Clamoroso colpo di scena nella vertenza tra ecologisti e governo (nazionale e regionale) riguardo all’installazione nucleare di Bosco Marengo, alle porte di Alessandria, il cui smantellamento secondo gli ambientalisti l’avrebbe trasformata in un pericoloso deposito di scorie radioattive: il 21 maggio il Tar piemontese ha accolto il ricorso presentato da diverse associazioni territoriali, bloccando di fatto la procedura prevista dal governo. «Da Alessandria - commenta Lino Balza di “Medicina democratica”, portavoce dell’iniziativa ambientalista - arriva una grossa vittoria, di buon auspicio nella battaglia contro il nucleare in Italia».
L’ordinanza del Tar del Piemonte, che ha sospeso lo smantellamento dell’impianto (ex Fabbricazioni Nucleari), secondo gli ambientalisti «crea un precedente nazionale per tutti i siti nucleari: infatti lo stesso governo aveva dichiarato apertamente che, in caso di pronuncia definitiva a favore del nostro ricorso, l’intera strategia sin qui adottata sarebbe stata da rivedere, in relazione a tutti gli impianti nucleari presenti in territorio italiano».
In seguito al ricorso presentato da “Medicina democratica”, Legambiente, Pro Natura e altre associazioni, il Tribunale amministrativo regionale ha di fatto pronunciato una ordinanza contro il Ministero dello sviluppo economico e l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca Ambientale, rigurado alla Sogin (Società gestione impianti nucleari). Nella sentenza, il Tar accoglie l’istanza cautelare e sospende l’esecuzione dello smantellamento, dato che «le circostanze allegate dai ricorrenti comprovano l’esistenza di un pregiudizio grave e irreparabile derivante dall’esecuzione del provvedimento impugnato».
La battaglia di Alessandria contro il nucleare si è svolta «nell’indifferenza dei sindaci della provincia» e con l’opposizione della stessa Regione Piemonte, dice Balza, ma è stata vinta «grazie ad una entusiasmante sottoscrizione popolare». Secondo gli ambientalisti, ora confortati anche dal Tar, la demolizione dell’impianto di combustibili nucleari di Bosco Marengo avrebbe implicitamente creato un deposito di scorie radioattive, definito “temporaneo” ma di fatto permanente, «in un sito assolutamente inidoneo, cioè non sicuro», in barba alle disposizioni del 2003 che prescrivono la sistemazione in sicurezza dei depositi radioattivi, innanzitutto previa stesura di una valutazione di impatto ambientale.