sabato 7 febbraio 2009

Miracolo al quirinale

fonte:
http://www.vauro.net/gen09store.html

La mano tesa a chi subisce intimidazioni

fonte:
http://www.addiopizzo.org/news.asp?id_news=83

29/01/2009

Si moltiplicano a Palermo i casi di attak nei lucchetti dei negozi, un inequivocabile messaggio dalle cosche mafiose. Molti hanno già dato la risposta migliore: hanno contattato le forze dell'ordine e le associazioni antiracket. Anche i cittadini possono incoraggiarli a non arrendersi alla prevaricazione e a scegliere di continuare a lavorare da imprenditori liberi.

Al fine di costringere i commercianti a pagare il pizzo, in questi ultimi mesi a Palermo si è verificato un incremento delle intimidazioni mafiose. Tutte le settimane abbiamo registrato casi di denunce per colla nei lucchetti, danneggiamenti o incendi.

In passato quasi tutti gli imprenditori andavano a cercare un "amico" per "mettersi a posto" ed ottenere un sconto, oggi in molti hanno chiamato immediatamente Polizia o Carabinieri. Se tutti facessero come loro il fenomeno del pizzo non sarebbe così diffuso.

Addiopizzo e Libero Futuro hanno inviato, a molti commercianti, una lettera di aiuto e sostegno. Vi chiediamo di aiutarci a diffonderla. Stampatela, consegnatela ed inviatela, anche via mail, ai vostri contatti e soprattutto ai vostri amici commercianti.

Caro collega, caro imprenditore,
negli ultimi anni le azioni delle forze dell’ordine e della
magistratura hanno decapitato l’organizzazione mafiosa e tutto
fa sperare che l’azione di contrasto continuerà nel tempo.
Molti imprenditori e commercianti vittime del racket del pizzo
stanno decidendo di cogliere questo momento favorevole per
liberarsi definitivamente del peso del ricatto mafioso e
dell’umiliazione di pagare l’organizzazione criminale. Peraltro,
anche lei converrà che soltanto uniti potremo vincere la piaga
del racket delle estorsioni.
Si dice che a Palermo l’ottanta per cento degli imprenditori
paghi e in quest’ultimo periodo si è registrata anche una
recrudescenza del fenomeno attraverso intimidazioni varie ed
“attack” nei lucchetti. Per questa ragione abbiamo deciso di
scriverle manifestandole la nostra vicinanza. L’associazione
antiracket, infatti, ha lo scopo di assistere, consigliare e tutelare
gli imprenditori nel massimo della riservatezza.
Abbiamo aiutato già molti imprenditori ad uscire dal tunnel del
racket in modo sicuro, senza conseguenze ed anche senza
clamore. Le garantiamo la riservatezza e qualora decidesse di
accettare il nostro aiuto (naturalmente gratuito) ci impegniamo
sin d'ora ad evitare esposizioni mediatiche in modo da ridurre al
minimo gli eventuali rischi.
Le recenti operazioni delle forze dell'ordine hanno
sostanzialmente destrutturato l'organizzazione mafiosa
palermitana, ma se non ci sarà anche la ribellione dei tanti
commercianti taglieggiati, in breve tempo, nuovi estortori si
presenteranno per riaffermare la propria signoria territoriale
sulla sua zona e sulla sua attività economica.
Si tratta di una scelta di libertà, quella libertà di cui ogni essere
umano ha diritto anche nell’esercizio della propria attività
d’impresa. Questo periodo di difficoltà potrebbe quindi divenire
per lei l’opportunità di una svolta vincente e decisiva.

Fermiamo l’assalto alla Costituzione

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/6022009-fermiamo-lassalto-alla-costituzione/

06/02/2009

Il presidente Napolitano non firmerà il decreto per sospendere la sentenza relativa a Eluana Englaro. Silvio Berlusconi ha annunciato la sua intenzione di convocare le camere d’urgenza, far approvare una nuova legge e se dovesse essere necessario cambiare la Costituzione.
Appena qualche ora prima la maggioranza berlusconiana aveva approvato una legge che ha recepito nell’ordinamento repubblicano elementi di razzismo e xenofobia, sino a regolarizzare le ronde padane e a imporre la delazione ai medici. Persino nelle fila della destra si sono udite voci preoccupate e sdegnate da quella del presidente della commissione antimafia Pisanu a quella del presidente della regione Veneto Galan.
Non sappiamo se Gianni Letta costringerà Berlusconi alla solita finta rettifica, ma quanto sta accedendo corrisponde ad una scelta lungamente meditata e premeditata.
Con questa mossa il presidente del consiglio cerca di stringere una santa alleanza con le gerarchie vaticane e di lanciare l’assalto finale nei confronti del presidente Napolitano che rappresenta l’ultimo ostacolo sulla strada di una repubblica presidenziale a reti unificate di tipo plebiscitario. Per queste ragioni non ci hanno mai convinto le campagne tese a colpire l’arbitro e il supremo garante della Costituzione.
La vita e la morte di Eluana, la sua sofferenza, la disperazione del padre e dei familiari non hanno alcun posto in questa brutta, lurida, cinica scelta politica:
“Sconcertante, stanno manomettendo la costituzione, tentano di sospendere per decreto una sentenza”, questo il commento del professor Stefano Rodotà alla decisione del governo.
Si tratta di un vero e proprio assalto alla costituzione che va ben oltre il caso Englaro
Berlusconi, in modo irresponsabile, sta tentando di giocare la carta della guerra di religione, della contrapposizione tra credenti e non credenti. Guai a cascare in questa trappola!
Bisogna, invece, lavorare alla costruzione di un grande fronte che unisca quanti hanno a cuore lo stato di diritto, la divisione dei poteri, la legalità repubblicana e costituzionale. Di fronte al torbido quadro che si sta configurando è forse giunto il momento di riunire e tutte le forze politiche di opposizione, presenti o meno nel parlamento nazionale, e di concordare una serie di inziative comuni sino alla convocazione di una grande manifestazione unitaria che metta insieme tutti quegli italiani che non intendo alzare bandiera bianca di fronte alla prepotenza e all’arbitrio.
Ci sono dei momenti nei quali bisogna essere capaci di mettere da parte rancori, gelosie, narcisimi di varia natura, prima che sia troppo tardi.
Questo è uno di quei momenti.

Giuseppe Giulietti

Bob Kennedy e il PIL

Bambini malati di città

fonte:
http://www.terranauta.it/a760/l_urlo/bambini_malati_di_citta.html

di Valerio Pignatta

Da una recente indagine psicologica condotta su bambini di aree urbane, sembrerebbe che circa il 10% di quelli compresi tra gli 11 e i 14 anni manifesti problemi psicologici e disagi emozionali.
Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo, ma questa volta vogliamo soffermarci su un aspetto diverso: questa ricerca è stata condotta su preadolescenti di zone urbane. Città.

Sorge allora spontanea una domanda: ci vuole molto per un adulto, sensibile, un minimo informato e dotato di comune buon senso, afferrare istantaneamente la situazione e inquadrare questi bimbi nel loro contesto? Non credo.

Proviamo a descrivere la giornata tipo di uno di questi bimbi, ovviamente senza voler assolutamente generalizzare.

Sveglia al mattino intorno alle 7-7:30, con gli occhi arrossati e la mente ottenebrata dal poco riposo per il film della sera prima durato sino a tardi. Quindi, dopo la vestizione (è firmata? è abbastanza alla moda?), prima dose di cartoni animati in vena oculare che porta direttamente al cervello, mentre allo stesso tempo si provvede a fleboclisi orale di succhi o bevande pronte e merendine di plastica, inventate ad hoc per l'ingrasso dei consumatori d'allevamento.

Poi una sistemata generale (denti, capelli, zaino-alla-moda), uno sguardo al cellulare e si parte.

Mamma e papà si sono salutati prima con qualche borbottio gutturale di non chiara comprensione e provenienza. Uno dei due, dopo spigolosa discussione o fortunoso pari e dispari, scarrozza il piccolo a scuola, scappando poi di fretta al proprio lager di destinazione professionale per la gloria della crescita del PIL della nostra amata nazione.

Il bimbo entra a scuola (anzi vi è già entrato prima accompagnato, per evitare imprevisti drammatici) e avvicinandosi alla porta della sua classe, e prima che inizi la lezione, si confronta con gli ultimi ritrovati tecnici del giorno, nuovi gadget, nuovi look, nuovi programmi tv, nuova informatica, nuove firme, nuovi Grandi Fratelli e nuove idiozie.

L'insegnante nel suo trucco sfavillante arriva tacchettando ed è ben conscia di tutte le “sacre novità” del giorno. È televisivamente aggiornata, ama/odia il suo lavoro e spera di andare presto in pensione.

Seguono ore di competizione dallo sfrenato al patetico, induzione di concetti astrusi, memorizzazione sterile, indottrinamento “democratico” e consumistico e soprattutto esercitazioni forzate all'obbedienza.

Poi, mensa sì mensa no. Dipende. Non saprei dire qual è il bimbo più fortunato, se quello che mangia chimico alla mensa o quello che riesce ad andare a casa per un fast food condominiale in famiglia, tra il serio e il faceto, e qualche immancabile telefonata che si risucchia tutto. Sempre ammesso che questa non entri in colluttazione con la tv-prandiale. Allora è proprio meglio la mensa dei Findus. Perlomeno qualche organo, come il cervello, riesce ad avere i suoi minuti di gloria sfogandosi tra i propri simili.

Poi di nuovo in gabbia sino all'uscita. Arriva il genitore di turno. Si torna all'alveare.

In cortile non si può andare a giocare. Il regolamento condominiale lo vieta.

Andare a fare un giro? Prima i compiti e poi mamma oggi non può. Martedì e giovedì si va a karate. Sabato chitarra. Oggi ha da fare. Andare da soli? Sarebbe un thriller.

Che fortuna! C'è la play station e poi anche la tv! Meno male. E le patatine.

E mamma si incastra con qualcuno al telefono e ora deve andare a fare delle compere... Ma chi sarà al telefono? Arriva papà tra poco e la cena è già pronta. Prontissima, color panna, quest'anno è di moda. Non c'è nemmeno da masticarla, basta trangugiarla di fronte alla suspence dell'ultimo programma a quiz.

Hanno pensato proprio a tutto. E poi si può sognare di guadagnare milioni di euro indovinando qualche risposta da Pico della Mirandola dei beoti e di andare alle Maldive, che i Rossi ci sono già andati l'anno scorso e noi no.

Ora finalmente sono tutti lì riuniti, papà si incolla alla tv o al computer e mamma attacca con le solite requisitorie sulle vacanze, sulle sue cure al centro estetico e sul suo guardaroba che piange miseria.

La parola giusta. Miseria: culturale, spirituale.

Riparte il film di prima serata. E si ricomincia.

Tutto normale. Tutto fantastico.

E poi ci si stupisce se una ricerca rivela che i bimbi hanno problemi psicologici o soffrono di disagi emozionali?

Meno male! Credevo fossero dei robot. Allora c'è ancora una speranza.

Neanche nei paesini e in campagna le cose sono molto diverse. La tv, i supermarket, Internet, le autostrade hanno omologato tutto. Forse però per qualche volenteroso c'è qualche possibilità in più. Le maglie del sistema sono più ampie ed è possibile trovare qualche spazio per un'azione non conformata.

Un pezzo di terra in cui giocare si può ancora trovare, senza bisogno di fare la spola coi propri figli tra palestra, ludoteca, corso di danza, nuoto ecc. Un giro in bicicletta si può fare senza pericoli. Un anziano contadino ti può raccontare qualche vecchia storia. Un cane, un cavallo, una capra, un gatto o un asino possono farti compagnia e darti amore.

La scuola ha un cortile verde dove è possibile in primavera uscire a giocare e a raccogliere i fiori. Le insegnanti sono persone abbastanza semplici (hanno scelto di decentrarsi), sempre televisivamente informate, ma magari fanno l'orto, il marito ha le pecore e fa il formaggio e fanno parte dell'Associazione culturale del paese. Della serie “fare di necessità virtù”.

Il ritmo è ancora quasi umano. Se vogliono, i genitori un po' di tempo per i loro figli ancora riescono a trovarlo, dato che non ci sono le grandi “distrazioni” della metropoli che si vanno a insinuare come cunei destabilizzanti nella vita familiare.

Ripeto, con questo non è che si possa generalizzare. Ci saranno famiglie di campagna perfettamente teledipendenti che sbavano per l'ultima griffe della moda, soffrendone se non possono procurarsela e invece famiglie di città impegnate nel sociale, sostanzialmente sobrie e che si danno da fare per evitare le trappole del sistema per loro stesse e i propri figli.

In generale però è un dato di fatto che il disagio minorile (e direi anche degli adulti) è una caratteristica delle aree urbane e soprattutto di quelle industriali del centro-nord.

Le solite classifiche delle città italiane sulla qualità della vita vanno probabilmente rivedute se non capovolte. Ora sono pensate solo quasi in termini di produttività, PIL e competitività.

Secondo un'indagine annuale del Sole 24 Ore sulla vivibilità nelle città italiane (pubblicata il 17 dicembre 2007)

Trento risulta essere la città al primo posto. Seguono Bolzano, Aosta, Belluno e Sondrio. Fanalini di coda: Catanzaro, Catania, Foggia, Benevento, Agrigento.

Se però prendiamo in considerazione i dati dei suicidi nelle stesse aree, forse qualche dubbio su graduatorie di tal genere ci potrebbe venire. Pensiamo ai suicidi come massima espressione dell'infelicità dell'essere umano (le cause psicologiche e depressive sono statisticamente le più influenti sulle decisioni di suicidio).


I dati disponibili dell'ISTAT sui suicidi risalgono al 2007 e sono un chiaro indicatore di come vanno realmente le cose.
Credo che questo tipo di confronto tra i dati ISTAT e quelli sulla vivibilità delle città si possa ritenere valido ogni anno (ho provato a farlo anche per il 2004 e i risultati sono quasi uguali). Vediamo qualche esempio.

La percentuale di suicidi riferita alla provincia di Sondrio (la più alta nelle prime cinque posizioni) è del 13,8% (si considerano qui quozienti per 100.000 abitanti). Quella di Bolzano è del 7,9%. Quella di Aosta del 6,4% e Belluno 9,8%. E Foggia? 5,1%. Quasi un terzo dei suicidi di Sondrio. Agrigento 7%, Benevento 5,5%, Catania 3,6%, Catanzaro 2,7!

Al Nord complessivamente la percentuale è del 6,2% mentre al Sud è del 4,1%.

Non dico che sia facile interpretare tutte le varianti che interessano un fenomeno di questo genere. Sicuramente però si possono iniziare a sfatare alcuni miti legati all'industrialismo e alla crescita economica, e cercare di capire cosa stanno patendo i nostri figli urbanizzati e industrializzati.

Se si esclude il caso anomalo di Trento per il 2007 (tasso dell’1,4% di suicidi su 100.000 abitanti) - ma nel 2004 ad esempio era identico alle altre città del nord, 7,8% – si può forse ipotizzare che la competitività delle città industriali, il ritmo frenetico, il lavoro come valore finale dell'esistenza veicolano molto stress, senso di solitudine e disistima in chi non regge il passo. Cosa che è probabilmente più sfumata nelle zone marginali del sistema.

Le dinamiche sociali e individuali sono molto complesse e non è il caso di fare semplificazioni superficiali. Però è anche intuitivo che un appartamento-batteria d'allevamento di una metropoli non è paragonabile allo stato selvatico nel bosco.

Persi tra i prodigi high tech, ci dimentichiamo spesso dell'essenza dell'essere umano, e ci scordiamo che la gioia di vivere e l'armonia psicologica sono direttamente e in modo speciale legate alla libertà e all'integrazione nel mondo naturale, da cui proveniamo e da cui dipendiamo. Checché ne dicano cemento, plastica, megaschermi e luci della città.

Catania, all'Università nuove indagini su morti sospette nei laboratori di fisica e matematica

fonte:
http://www.ecoblog.it/post/7775/catania-alluniversita-nuove-indagini-su-morti-sospette-nei-laboratori-di-fisica-e-matematica#continua

pubblicato: sabato 07 febbraio 2009


Si indaga ancora a Catania, alla Cittadella universitaria, nei laboratori di fisica e matematica. Troppe morti sospette nel corso degli anni che hanno riguardato ricercatori e sudenti che probabilmente hanno maneggiato materiale radioattivo o che ci sono venuti a contatto senza saperlo.

Già lo scorso anno la Cittadella fu sede del sequestro del laboratorio di farmacia e dell’apertura di un fascicolo di indagine, che ha portato al processo ancora in corso, dopo che Emanuele Patanè, ricercatore presso il dipartimento di scienze farmaceutiche, in un memoriale, poco prima di morire per cancro, a 29 anni, aveva denunciato le orribili condizioni di lavoro.

A ricostruire un po’ la vicenda nel suo blog, nonchè ad essere uno dei teste interrogati dalla Procura della Repubblica di Catania è Fabrizio Fazzino, ricercatore al dipartimento di Calcolo.

Una prima denuncia arriva, via forum, dal prof. Vincezo Cutello Professore Ordinario di Informatica presso il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università degli Studi di Catania che scrive:

Mi sembra opportuno e giusto segnalare a tutti, che durante il Consiglio SDAI di oggi 26 novembre, si è avuta una discussione ampia e molto sentita sul problema dei casi di tumore che si sono verificati nel nostro Dipartimento negli ultimi anni. Tale dibattito è stato peraltro sollecitato da un documento dei colleghi Gionfriddo e Milazzo inviato di recente al nuovo Direttore del Dipartimento (e che allego al presente post). Alla fine di tale ampia discussione, si è arrivati alla conclusione che, nelle more di una indagine completa e approfondita sulle cause di tale altissima incidenza, è necessario riflettere ed eventualmente attivarsi per trasferire le attività didattiche presso altra sede, in tempi brevissimi, ovviamente concordando il tutto con le autorità del nostro Ateneo.

E cosa c’è scritto nell’allegato?

La percentuale di incidenza tumorale, in base ai casi oncologici da noi conosciuti nel Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania è del 11,42%, facciamo notare che tale percentuale, visto le assunzioni fatte, è sottostimata ed inoltre che essa supera per ben più di cinque volte l’incidenza tumorale nazionale, che come detto precedentemente, in tale fascia temporale è del 2%.

I sospetti ricadono sul LNS, i Laboratori nazionali del sud, all’interno dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, dove si trova il tandem, un acceleratore di particelle. Scrive Fabrizio:

Curiosando sul sito si trova un documento PDF intitolato Fasci di ioni radioattivi ai Laboratori Nazionali del Sud che oltre a spiegare le attività relative al progetto mostra uno schema dell’acceleratore di particelle cosiddetto tandem (ma che pare un cannone) corredato dai contorni dell’edificio che lo contiene:

Insomma i sospetti di Fabrizio riguardano proprio il cannone e di questi sospetti ne ha parlato il 16 gennaio scorso in Procura. Scrive Fabrizio:

Ovviamente ho dichiarato ufficialmente di essere un perfetto ignorante in materia di radiazioni e che quindi le mie supposizioni potrebbero solo essere usate per fornire nuovi spunti alle indagini. Per la cronaca, pare che degli eventi al Dipartimento di Matematica e Informatica ufficialmente non si sapesse ancora nulla, neanche del numero anomalo di decessi, quindi almeno questa mia visita dovrebbe servire per far iniziare una seria indagine da parte delle autorità competenti, che a questo punto potrebbero nominare un perito (che pare che il DMI non possa permettersi).

La saga delle intercettazioni

fonte:
http://togherotte.ilcannocchiale.it/2009/02/04/la_saga_delle_intercettazioni.html


4 febbraio 2009

Bruno Tinti

Non credo restino molti dubbi sullo scopo che la nostra classe politica intende perseguire quanto alle intercettazione telefoniche: non si debbono fare. Punto e a capo.

In un primo tempo il metodo da utilizzare sembrava dovesse essere quello di ridurre all’osso i reati per i quali le intercettazioni sarebbero state consentite: solo quelli puniti con pene superiori a 10 anni di reclusione. Restavano fuori un sacco di reati gravi ma pazienza, quello che importava era che, tra quelli per cui non si poteva intercettare c’erano tutti i reati contro la Pubblica Amministrazione; cioè tutti i reati abitualmente commessi dalla classe politica. Che infatti proprio in vista di questo obbiettivo si dava da fare per riformare la disciplina relativa.

Poi qualche politico più attento di altri alle reazioni dell’opinione pubblica deve aver pensato che a tutto c’è un limite e che forse i cittadini non avrebbero apprezzato, e magari la prossima volta avrebbero votato “male”. E così hanno studiato un sistema diverso per ottenere lo stesso risultato; sistema che ha il pregio di non disgustare troppo i futuri elettori che, naturalmente, masticando poco di diritto, non dovrebbero essere in grado di capire fino in fondo i trucchi utilizzati per garantire comunque l’impunità alla casta e ai suoi fiancheggiatori.

Questa considerazione può essere facilmente condivisa leggendo quella parte del DDL che modifica modalità di richiesta, presupposti e termini di durata delle intercettazioni; la trascrivo qui di seguito.

“Il pubblico ministero richiede l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale. L'autorizzazione è data con decreto motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi sono gravi indizi di colpevolezza e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistono specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice;
Il pubblico ministero, insieme alla richiesta di autorizzazione, trasmette al giudice il fascicolo con tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti;
Nei procedimenti contro ignoti, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, su richiesta della persona offesa, sulle utenze o nei luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l'autore del reato;
Nei procedimenti contro ignoti, è sempre consentita l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, al solo fine di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso.
Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di trenta giorni, anche non continuativo. Il pubblico ministero da immediata comunicazione al tribunale della sospensione delle operazioni e della loro ripresa. Su richiesta motivata del pubblico ministero, contenente l'indicazione dei risultati acquisiti, la durata delle operazioni può essere prorogata dal tribunale fino a quindici giorni, anche non continuativi. Una ulteriore proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi, può essere autorizzata qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti di cui al comma 1”.

Chi di mestiere non fa il giudice o l’avvocato o il poliziotto (o il politico-delinquente) certamente sarà sorpreso leggendo le precisazioni che seguono.

Dunque, Il pubblico ministero richiede l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale.
Questo vuol dire che tutte le Procure di un Distretto giudiziario (che equivale grosso modo a una Regione, in Piemonte addirittura a due Regioni, Piemonte e Valle d’Aosta), quando debbono intercettare un’utenza telefonica lo debbono chiedere al Tribunale che ha sede nel capoluogo; insomma, in Piemonte e Valle d’Aosta, 19 Procure (tante sono) non possono rivolgersi al loro Tribunale ma debbono far capo al Tribunale di Torino.

Beh, si potrebbe dire, si tratterà di inviare le richieste dei vari Sostituti via fax o via e-mail alla competente Sezione di questo Tribunale capoluogo di Distretto (che sarà certamente costituita in tempi brevissimi, utilizzando quella decina di giudici che, come noto, essendo in soprannumero, non hanno niente da fare e rubano lo stipendio). La competente Sezione del Tribunale leggerà e provvederà in tempi brevissimi.

Peccato, prima di tutto, che di giudici disponibili per svolgere questo lavoro non ce n’é. Come tutti sanno (meno il nostro legislatore) i giudici sono in numero largamente insufficiente per far fronte al lavoro che già hanno; trovarne qualcuno che possa occuparsi di intercettazioni sarà del tutto impossibile.

Ma c’è anche un altro problemuccio che forse avrebbe dovuto essere considerato. Perché il DDL prevede anche che Il pubblico ministero, insieme alla richiesta di autorizzazione, trasmetta al giudice il fascicolo con tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti.
E qui si tratta di far viaggiare tra una città e un’altra i fascicoli processuali. E chi li porterà? Gli autisti, per la verità, ci sono; erano stati assunti quando gli uffici giudiziari disponevano di un accettabile parco macchine, qualcuna blindata e qualcuna no. Ma adesso, in tempi di vacche magre, le macchine non ci sono più; le poche residue sono destinate al trasporto dei magistrati sotto tutela (le blindate) e al ritiro della posta presso gli uffici postali; attività che spesso non si riesce a fare perché, siccome sono dei rottami, passano più tempo in officina che in strada. E allora, come si farà a trasportare i fascicoli? Senza i quali, si noti, il Tribunale non potrà provvedere sulla richiesta di intercettazione del PM. Tenete conto che si tratta di far viaggiare, avanti e indietro, per centinaia di chilometri (penso al Piemonte, da Aosta o Verbania a Torino, per citare solo le città più lontane) decine ma anche centinaia di faldoni (sarebbero quelle grosse cartelline di cartone, tenute chiuse da lacci di stoffa in genere rotti e riannodati); e che si tratta di farlo tutti i giorni e, forse, anche più volte in un giorno. E attenzione, tutta questa procedura deve essere ripetuta per ogni richiesta di intercettazione. Immaginate che un PM chieda l’autorizzazione ad intercettare l’utenza fissa posta nell’abitazione di Calogero Ammazzatutti; dopo un paio di giorni scopre che questo telefono viene utilizzato dalla moglie di Calogero per ordinare la spesa; ma che, sempre a quel telefono, arrivano numerosi squilli a vuoto provenienti da un cellulare finora ignoto che, ovviamente, viene subito dopo richiamato da Calogero utilizzando un altro apparecchio. Quindi bisogna intercettare questo cellulare nuovo. Altra richiesta, altro viaggio avanti e indietro fino al Tribunale capoluogo di Regione. Poi, da questo cellulare, si risale al cellulare utilizzato personalmente da Calogero e poi a quello del suo amico Giusepe Appaltifacili e poi magari a quello dell’amico di Giuseppe, il senatore Benedetto Dal Popolo. E, almeno per i primi due cellulari (quello di Benedetto è sacro, che scherziamo) bisogna fare altre richieste, altri trasferimenti di fascicoli, altri ritorni di fascicoli e via così.

Ma non facevano prima a dire che le intercettazioni telefoniche ce le dovevamo scordare?
In realtà tutto questo calvario non dovrebbe essere molto frequente; anzi, per la verità, potrebbe non verificarsi mai. Perché il legislatore (ma si può onorare di un titolo simile una o più persone che fanno di questi trucchi?) ha stabilito che le intercettazioni telefoniche si possono fare per tutti i reati per i quali si sono fatte fino ad ora (visto, cari cittadini, che non è vero che noi vogliamo impedire le indagini?). Solo che ci va una piccola condizione: occorrono gravi indizi di colpevolezza.

E questa è proprio una finezza. Dovete sapere che, fino ad ora, i telefoni si potevano intercettare quando c’erano gravi indizi di reato. La distinzione è sottile ma non troppo. Gravi indizi di reato significa che ci sono buone ragioni per pensare che un reato sia stato commesso; da chi ancora non si sa e per questo motivo si fanno le intercettazioni, si cerca di capire chi sia stato a commetterlo. Gravi indizi di colpevolezza significa che ci sono buone ragioni per ritenere che una certa persona abbia commesso un certo reato. Da qui in avanti dunque si potranno intercettare i telefoni solo quando si saprà con pratica certezza che Calogero Ammazzatutti ha in effetti ammazzato Peppino Animapia.

Alla domanda: ma se già sappiamo che Calogero ha ammazzato Peppino, perché dovremmo fare intercettazioni? Attenzione, non le possiamo fare per scoprire se, quando Calogero ha ammazzato Peppino, insieme con lui c’era anche Giuseppe Appaltifacili perché, nei confronti di questo qui ancora non abbiamo gravi indizi di colpevolezza. E mica possiamo usare le intercettazioni per scoprire se è colpevole davvero!

Insomma, secondo il nostro legislatore le intercettazioni le possiamo fare solo quando non ci servono più, perché già abbiamo scoperto il colpevole. Voi direte che non è possibile che qualcuno abbia pensato una bestialità del genere. E invece è possibilissimo. Tanto è vero che l’esistenza di “gravi indizi di colpevolezza” è il presupposto, pensate un po’, per mettere in galera l’imputato. Dice infatti l’art. 273 del codice di procedura penale, che "Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza".
Dunque, ripeto, perché diavolo dovremmo sottoporre ad intercettazione i telefoni di Calogero Ammazzatutti visto che lo abbiamo già arrestato perché è incastrato da gravi indizi di colpevolezza?
Adesso il problema è che tutto questo non vale solo per un banale omicidio. Pur di assicurarsi l’impunità per i reati suoi (pensate ad una bella corruzione con turbativa d’asta e abuso d’ufficio, quelle fantasie di alcuni magistrati politicizzati, quelle poche centinaia di casi isolati che non possono giustificare la barbarie della persecuzione giudiziaria etc. etc.), la casta ha assicurato l’impunità a tutti i delinquenti, anche a gente come Calogero Ammazzatutti che vive di omicidi. Niente di nuovo sotto il solo, naturalmente, ma qui c’è da preoccuparsi parecchio.

Andiamo avanti.
Supponiamo che, nonostante tutto, si riesca a intercettare l’utenza di Calogero Ammazzatutti. Lo si può fare solo per 30 giorni, prorogabili al massimo per altri 30.
E qui si apre un altro panorama ridicolo.
Prima di tutto Calogero Ammazzatutti non dice niente di utile per 59 giorni ma, al sessantesimo, telefona a Giuseppe Appaltifacili e gli dice che domani o dopodomani si troveranno al solito bar per scambiarsi la busta; magari, proprio perché vogliono essere chiari, Calogero dice a Giuseppe “dì all’onorevole Benedetto Dal Popolo che i soldi glieli facciamo avere tutti come lui ha chiesto”.
Beh, sulle intercettazioni a carico di Calogero ci possiamo mettere una croce perché 60 giorni ce li siamo già sparati tutti e non possiamo più intercettarlo.

Ma non possiamo nemmeno intercettare le utenze di Giuseppe (quelle di Benedetto, lo sappiamo, sono sacre). Perché, dice il DDL, le richieste di intercettazione debbono essere fondate
su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento. Che vuol dire che non si può richiedere un’intercettazione sulla base di quanto accertato nel corso di un’altra intercettazione. Quindi, siccome i gravi indizi di colpevolezza a carico di Giuseppe e Benedetto derivano dall’intercettazione a carico di Calogero, niente intercettazioni su di loro, possono starsene tranquilli.

Un’ultima chicca.
Ci sono i procedimenti a carico di ignoti. Per esempio, Modestino Salumiere ha qualche problema con la mafia locale, non riesce a pagare il pizzo da qualche mese e questa un bel giorno gli incendia il locale. Modestino non denuncerebbe nemmeno il fatto ma i pompieri intervengono e così la Procura ne viene a conoscenza. Non ci vuole una scienza particolare per capire che l’incendio è doloso (i pompieri hanno trovato perfino il timer). Quindi indagine per estorsione a carico di ignoti.
Che si fa in questi casi? Si intercetta a tappeto: i telefoni di Modestino, quelli di sua moglie, dei suoi figli, degli amici, dell’amante. Presto o tardi la telefonata in cui si dice “hai visto che ti è successo? Adesso porta i soldi se no la prossima volta …..” la si ascolta. Si identifica da dove viene e da lì parte l‘indagine.

Bene. Adesso non si intercetta più nulla.

Dice il nostro legislatore che "Nei procedimenti contro ignoti, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, su richiesta della persona offesa, sulle utenze o nei luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l'autore del reato".
Quindi Modestino Salumiere deve, lui, proprio lui, chiedere al PM di sottoporre a controllo le sue utenze. Pensate un po’; gli hanno appena incendiato il negozio e lui dovrebbe fare alla mafia l’ulteriore sgarbo di chiedere le intercettazioni, cosa che la mafia saprebbe benissimo che è successa perché il nostro illuminato legislatore ha proprio previsto che, senza questa richiesta, le intercettazioni non si fanno.
Quindi, quando si andasse ad arrestare Calogero Ammazzatutti dicendo che le prove a suo carico sono costituite dalle intercettazioni compiute sulle utenze di Modestino Salumiere, Calogero saprebbe subito con chi prendersela.
Non bisogna essere dei veggenti per immaginare che richieste di intercettazione provenienti da parti offese ce ne saranno pochine.

Infine (ma c’è tantissimo altro) una chicca.
In caso di reato commesso da ignoti le intercettazioni, se si fanno, debbono servire solo a
identificare l'autore del reato.
Come dire: se intercettando intercettando scopro che Calogero sta parlando con Giuseppe del senatore Benedetto dal Popolo e delle mazzette che gli hanno dato; beh di queste cose non si può tenere conto.

Che facce di bronzo, vero?

Edizione straordinaria

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

6 febbraio 2009, in MARCO TRAVAGLIO

Portatelo via
Questo blog non si occupa di Eluana Englaro perché ha troppo rispetto per i misteri del dolore, della vita e della morte. Ma non possiamo non occuparci, ancora una volta, di un governo indecente e di un premier fuori controllo che ieri, dopo la bocciatura del suo demenziale decreto incostituzionale e vergognoso, ha sostenuto che Eluana sta benissimo, tanto che potrebbe persino avere figli. In attesa che ci racconti una barzelletta sui malati terminali in coma vegetativo, sulla scia di quelle sull’Olocausto e sulle ragazze stuprate, sarebbe il caso che qualcuno provvedesse a un Tso (trattamento sanitario obbligatorio). In un paese perlomeno decente, in casi come questo arrivano due infermieri e portano via il soggetto in ambulanza, per sottoporlo ad accurati accertamenti. Quanto poi a quel che è accaduto in queste ultime ore tra il Quirinale e Palazzo Chigi, prepariamoci a leggere le “indiscrezioni” dei “retroscenisti” che, a seconda degli schieramenti, faranno apparire il capo dello Stato o il capo del governo come eroi della resistenza. Io preferisco guardare al risultato finale. Berlusconi ha ottenuto ciò che voleva: dimostrare al Vaticano di aver fatto tutto il possibile per compiacere le gerarchie ecclesiastiche (si spera non tutte) e i loro seguaci più ottusi. Napolitano ha ottenuto ciò che voleva: dimostrare che, almeno una volta nella vita, ha avuto il coraggio di rimandare indietro una legge vergogna, altrettanto incostituzionale quanto il lodo Alfano o la schedatura ai bambini rom o l’aggravante razziale per gli immigrati clandestini o il decreto sui rifiuti in Campania. In più, se c’era qualche speranza che il Quirinale bocciasse la legge-porcata sulle intercettazioni o la controriforma della giustizia varata ieri dal Consiglio dei ministri o il nuovo pacchetto sicurezza che legalizza le ronde padane e impone ai medici di denunciare i malati clandestini, ora quelle possibilità si riducono al lumicino: un intero esercito di pompieri si scatenerà per spegnere i fuochi di questo “scontro fra Napolitano e Berlusconi” e per riportare la pace tra i due palazzi. Così Berlusconi uscirà, ancora una volta, vincitore: a lui, di Eluana, non frega nulla. A lui interessa distruggere la Giustizia. E da stasera ha qualche chance in più di farcela.

venerdì 6 febbraio 2009

Quinto potere

"Il Giornale" scrive contro la ricerca scientifica

fonte:
http://www.ecoblog.it/post/7762/il-giornale-scrive-contro-la-ricerca-scientifica

venerdì 06 febbraio 2009 da pierluig

Nell’edizione di domenica 1 febbraio del quotidiano il Giornale è apparso un articolo dal titolo Sprechi bestiali. Pagato dalla Regione per ululare nei boschi che, con toni rozzamente ironici, ha aggredito la ricerca scientifica in ambito naturalistico, cercando di farla passare per una futile stravaganza e accusando le amministrazioni regionali, provinciali, comunali e le comunità montane di sprecare enormi quantità di denaro pubblico finanziando iniziative di tutela della biodiversità.

Francesco Cramer, autore dell’articolo, esordisce cercando di mettere in ridicolo l’utilizzo di protocolli standardizzati, elaborati dalla comunità scientifica internazionale e ampiamente adottati in tutto il mondo per il censimento delle popolazioni di lupo, arrivando a sfruttare i più sudici trucchetti della comicità spicciola. Ad esempio, sembra quasi di sentire una grassa risata di gruppo in sottofondo leggendo che:

il professore usa anche la tecnica dello snow-tracking, che in inglese fa più figo ma non è altro che l’individuazione delle tracce sulla neve, e dell’analisi degli escrementi che tuttavia, chissà perché, non è chiamata analysis dropping.

Più avanti nell’articolo una serie di altri ricercatori vengono irrisi incolpandoli di sprecare tempo e denaro per studiare api, lepri, pipistrelli… trascurando il fatto che i risultati di queste attività spesso vengono pubblicati su riviste scientifiche internazionali e contribuiscono ad aumentare la conoscenza che l’uomo ha del mondo in cui vive.

Inoltre l’autore sembra non sapere che le attività di monitoraggio e salvaguardia delle specie animali a rischio sono rese obbligatorie dalla legge dello Stato italiano che si è impegnato con l’Unione Europea e con tutta la comunità internazionale a contribuire alla conservazione della biodiversità sul suo territorio. A questo va aggiunta la manifestazione di grande chiusura culturale che, in passato, avrebbe potuto portare, ad esempio, a criticare Fleming per aver perso il suo tempo a studiare le muffe!

La pubblicazione di questo articolo ha giustamente provocato lo sdegno di numerose società scientifiche italiane. Alcune di esse, come la Associazione Teriologica Italiana, hanno preso ufficialmente posizione in merito stigmatizzando l’accaduto. Altre saranno probabilmente chiamate a farlo nei prossimi giorni, ma nel frattempo molti scienziati, conservazionisti e appassionati si sono mobilitati subissando di email di protesta la redazione de “il Giornale”.

giovedì 5 febbraio 2009

Il Diritto di Rettifica nel Web 2.0: trackback e blog reactions

fonte:
http://www.byoblu.com/

Pasolini: Niente di più feroce della banalissima Televisione

Avevano ragione i Pm di Salerno. Infatti li hanno trasferiti

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

5 febbraio 2009, in MARCO TRAVAGLIO

Il decreto di perquisizione e sequestro dei pm di Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani a carico di magistrati e faccendieri di Catanzaro indagati per corruzione giudiziaria e altro, è “perfettamente legittimo”, “logico, preciso e analitico”, “immune da vizi di motivazione”, in linea col Codice e la “giurisprudenza di Cassazione”, necessario “per l’accertamento dei fatti”. Nessuna “pesca a strascico” per cercare reati su “sospetti e congetture”, ma un atto indispensabile per riscontrare il “corposo materiale probatorio raccolto”. Insomma un decreto dotato del “crisma di atto di ricerca della prova e non di ricerca della notitia criminis”. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Salerno (giudici Mele, Spinelli e Pisapia), nelle motivazioni delle due ordinanze con cui ha rigettato i ricorsi del capo della Compagnia delle Opere calabrese Antonio Saladino, indagato in Why Not (indagine poi avocata a Luigi De Magistris); l’ex procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi, che scippò a De Magistris l’altra indagine, Poseidone; la moglie di Lombardi e il di lei figlio, avvocato Pierpaolo Greco, socio del sen. avv. Giancarlo Pittelli (amicone di Lombardi, indagato e poi archiviato in Poseidone e in Why Not, ma ora inquisito a Salerno). Le motivazioni, depositate il 30 gennaio, sono clamorose perchè smentiscono tutti gli addebiti mossi ai pm di Salerno da politici, Anm, alte cariche dello Stato e Csm, che proprio per quel decreto li ha cacciati su due piedi.

I giudici ricordano che l’inchiesta di Salerno ha scoperto “un complesso disegno criminoso, tuttora in atto, diretto a favorire soggetti indagati in Why Not e Poseidone… fra questi Mastella, Saladino e Pittelli, attraverso la deviazione del regolare corso dei processi penali con interventi contrari ai doveri d’ufficio compiuti dai magistrati indagati, in virtù di accordi corruttivi e intrecci di interesse con gli indagati, in modo da determinarne l’esito favorevole con l’allontanamento, l’esautorazione e la delegittimazione del dr. De Magistris, la parcellizzazione delle inchieste in vari tronconi e la revoca del consulente Genchi”. Perciò i pm han sequestrato le due indagini “insabbiate”, in quanto “corpo del reato”. E il Riesame ritiene che abbiano ben motivato le accuse nelle 1400 pagine del decreto: il “perverso intreccio d’interessi tra politica e imprenditoria” che ha stritolato De Magistris e provocato “la stagnazione e la disintegrazione” delle sue indagini è “perfettamente sussumibile nello schema della corruzione giudiziaria”. Poco importa se i favori fatti da Saladino e Pittelli ai magistrati che hanno emarginato De Magistris siano arrivati prima o dopo questi fatti. Come stabilito dalla Cassazione, la corruzione giudiziaria “più allarmante e subdola” è l’”asservimento della funzione pubblica agl’interessi del privato corruttore”, “quando il privato fornisca o prometta al soggetto pubblico, che accetta, denaro o altra utilità per assicurarsene i futuri favori”. E’ proprio il caso di Catanzaro.

Il Riesame sposa l’accusa di corruzione giudiziaria mossa a Pittelli, Lombardi & C.: “E’ pacifica la contrarietà ai doveri d’ufficio della revoca della co-delega di Poseidone a De Magistris”. Lombardi, per via della sua amicizia con Pittelli e dei rapporti societari fra il suo figliastro e lo stesso Pittelli, aveva “il dovere di astenersi” dall’inchiesta su Pittelli: invece la tolse al pm titolare procurando “utilità” e “immediato vantaggio”all’amico Pittelli. Il tutto in cambio delle “prestazioni, in parte anche precedenti”, fornite da Pittelli “a Lombardi e al figlio della moglie, Greco Pierpaolo… Agevolazioni per favorire la carriera di un giovane avvocato, per di più convivente” del procuratore. In seguito Pittelli divenne addirittura l’avvocato di Lombardi. Lo stesso vale per Saladino, che si liberò di De Magistris in Why Not; inchiesta avocata dal Pg Dolcino Favi con motivazioni fasulle e “col concorso del procuratore aggiunto Salvatore Murone”, pure lui indagato per corruzione giudiziaria: “Saladino aveva assicurato assunzioni a parenti e amici del Murone”, come pure di altri magistrati calabresi. Tra i beneficiari del presunto insabbiamento c’è pure Mastella, frettolosamente archiviato sebbene la gestione dei fondi pubblici al ‘Campanile’ (l’organo dell’Udeur) “meritasse ulteriori approfondimenti investigativi”.

Molti, a partire dal ministro Alfano, hanno accusato i pm di Salerno di essersi appiattiti sulla versione di De Magistris. Ma per il Riesame è falso anche questo: “L’inquirente non si è limitato a recepire le denunce del De Magistris, ma al contrario ha sottoposto le stesse a un’intensa attività di verifica, mediante acquisizione di atti e documenti, audizione di testimoni, colleghi dell’avv. Greco, colleghi del dr. De Magistris, consulenti…”. Dunque il decreto della discordia è “un legittimo atto investigativo diretto a riscontrare le acquisizioni testimoniali o a colmare le ultime lacune probatorie”. Di qui “il rigetto dei ricorsi, la conferma dell’impugnato decreto” e “la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese”.

A questo punto qualcuno domanderà: se il decreto è legittimo, perché il Csm ha cacciato i suoi tre autori? Bella domanda.

Stefano Montanari su Umberto Veronesi su Inceneritori in TV

mercoledì 4 febbraio 2009

Veronesi: "Non mi intendo di inceneritori, ma i miei esperti mi giurano che non fanno male"

fonte:
http://www.ecoblog.it/



Piero Ricca lunedì sera è andato a trovare il Sen. Umberto Veronesi in una libreria milanese, ospite per la presentazione di un libro.

In verità Piero sperava di trovare Claudio Petruccioli, ma non c’era. Così ha puntato dritto al Prof. Veronesi: il video racconta dell’intervista fatta da Fanny che leggiadramente lo inchioda. Scrive Piero nel suo blog:

E allora abbiamo puntato su Veronesi, il quale ha ammesso di non intendersi molto del problema inceneritori. “I suoi esperti” tuttavia gli hanno giurato che non fanno male. E così lui, che è un “esperto di salute”, lo va a dire in tv. Incalzato da Fanny, ha aggiunto che non intende accettare alcun confronto pubblico con gli studiosi che da anni denunciano gli effetti devastanti degli inceneritori: “la gente fa bene a fidarsi di me”. Il fatto che tra gli sponsor della sua fondazione ci siano società coinvolte nel business degli inceneritori per lui non è un motivo di imbarazzo ma “una balla che non esiste, un’invenzione”. A questo punto - protetto da alcune signore dall’aspetto salottiero - il senatore Veronesi ci ha girato le spalle e si è allontanato verso il buffet.

Liberali alle vongole

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

3 febbraio 2009, in MARCO TRAVAGLIO

Fra le tante parole che han perso il loro significato, anzi hanno assunto quello contrario, c’è “liberale”. Ieri Ostellino, che ogni due per tre ricorda di essere un “liberale” (forse per convincere se stesso), scrive sul Corriere che Di Pietro è “autoritario” perché chiede al capo dello Stato di non firmare leggi incostituzionali, e “ha un certo seguito in quella parte dell’opinione pubblica che, negli anni 20, ingrossò in buona fede le file del fascismo”. “Nelle democrazie liberali - spiega Ostellino - i politici non sono legibus soluti, ma sottoposti essi stessi alla Legge. Che è ‘uguale per tutti’”. Ben detto. Peccato che le critiche al Quirinale riguardino proprio la firma sulla legge Alfano che rende “legibus solutae” le quattro alte cariche dello Stato, trasformandole in cittadini più uguali degli altri. Ma, anziché prendersela con quella legge e con chi l’ha voluta e avallata, Ostellino, liberale in crisi di identità, attacca chi la contesta dandogli del fascista autoritario. Altri noti liberali, come gli avvocati affiliati alla setta delle Camere penali capitanata da Oreste Dominioni, già difensore di Dell’Utri, denunciano penalmente Di Pietro per “offesa all'onore e al prestigio del capo dello Stato” (art.278 Codice penale) a proposito delle pacatissime critiche rivolte a Napolitano in piazza Farnese. In qualunque altro paese i liberali difenderebbero il diritto di critica, tanto più nei confronti di un’alta carica dello Stato che da sei mesi non è più soggetta alla legge penale. In Italia i “liberali”, quando qualcuno dissente, chiamano la Celere.

Il partito unico blinda anche l'Europa

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

4 FEBBRAIO 2009
MARCO CEDOLIN

La decisione d’introdurre lo sbarramento del 4% anche per quanto concerne le prossime elezioni europee ha ricevuto ieri il via libera della camera con una schiacciante maggioranza forte di 487 si, 29 no e 6 astenuti, incassando anche l’approvazione del Presidente Napolitano, sempre condiscendente con qualsiasi decisione si proponga di smantellare ogni anelito di democrazia.
Il governo “abbronzato” e l’opposizione ombra non hanno in verità faticato molto per trovare un accordo che li mettesse al riparo dalla possibilità che qualche candidato “non allineato” potesse ambire a sbarcare in Europa come accaduto in passato, dimostrando inequivocabilmente per l’ennesima volta come l’intesa fra governo ed “opposizione” risulti sempre perfetta quando si tratta di tutelare gli interessi superiori del partito unico.

Le elezioni "farsa" di aprile, dalle quali è emerso un parlamento privo di sfumature, negando il diritto ad avere una rappresentanza politica parlamentare a quasi il 10% degli italiani che si sono recati alle urne, hanno evidentemente tracciato la strada da perseguire in futuro per ottenere il risultato voluto. Il fatto che alle elezioni europee qualunque piccolo (o nuovo) partito, pur presentandosi da solo, potesse ambire a fare eleggere un proprio candidato, contrastava nettamente con le velleità di Veltroni e Berlusconi, intenzionati ad “americanizzare” il sistema politico italiano, eliminando i partiti minori e scongiurando la possibile nascita di qualsiasi nuova formazione politica.
La scelta dello sbarramento al 4% applicata anche alle elezioni europee, sostenuta da Napolitano che ha affermato di considerare la frammentazione (in questo caso trattasi di pluralità di pensiero) un “disvalore”, costringerà di fatto tutti i piccoli partiti ad eliminare le proprie peculiarità, appiattendosi su una delle due facce di Veltrusconi, avendo come unica alternativa la morte lenta determinata dall’impossibilità di dare rappresentanza ai voti ottenuti dai propri elettori.

Nonostante un gruppo di ex parlamentari abbia protestato durante la votazione alla camera lanciando volantini prima di essere allontanato dall’aula ed alcuni partiti minori da tempo esprimano contrarietà nei confronti della scelta di estendere lo sbarramento, sostanzialmente la notizia non ha suscitato grande clamore nell’opinione pubblica. Lo scarso spazio volutamente dato dall’informazione all’argomento e la martellante propaganda “istituzionale” mirata a presentare valori positivi quali la pluralità di pensiero e l’espressione democratica nell’accezione negativa di una “temibile” frammentazione, hanno fatto il paio con la distanza siderale che ormai divide i cittadini dalla politica, favorendo di fatto il disegno autoreferenziale del partito unico che la votazione di oggi ha portato drammaticamente a compimento.

Gian Antonio Stella

fonte:
http://www.beppegrillo.it/

04/02/2009

martedì 3 febbraio 2009

Caro Veltroni, che fine ha fatto il referendum contro la Gelmini?

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/caro-veltroni-che-fine-ha-fatto-il-referendum-contro-la-gelmini/

di Mila Spicola

Prove tecniche di smobilitazione. Prove tecniche di mobilitazione. Parliamo di scuola. Smobilitazione della scuola pubblica, così come ce la ricordavamo (quella sì con nostalgia, aperta a tutti, formativa, qualificativa... e non quella retorica del grembiulino propinataci nei mesi calienti della protesta) e mobilitazione di una nuova protesta, più misurata nei toni, ma più profonda, radicata nelle coscienze e pronta a esplodere in un dissenso di cui è difficile definire i contorni.

Da un lato i nodi che cominciano a venire al pettine: quelli della concreta applicazione delle leggi sulla scuola (che riforma non mi vien proprio di chiamarla) e dall’altra il disagio e la protesta nuovamente crescenti. Adesso finalmente si cominciano ad individuare morti e feriti: i docenti che perdono il posto non sono più delle percentuali o dei numeri, sono colleghi che ci chiamano, che ci chiedono “che facciamo? cosa si può fare?”, e dall’altra i genitori, che si affannano nel capire cosa conviene meglio fare, che ascoltano i consigli sulla scelta delle opzioni sulle iscrizioni dei figli a scuola col massimo delle ore dalle persone di cui si fidano di più, e cioè gli insegnanti dei loro figli. Persone che ci interrogano su come cambierà la loro quotidianità a partire da settembre, perché adesso lo leggono nero su bianco nei moduli d’iscrizione.
Palermo, scuola media Salvatore Quasimodo, quartiere Oreto Nuova, periferia sud della città. Da noi si perderebbero cinque cattedre di italiano e una di educazione tecnica.

Tanto, a che serve conoscere l’italiano in un quartiere periferico di Palermo? A che serve qualche ora in più per tenere lontani dalla strada i nostri ragazzi? Noi non abbiamo mense e quindi non possiamo chiedere il tempo pieno. Ma altrove è lo stesso: solo il 3% delle scuole siciliane le posseggono, non vi dico la percentuale degli edifici messi a norma contro gli incendi, o secondo la 626 sulla sicurezza negli edifici pubblici. Sorvoliamo.
Per aggirare l’inghippo con preside e collegio docenti predisponiamo l’opzione “tempo prolungato”: 36 ore, invece delle 29 “comandate” dalla Gelmini. Gli alunni studierebbero il loro bravo italiano, frequenterebbero qualche laboratorio pomeridiano insieme ai propri docenti, rimarrebbero più ore a scuola. Non meno ore, più ore. Per imparare. A stare insieme, a studiare meglio, a capire cosa fare di un avvenire, sempre più incerto in tutta Italia, figuriamoci ai bordi della zona industriale Brancaccio.
Stiamo facendo il lavaggio del cervello ai genitori dei bimbi delle elementari, ma non ci vuole molto.
Quale genitore tra 29 ore e 36 ore di scuola, in una città difficile e allo sfacelo come Palermo, nella regione più povera d’Italia, nel mezzo della crisi più nera degli ultimi anni, ci penserebbe più di un attimo?
Se si attiva un corso di 36 ore le cattedre perse sono 3, se arriviamo a comporre due corsi la cattedra persa è solo una. Questo alle medie. Ma alle elementari? A Palermo molti insegnanti sono precari. Ma “Precari istituzionali”, di quelli con lauree, corsi di specializzazione, lustri d’esperienza. Li sentite sempre meno, passano cattive acque. A volte famiglie con mutui, con genitori entrambi docenti precari, che rimarranno senza stipendio. Ma possiamo farci poco giusto? La crisi è crisi per tutti.
Anche per i loro alunni. Bambini siciliani, che il tempo pieno non possono averlo nemmeno alle elementari per i motivi di cui sopra: inadeguatezza delle strutture. Da Roma dicono: ma la Sicilia ha competenza esclusiva in materia di legislazione scolastica elementare, perché non deroga dalla legge nazionale ed elabora strategie diverse? Perché non destina parte dei fondi europei alla messa a norma dei propri edifici scolastici, o, addirittura ne costruisce di nuovi? Già, perché?

Abbiamo un nuovo Presidente Regionale che del federalismo e “dello sviluppo della Sicilia” ha fatto vessillo elettorale. Eppure…Ci dica da dove passa lo sviluppo della Sicilia se non dalla formazione e dall’istruzione QUALIFICATA, statale, pubblica, con eguale accesso a tutti i ragazzi.
E invece no. Ad esempio a Palermo sono stati tagliati da due anni i fondi per i buoni libro alle famiglie indigenti (sono state il 60% a farne richiesta lo scorso anno, il 60%), figurarsi fornire le quote per i buoni pasto, là dove fossero previsti per adeguatezza delle strutture. E allora, i nostri ragazzi soffrono di un cumulo di inefficienze: comunali, regionali e statali.

Ci giunge come una sorta di mito omerico l’eco dei provvedimenti che sta prendendo il nuovo presidente degli Stati Uniti per contrastare la crisi: punterà sull’innovazione, sulla scuola e sulle energie rinnovabili. Se dovessimo ascoltare i ministri del governo in carica forse lo dovremmo farlo ricoverare come matto, il nuovo Presidente. Da noi: di innovazione nemmeno l’ombra (dio com’erano belli i bei tempi della nostra infanzia), la scuola... per carità, a che serve? Tagliamo 8 miliardi. E infine, l’energia? Mi sa che il nucleare potrebbe essere un ‘idea pronta e veloce per supplire all’emergenza energetica: ci vogliono solo 10 anni circa per costruire una centrale nucleare. Fosse sicura poi.

Ma parliamo di scuola, per le medie, ok, qualcosa forse in extremis la possiamo fare, le elementari invece ce le stiamo giocando.
Ma le superiori? I miei alunni, in maggioranza, scelgono istituti professionali. E anche lì la mannaia Gelmini colpisce. Vengono aboliti i laboratori: qualcuno ci spieghi a cosa servirebbe un professionale senza laboratorio.
A Palermo poi sta succedendo una cosa ancor più incredibile. In un istituto professionale, posto in un luogo cruciale della città, e cioè sui bordi dello Zen, è stata votata da una maggioranza di colleghi – forse imbambolati dalla tristezza – una delibera un po’ particolare. Che dice: alcuni corsi professionali possono affidarsi a istituti di formazione privati con finanziamento europeo. Li conosciamo bene quegli istituti.
Esempio: il corso da parrucchiere, il ragazzo, andrà a frequentarlo in un'altra struttura, le materie base poi, italiano, matematica e lingue, verranno somministrate dai colleghi statali, nelle strutture dell’istituto privato.
Cosa vuol, dire tutto ciò? Intanto che i colleghi docenti pubblici che insegnano le materie più specifiche tecniche del corso in oggetto, se ne possono andare a casa, perché non serve più la loro opera nella struttura pubblica, ma, cosa più grave: nessuno controllerà il livello della formazione acquisita in quegli istituti privati dai ragazzi, nessuno controllerà la frequenza.
Se anche ci fosse un controllo, sicuramente sarà minimo, per assicurare il maggior numeri di iscritti e quindi il maggior guadagno da parte degli istituti privati. Si incontreranno due esigenze fondamentali: da un lato il ragazzo dello Zen che, col minimissimo sforzo, si prenderà il suo bel diploma professionale e lavorerà, e, dall’altro, il solito “bisogno d’impresa”. Se poi qualcuno ci parlerà di “qualità” della formazione, di importanza della cultura e della scuola per uscire dalle situazioni di degrado, (e mi pare che la sicilia lo sia…o facciamo finta di non saperlo?), della competizione internazionale a cui saranno chiamati, anzi lo sono già, i nostri ragazzi, lo manderemo al confino, perché di cosa starà mai parlando?

E allora, veniamo al dunque.

Che ne è della campagna per il referendum promessa dal Partito democratico nelle cui fila milito?
Che ne è del sostegno promesso nel continuare la battaglia contro queste leggi infami?

Che ne è, tornando agli organi amministrativi a noi più vicini, delle promesse di curare gli interessi della Sicilia e dei Siciliani?
E’ possibile, finalmente, aprire un dibattito per una legge regionale siciliana sulla scuola?
E’ possibile stornare qualcuno dei sostanziosi fondi europei destinati alla Sicilia per adeguamento delle strutture scolastiche? Per dare un ambiente sano e civile ai nostri alunni? Per attivare le mense e quindi il tempo pieno e quindi maggiori ore di scuola ai nostri alunni, ma anche conservare molti dei circa 5000 posti di lavoro che perderemo nei prossimi tre anni?

Tutti sanno che la riuscita della manifestazione romana del 25 ottobre, organizzata dal PD, è stata merito del movimento dell’ONDA, e cioè della protesta nazionale, complessiva, di tutti, alunni, insegnanti di ogni ordine e grado, universitari, genitori e quant’altro, contro quei decreti poi approvati e diventati prima leggi, poi regolamenti e poi circolari (tra l’altro ancora scarsamente applicabili, vista l’enormità delle conseguenze organizzative e amministrative derivanti dalle norme).
Dalla Sicilia partirono due treni zeppi di militanti ma anche di docenti, dalla Sicilia è partito il grosso dell’Onda e dalla Sicilia potrebbe ripartire dagli insegnanti, finalmente consapevoli, uniti e organizzati, un movimento di dissenso non solo verso il Governo in carica, ma anche verso delle forze di opposizione che sembrano aver lasciato da parte una questione assolutamente cruciale per il destino non solo siciliano, ma del paese intero.

Mila Spicola
(esecutivo Pd Palermo delega scuola e welfare, componente del coordinamento dei docenti delle scuole di Palermo)

(3 febbraio 2009)

lunedì 2 febbraio 2009

Flores d’Arcais: la soglia del 4% è killeraggio politico

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/flores-darcais-la-soglia-del-4-e-killeraggio-politico/

Elezioni europee

di Paolo Flores d’Arcais

Lo sbarramento elettorale del 4% alle elezioni europee, previsto nella legge-inciucio che verrà portata al più presto alle camere, è la nuova PORCATA (secondo l’indimenticabile definizione di Calderoli). Se possibile, perfino peggiore di quella che regola le elezioni politiche nazionali.
L’unica ragione che legittima moralmente e politicamente una soglia di sbarramento (che deforma la rappresentanza, il Parlamento “specchio fedele del paese”, come si diceva un tempo) è infatti la preoccupazione per il moltiplicarsi delle liste e la conseguente difficile “governabilità”.
Ma il voto europeo non deve produrre nessuna governabilità, visto che essa è garantita da un esecutivo (la “Commissione”) che emana dall’equilibrio fra i diversi governi nazionali e non dal voto diretto degli elettori del vecchio continente.
E’ noto che tutti i sistemi elettorali cercano di realizzare il difficile equilibrio tra una rappresentanza quanto più fedele delle opinioni di un paese e la necessità che queste opinioni si cristallizzino in maggioranze stabili, legittimate a governare. E sempre più è questo secondo elemento ad essere privilegiato in tutte le democrazie liberali. Il voto europeo è dunque l’occasione per consentire che tutte le sfumature delle opinioni politiche trovino voce nel parlamento di Strasburgo (oggi per avere un deputato europeo basta poco più dell’1%), a realizzazione della prima istanza, democratica anch’essa, e spesso sacrificata.
Perché dunque il Partito Democratico si impegna con tanta solerzia in questo nuovo inciucio? La risposta, fuori da ogni ipocrisia, la conoscono anche i sassi: per dare il colpo di grazia a tutti i partiti e partitini che potrebbero, fosse anche solo in prospettiva e ipoteticamente, fargli concorrenza sulla sinistra. Si badi, qui non si tratta di evitare la dispersione dei voti in una elezione nazionale da cui deve emergere una scelta di governo da parte dei cittadini, qui si tratta semplicemente di killeraggio nei confronti di possibili concorrenti. Anzi, poiché tali concorrenti sono al lumicino, si tratta di un ancor più deplorevole maramaldeggiare.
Spiace davvero che a tale maramaldeggiare sembri volersi unire anche l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Se davvero lo farà, non potrà in alcun modo evitare il sospetto di essere mossa da un interesse davvero “particulare”: raccogliere un po’ di quei voti, visto che l’Italia dei valori non ha certo problemi a superare lo sbarramento.
Calcolo miope, oltre che immorale. Quei voti andranno comunque dispersi o resteranno a casa. E Di Pietro perderà i consensi di quanti invece hanno guardato con simpatia crescente alla sua autonomia dall’autodisfattismo inciucista del Pd. Ecco perché spero che l’Italia dei valori deciderà alla fine di votare no alla nuova PORCATA. O almeno, se i contrasti al suo interno fossero troppo forti (abbiamo già visto quanto contino nei suoi attuali gruppi parlamentari molti riciclati), decida di lasciare libero ogni parlamentare di votare secondo coscienza (e Di Pietro, per non influenzarli, potrebbe non pronunciarsi se non al momento del voto). Sarebbe solo un “second best”, ma meglio di un inverecondo inciucio.
Sia chiaro: non ho alcuna simpatia per i partitini moribondi, non li considero affatto una alternativa a sinistra, sono solo pezzetti di nomenklatura tale e quale quella del Pd (e in certi casi perfino peggiore), e anzi ormai cascami insignificanti di tale nomenklatura (il discorso non vale per tanti loro militanti ed elettori, ovviamente, esattamente come per tanti militanti ed elettori del Pd). Ma non è con la mordacchia elettorale, quando nessuna esigenza di “governabilità” giustifica le soglie di sbarramento, che si fa opera di moralizzazione e semplificazione del sistema politico.
L’Italia dei valori ha l’occasione, con le europee, di diventare una forza nuova e decisiva (e se si realizzasse la proposta Camilleri, potrebbe dar vita ad una lista capace addirittura di superare il 10%, e un risultato a due cifre cambierebbe radicalmente, perché anche psicologicamente, l’attuale melmoso panorama politico italiano). Perché sprecare una occasione cruciale per un calcolo di bassa bottega, oltretutto miope?

(2 febbario 2009)

Intercettazioni impossibili e crimine libero

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

2 febbraio 2009, in PASSAPAROLA

domenica 1 febbraio 2009

Addio al riscaldamento, arrivano le case passive

fonte:
http://www.terranauta.it/a737/bioedilizia/addio_al_riscaldamento_arrivano_le_case_passive.html

Un look moderno in cemento armato o più tradizionale, con tanto di legno e mattoni arancioni. Sembrano case qualsiasi, ma potrebbero lanciare una rivoluzione: si mantengono calde senza alcun tipo di riscaldamento. Si tratta delle “case passive”, che da una decina di anni punteggiano paesi germanofoni e scandinavi, ma ultimamente conquistano anche Francia e Italia. Per capire come funzionano abbiamo intervistato l’architetto Emmanuelle Payet del Consiglio per Architettura, Urbanizzazione e Ambiente dell’Hérault (dipartimento nel sud della Francia).

di Elisabeth Zoja

Un modello di casa passiva

Emmanuelle Payet, che significato ha il nome “case passive”?
“Queste abitazioni si chiamano così perché sommano gli apporti passivi di calore: quello generato da elettrodomestici e occupanti e l’irraggiamento solare”.

Per sfruttare sufficientemente quest’ultima risorsa sono necessari pannelli solari?

“L’energia rinnovabile è facoltativa, ma può essere utilizzata per ottimizzare le prestazioni dell’edificio. Si cerca sempre di sfruttare al meglio gli elementi di base: grandi vetrate a sud per captare i raggi solari, materiali a forte inerzia per accumulare e ridistribuire il calore del sole, involucro isolante… Le case passive devono assicurare una temperatura confortevole sia in estate che in inverno senza sistemi di riscaldamento o raffreddamento”.

Quanta energia ci vuole per assicurare questo stato di “comfort”?

“Per mantenere calda una casa passiva ci vogliono solo 15kwh/m2/anno. Questo è possibile grazie al loro incredibile isolamento che assicura la tenuta stagna di porte e finestre. Per garantire l’assenza di grandi spifferi la casa deve passare il cosiddetto “blow test”: viene messa sotto pressione e vengono misurate le eventuali fughe d’aria che devono essere minime”.

Sia per motivi igienici che per recuperare ossigeno bisognerà pur cambiare l’aria.

“Questo era uno dei più grandi problemi delle case passive, ma è già stato risolto una ventina di anni fa: un sistema di ventilazione a doppio flusso, infatti, trasferisce il calore accumulato dall’aria che viene espulsa verso l’aria pulita che sta per entrare a sostituirla”.

Per quel che riguarda l’elettricità, invece, funzionano come case normali?

“Sì. Non bisogna confondere le case passive con quelle positive che sono completamente autonome poiché producono più energia di quella che consumano”.

Le case passive si sono diffuse soprattutto al nord Europa

Quindi le case passive possono esser costruite ovunque si costruisca una casa “normale”?
“Sì, ma come tutte le costruzioni bisogna adattarle alle condizioni del luogo. Nella regione mediterranea è più problematico mantenere una temperatura confortevole sia d’estate che d’inverno. Forse è anche per questo che sono state costruite più case passive nel nord Europa”.

Quali sono altri aspetti problematici delle case passive?

“Non hanno aspetti davvero problematici, ma il loro concepimento richiede un’attenzione particolare: deve venir curata la tenuta stagna dell’aria per diminuire le perdite di calore.

Un aspetto negativo, invece, potrebbe essere il costo, che in media supera del 6% quello di una casa normale.

Certo costano un po’ di più, ma si tratta di un investimento redditizio: si eliminano definitivamente le bollette di riscaldamento e aria condizionata”.

Lo stato francese incoraggia questo tipo di costruzioni attraverso degli aiuti finanziari?

Schiera di case passive in Francia

“Non ci sono aiuti per la costruzione di case passive in particolare. Ma per tutte le case a prestazioni elevate, soprattutto quelle che rispondono al marchio francese BBC (edificio basso consumo, ovvero di 50kwh/m2/anno) e quelle che sfruttano energie rinnovabili, vi sono aiuti e riduzioni di tasse”.
Se dovesse far costruire una casa per lei e la sua famiglia, edificherebbe una casa passiva?

“Personalmente inizierei facendo costruire una casa bioclimatica, ovvero una casa adatta al contesto e al clima del luogo: ne sfrutta gli aspetti positivi e si protegge da quelli negativi. Sarebbe sicuramente una casa che risponde ai criteri BBC, che dal 2012 saranno obbligatori in Francia.

In Austria invece, a partire dal 2015, lo standard prescritto per tutti gli edifici sarà proprio quello della casa passiva. Il paese è all’avanguardia: da quattro anni organizza le Giornate Internazionali delle Case Passive, evento in cui i proprietari di case passive in tutto il mondo possono mostrarle al pubblico. Quest’anno oltre 130 proprietari austriaci hanno aderito spontaneamente alla manifestazione".

Speriamo che nei prossimi anni potremo esibire altrettante case passive in Italia.

I Grunz attaccano

fonte:
http://www.jacopofo.com/grunz-berlusconi-economia-obama-tremonti


"Per tutti i cannabinoli! La situazione e' proprio una merda!” Disse Joe D’Avanzo grattandosi la barba ispida.
Beh, che fossimo nella merda era un eufemismo.
Neanche "super extra merda" rendeva l’idea.
Per farsi un’idea di quanto fossero messi male bisogna calcolare che di tutta la razza umana eravamo restati in poche migliaia.
E noi in particolare ci trovavamo circondati da circa 400 blindati Grunz.
E bisogna tener conto che un blindato Grunz e' qualche cosa di simile a un condominio di 20 piani tutto in ceramica blindata, che si muove con dei cingoli, ruote e 8 braccia a cannocchiale con 4 snodi ciascuna. E ogni snodo e' grande come il mio appartamento.
Puoi sparargli contro con tutto quello che trovi nell’arsenale dell’esercito degli Stati Uniti d’America senza ottenere un cazzo di risultato.
Nemmeno una scalfittura.
Invece quando aprono il fuoco loro, con un paio dei 6000 cannoni che spuntano dalle feritoie, ti inceneriscono una cittadina di medie dimensioni in meno del tempo che un camionista impiega per scoreggiare.
Per la precisione bisogna poi aggiungere che noi eravamo in 17, 12 adulti e 5 bambini, avevamo tre asce, un fucile da caccia, due pistole, una decina di bottiglie molotov e un certo numero di coltelli da cucina.
Un funzionario dei Grunz (sono pieni di funzionari) ci aveva urlato, con un altoparlante che ti faceva tremare i polmoni da tanto era potente, che se ci arrendevamo subito avremmo avuta salva la vita.
Stronzate. Che lo andasse a dire ai 5 miliardi di esseri umani che si erano arresi sperando che il nemico rispettasse la convenzione di Ginevra o cose simili.
A quel che si diceva i Grunz usavano l'energia emessa dalle creature morenti per ricaricare le batterie cinetiche dei loro cazzi di sistemi di trasporto.
E si diceva anche che la gente veniva stritolata lentamente perche' con un'agonia lunga e dolorosa si otteneva il massimo di produttivita' in senso energetico.
Il funzionario galattico ci aveva dato 5 minuti per decidere.
Poi ci avrebbero scomposto in microparticelle vaporizzate nel cosmo.
Concime per galassie.
Questa era la situazione.
E sinceramente dovresti pensarci quando tu ti senti in crisi.
Certo e' orribile essere sotto Berlusconi che devasta la legalita' repubblicana, assistere impotenti alle scissioni dei partiti comunisti in via di sparizione, restare abbagliati dalle censure dei media, ostaggio di corrotti e mazzettari.
Ma ti posso garantire che vedresti le cose diversamente se tu fossi tra i pochi superstiti della razza umana assediati in un McDonald puzzolente da un'orda di Grunz assetati di dolore.
Quindi rallegrati: la razza umana esiste ancora, Obama sta lanciando la rivoluzione energetica e anche Tremonti, prima o poi dovra' capire. E la rivoluzione energetica porta alla democrazia energetica che liberera' milioni di persone dalla dipendenza dei giochi criminali del petrolio.
E poi ci sara' una nuova primavera e potremo ricominciare a sognare e rimboccarci le maniche per cancellare tutte le leggi di merda che stanno facendo, a partire da quella sulle intercettazioni.
Devi assolutamente sapere che ce la faremo. La storia va avanti anche quando sembra addormentata. Il futuro e' dei popoli. E questo e' sicuro. Migliaia di anni di storia lo provano. Pensa all'inquisizione. Era peggio di Maroni.
I Berlusconi sono solo incidenti di percorso che servono a renderci piu' abili. Allenamento.
E comunque darsi da fare e' meglio che non darsi da fare. Si incontrano persone straordinarie e si fa piu' sesso.

Ma forse vorrai sapere come ando' a finire con quegli stronzi dei Grunz.
Fu Gesualdi ad avere l'Idea. Disse: "E se provassimo a prenderla sul ridere?"
Li' per li' il mio primo istinto fu quello di picchiarlo. Poi mi dissi che in fondo non avevamo niente da perdere. E in fondo era ridicolo che la specie umana venisse cancellata da una stirpe di vermoni burocratizzati provenienti da una galassia che un astronomo probabilmente alcolizzato aveva chiamato Haidi.
Vaffanculo! Scoppiammo a ridere. All'inizio un po’ forzatamente. Poi Padre Zanotelli e Don Gallo iniziarono a fare le boccacce. Non so se ce li avete presenti.
Quando iniziarono a ridere anche i bambini piccoli, con quei suoni argentati, successe qualche cosa che ci sembro' enormemente divertente.
Le 400 mega fortezze dei Grunz che ci avevano circondati esplosero.
Poi cercammo una connessione al Web e un computer. La rete era una delle poche cose che funzionava ancora. Facemmo girare la notizia: se riuscite a far ridere i bambini le fortezze dei Grunz esplodono.
Tempo 2 giorni avevamo cancellato quegli stronzi dal nostro pianeta.
La morale di questa storia e' semplice.
A volte tutto sembra perduto.
Ma se ti viene da ridere puo' darsi che ti salvi il culo.

PS
A proposito di stronzi:
Hanno dedicato migliaia di pagine al colore giallo del vestito della moglie di Obama. Adesso che Obama ha lanciato il piano di intervento economico da 800 miliardi di euro mi spiegate perche' i media italiani non raccontano chiaramente da quali voci di spesa e' composto e quali sono le motivazioni?
Cioe', la parte piu' interessante della storia non te la dicono.
Sono convinti che agli italiani non interessi.
Questi non sono giornalisti.
Si sa solo che in questa operazione di rilancio globale degli Usa ci sono soldi per la scuola, l'assistenza sanitaria per i bambini che ne sono sprovvisti, trasporti pubblici, auto ecologiche, risparmio energetico, ricerca scientifica e investimenti perfino nel settore dell'arte.
Ma mi piacerebbe leggere qualche cosa di piu' approfondito.

E siccome reputo importante far sapere come funziona questa operazione colossale chiedo: qualcuno ha trovato (anche in inglese) una descrizione dettagliata di come e' organizzata questa manovra di incentivi all'economia?
Se e' inglese la facciamo tradurre da qualche genio della linguistica e la rendiamo disponibile sul web.
Augh.

Jacopo Fo

INTERVISTA A FRANCO CORDERO da L'UNITA'

fonte:
http://www.dariofo.it/node/292

«Cambiare la Costituzione? Così è pirateria istituzionale. Vuole pm sottomessi»
di Federica Fantozzi

Giurista, autore di pamphlet polemici e docente di procedura penale, Franco Cordero commenta con disincanto l’intenzione del premier di modificare la Costituzione da solo, salvo referendum confermativo: «Sul piano tecnico c’è poco da dire: rispettando l’articolo 138 la maggioranza può fare ciò che vuole. Ma è pirateria politica. Un gesto di eversione mascherato legalisticamente osservando i requisiti costituzionali».

Un atto fuori dalla normalità istituzionale?
«Prima che emergesse Berlusconi non era concepibile che la Carta fosse modificata o solo emendata senza il consenso di tutte le parti. Ma siamo nel campo dell’onestà, della moralità, della fisiologia politica».

Per i costituzionalisti è una scelta legittima però inopportuna.
«Un gesto simile sarebbe autentica soperchieria. Equivale a dire: ho i numeri grazie ai quali faccio quello che voglio. Nessun giurista con la testa sul collo e sufficiente cultura può dire che una riforma così nasce invalida. Nasce vergognosamente combinata».

Fini, alleato di Berlusconi, ha evocato il cesarismo.
«È una formula debole rispetto a ciò che il premier ha in mente. Cesare e Ottaviano non agivano così. Ottaviano era rispettoso dell’autorità del Senato, non si arrogava poteri abnormi. Gli veniva riconosciuta auctoritas: prestigio politico, autorità morale, carisma. Ben lontano dalla fenomenologia che abbiamo sotto gli occhi».

Berlusconi non vuole ostacoli alla sua riforma della giustizia. La separazione delle carriere è utile o dannosa?
«È una formula eufemistica sotto cui vuole costruire il pm come ufficio investigativo che riferisce al Guardasigilli. Quindi le preocure lunga mano del governo. È chiaro che salta il concetto di obbligatorietà dell’azione penale».

È un obiettivo realizzabile?
«Se anche si togliesse di mezzo questo aspetto, e l’articolo 112 fosse amputato, non si avrebbe un pm manovrato dall’esecutivo. La Carta non è fatta di norme disarticolate come atomi separati. È un sistema con nessi interni. Dunque la questione si invelenirebbe».

Fino a che punto?
«Nel delirio di onnipotenza Berlusconi punterebbe a una revisione radicale per fondare la signoria che di fatto già esercita. Il presidente eletto, investito di consenso carismatico che rende irrilevante il conflitto di interessi perché il popolo sovrano lo ha assolto. Discorsi da ignorante di logica costituzionale moderna».

Quali sono i pericoli?
«Quest’ottica implica una regressione di 7 secoli, al regime di signoria selvaggia. Un terrificante passo indietro fatto in una logica stralunata».

Sono proclami o si arriverà davvero a questo scenario?
«Politicamente il referendum è un grosso rischio. Se fallisse Berlusconi ne uscirebbe colto in flagrante debolezza. Credo che cercherà di acquisire, con metodi in cui lo sappiamo esercitatissimo, i consensi parlamentari che gli servono. Ma resta lontano dalla maggioranza dei due terzi che gli serve».

In questa legislatura il Parlamento non lavora a vantaggio del consiglio dei ministri. Un’altra anomalia?
«Decide lui con i suoi. Ha un concetto piratesco pure dei decreti legge. È una forma condizionata a presupposti di necessità e urgenza: in più casi il governo ne ha fatto un uso visibilmente abusivo».

Berlusconi usa la questione morale contro il centrosinistra. Ha qualche fondamento?
«Le regole morali valgono per tutti e l’affare Unipol non è stato edificante. Ma la sua logica è: tra noi e voi non esiste differenza antropologica, siamo tutti uguali in un paese dove i giudici non applicano equamente le leggi e i cittadini non hanno la moralità nel sangue, quindi non seccatemi. Ovviamente non è così».

Cosa dovrebbe fare l’opposizione ora che il dialogo è defunto?
«L’alternativa di una collusione non sarebbe stata molto più virtuosa. Se i contenuti della riforma restano lontani dall’ortodossia costituzionale, meglio che il premier vada da solo piuttosto che condividere un gesto soperchiatorio».

Silenzi casalesi

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

31 gennaio 2009, in MARCO TRAVAGLIO

A proposito di silenzi omertosi, anzi mafiosi: l’altroieri la Camera ha bocciato la mozione dell’opposizione Pd-Idv-Udc che chiedeva gentilmente al governo di “invitare alle dimissioni il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino”, Pdl, accusato da sei pentiti del clan dei Casalesi (come ha rivelato una lunga inchiesta dell’Espresso) e indagato per camorra dalla Dda di Napoli, in quanto “lede gravemente non solo il prestigio del governo, ma anche la dignità del Paese”. La mozione era firmata dai capigruppo del Pd Antonello Soro, dell’Idv Massimo Donadi e dell’Udc Michele Vietti, oltreché dagli on. Sereni, Bressa, Ciriello e Garavini. Quest’ultima, una maestra elementare eletta con gl’italiani all’estero e dunque ignara di cose di mafia, ha illustrato la mozione in aula. Purtroppo però le astensioni e le assenze nelle file del Pd han superato quelle del Pdl e salvato l’ottimo Cosentino.

Mozione respinta con 236 no (Pdl più Lega), 138 sì e 33 astensioni. Decisivi dunque i 26 astenuti Pd (fra i quali Cuperlo, Madia e i radicali), i 47 Pd usciti dall’aula perlopiù solo per quella votazione e poi subito rientrati (compresi Enrico Letta, il ministro molto ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia e perfino Marina Sereni, firmataria della mozione stessa), i 22 Pd assenti ingiustificati (compresi D’Alema, Gentiloni e Veltroni, che sull’Espresso aveva chiesto le dimissioni di Cosentino) e i 2 Pd addirittura contrari (fra cui il tesoriere Ds Ugo Sposetti). Erano troppo impegnati a salvare le istituzioni repubblicane minacciate da un paio di migliaia di persone in piazza Farnese.
(Vignetta di Molly Bezz)

Pizzo a Palermo

fonte:
http://www.addiopizzo.org/public/ilovesicilia_300109.pdf

Condanne per i boss
E per i commercianti

Racket: un arresto e sette denunce nel Nisseno
Condanne per decine di anni di carcere sono state inflitte a boss mafiosi, esattori del racket e
commercianti di Palermo che hanno subito le estorsioni e non hanno denunciato i carnefici del
racket. Alcuni degli imputati, come il capomandamento della Noce, Pierino Di Napoli, erano
stati arrestati nel gennaio 2007. A Di Napoli sono stati inflitti 18 anni di carcere per mafia ed
estorsioni.
Eugenio Rizzuto ha avuto 15 anni, mentre a Salvatore Alfano, Giovanni Vitrano e Pietro Di
Maio, sono toccati 12 anni di carcere. I commercianti condannati a otto mesi per
favoreggiamento sono Natale De Caro, Tommaso La Rosa e Giovanni Ottaviani. Sono stati
assolti Antonio Vernengo (come aveva chiesto il pm) e Fabio Chiovaro. Assoluzione anche per
tre commercianti: Salvatore Castelllo, Giovanni Scimone e Alessandro Buscemi. L'accusa è
stata sostenuta dai pm Maurizio De Lucia e Roberta Buzzolani.
Con la sentenza emessa dal collegio del tribunale, presieduto da Vittorio Alcamo, a latere
Lorenzo Chiaramonte e Salvatore Fausto Flaccovio, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del
danno per le parti civili costituite, la Provincia regionale di Palermo e alcune associazioni che si
battono sul fronte dell'antiracket: si tratta di Addiopizzo, della Fai, la Federazione antiracket, di
Sos Impresa, Confcommercio e Confindustria Palermo. Tutte avranno una provvisionale
immediatamente esecutiva di 40 mila euro ciascuna. In maniera simbolica i giudici hanno
deciso pure che i commercianti condannati debbano risarcire solo Addiopizzo e Fai, che erano
parte civile contro di loro, pagando un risarcimento da 500 euro ciascuno; una cifra doppia,
mille euro a testa, dovrà essere versata anche in favore della Provincia.
Palermo, 30 gennaio 2009

Istruzioni per riaprire le saracinesche sabotate con l'attack

fonte:
http://www.addiopizzo.org/

Un mare di guai

fonte:
http://www.decrescitafelice.it/?p=432#more-432

di Andrea Bertaglio

Non si sa molto sui nostri mari. All’uomo sono ormai più familiari, almeno in quanto a osservazione e mappatura, la superficie di Marte e i crateri lunari. E forse va bene così. Perché? Perché quasi tutto ciò che viene attualmente rilevato dai satelliti che fotografano costantemente gli oceani, così come i risultati delle analisi effettuate direttamente “sul campo”, sono poco rassicuranti.
Ben lungi dall’iniziare con allarmismi che possono sembrare di moda in questo periodo, è bene far presente che gli oceani rappresentano una fondamentale garanzia di equilibrio per moltissimi ecosistemi. Essi, inoltre, sono ancora più importanti delle foreste primarie per quanto riguarda l’assorbimento delle sempre maggiori quantità di diossido di carbonio provocato dall’intensa attività umana, se non altro per l’enorme superficie che ricoprono.
I problemi marini sembrerebbero iniziare già alla superficie, dove oggi viene riscontrato un livello di acidità dell’acqua nettamente superiore a quello degli anni passati, e che sarebbe dovuto ancora una volta alle eccessive quantità di CO2 di origine antropica oggi presenti nell’atmosfera terrestre. Tale elevata acidità rende molto difficile, se non impossibile, la vita di numerosi organismi marini, in particolare quelli in conchiglie o con scheletri in carbonato di calcio. Si tratta per lo più di forme di vita a noi quasi ignote, di piccoli esseri quali il Krill, di cruciale importanza nella catena alimentare marina. Uccidere tali specie vuole dire uccidere i loro predatori (molti dei quali finiscono nei nostri piatti) o, come già accennato, stravolgere l’equilibrio di interi ecosistemi.


La crescente acidificazione dei mari sta rischiando di compromettere anche l’esistenza delle barriere coralline che, al di là della loro bellezza, sono l’habitat di un quarto di tutte le specie marine. Secondo alcuni scienziati, le scogliere di coralli potrebbero definitivamente scomparire nell’arco di pochi decenni, se la situazione non cambierà. La loro sopravvivenza è infatti minacciata, oltre che dalla suddetta acidità, anche dall’innalzamento delle temperature medie delle acque marine, dall’eccessivo sfruttamento della pesca, da un inquinamento che non accenna a diminuire e da un crescente turismo di massa che, come troppo spesso accade, non ha nessun rispetto per l’ambiente che lo ospita. C’è una tale varietà di forme viventi fra questi coralli, che tali barriere si sono guadagnate il nome di “foreste pluviali degli oceani”.
Oltre all’aumento del livello di acidità, i nostri mari, come la nostra atmosfera, subiscono l’effetto dell’aumento di diossido di carbonio con quello che è ormai noto a tutti come “riscaldamento globale”. Prima di cadere in elementari fraintendimenti, è meglio chiarire ancora una volta il concetto di global warming, soprattutto durante un inverno freddo come quest’ultimo: riscaldamento globale significa che la temperatura media del pianeta ha subìto un innalzamento, non che in ogni angolo del pianeta ed in ogni periodo dell’anno fa più caldo. Tale innalzamento delle temperature sta interessando per nostra sfortuna soprattutto i poli i quali, si sa, sono i più grandi “contenitori” di acqua dolce del pianeta, immagazzinata ovviamente negli estesissimi ghiacci che li ricoprono. L’innalzamento della temperatura ne provoca lo scioglimento, facendo così salire il livello dei mari. Non solo, l’acqua dei ghiacci potrebbe addirittura modificare le correnti oceaniche: il migliore esempio è quello della Groenlandia, i cui ghiacci, sciogliendosi, andrebbero a riversarsi come acqua fredda e dolce nell’oceano Atlantico, bloccando di fatto la corrente del Golfo, corrente di acqua “calda” che dal golfo del Messico va verso la Gran Bretagna. Tale corrente, una volta arrestatasi, getterebbe l’intera Europa in una nuova glaciazione. Riscaldamento globale vuol dire anche questo. Innalzamento dei livelli del mare e caos climatico, non avere più caldo in estate piuttosto che in inverno.
Nonostante la rapidità e la sempre maggiore frequenza di eventi quali lo scioglimento di giganteschi blocchi di ghiaccio (il più clamoroso è stato probabilmente quello di sei chilometri quadrati scomparsi nell’arco di 24 ore, nel 2006), tale fenomeno è ancora visto dall’opinione pubblica come se si trattasse di qualcosa in cui si può credere o no, in base ai propri gusti o soprattutto alle proprie ideologie. Ovviamente il dubbio (più che lecito in un mondo di geni del marketing che ci ha abituati alle “regole” del mercato) che ci sia qualcuno sempre pronto a speculare su allarmismi e catastrofismi vari è sempre pronto ad attanagliarci, ma sarebbe il caso di rendersi conto che, nel momento in cui l’innalzamento delle temperature dell’atmosfera e dei mari non fosse totalmente di origine antropica, lo stesso non si potrebbe dire per la sparizione dell’ottanta per cento dei grandi cetacei e del novanta dei grandi predatori marini negli ultimi trent’anni, dell’inquinamento derivante anche da concimi e diserbanti chimici che, grazie all’agricoltura industriale, dai campi dell’entroterra fluiscono verso i fiumi e da lì ai mari, o della proliferazione abnorme di alcuni tipi di alghe. E che dire se, stando alle affermazioni della British Royal Society, il più eminente corpo di scienziati del Regno Unito, agli oceani serviranno alcune decine di migliaia di anni solo per tornare ad avere le stesse caratteristiche chimiche del periodo pre-industriale, ossia quelle avute fino a circa 200 anni fa? Per non parlare dell’enorme massa di rifiuti che a quanto pare galleggia nel Pacifico, una vera e propria isola composta per l’ottanta per cento di plastica non biodegradabile, relegata in un’area remota del suddetto oceano (e per questo ignota ai più), che potrebbe non mettere più di tanto in apprensione, se non fosse più vasta degli interi Stati Uniti!
Se tutto ciò ancora non dovesse bastare ai più a prendere anche piccoli provvedimenti, se scioglimenti di ghiacci polari e scomparsa di migliaia di specie viventi non dovessero essere importanti quanto l’unica cosa apparentemente importante per le società umane, l’economia, è bene allora ricordare anche che la cattiva gestione degli oceani e l’eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche, secondo un calcolo della World Bank, la Banca Mondiale, costano all’economia planetaria 50 miliardi di dollari all’anno.
Che fare, quindi? Si potrebbe iniziare abolendo i sussidi alla pesca, in un’industria caratterizzata dall’eccessivo sfruttamento in alcuni casi piuttosto che dall’eccessiva capacità in altri. Si potrebbero aumentare e migliorare le riserve marine, se solo i governi di tutto il mondo smettessero di avere un atteggiamento così supino nei confronti delle lobbies e dell’economia di mercato. Si potrebbe iniziare a sfruttare gli oceani in modo più intelligente, ossia valorizzandoli in quanto grandi “assorbitori” di CO2 o facendone degli importanti produttori di energia, tramite le loro onde e le loro maree.
Come sempre le soluzioni ci sono, è la volontà (spacciata spesso per possibilità) di attuarle che manca.
Rendersi conto del fatto che i mari versano in condizioni simili a quelle dell’atmosfera terrestre è avere un’ulteriore conferma del fatto che ogni forma di vita su questo piccolo pianeta è interconnessa, e che noi essere umani - evidentemente responsabili dei problemi dovuti alle emissioni di CO2, allo sfruttamento intensivo delle riserve ittiche, a varie forme di inquinamento, nonchè dell’estizione ogni anno di migliaia di specie viventi - in quanto anello di questa lunghissima e variegata catena di vita chiamata pianeta Terra, dobbiamo agire al più presto. Come? Nei milioni di modi in cui ci è possibile cambiare, anche di poco, le nostre malsane abitudini: dallo spegnere le luci in una stanza in cui non c’ è nessuno all’usare l’auto solo quando è necessario; dall’essere un po’ più rispettosi verso ciò (e chi) ci circonda, al fare un minimo di attenzione a cosa (o quanto) si mangia. Perchè ne va solamente della nostra salute e, alla lunga, della nostra sopravvivenza, più che di quella di un pianeta per il quale siamo, alla fin fine, solo un breve prurito.

Articolo tratto da Terranauta