais, le due culture transgeniche più utilizzate negli Stati Uniti.

Nella patria di Monsanto il 90% delle superfici coltivate a soia impiega OGM, mentre il 60% del mais è geneticamente modificato.

Gli OGM che dominano il mercato sono però tre: un tipo di soia e due di mais. Esiste infatti il mais modificato per resistere ad alcuni insetti e quello che resiste agli erbicidi. Quest’ultimo, come la soia resistente agli erbicidi, “non ha portato alcun miglioramento dei rendimenti”, come afferma il rapporto.

Per quel che riguarda il mais resistente agli insetti invece (il cui esemplare più conosciuto è il Mon 810, appena vietato dalla Germania), l’accrescimento della produzione si è rivelata “marginale”. Questi risultati sono stati ottenuti anche da raccolte ottenute in Europa, dove il mais Bt (Bacillus thuringiensis) viene largamente importato.

Gli OGM infatti, vengono coltivati in ‘soli’ 25 Paesi (principalmente Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentina), ma altri 30 ne autorizzano l’importazione.

Col tempo anche i paesi africani iniziano a produrli: nel 2008 il Burkina Faso e l’Egitto hanno raggiunto il Sudafrica fra i paesi produttori.

ogm
Secondo il rapporto Usa sarebbe pericoloso puntare sugli OGM per assicurare i bisogni alimentari di 9 miliardi di persone
Un crescente numero di superfici del mondo viene quindi coltivato con OGM: il 2008 ha visto un aumento delle superfici OGM del 9,4% rispetto all’anno precedente (International Service for the Acquisition of Agro-biotech Applications).

Eppure la crescita di produttività agricola degli ultimi anni è dovuta ad altri fattori d’innovazione, spiega il rapporto americano. Nella sua conclusione si legge che sarebbe pericoloso puntare sugli OGM per assicurare i bisogni alimentari di 9 miliardi di persone (stima della popolazione mondiale nel 2050).

Questo rapporto non è il primo a denunciare la promessa degli OGM: nel 2006 i ricercatori del Ministero Americano dell’Agricoltura hanno fatto il bilancio dei primi dieci anni di colture OGM, e non hanno constatato miglioramenti significativi.

Se anche gli OGM garantissero una maggiore produzione agricola, l’aumento del rendimento avrebbe un prezzo: la perdita di biodiversità ed i rischi per la salute.

Rifiuti tossici: un briciolo di giustizia per l’Africa?

Fonte:

di Andrea Bertaglio

Un altro scandalo è stato di recente rivelato da grandi organi di informazione globale. Questa volta è toccato al quotidiano “The Guardian” ed alla BBC, che rispettivamente con un’inchiesta e con il programma di approfondimento “BBC Newsnight”, sono entrati in possesso di dati sconcertanti riguardanti le 528 tonnellate di rifiuti riversati nell’agosto 2006 in Costa d’Avorio dalla multinazionale Trafigura.

Trafigura è un’azienda petrolifera britannica che, oltre al petrolio, commercia e raffina anche altri prodotti chimici e metallici, fornendo navi e tutto ciò che possa servire al loro trasporto ed immagazzinamento.

Il viaggio di rifiuti tossici verso l’Africa sembra non avere possibilità di sosta. Non è infatti la prima volta, e purtroppo non sarà l’ultima, che si scoprono fatti di questo tipo. Tale vicenda ha però una peculiarità, rispetto alle altre simili: quella di aver avviato la più grande class action della storia: 31mila abitanti della Costa d’Avorio chiederanno risarcimento al colosso petrolchimico dei danni subiti a causa del terribile disastro.

Sempre in nome del profitto, che cosa ha pensato bene di fare Trafigura? Trasportare un’intera nave, la “Probo Koala”, in Costa d’Avorio piena di rifiuti tossici e riversarli nella città portuale di Abidjan, invece che trattarli a regola d’arte, come avrebbe dovuto fare nel porto di Amsterdam. È proprio nella capitale olandese che sono state fatte le analisi di cui la BBC è entrata in possesso, dato che presso lo scalo ad Amsterdam la “Probo Koala” ha cercato di scaricare i residui di lavorazione senza dichiararne la composizione. I tecnici olandesi si sono però accorti del trucco e hanno applicato una tariffa maggiore.

A quel punto la Trafigura ha rifiutato di pagare il denaro richiesto, si è ripresa il carico e ha fatto rotta verso la Costa D’Avorio. Qui, nella notte del 19 agosto 2006, almeno 12 furgoni avrebbero movimentato 400 tonnellate di rifiuti tossici verso 18 siti intorno alla città di Abidjan.

Tali rifiuti, che emanavano un terribile odore simile a quello di uova marce (e basterebbe già quello per opporsi allo scarico di rifiuti di una nave straniera sulle proprie coste), erano non solo maleodoranti, ma anche tossici. Il puzzo era infatti dovuto alla presenza nei liquami di alcune tonnellate di acido solfidrico, un veleno ad ampio spettro che può danneggiare diversi sistemi del corpo. Nella brodaglia tossica erano contenuti anche fenolo (sostanza talmente letale da essere utilizzata dai nazisti come arma di sterminio), ingenti quantità di mercaptani (caratterizzati appunto da un odore molto sgradevole), di soda caustica e almeno due tonnellate di idrogeno solforato.

Questa vicenda, che risale appunto a tre anni fa ed ha visto coinvolta la multinazionale britannica, è tornata alle cronache perché è ormai certo che i rifiuti trasportati dalla nave “Probo Koala” erano tossici e, quindi, letali.

Non è perciò un caso se in quel periodo gli ospedali dell’ex capitale ivoriana pullulavano di persone che accusavano gli stessi sintomi, quali nausea, problemi respiratori, ustioni e svenimenti. Il problema è che le persone del posto non hanno subìto solo i sintomi di un’intossicazione evidentemente dovuta ai rifiuti della Trafigura, ma le contaminazioni vere e proprie sono state contate in centinaia di migliaia, oltre alle sedici morti immediate riscontratesi subito dopo l’arrivo della nave.

Inutile dire che Trafigura, la quale era già sfuggita alla legge patteggiando separatamente con il governo ivoriano un risarcimento di 150 milioni di dollari, continua da anni a negare le sue responsabilità. La ditta londinese, infatti, non solo sta cercando di far ricadere tutte le colpe sulla società “Tommy”, quella che ha materialmente scaricato i rifiuti, ma tramite i suoi avvocati ha dichiarato a “The guardian”, che questi rifiuti “non possono causare e non possono aver causato le presunte morti e diffuse malattie”.

Anche gli ivoriani sono rappresentati in tribunale (dove Trafigura si dovrà “difendere” il prossimo ottobre, a Londra) da uno studio legale inglese, Leigh Day and Co, il quale accusa gli avvocati della Trafigura di aver contattato alcuni testimoni chiave per cercare di dissuaderli dal presentarsi al processo o per convincerli a cambiare la propria versione dei fatti. Per questo la corte londinese ha ingiunto ai difensori di non contattare più in alcun modo i ricorrenti.

Chissà se sarà possibile, almeno questa volta o almeno per le dimensioni della class action avviata, avere un po’ di giustizia. Si spera in un piccolo successo, in una pillola di soddisfazione per i cittadini ivoriani. Certamente non per l’Africa e per i secoli di torti subìti, ma per i 31 mila che hanno deciso di unirsi e di combattere.

E comunque andrà, ancora una volta complimenti all’Occidente “avanzato” e “sviluppato”, agli esportatori di civiltà, di democrazia, o forse è meglio dire di morte, non solo sottoforma di bombe ed occupazioni, ma anche e sempre più spesso di sostanze tossiche.

L'estremismo dei lecca lecca

Fonte:

livia-pomodoro
Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano

Il giudice della sentenza Mills, Nicoletta Gandus, definita estremista di sinistra dal corruttore impunito, ha trovato spazio a reti unificate e su tutte le prime pagine dei giornali. Per la gravità delle accuse del premier in conflitto di interessi rivolte a una figura che risponde soltanto alla legge, si potrebbe dire.
Bene, ma a fronte di tanto chiasso per quelle frasi fuori di senno del corruttore non si capisce perché la risposta della presidente del Tribunale di Milano, Livia Pomodoro, trovi soltanto spazi nascosti nelle pieghe delle pagine interne dei quotidiani, intorno alla 20 o giù di lì, per difendere l’operato dell’organo che presiede. Come ha fatto il Corriere di oggi che proprio a pagina 20 scrive.

Caro direttore, sul processo Mills:
ciò su cui invece voglio dare testimonianza e ciò di cui io stessa nel mio ruolo mi rendo garante è l’imparzialità e correttezza del Tribunale di Milano. La decisione dei giudici della X sezione penale è stata presa all’esito di una lunga istruttoria cui il collegio ha atteso con grande attenzione e secondo le regole processuali nelle quali la dialettica e le garanzie della difesa sono state, e del resto gli stessi avvocati ne hanno dato più volte atto, tutte rigorosamente rispettate. Il collegio, presieduto dalla dottoressa Gandus, ha altresì depositato la decisione nel termine previsto, come peraltro avviene nella stragrande maggioranza dei casi e da parte di tutti i collegi del Tribunale. I giudici, tutti, sono soggetti, come recita la nostra Costituzione, solo alla legge e ciò è l’imperativo categorico per la coscienza di ognuno di noi. A maggior ragione non possono esservi dubbi che il difficile esercizio della giurisdizione, nel caso di specie collegiale, è stato compiuto, come avviene peraltro quotidianamente, nell’interesse esclusivo della giustizia.

Livia Pomodoro

Questa differenza di trattamento di visibilità, altro non è che estremismo di certi direttori di giornali lecca lecca.

Le reazioni corrette

Fonte:

La sentenza Mills si presta a due riflessioni.
Non sempre in una sentenza possono inserirsi considerazioni che riguardano persone diverse dall’imputato. Alcuni magistrati sono stati sottoposti a procedimento disciplinare per riferimenti non graditi dagli interessati e giudicati non necessari nell’economia generale dei provvedimenti emessi. Una delle incolpazioni mosse a 
De Magistris, per esempio, fu di aver inserito nella motivazione del decreto di perquisizione emesso nell’ambito dell’inchiesta Toghe Lucane un riferimento alla relazione sentimentale di due magistrati, un PM e un giudice, il che gli venne contestato come violazione della privacy. In realtà poi il CSM si vide costretto a riconoscere la pertinenza del riferimento a questa storia privata perché essa li rendeva, ovviamente, incompatibili (il giudice che aveva una relazione con il PM non avrebbe dovuto giudicare nei processi istruiti da quest’ultimo). E poiché detta relazione era notoria o quantomeno nota al Procuratore Generale Tufano (indagato nel procedimento Toghe Lucane), la circostanza diveniva rilevante per dimostrarne l’asserita colpevole inerzia, in questa come in tante altre cose. Poi il CSM condannò ugualmente De Magistris (con una motivazione assolutamente insostenibile) ma dovette appunto riconoscere che il riferimento a terze persone era stato, in quel caso, legittimo.

Tirare in ballo altre persone nelle sentenze succede dunque spessissimo: non si può condannare un ladro senza far riferimento al proprietario della cosa rubata; né si può condannare taluno per rissa senza dare atto della partecipazione alla rissa di persone anche se non giudicate nello stesso processo (perché sono malati o perché sono minorenni o perché, magari, tutelati dal lodo Alfano).

Ora è evidente che è impossibile condannare qualcuno per corruzione senza far riferimento al 
corruttore e al contesto in cui la corruzione è maturata. Il Tribunale di Milano ha ritenuto valide le prove a carico di Mills; e ha motivato questo suo convincimento descrivendo, come era necessario che facesse, perché questi aveva ricevuto del danaro, quando e come lo aveva ricevuto e ad opera di chi. Non lo avesse fatto, la sentenza sarebbe stata dichiarata nulla per difetto di motivazione. Cosa che quantomeno i legali di Berlusconi (e dunque lo stesso Berlusconi) sanno benissimo. E infatti, nel panorama delle invettive ai giudici di Milano, questa contestazione, che avrebbe avuto almeno il merito di essere fondata su motivazioni tecniche, ancorché infondate, non è stata finora proposta. Il che ci porta alla riflessione numero due.

La furia di Berlusconi e dei suoi sostenitori riguarda la presunta grave inimicizia nei suoi confronti da parte del Presidente del collegio giudicante. 
Nicoletta Gandus è iscritta da anni a Magistratura Democratica, corrente di giudici comunisti e dunque, senza bisogno di ulteriori argomentazioni, ostili al Presidente del Consiglio: pertanto essa non è stata imparziale nella conduzione del processo e la sentenza emessa nei confronti di Mills (con i necessari riferimenti a Berlusconi) è ingiusta.

Il problema è che Berlusconi non è stato giudicato solo dalla Gandus. 
Il collegio era composto di tre giudici e nessuno ha ancora rivelato se e a quale corrente gli altri due fossero iscritti. E se non appartenessero a Magistratura Democratica? Oppure se non fossero iscritti ad alcuna corrente (come un buon terzo dei giudici italiani)? Berlusconi dovrebbe sapere (e i suoi legali lo sanno certamente) che l’opinione del presidente del collegio non vincola in alcun modo gli altri due giudici che dunque, essendo terzi e imparziali (ancora nessuno ha detto che non lo sono) si sarebbero certamente opposti al partigiano e ingiusto accanimento della Gandus. Sicché prendersela tanto con la militanza correntizia di questo giudice è privo di senso: ammesso e non concesso che la Gandus fosse ostile a Berlusconi, gli altri due restavano imparziali e avrebbero fatto il loro dovere.

Per la verità questo 
delirio di persecuzione impermeabile ad ogni ragionamento è abbastanza consueto nelle aule di giustizia. Molti imputati perdono ogni capacità di discernimento e di autocritica e si convincono a tal segno di essere nel giusto che non riescono a concepire come sia possibile che un giudice dia loro torto. Ricordo un rapinatore; era stato arrestato e giudicato colpevole in primo grado; poi, come capita, la Corte d’Appello aveva dovuto dichiarare la prescrizione e quindi assolverlo (perché era colpevole ma il reato era estinto). E lui aveva pensato bene di denunciare il PM (ero io), il GIP e i giudici del Tribunale per ingiusta detenzione, chiedendoci anche un congruo risarcimento danni. Naturalmente la sua denuncia è stata respinta, senza indignazione e senza ira, semplicemente perché infondata.

Ecco, questo penso debba essere l’atteggiamento che si deve avere nei confronti delle furiose reazioni di Berlusconi alla sentenza Mills: 
indifferenza e sopportazione. Proprio come si fa nei confronti di tanti imputati che non vogliono, proprio non vogliono, capire che i processi si fanno secondo la legge e che, se la sentenza non gli piace, non possono fare altro che impugnarla, fino alla sentenza definitiva. Che, dopo il giudizio della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, dovrebbe arrivare anche per Berlusconi.

Poveri scudi (umani)

Fonte:





Vignetta di Bandanas

Che poi a guardarli ogni sera nelle loro fatiche televisive ti accorgi che neanche se lo godono questo gruzzolo di fama, cotoni sartoriali, contratti, orologini, vacanze, carriera e altri piccoli privilegi. Parlo dei molti addetti alla difesa quotidiana del Cavaliere - Carlo Rossella, Maurizio Belpietro, Sandro Bondi, Paolino Bonaiuti, eccetera - tutti scudi umani senza più la lucentezza di un tempo. Sempre più tesi, più guardinghi, più rancorosi nelle loro pubbliche esibizioni. Appaiono ogni sera un po' più infelici della sera precedente per il giocattolo che ormai li ha intrappolati e che non li fa più divertire, gli toglie il sonno e la leggerezza di un tempo, quel bel tempo senza troppe minacce quando sventatamente salirono a cavallo di quegli ingranaggi luminosi del Biscione per godersi il vento di Arcore, quel profumo di gasolio e ricchezza sulla piazzola d’attesa del Gulfstream, area riservata ai voli privati di Linate, e la luce del mare a Villa La Certosa, tra i molti ospiti, specialmente giovani non ancora laureati e spensierati.

Andrebbe vista (e rivista) l’altra sera a Ballarò la reazione furiosa di Belpietro quando il segretario del Pd Dario Franceschini gli ha detto: “Sarebbe bene precisare che lei, gentile Belpietro, è un dipendente di Berlusconi…”. 
Belpeitro, urlando: “Io non sono dipendente di nessuno!”. 
Franceschini: “Be’ sì, di Berlusconi”
Belpietro: “Non è vero, non è vero…”. E aggiungeva: “Io dipendo solo dalla mia coscienza” generando applausi e ilarità in studio. 

Un paio di settimane prima la stessa scena l’aveva interpretata Carlo Rossella, costretto anche lui a difendere tutto quello che riguarda il Cavaliere: la minorenne, le candidature delle ragazze, la festa di Casoria e persino l’amicizia tra Berlusconi e il padre di Noemi, “un umile militate di Forza Italia, una persona semplice di quelle che piacciono al presidente”. 

Perche il tragico (e anche il ridicolo) di questa perpetua fatica è quanto e come il precipitare delle circostanze allarghino i confini della difesa necessaria, non più solo giudiziara (le toghe rosse, il lodo Alfano, la condanna a Mills, la stampa nemica) ma anche privata, e privata fino al dettaglio, le donne, il sesso, l’esibizionismo, le battute, le barzellette, la moglie Veronica (Carlo Rossella: “La stimo moltissimo”), le festicciole, le intercettazioni, le molte versioni di quest’ultima storia sempre piu’ sdrucciolevole: 
“Il presidente a Noemi l’ha vista solo tre volte”
“L’ha vista sempre in compagnia dei genitori”
“L’ha conosciuta da piccola”
“L’ha invitata a Capodanno ma insieme a altre sessanta o settanta persone”
“Il presidente era amico dei genitori”. 
Finendo anche loro per inciampare nelle rotolanti bugie del capo. Di seguirne lo smottamento verso il basso. Con il pensiero fisso ormai di prevederne in tempo la caduta finale (quando sarà) per scansarsi dalla molta polvere e lucidare gli alibi.

domenica 24 maggio 2009

Il grande bugiardo

Fonte:



Vignetta di theHand
Dal ruolo dell'avvocato Mills alla social card. Dai proclami sulla sicurezza a quelli su Malpensa. Dalla crisi economica a Noemi. 
Così Berlusconi ha fatto della menzogna un metodo politico.
 
Dimenticate Capodichino. Dimenticate la vicinissima Villa Santa Chiara, la sala da ballo sulla circonvallazione di Casoria, dove domenica 26 aprile il presidente del Consiglio ha festeggiato il diciottesimo compleanno di Noemi Letizia. Scordatevi le incongruenze, i silenzi, le domande rimaste senza risposta e le bugie vere e proprie utilizzate dal Cavaliere per respingere le accuse mosse contro di lui da sua moglie Veronica ("Frequenta minorenni") e per giustificare l'amicizia con la giovane favorita.

Per raccontare Silvio Berlusconi basta il resto. Bastano vent'anni di dichiarazioni, poi puntualmente smentite, di promesse mancate, di giudizi rivisti nel giro di due giorni. 'L'espresso' li ha esaminati tutti ad uno ad uno. E certo non si fatica a capire come mai Indro Montanelli, uno che lo conosceva bene, scrivesse: "Berlusconi è 
allergico alla verità. Ha una voluttuaria e voluttuosa propensione alla menzogna". Per poi aggiungere quasi profetico: "'Chiagne e fotte' dicono a Napoli dei tipi come lui". Ecco dunque una guida ragionata (e necessariamente sintetica) alle migliori bugie del Cavaliere. Cominciando dalle più recenti.

Sentenza Mills 
"È una sentenza semplicemente scandalosa, contraria alla realtà. Se c'è un fatto indiscutibile è che non c'è stato alcun versamento di nessuno al signor Mills" (19 maggio 2009).
Un fatto indiscutibile? Mica tanto, visto che il versamento, prima di ritrattare, l'avvocato David Mills, lo ammette almeno due volte.
"Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B. Sapevano bene che il modo in cui io avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito, ma ho superato curve pericolose, per dirla in modo delicato) avesse tenuto Mr. B. fuori da un mare di guai nei quali l'avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo. All'incirca alla fine del 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi, che avrei dovuto considerare come un prestito a lungo termine o un regalo: 600 mila dollari".
(da una lettera di Mills del 2 febbraio 2004)
"Nell'autunno del '99 Carlo Bernasconi (responsabile dell'acquisto dei diritti tv, morto nel 2001, ndr), mi disse che Berlusconi, a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro". (interrogatorio di Mills, 18 luglio 2004)

Malpensa, Italia 
"Penso che non sia assolutamente possibile che un hub come Malpensa venga privato del 72 per cento dei voli. Quelle di Air France sono condizioni irricevibili. Perché di fronte a 200-300 milioni di perdite per Alitalia l'abbandono di Malpensa comporterebbe perdite per oltre un miliardo di euro" (4-18 marzo, 2008).
"Rilancio del trasporto aereo, con la valorizzazione e lo sviluppo degli hub di Malpensa e Fiumicino" (programma del Pdl: sette missioni per l'Italia, 2008).
Nell'aprile del 2009 la cordata italiana della Cai voluta da Berlusconi sceglie solo Fiumicino come hub: a Malpensa, Alitalia conserva 187 voli alla settimana su 1.237. I cassintegrati dello scalo, considerando l'indotto, sono 2.500.

Sicurezza 
"Aumento progressivo delle risorse per la sicurezza. Maggiore presenza sul territorio delle forze dell'ordine" (programma Pdl).
Il 30 marzo del 2009 tutti i sindacati di polizia, da destra a sinistra, protestano in piazza. Il segretario del Siulp dichiara: "Le auto sono usurate, mancano gli uomini, gli organici sono ridotti all'osso, gli agenti che vanno in pensione non vengono sostituiti". Nella manovra finanziaria triennale sono del resto previsti tagli progressivi per circa 3 miliardi e mezzo di euro. E quest'anno il taglio è di 931 milioni di euro.

Giustizia 
"Aumento delle risorse per la giustizia, con un nuovo programma di priorità nell'allocazione delle risorse" (programma Pdl).
La manovra finanziaria, spiega l'associazione nazionale magistrati, prevede che riduzioni per le spese correnti e in conto capitale saranno del 22 per cento nel 2009 e del 40,5 nel 2011. Conseguenze immediate: nei tribunali non si tengono più udienze al pomeriggio per mancanza dei cancellieri...