venerdì 5 dicembre 2008

Trieste, 8 denunciati per le contestazioni a Berlusconi

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/hack-proibito-il-dissenso/

Hack: proibito il dissenso
Leggo sul Piccolo di oggi 4 dicembre 2008 che un ricercatore precario e sette studenti dell’Università di Trieste sono stati denunciati per avere gridato il loro dissenso contro questo governo e la sua politica disastrosa nei confronti della scuola, dell’università, della ricerca durante il vertice italo-tedesco fra Berlusconi e la cancelliera Merkel del 18 novembre scorso. Spesso ci chiediamo se questa è ancora una democrazia o siamo già a un regime che usa la televisione al posto del manganello.
Questo fatto ci da la risposta. Fra breve succederà come sotto il fascismo: durante le visite di illustri personaggi, i dissidenti, opportunamente schedati dalle questure, erano ospiti per qualche giorno delle patrie galere.
Margherita Hack

Contestavano Berlusconi: 8 denunce

di Piero Rauber, il Piccolo, 4 dicembre 2008

I fischi, i «buu», gli slogan di scherno anti-Gelmini e anti-Cavaliere, urlati a colpi di megafono e impianti acustici in piazza della Borsa, nel giorno del vertice italo-tedesco, lasciano in eredità otto denunce. «Titolari» loro malgrado della segnalazione inoltrata in Procura dalla Questura - per manifestazione non preavvisata e non autorizzata - un ricercatore precario e sette studenti dell’ateneo di Trieste. Ritenuti, evidentemente, lo zoccolo duro, l’ala più dura del Coordinamento 133, la mente di quel rumoroso sit-in a favore della scuola pubblica che aveva calamitato un centinaio di ragazzi, il pomeriggio del 18 novembre, davanti alla Camera di Commercio, dove erano prima entrati per la conferenza stampa congiunta, e poi erano usciti per un rapido rientro nelle rispettive capitali, Silvio Berlusconi e Angela Merkel. Alcuni dei denunciati l’hanno presa male. Altri, invece, l’hanno digerita. Perché sapevano che sarebbe stata solo questione di tempo. Perché c’era la Digos con le telecamere puntate. E perché ad augurarsi una punizione esemplare si era messo pure il primo cittadino, un Roberto Dipiazza inalberato come non mai. Per il sindaco infatti, che non aveva esitato a chiamare il questore per lamentarsi della riuscita del fuoriprogramma, era stata colpa proprio di quel «gruppetto sparuto di studenti o presunti tali» se i suoi piani - quelli di trascinare il premier fino alle nuove gallerie di Cattinara per un sopralluogo - non erano riusciti fino in fondo. La presenza del Cavaliere, tuttavia, è stata vissuta come occasione irripetibile, più forte della Digos e del Dipiazza furioso. Via dunque a quella manifestazione non autorizzata, sulla scia del test fatto al mattino in piazza Unità dai rappresentanti della scuola Interpreti. Ma con più decibel. «È vero - ammette Luca Tornatore, ricercatore del Dipartimento di astronomia, l’unico non studente che si è preso la denuncia - siamo stati autori di una piccola forzatura. Ma, ci chiediamo, non si deve disturbare proprio mai quest’ordine costituito, che sta distruggendo la formazione pubblica? Abbiamo agito in modo pacifico, mica usando violenza». «Comprendiamo, certo, di aver messo in imbarazzo qualcuno, qui a Trieste, ma al tempo stesso non abbiamo paura», chiude il ricercatore. Il quale annuncia che, nelle prossime ore, arriverà agli organi di stampa una nota congiunta dei denunciati. Poi partirà pure una serie di lettere «indirizzate agli uomini di cultura di questo territorio: Magris, Rumiz e Moni Ovadia - quelli citati in prima battuta da Tornatore - cui chiederemo una presa di posizione».

98 miliardi allo stato? Un azzardo da decidere

fonte:
http://www.danielemartinelli.it/


Ieri ero a Roma nell’aula giurisdizionale della Corte dei conti, la magistratura contabile, per assistere all’udienza sul processo allo scandalo delle slot machine, in cui sono imputati i responsabili di 10 concessionarie (fra cui Lottomatica e Snai) molte delle quali, per almeno 2 anni e mezzo, sarebbero rimaste staccate dalla rete dei Monopòli di Stato su cui si registrano tutti i movimenti di denaro.
L’inchiesta avviata dal pm Marco Smiroldo ha stimato un danno erariale che al gennaio scorso ammontava a 98 miliardi di euro.
Ieri i giudici avrebbero dovuto riquantificare il danno economico che le società imputate (assieme a 4 funzionari del Monopòlio di Stato) avrebbero dovuto risarcire allo Stato. Invece l’udienza ha avuto un finale all’italiana: i giudici della Corte dei conti, in accoglimento della richiesta espressa all’unanimità da tutti i difensori, hanno rimandato alla Cassazione (presieduta da Corrado Carnevale) che a sezioni unite dovrà decidere a chi far decidere l’entità del danno. Corte dei conti, Tar, o giustizia ordinaria? Un terno al lotto.
I difensori delle concessionarie imputate sperano sarà il Tar del Lazio, lo stesso che lo scorso aprile, a fronte di un ricorso di gruppo in seguito allo spavento dei 98 miliardi contestati, aveva emesso una sentenza abbastanza sorprendente, in cui si diceva che il danno dev’essere proporzionalmente concordato con le concessionarie, quindi di entità assai più bassa di quei 98 miliardi (che oggi sarebbero un centinaio tondi tondi) pari a 3 manovre finanziarie del governo, se si pensa che l’ultima manovra da 35 miliardi pianifica i prossimi 3 anni!
Intanto potrebbe passare qualche anno prima di attendere la decisione della Cassazione e, quindi, la decisione del danno arrecato.
Spero di non andare in pensione prima di potervi raccontare che, almeno qualche spicciolo, le concessionarie saranno costrette a risarcire. Magari ancora da inviato di Beppe Grillo.

mercoledì 3 dicembre 2008

Due giudici da riabilitare

fonte:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

3 dicembre 2008, in MARCO TRAVAGLIO



Dice bene il presidente Napolitano sul verminaio campano: occorre “forte capacità di autocritica e autoriflessione nel Mezzogiorno sull’impoverimento culturale e morale della politica”. Ora però, visto che l’autocritica non può ridursi a un “tua culpa, tua maxima culpa” battuto sul petto altrui, s’impone qualche parola sul Csm. Il Csm che, sotto la sua presidenza, ha cacciato in malo modo da Catanzaro un pm perbene come Luigi De Magistris che, pur con possibili e rimediabili errori, aveva scoperchiato altri letamai politico-affaristici in Calabria e Lucania. Il Csm che ha espulso a pedate da Milano una gip onesta come Clementina Forleo, colpevole di aver difeso De Magistris e sventato le scalate illegali a Bnl, Antonveneta ed Rcs facendo i nomi dei politici di destra e sinistra che proteggevano la Banda Furbetti. De Magistris e Forleo han dovuto emigrare a Napoli e a Cremona per “incompatibilità ambientale”. E mai formula si rivelò più azzeccata: per fortuna abbiamo ancora magistrati galantuomini (sempre più rari), dunque incompatibili con certi ambienti putridi. Ora, con il blitz della Procura di Salerno al palazzo di giustizia di Catanzaro per stanare i persecutori di De Magistris, comincia ad affiorare la trama che portò all’incredibile scippo delle sue indagini più scottanti. Una trama illustrata un anno fa dai pm salernitani al Csm. Che però finse di non sentire e procedette come un caterpiller contro i due reprobi. Ora urge una “forte capacità di autocritica” del Csm. E’ già tardi per cacciare da Catanzaro i magistrati inquisiti, reintegrarvi De Magistris e riabilitare la Forleo. Ma non è mai troppo tardi.

martedì 2 dicembre 2008

Berlu-Sky: La vera storia

fonte:
http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16484

«Ma quale conflitto di interessi. La sinistra ha concesso a Sky per i rapporti che aveva con quella televisione il privilegio del 10 per cento dell'Iva. Abbiamo tolto quei privilegi e abbiamo fatto ritornare l'Iva a Sky uguale a quella di tutti gli altri». E' proprio questa la vera storia del trattamento fiscale agevolato per la pay tv? "L'espresso" ha fatto una piccola inchiesta per ricostruire la vicenda dello sconto dell'Iva a Telepiù, il primo nome della tv a pagamento che fu fondata dal gruppo Fininvest per essere ceduta prima a una cordata di imprenditori amici, poi ai francesi di Canal Plus e infine nel 2002 a Murdoch che la denominerà con il nome del suo gruppo: Sky.

Si scopre così che l'Iva agevolata sugli abbonamenti della pay-tv italiana è stata un trattamento di favore risalente al 1991 fatto dal ministero retto dal socialista Rino Formica e dal governo Andreotti a Silvio Berlusconi in persona. Non solo: dietro questo favore, secondo la Procura di Milano, c'era persino stato un tentativo di corruzione.

Nel 1997 Il pubblico ministero Margherita Taddei chiese il rinvio a giudizio per Berlusconi. Lo chiese anche sulla base di un fax che fu trovato durante una perquisizione. La missiva era opera di Salvatore Sciascia, allora manager Fininvest e oggi parlamentare del Pdl nonostante una condanna definitiva in un altro procedimento per le mazzette pagate dal gruppo alle Fiamme Gialle. Nel fax, diretto a Silvio Berlusconi, Sciascia chiedeva di spingere per far nominare alla Corte dei Conti il dirigente del ministero delle Finanze Ludovico Verzellesi, meritevole perché in precedenza si era speso per fare ottenere l'agevolazione dell'Iva al 4 per cento per Telepiù. In pratica, secondo la ricostruzione dei magistrati, la raccomandazione era il ringraziamento di Fininvest per il trattamento ricevuto.

Il fascicolo processuale però fu trasferito nella Capitale per competenza nel 1997. Nel 2000 il Gip Mulliri, su richiesta del procuratore di Roma Salvatore Vecchione e del pm Adelchi D'ippolito (oggi capo dell'ufficio legislativo del ministero dell'economia con Giulio Tremonti) archiviò tutto. Nessuna rilevanza penale, quindi. Ma restano i dati oggettivi sulla trattativa tra la Fininvest e il ministero per l'abbassamento dell'Iva sulla pay tv: dal 1991 al 1995 quando era controllata o partecipata dal gruppo Berlusconi, Telepiù ha goduto di un'aliquota pari al 4 per cento. Un'agevolazione che allora Berlusconi non considerava scandalosa. Mentre oggi definisce "un privilegio" l'aliquota più che doppia del 10 per cento.

L'innalzamento dal 4 all'attuale 10 per cento fu introdotto alla fine del 1995 nella legge finanziaria del Governo Dini. All'epoca i manager di Telepiù, scelti dal Cavaliere, salutarono così il provvedimento: «È l'ultimo atto di una campagna tesa a mettere in difficoltà la pay tv».

Il 25 ottobre del 1995, Mario Zanone Poma, (amministratore di Telepiù sin dalla sua fondazione) dichiarava alle agenzie di stampa: «L'innalzamento dell'aliquota Iva:
1) contraddice la sesta direttiva della Comunità Europea;
2) contraddice l'atteggiamento degli altri paesi europei verso aziende innovative quali le pay tv;
3) crea una grave discriminazione tra la pay-tv e il servizio televisivo pubblico». I
n pratica il manager scelto da Berlusconi diceva le cose che oggi dicono gli uomini di Murdoch.

Effettivamente un ruolo dei comunisti ci fu. Ma a favore del Cavaliere.

Il Governo Dini voleva aumentare l'Iva fino al 19 per cento (come oggi vorrebbe fare Berlusconi) ma poi fu votato un emendamento di mediazione che fissò l'imposta al 10 per cento attuale. L'emendamento passò con il voto decisivo di Rifondazione Comunista: il suo leader dell'epoca, Fausto Bertinotti, in un ribaltamento dei ruoli che oggi appare surreale, fu duramente criticato dall'allora responsabile informazione del Pds (e attuale senatore del PD) Vincenzo Vita: «È squallido che Bertinotti abbia permesso un simile regalo a questo nuovo trust della comunicazione, figlio della Fininvest».

Peter Gomez e Marco Lillo - Espresso.repubblica.it, 1 dicembre 2008

Il decreto taglia l'efficienza!

fonte:
http://www.comunivirtuosi.org/

Lunedì 01 Dicembre 2008

Con il decreto legge 185/2008 (art. 29) approvato venerdì 28 novembre dal Governo, entra in crisi il settore delle rinnovabili. Diventa più difficile usufruire dello sconto del 55% su Irpef e Iras per gli interventi di riqualificazione energetica.
Ad un più complicato iter burocratico per accedere agli sgravi, si aggiunge anche il problema della copertura economica: i privati e le imprese intenzionati a chiedere il bonus dovranno sbrigarsi a presentare la propria domanda perché la possibilità della sgravo è legata alla copertura economica messa in campo dal governo.
Per le agevolazioni sugli interventi energetici sono stati stanziati 82,7 milioni di euro per il 2008; 185,9 milioni per il 2009 e 314,8 milioni per il 2010. Una volta terminati i fondi non sarà più possibile accogliere le domande dei cittadini e delle imprese.
L’agenzia delle Entrate esaminerà le domande in base all’ordine cronologico di invio e comunicherà entro 30 giorni l’esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento «l’assenso si intende non fornito» e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Secondo il presidente di Assolterm, Sergio D’Alessandris, “questo pacchetto anticrisi del governo avrà l’effetto contrario e aprirà una grossa crisi per le aziende italiane del solare termico."
Nello specifico si pone il rischio che gli acquirenti di impianti solari termici, a cui sono stati garantiti dai venditori gli sgravi secondo legge si vedano negare per l’attuale decreto, le agevolazione promesse. Ci potremo trovare, quindi, di fronte ad una possibile rivalsa da parte dell’acquirente per la mancata agevolazione garantita. Eventualità questa che metterebbe in serio pericolo le aziende del settore.
Altro punto ritenuto ambiguo, oltre alla reale adeguatezza di copertura economica per le richieste di sgravio, è la strana formula del “silenzio dissenso”: l’agenzia dell’entrate, che vaglierà e giudicherà le richieste, ha a disposizione 30 giorni per comunicare l’accettazione delle richieste, richieste vagliate in base all’ordine cronologico di invio. La mancata comunicazione da parte dell’agenzia dell’entrate significa automaticamente la bocciatura della richiesta senza possibilità di appello o di spiegazioni in proposito.
Il presidente D’Alessandris sottolinea inoltre la contraddizione insita in questo piano del governo che va controcorrente rispetto a tutti i piani d’azione ambientali/energetici promossi dall’Unione Europea, primo fra tutti l’obbiettivo 20 20 20.
Un piano che si definisce anticrisi nella realtà si ribalta in un piano di crisi per la aziende delle rinnovabili e per le famiglie.

La crescita della decrescita!

fonte:
http://www.decrescitafelice.it/?p=383

1/12/2008

di Andrea Bertaglio

Segavano i rami sui quali erano seduti. E si scambiavano a gran voce le loro esperienze, di come segare più in fretta. E precipitarono con uno schianto. E quelli che li videro, scossero la testa e continuarono a segare.
Bertolt Brecht

Ormai sta iniziando a diventare chiaro: sempre più persone hanno capito, o anche solo percepito, che non stiamo seguendo la giusta direzione, e che la Decrescita è il paradigma culturale che ci permette di cambiarla. Perché Decrescita non vuol dire “tornare indietro”, ma semplicemente “cambiare rotta”, in totale contrasto con l’imposizione della crescita (economica) senza limiti, tanto deleteria quanto improbabile. Decrescita Felice non è ripudio per la tecnologia o per l’innovazione. Ci vuole infatti più tecnologia per costruire, ad esempio, una casa “passiva” che non abbia alcun impianto di riscaldamento o che, se non passiva, consumi al massimo 7 litri di gasolio al metro quadro all’anno, come in Germania, di una che ne consuma più di venti, come in Italia. La Decrescita Felice è il desiderio ed ha l’obiettivo di riportare sia l’economia che, appunto, la tecnologia al servizio dell’uomo, e non il contrario. Decrescita (che finalmente il mio computer non segnala più come “errore”), significa mettere in pratica una serie di cambiamenti che in certi casi possono dare l’impressione di fare un passo indietro, ma non ritiene necessariamente che il passato sia stato tutto rose e fiori. È un tentativo di dare un aspetto più umano e meno atomizzato alla situazione attuale, cercando di unire alcuni vecchi usi o abitudini all’attuale apertura mentale e livello culturale (in teoria superiori rispetto a prima), nonché agli attuali progressi scientifici e tecnologici. È il proposito di riportare l’essere umano a lavorare per vivere, non vivere per lavorare; a produrre per usare, non consumare per produrre. È il tentativo di ridare il giusto significato a termini quali “progresso”, “sviluppo”, “benessere” (ormai confuso con “benavere”) e ovviamente “crescita”, non di voler tornare al carro e alla candela, o altri luoghi comuni preconfezionati che le vengono attribuiti. E se in certi casi la Decrescita Felice può in effetti portare a fare un passo indietro, non vuol dire che sia un male, o che sia una scelta così sbagliata. Se vi trovate sull’orlo di un precipizio, ad esempio, preferireste fare un passo avanti o uno indietro?
Decrescita Felice è anche questo. È la consapevolezza del fatto che è arrivato il momento di rallentare, magari anche di fermarsi un attimo a riflettere sul da farsi, guardare il precipizio che ci si prospetta davanti (che sia economico, sociale, ambientale, esistenziale), fare un passo indietro se è necessario, e continuare sulla nostra “nuova” strada, avendo scelto un sentiero diverso per poter andare avanti. È, paradossalmente, uno dei fenomeni più innovativi che ci siano in questo momento, soprattutto se si pensa che mercato, politica ed economia si basano per lo più su concetti, convinzioni e ideologie ormai vecchi di due secoli.
Sempre più persone stanno determinando la “crescita della decrescita”. Un indice molto forte di ciò è il costante aumento di gruppi o individui che, per esempio, si recano ad ascoltare che cosa Maurizio Pallante ha da dire, o che diventano soci o simpatizzanti di MDF, o ancora che decidono di far parte del gruppo dedicato al Movimento per la Decrescita Felice attivo su Facebook (http://www.facebook.com/home.php?#/group.php?gid=49780005273), questo dirompente e controverso fenomeno dalle potenzialità comunicative enormi, nel quale è possibile restare aggiornati sugli sviluppi e gli eventi di MDF (cosa possibile, se non si vuole stare su Facebook, anche iscrivendosi alla newsletter del sito http://www.decrescitafelice.it/, semplicemente spedendo il proprio indirizzo di posta elettronica all’indirizzo segreteria@decrescitafelice.it). In questo gruppo è e sarà possibile scambiarsi opinioni, consigli, esperienze, in modo da poter passare al più presto dalle parole ai fatti. C’è chi ha proposto di farne un progetto “open source”, chi vuole delle risposte all’esigenza di apportare dei cambiamenti alla propria quotidianità, chi è per il momento semplicemente curioso, e chi vorrebbe creare una rete sempre più fitta di persone che vogliano tornare a vivere in un mondo che abbia un senso per l’uomo, visto che in molti, troppi casi, evidentemente non lo ha più.
Un indice, dicevo, del fatto che siamo solo all’inizio di quello che, mi auguro, sarà un lungo percorso da fare tutti insieme dato che, in un modo o nell’altro, siamo tutti sulla stessa barca.
L’importante è non abbandonarsi all’idea che sia in ogni caso una battaglia persa, e che l’unica possibilità che abbiamo è quella di adeguarsi alle regole dettate da un mercato impazzito che, promuovendo (tramite la società di consumi che ha creato) lo spreco e la superficialità, continua a (provare a) distrarci dalle nostre vere esigenze, propinandoci una serie di vuote e false promesse che non stanno creando che problemi e frustrazioni.
Siamo in tanti. Siamo sempre di più. E possiamo fare tanto.

lunedì 1 dicembre 2008

L'Ogm "nuoce gravemente alla salute"

fonte:
http://www.liberidaogm.org/liberi/20081128_ogm.php

A dirlo è uno studio del Governo austriaco
La ricerca resa nota dalle autorità di Vienna dimostra che l'alimentazione con mais transgenico riduce la fertilità della razza
di Redazione iltamtam.it - 28 novembre 2008

Uno dei motivi della decadenza dell’impero romano è stato unanimemente individuato nella presenza del piombo nelle leghe con cui venivano fusi i boccali da cui sorseggiava l’elite dell’impero.
Se è vero che la storia si ripete, sia pure con modalità diverse ma esiti identici, non può che suscitare grande allarme quanto reso noto dal Governo austriaco e non da una qualsiasi associazione ambientalista. Il Governo di Vienna ha pubblicato uno studio molto preoccupante sui rischi sanitari legati agli OGM.
Da questo studio fatto, ovviamente, sui topi è risultato che la fertilità di quelli nutriti con mais OGM è risultata molto indebolita rispetto a topi alimentati con prodotti naturali. Di proprietà della Monsanto, la varietá di mais OGM (NK 603 x MON 810), testata in questo studio, é tollerante a un erbicida e resistente a un determinato parassita.

É stato approvato per la coltivazione e l'uso come alimento in diveri Stati, fra cui USA, Argentina, Giappone, Filippine e Sud Africa. In Europa e in Messico, é autorizzata per l'uso in alimenti e mangimi. E’ un dato di fatto che i topi nutriti con prodotti transgenici: hanno generato una prole ridotta di numero e di peso. Si tratta di una delle pochissime analisi di lungo termine mai condotte sul tema ed é stato presentato dal Dott. Jürgen Zentek, professore di medicina veterinaria presso l'Universitá di Vienna e coordinatore del progetto.

Considerando la gravità delle potenziali minacce riguardo la salute e la riproduzione umana, Greenpeace chiede il ritiro di tutti gli alimenti e i prodotti OGM dal mercato mondiale, ma forse è compito della stampa diffondere il più possibile questo messaggio perché i governi sono stati presi in ostaggio dalla lobby multinazionale che è il vero governo, occulto, del mondo e c’è poco da sperare in un loro intervento.
In Europa nessuno li vuole gli Ogm, i cittadini non si fidano, nonostante i tentativi (ripetuti) di portarli ad esempio ora come unico modo per sconfiggere il drammatico problema della fame nel mondo, ora come miglior sistema per diminuire l'uso dei fertilizzanti chimici usati in agricoltura e quindi per una maggior rispetto dell'ambiente, sino addirittura a vederne una efficace misura preventiva nei confronti del tumore, come nel caso del pomodoro con i geni modificati per produrre antiossidanti. Il timore per i rischi sulla salute è tra le principali ragioni della contrarietà agli Ogm espressa dal 78% degli intervistati, ma le multinazionali tirano dritto, incuranti. Un esempio della forza della lobby è il fatto che la Commissione europea, dopo che gli Stati membri non erano riusciti a decidere, né a favore né contro l'approvazione, a maggioranza qualificata, ha adottato essa stessa la decisione che autorizza il cotone Ogm della Bayer (LL25) ad essere importato, trasformato, commercializzato anche ad uso alimentare.

Tutto ciò con il beneplacito dell'Efsa, l'organo ufficialmente delegato a tutelare la sicurezza alimentare degli europei che, nei fatti, ha sempre e solo sostenuto le richieste delle multinazionali del biotech senza aver mai trovato un motivo di perplessità su queste autorizzazioni, basate su documentazione dei produttori e non su accertamenti indipendenti. I prodotti tratti dal cotone Ogm potranno essere usati nei mangimi per animali e per qualunque altro uso, anche alimentare previsto per il cotone convenzionale, ma dovranno riportare chiaramente in etichetta l'indicazione Ogm, a cui, come per le sigarette, occorrerebbe aggiungere “Nuoce Gravemente alla Salute” per avere qualche speranza in più che la popolazione se ne accorga.
Fonte: Redazione iltamtam.it

La febbre del consumo

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

LUNEDÌ 1 DICEMBRE 2008

Marco Cedolin

A Valley Stream, un sobborgo di New York è accaduto qualcosa che nella sua drammaticità rappresenta per molti versi la sublimazione del consumo per il consumo, così come lo vorrebbero i “timonieri” che ci governano attraverso esortazioni a consumare sempre di più, comunque di più, anche se per farlo saremo costretti ad indebitarci sempre più, fino al momento in cui le banche ci porteranno via la casa e la macchina insieme agli oggetti dei nostri acquisti e all’ottimismo che ci aveva indotto ad acquistare bulimicamente.
A Valley Stream lo scorso venerdì, quello che segue il giorno del Ringraziamento e tradizionalmente viene chiamato “Black friday” (in quanto inaugura il periodo degli acquisti natalizi e porta le casse dei commercianti ad uscire dal rosso) l’orgia del consumo, favorita anche dai fortissimi sconti praticati per attirare la clientela in un momento di crisi, ha raggiunto livelli mai sperimentati prima neppure negli Stati Uniti.

Venerdì alle 4,55 del mattino, quando la notte era ancora fonda ed in cielo tremolavano le stelle, circa 2000 persone si sono ritrovate assiepate dinanzi all’ingresso di un ipermercato della catena Wal – Mart, che proprio alle 5 del mattino avrebbe aperto le proprie porte sull’universo degli acquisti, fatto di schermi al plasma, forni microonde, macchine fotografiche digitali, cellulari all’ultimo grido, console per videogiochi, piumini imbottiti, robot da cucina e mirabilie di ogni genere. Molte di loro, per guadagnare le prime posizioni, si erano messe in fila già il giorno prima ed erano all’addiaccio nel parcheggio dell’ipermercato da 24 ore.
Quando ormai non mancavano che pochi minuti all’apertura, quasi fosse caduta preda di una sorta di fervore mistico, sconosciuto perfino a chi, come Berlusconi e Unieuro si dice pronto a giurare sull’onnipotenza dell’ottimismo, la folla ha iniziato a premere, sfondando i cancelli ancora chiusi e travolgendo qualunque cosa si frapponesse sul suo cammino. Ne ha fatto le spese Jdimypai Damour, impiegato temporaneo di 34 anni originario della Giamaica, travolto ed ucciso dalla folla che gli è letteralmente “passata sopra”, mentre sono rimaste ferite anche alcune persone scivolate a terra nella calca, fra le quali una donna incinta di 8 mesi.
Secondo le numerose testimonianze i “consumatori” non si sono minimamente curati dell’inserviente da loro stessi ammazzato e senza farsi alcuno scrupolo hanno perfino ostacolato i suoi colleghi che tentavano di soccorrerlo, interessati unicamente a razziare i prodotti sugli scaffali prima che gli stessi rischiassero di andare esauriti. Anche dopo l’arrivo dell’ambulanza e della polizia, il flusso dei clienti è continuato come se nulla fosse accaduto ed il rito degli acquisti natalizi è andato avanti per tutta la giornata rimpinguando le tasche di Wal – Mart.

Pur senza cadere nella retorica e nel facile moralismo, eccessi di follia come quello di Valley Stream, le cui dinamiche (fortunatamente non le conseguenze) ricalcano episodi accaduti anche in Italia, basti pensare agli incidenti al centro commerciale Panorama di San Mauro Torinese negli anni 90, inducono a riflettere su quanto in profondità l’imperativo del consumo per il consumo abbia ormai penetrato la nostra società, trasformandoci in individui disumanizzati che ambiscono unicamente ad interpretare il ruolo di tubi digerenti della produzione industriale. Merci che per un sempre crescente numero di persone rappresentano ormai un vero e proprio surrogato dei sentimenti e delle emozioni, un rifugio sicuro all’interno del quale esorcizzare la mancanza di punti di riferimento esistenziali, la superficialità dei contatti umani, il vuoto assoluto di un viversi in modo esclusivamente materialistico, l’incapacità di trovare un senso all’interno di vite che non riescono a correre in profondità. Oggetti di consumo che diventano il terminale delle emozioni, dei sentimenti, dei sacrifici, delle attenzioni. Compagni fedeli che una volta “posseduti” non tradiranno mai, accettando di buon grado l’individuo con tutte le sue contraddizioni.

Trascorrere un’intera giornata festiva e affrontare il freddo della notte, accampati nel posteggio di un centro commerciale, per essere sicuri di non mancare l’acquisto del lettore dvd a metà prezzo o del frigorifero digitale super scontato, rappresenta senza dubbio una manifestazione di follia. Così come è folle l’atteggiamento di migliaia di persone che a notte fonda invadono le corsie di un ipermercato, preoccupandosi unicamente dei propri acquisti scontati, ignorando l’uomo da loro stessi ucciso pochi minuti prima che ancora giace steso per terra.
Ma tanta follia, esacerbata all’interno di episodi surreali come quello di Valley Stream, trova il proprio humus in una società come quella Occidentale all’interno della quale la valenza dell’essere umano viene misurata esclusivamente in virtù delle sue potenzialità di consumatore. Dove chi non consuma a sufficienza non è un buon cittadino, dove l’esibizione degli acquisti superflui equivale all’affermazione del proprio status quo, dove occorre essere ottimisti anche quando si comprende che nel giro di pochi mesi ci si ritroverà a vivere in mezzo ad una strada, dove l’indice del PIL è diventato l’unico valore che conti, dove preservare gli incassi delle grandi catene di distribuzione durante il periodo natalizio è una questione di vita o di morte, dove facendo un lavoro interinale si può morire nel mezzo della notte, schiacciati dalla ressa che alle 5 del mattino sta invadendo le corsie alla ricerca del regalo di Natale a prezzo di sconto.

domenica 30 novembre 2008

W.I.P. amica dell'ambiente

fonte:
http://www.comunivirtuosi.org/

Domenica 30 Novembre 2008
WIP srl, la giovanissima azienda pratese nata nel 2004, ha ricevuto dalle mani del presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, un importante riconoscimento per le innovazioni “amiche dell’Ambiente” realizzate nel settore dei beni monouso destinati alla igiene personale.
Unica, tra i 14 segnalati al premio 2008, impegnata nello sviluppo di prodotti di largo consumo, WIP produce una linea di eco-prodotti monouso che utilizzano per la prima volta al mondo una combinazione di materie prime hitech eco-compatibili come derivati tessili da bio-polimeri o socialmente utili come fibre cotone biologico fair trade; prodotti dedicati principalmente all’infanzia e alle madri e più di recente anche agli anziani come pannolini, assorbenti igienici e pannoloni per incontinenza.
Quello dei prodotti monouso per l’igiene personale è purtroppo uno dei settori meno regolamentati a livello europeo e più impattanti per l’ambiente, ma con conseguenze anche per la salute se utilizzati in modo non adeguato.
Con i pannolini prodotti da WIP è possibile oggi ridurre l’impronta ecologica del 42% rispetto ai prodotti convenzionali. I materiali derivati da amidi vegetali riducono fino al 95% l’emissione di gas serra rispetto ai materiali sintetici e sono anche naturalmente tollerati dalle pelli anche più sensibili.
Nel 2008 saranno prodotti nella comunità Europea 24 miliardi di pannolini, 22 miliardi di assorbenti femminili e circa 7 miliardi di pannoloni per incontinenza adulta.
Il consumo di materiali impiegati per l’igiene di un bambino calcolati in un arco di tempo di tre anni dalla nascita è di poco meno di 300 kg (circa 4800 pannolini). Quello per gli anziani da 2 a 4 volte.
Lo sviluppo di progetti di raccolta differenziata porta a porta, come quelli in corso in diversi comuni italiani, ma anche quella specializzata presso nidi di infanzia, ospedali pediatrici e geriatrici, in accordo con gli enti di gestione degli impianti di compostaggio, perrmetterebbero già oggi un recupero dell’80% oggi (ed in futuro del 100%) dei materiali utilizzati per la produzione di pannolini e la loro trasformazione in compost da impiegare in agricoltura.
Per informazioni: www.wip-srl.com

Il sol dell'avvenire non splende sull'Italia

Fonte:
http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=16775

26/11/2008
di Massimo Serafini

ROMA. Fra le tante notizie diffuse in questi giorni dai principali giornali italiani sullo stato di salute del settore auto, una è stata quasi ignorata: in Germania un’industria produttrice di pannelli solari fotovoltaici, si è offerta di acquistare e salvare dal fallimento l’Opel tedesca, per produrre auto elettriche solari. Come è noto la General Motors, proprietaria dell’Opel, ha rifiutato l’offerta. Al di là dell’esito negativo avuto dal tentativo di acquisto, mi pare che rappresenti un fatto importante e di grande valore simbolico il semplice fatto di esserci stato.

Quale migliore dimostrazione di questa, mi chiedo, di quello che gli ambientalisti vanno dicendo da tempo e cioè che i settori industriali più competitivi e in grado di garantire ricchezza e lavoro sono quelli di produttori delle tecnologie che permettono di sfruttare il calore e la luce del sole?

Ed ancora questa vicenda non rivela con chiarezza che l’unico futuro possibile del settore automobilistico è quello legato ad una forte innovazione ambientale di questo prodotto, che sappia rispondere almeno ad una delle due cause che producono la crisi del settore auto: le emissioni inquinanti e climalteranti. L’auto elettrica solare in questo senso è una risposta forte anche se non risolutiva, perché resta irrisolta l’altra causa di crisi del settore automobilistico, la mancanza di spazio, che solo una diversa politica della mobilità di persone e merci, più collettiva ed intermodale, può risolvere.

Queste considerazioni confermano la tesi di fondo dell’ambientalismo e cioè che l’unica risposta efficace alla crisi economica e alle drammatiche conseguenze sociali che essa produce, è un piano di investimenti pubblici ed a direzione pubblica, con cui finanziare progetti, industriali e non, in grado di dare risposte alle drammatiche emergenze ambientali in corso: i cambiamenti climatici e più in generale il degrado ambientale che questo modello di produzione e consumo ha prodotto.

Non è in fondo questo il significato evidente di questa offerta d’acquisto?
A chi lo nega andrebbe chiesto cosa può aver consentito ad un’industria di pannelli solari in pochi anni di acquisire una forza economica e finanziaria tale da potersi permettere l’acquisto di un’industria automobilistica importante come l’Opel?

In questo fatto c’è anche tutta la lungimiranza di una classe dirigente, quella tedesca, che ha investito sulle fonti rinnovabili in tempi in cui non era sicuramente redditizio farlo e gran parte degli economisti dicevano che erano solo soldi buttati. Avevano visto giusto i pionieri del “conto energia” cioè del meccanismo incentivante, inventato dai tedeschi per promuovere le fonti rinnovabili, che ne ha consentito uno sviluppo ampio ed importante.

Hanno le radici in questa esperienza le scelte europee sul clima, le famose tre venti. La novità è ora che l’investimento sulle fonti rinnovabili di energia, ma anche sul risparmio energetico, costituisce il cuore del cosiddetto “new green deal”, proposto da Obama per gli Usa.

Certo è sconsolante che nel nostro paese non ci siano le condizioni politiche, di innovazione tecnologica e di volontà industriale per salire su questo treno che può portare il mondo fuori dal tunnel della crisi in cui è entrato, dopo quindici anni di egemonia liberista sulla globalizzazione.

Al contrario è molto più probabile che questo paese venga fatto salire, da una classe dirigente modesta e conservatrice, sull’accelerato fermo sul binario morto del carbone e del nucleare. Con queste classi dirigenti, politiche ed industriali, penso che ben difficilmente vedremo in questo paese un’industria fotovoltaica capace di proposte come quella avvenuta in Germania, anche perché in questi anni quel po’ di aziende fotovoltaiche italiane sono state smantellate e per ora i pannelli che si installano sui nostri tetti sono tedeschi e giapponesi.

L´ottimismo dell´ignoranza e quello sostenibile (e nascosto) dell´opposizione

fonte:
http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=16782

26/11/2008
di Lucia Venturi

Noi stiamo bene. Noi siamo felici. Tutti intorno a noi sono felici. E l’economia gira. Nell’ascoltare le parole, che in questi giorni elargisce con manica larga il premier Berlusconi, torna alla mente uno sketch di Antonio Albanese dello spettacolo “Non c’è problema”, quando rappresentava questo forzato ottimismo, questa falsa realtà, che appunto non esiste. Anche il presidente del Consiglio infatti si appella all’ottimismo per vincere la crisi e ieri ha provato ad infonderlo anche alla platea degli industriali riuniti in assemblea generale a Roma.

«L’ottimismo, il coraggio, la volontà e la speranza possono farci uscire e in fretta dalla crisi che domina da alcune settimane. Se tutti mettessimo in campo lo stesso ottimismo, potremmo guardare con più sicurezza al futuro che ci aspetta» ha detto Berlusconi e ha continuato indicando la strada da percorrere, ovvero: «creare un’atmosfera, mantenere gli stessi stili di vita di prima e gli stessi livelli di consumo» per evitare la paura che non fa spendere, fa calare i consumi e quindi manda a rotoli l’economia.

Ovvero indicando come strada da percorrere per superare la crisi esattamente quella (nemmeno un viottolo adiacente!) che ha portato alla crisi in cui siamo e che secondo quanto avverte l’Ocse, non si attenuerà per tutto il prossimo anno.

Vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche, indebitarsi attraverso micro e macrocredito, per far girare l’economia e la finanza, insomma fare proprio quello che a partire dagli Stati Uniti ha causato “la peggiore crisi economico-finanziaria dopo quella del ’29”, come si legge ormai sui quotidiani di tutti i paesi occidentali oltre a quella ecologica iniziata ancora prima, quando proprio dagli Stati Uniti arrivano appelli all’austerità.

In quella stessa direzione vanno anche i provvedimenti che il Governo sta mettendo a punto come piano anticrisi, tutti improntati al rilancio dei consumi, anche se –a quanto sembra- non saranno proprio all’altezza di creare quell’atmosfera che vorrebbe Berlusconi, perché Tremonti non pare troppo disponibile a lasciarsi andare e a concedere bonus, oltre a quanto previsto in finanziaria.

In questo florilegio di parole rosee e antipanico che il premier ci elargisce e che suonano assai stonate proprio nel contesto in cui versa il paese, l’unico provvedimento che va nella direzione strategica di affrontare la crisi economica affrontandone anche il corno della crisi ecologica è passato quasi sotto silenzio, eccetto che per un articolo su l’Unità.

Il disegno di legge dal titolo “rottamare il petrolio” presentato ieri da Ermete Realacci e Matteo Colaninno e di cui è primo firmatario Walter Veltroni, è un pacchetto di iniziative che indica la strada per uscire dalla recessione, trasformando la crisi economica e quella climatica in una opportunità di sviluppo per il nostro paese, con un’impronta finalmente sostenibile.

Le misure previste nel disegno di legge sono volte cioè ad accelerare la transizione verso un sistema energetico non più fondato sulla dipendenza prevalente dai combustili fossili, ad accettare la sfida del pacchetto energia clima dell’Unione europea per mettere il nostro paese al centro dei processi di trasformazione tecnologica e delle scelte per frenare i cambiamenti climatici, offrendo al tempo stesso un’opportunità di svolta dalla crisi economica. Il pacchetto proposto dai 31 deputati del Pd enuncia un piano d’azione in cinque mosse, che disegnano, per voce dei due ministri ombra, dell´Ambiente Ermete Realacci e dello Sviluppo economico Matteo Colaninno, «una nuova strategia per uscire dalla recessione».

Il primo passo riguarda la riqualificazione energetica degli edifici, in cui si prevedono detrazioni fino a 160.000 euro per le spese sostenute in edifici esistenti e un contributo del 55% dei costi extra sostenuti per la realizzazione di nuovi edifici con consumi inferiori del 30% rispetto ai limiti di legge. Il secondo passo è quello della maggiore efficienza, puntando ad incentivi per l´acquisto di elettrodomestici a basso consumo e ad alta efficienza energetica e la deduzione del 36% dal reddito d´impresa dei costi per la sostituzione dell´illuminazione tradizionale.

Terzo passo è dedicato all’incremento delle fonti energetiche rinnovabili, con uno snellimento della legislazione e rendendo permanente il meccanismo della detrazione fiscale sugli investimenti sostenuti dai privati cittadini per l´istallazione di pannelli solari termici e incentivi per le spese sostenute da Enti pubblici.

Quarta azione è l’incentivazione del trasporto pubblico, con misure destinate ad incrementare l’uso di mezzi pubblici collettivi su gomma e su ferro e per l´acquisto di autobus a metano. Ultimo passo è rivolto alla gestione dei rifiuti, in cui si propone di incentivare il riciclo e l´industria ad esso collegata, per ridurre la quota di emissioni di Co2 che spetta al nostro paese.

«L´esigenza di rottamare il petrolio non nasce solo da grandi problemi - ha dichiarato Ermete Realacci - E´ anche una straordinaria occasione di sviluppo e di progresso. Lo è in generale e lo è a maggior ragione per l´Italia. Proprio partendo dagli obiettivi e dai vincoli in materia di politiche energetiche e climatiche, anche il nostro Paese può trovare nuovo slancio economico, industriale, tecnologico».
Su queste basi l’ottimismo è giustificato.

Ogm all' assalto del biologico

fonte:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/11/20/ogm-all-assalto-del-biologico.html

Repubblica — 20 novembre 2008
CARLO PETRINI

A volte per segnare una svolta epocale basta restare in silenzio e non fare niente. Se adesso taciamo, se non muoviamo un dito, tra qualche anno chi scriverà del declino e della scomparsa dell' agricoltura biologica, in particolare di quella italiana, potrà individuare in questa assenza di reazioni la causa principale dello sgretolamento di un metodo e di una cultura, oltre che di un vivace comparto economico. Basta aspettare, quieti e noncuranti, il 1° gennaio 2009, giorno in cui il nuovo regolamento comunitario per il biologico entrerà in vigore equiparando l' agricoltura biologica a quella convenzionale per quel che riguarda la contaminazione accidentale da Ogm. Tra le poche certezze che abbiamo c' è il fatto che l' agricoltura biologica non ammette organismi geneticamente modificati. In un mondo fatto di etichette scritte in caratteri minuscoli, di difficoltà a tracciare la filiera dei prodotti che si acquistano, di origini ignorate, sempre di più sono i consumatori che dicono: compro biologico così so cosa mangio. Sembra una certezza acquisita, e invece ha una data di scadenza: il 31 dicembre prossimo. Meno di due mesi. Per questa ragione non solo organizzazioni come Slow Food o Coldiretti, ma anche lo stesso Parlamento Europeo chiesero a gran voce (e a larga maggioranza) che la bozza di Regolamento per il Biologico venisse cambiata. Quella bozza prevedeva che la soglia di contaminazione accidentale da Ogm, al di sotto della quale continua ad essere lecito etichettare come biologici gli alimenti contaminati, fosse dello 0,9%, esattamente come avviene per i prodotti dell' agricoltura convenzionale. Si chiedeva, invece, che la soglia, per il biologico, fosse molto più bassa, in modo da poter continuare a garantire al consumatore la sostanziale non presenza di organismi transgenici. Si chiedeva di fissarla allo 0,1, ovvero il minimo tecnicamente rilevabile, al di sotto del quale gli strumenti non funzionano. Se ci sono Ogm non è biologico. Sembrava semplice. E invece no. La Commissione ha clamorosamente ignorato il voto del Parlamento, insieme a tutte le richieste del mondo del biologico e ha deciso che la soglia di contaminazione tollerata diventava quella dello 0,9. Quindi: dal 1° gennaio 2009 l' equazione biologico = non transgenico non sarà più vera. Nessuno riuscirà a farmi capire perché questo è successo, nonostante le tantissime voci contrarie che si sono levate. Nonostante - lo ripeto perché mi sembra incredibile - il Parlamento Europeo fosse contrario! L' unica spiegazione che io mi sono dato è veramente sgradevole. Ha a che fare con la volontà politica di danneggiare ancora una volta le produzioni sostenibili e di qualità, favorendo le lobby del "tanto peggio tanto meglio", economicamente potentissime, che nella mancanza di rigore normativo non possono che proliferare. Se nessuno dà più garanzie, perché il consumatore dovrebbe fidarsi del biologico? Tanto vale comprare i prodotti dell' agricoltura industriale; i marchi multinazionali che non possono in nessun modo garantire standard qualitativi simili a quelli dell' agricoltura di piccola scala, ringraziano. Il nostro paese è uno di quelli che ha più da perdere in una situazione del genere. I dati 2007 dicono che al biologico sono dedicati 1milione e 150mila ettari e oltre 50 mila operatori, di cui più di 43mila sono produttori. La difesa dell' autentico made in Italy, della qualità e della tipicità dei nostri prodotti, del senso stesso della dieta mediterranea, passa dalla difesa delle produzioni biologiche, passa dalle mani di quanti creano profitto e benessere, nel senso più completo, senza danneggiare il pianeta. Ebbene, sembra che questi signori nessuno abbia voglia di proteggerli. Per lo meno non a Bruxelles. E in Italia? C' è qualcuno, che vuole provare, sia pure con l' urgenza dei tempi ormai strettissimi, a reagire? Basterebbe dire che l' Italia non si oppone - né potrebbe - alla libera circolazione dei prodotti biologici europei tarati allo 0,9; ma i produttori biologici italiani devono essere Ogm free "davvero". E' una cosa strana, che si chiama "discriminazione alla rovescia", perché in qualche modo discrimina~i "buoni". Ma ha già salvato il comparto della pasta italiana (l' unica obbligata oggi a usare solo grano duro) e può salvare il nostro biologico dalla confusione e dall' anonimato dello 0,9. Non si correrebbero rischi di procedure d' infrazione con l' Unione Europea; si correrebbe solo il rischio di fare la figura di quelli che all' agricoltura biologica tengono davvero, così come tengono alla trasparenza delle informazioni che si danno al consumatore. Si darebbe, insomma, ai consumatori, dal 1° gennaio 2009, una ragione in più per comprare biologico. Biologico italiano, quello vero. Altrimenti tutti noi, dal 1° gennaio 2009, avremo una ragione in meno per comprare biologico, da qualunque parte dell' Europa esso provenga. E l' unico biologico di cui potremo ancora fidarci sarà quello dei paesi più poveri, quelli che producono biologico per forza - e dunque per davvero - e non per regolamento.