sabato 2 maggio 2009

L’Aquila: chiedono un permesso per i funerali di Stato, licenziati in 120

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Hanno chiesto al datore di lavoro di fermare per un’ora la produzione in occasione dei funerali di Stato e del lutto nazionale per le vittime del terremoto in Abruzzo e per questo sono stati licenziati. È successo ai 120 lavoratori della Santa Croce di Canistro, azienda delle acque che ha sede a pochi chilometri di distanza dall’epicentro del terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo lo scorso 6 aprile.

A darne notizia è la Flai Cgi
l: “La loro richiesta dettata dal buon senso e dalla volontà di aderire al lutto che li aveva coinvolti così da vicino – spiega la sigla di categoria – ha scatenato le ire del datore di lavoro, che non ha dato il suo permesso alla fermata delle produzioni. I lavoratori hanno deciso allora di abbandonare la fabbrica e di rendere ugualmente omaggio alle vittime del terremoto. A pochi giorni di distanza, però, il datore di lavoro ha fatto pervenire loro tramite un telegramma la notifica di licenziamento. Non pago ha poi sporto denuncia nei confronti del segretario generale della Flai Cgil dell’Aquila, Luigi Fiammata, con l’accusa di associazione a delinquere.

Non vi è mai fine all’orrore – ha dichiarato il segretario generale della Flai Cgil Stefania Crogi -, è un fatto di tale gravità, purtroppo, si commenta da solo. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai lavoratori licenziati e a Luigi Fiammata, garantendo loro il sostegno legale necessario alla soluzione di questa triste vicenda. Invitiamo inoltre tutte le istituzioni nazionali e abruzzesi – ha concluso Crogi – ad adoperarsi contro un datore di lavoro che anziché puntare alla ricostruzione del tessuto sociale ed economico di un territorio messo così a dura prova dal terremoto ha pensato fosse lecito licenziare chi aveva semplicemente chiesto che fosse rispettato il lutto”.

Ieri, riferisce l'Ansa, il legale rappresentante della società, Camillo Colella, aveva invece spiegato il licenziamento collettivo denunciando un 'disegno criminoso' di 'famiglie del luogo' che, con l'appoggio proprio della Cgil, vorrebbero 'riappropriarsi della gestione dell'azienda' di Canistro Terme.

venerdì 1 maggio 2009

IL NUOVO JEEG ROBOT D’ACCIAIO- Come “mangiare” schermi cibernetici e insalate di microchip per vivere ignari e beati

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Di Antonella Randazzo

Per far sopravvivere il sistema attuale urge una trasformazione delle masse. Non basta più l’ipnosi collettiva, occorre rendere i singoli individui come “robotizzati”, ovvero mentalmente ed emotivamente controllati, al fine di eliminare completamente ogni pericolo di evoluzione e di indipendenza. Tale progetto può suscitare ilarità per la sua apparente assurdità, ma in realtà è già in atto da diverso tempo, nella totale inconsapevolezza della maggior parte degli abitanti del pianeta. Le prove a sostegno di ciò sono talmente tante che si potrebbe scrivere un trattato. In questa sede saranno brevemente considerati gli aspetti più evidenti. Non si tratta soltanto del controllo mediatico, ma anche di altre tecniche per controllare la vita emotiva e sociale. A confronto la rigidezza dei metodi gesuitici impallidisce. 
Il nuovo robot si sta costruendo attraverso programmi mediatici, prodotti tecnologici e giochi virtuali. Egli non si accorgerà di essere tale, e potrà essere diretto da chi possiede i poteri di azionare i suoi meccanismi. 

Il sistema ci vuole diversi da come siamo. Ci vuole disposti a credere alle panzane mediatiche senza alcun senso critico. Vuole che ci sentiamo inadeguati, di scarso valore, complessati se siamo precari, disoccupati o al verde, incapaci di vivere una vita “piena” e dunque disposti a diventare “programmati”, a costo di sentire stress e infelicità. 
Con i suoi metodi altamente manipolativi, l'assetto attuale ci vuole inclini ad accettare uno stile di vita improntato al materialismo consumistico e all'egocentrismo, come se fossimo incapaci di ritenerci più di un corpo fisico e di un insieme di pulsioni istintive. 
Con la stessa tecnologia ci vengono poi offerti palliativi per tentare di sfuggire all'infelicità. Sono stati persino prodotti "giochi" per creare un'altra esistenza, o chat in cui sempre più persone trascorrono tutto il tempo libero, sottraendolo alla vera socializzazione o ad attività creative. 
Il nuovo robot umano socializza all'interno di precisi canali, prova le emozioni concesse dal sistema, utilizza prodotti tecnologici e non si fida granché della sua personale esperienza. 

Nel mondo ricco, si esalta la tecnologia come fosse la fonte per eccellenza del progresso umano, offrendo "effetti speciali" accattivanti per convincere e nascondere la condizione alienante in cui l'uomo contemporaneo si trova a vivere. 
Sempre più persone, soprattutto europee, statunitensi e giapponesi, trascorrono il tempo libero all'interno di una "realtà" virtuale, in cui vivono rapporti umani, di coppia o erotici.

Come ho già avuto modo di spiegare in passato, gli aspetti negativi di Internet, da capire e contrastare, sono tanti. Il contesto della rete non può includere la percezione di oggetti o persone reali, mancano gli aspetti emotivi, che soltanto nel mondo concreto esistono. E’ ovvio che i computer non possono mai sostituirsi alla realtà, e può essere dannoso credere di poter fare a meno dell'esperienza reale, sostituendola del tutto o in parte con quella virtuale. 

Lo schermo crea una “realtà”, che può condizionare quando non si ha consapevolezza dei meccanismi e si accettano alcuni aspetti perché popolari o per abitudine. 
Il problema è capire come la realtà virtuale incide sul nostro modo di essere e sul comportamento, modificando abitudini, potenzialità cognitive, modi di essere e rapporti sociali. 
Molti studiosi parlano di riduzione delle complesse potenzialità umane, impoverendo la qualità delle relazioni sociali e l'uso umano di risorse che il computer non potrà mai avere, come l'intuito, la capacità di complessi collegamenti semantici, o lo scambio di "energia" vitale. In altre parole, la ricchezza della comunicazione e della conoscenza "reale" può essere limitata in qualità e quantità dall’uso massiccio del computer per stabilire rapporti sociali o per altri usi.

Su Internet si può creare una suddivisione in "greggi", all'interno dei quali si creano significati fondamentali che possono essere trasformati in etichette o diventare dogmatici, riproponendo la medesima realtà di massificazione e di mancanza di libertà di pensiero presente negli altri media. 

Inoltre, su Internet si potrebbero ricreare quei meccanismi propri della folla, studiati dalla psicologia sociale. Si tratta di meccanismi che prevedono il superamento delle comuni regole sociali grazie all'anonimato o alla possibilità di un'identificazione fittizia. Il senso dell'anonimato, nelle folle, accresce la possibilità di comportamento non costruttivo o istintivo, ovvero si sfoga il senso di oppressione che il sistema potenzia nell’individuo. 
Oggi proliferano i social network, e sempre più persone trascorrono molto del loro tempo libero davanti allo schermo del computer. 
Sta di fatto che l’aderire in massa a ciò che lo stesso sistema produce potrebbe rappresentare uno scacco alla possibilità di distruggere l’attuale sistema, nella misura in cui si accettano i palliativi in forma di svago e canali di socializzazione. 
Non dimentichiamo che in un mondo davvero libero non si tende ad essere tutti uguali e non si corre a fare in massa tutti le stesse cose.

Il maggior dovere degli esseri umani allo stato attuale delle cose dovrebbe essere quello di agire per salvare il futuro del pianeta dalla distruttività a cui lo sta portando l’attuale gruppo al potere. Ovviamente ogni persona può utilizzare il suo tempo come vuole, ma occorre essere consapevoli che il sistema stesso elabora ninnoli e svaghi per impedire alle persone di porre attenzione a ciò che è davvero importante. 

Negli ultimi tempi è esploso il fenomeno Facebook, che promette di poter contattare persone note o vecchi amici. Questo mese gli utenti del social network sarebbero saliti a ben 200 milioni, superando il rivale MySpace. In Italia gli utenti che hanno navigato su Facebook sarebbero oltre 10 milioni. 
Facebook sembrerebbe offrire soltanto vantaggi, offrendo un servizio di contatti sociali del tutto straordinario. Ma come mai è sostenuto dalle stesse società che promuovono il sistema e che in altri ambiti saccheggiano o controllano? 
Qual è l’inghippo? 

Ovviamente qui non si sta criticando chi si iscrive ai social network perché credo che ogni persona sia libera di fare ciò che vuole, e penso anche che gli iscritti non abbiano tutti la medesima assiduità e la loro iscrizione ha diverse motivazioni, da rispettare. Qui si vuole soltanto mostrare l’altra faccia del fenomeno, quella che non sarà mai discussa da Bruno Vespa a “Porta a Porta”. 

Il fenomeno dei social network ha lati che vale la pena considerare. Non si vuole certo demonizzare la possibilità offerta dal web di socializzare, ma si vogliono analizzare i possibili retroscena di queste opportunità offerte con estrema facilità a tutti. L’apparente asetticità contrasta con il legame stretto che il social network ha col sistema e con le sue caratteristiche. Alcuni autori notano che di solito la comunicazione tende ad essere appiattita, semplificata e privata delle caratteristiche empatiche che potrebbe avere nella realtà. 
Osservano Cinzia Arruzza e Felice Mometti nell’articolo "Una repubblica fondata sul web": 

“«Facebook» è uno strumento di comunicazione che uccide la comunicazione nel momento stesso in cui la produce. È un'immensa catena di montaggio di produzione di parole private di un soggetto. Questa enorme circolazione di parole, di commenti, di note e di immagini non ha spesso altra ragione se non il desiderio di presenza, e dunque di esistenza in rete, indipendentemente dal contenuto della comunicazione, dal suo soggetto e dalla relazione reale tra i soggetti della comunicazione. Si stanno moltiplicando anche i casi di censura che riguardano ad esempio gruppi di madri che allattano i figli, dibattiti sull'aids e i preservativi, alcuni partiti politici, video che mettono alla berlina giornalisti televisivi, account cancellati all'improvviso e senza motivo. Le regole di «Facebook» vietano la pubblicazione di materiale genericamente offensivo e che può danneggiare la «compagnia». Il potere discrezionale per stabilire ciò che viola le condizioni d'uso di «Facebook» è talmente elevato arrivando a prevedere il cambiamento delle stesse condizioni senza preavviso. A volte si esagera provocando la reazione degli utenti, come alcune settimane fa, quando la società proprietaria di «Facebook» ha tentato di appropriarsi del copyright di tutto il materiale messo in rete sul social network anche di utenti che disattivassero la propria iscrizione. Certo i gestori del sito hanno fatto un passo indietro, non specificando tuttavia i limiti e le condizioni di uso dell'immensa mole di testi, video, foto e applicazioni prodotti dagli utenti. Ancor più grave è l'opacità del funzionamento del software di pubblicità mirata, che appare ogni volta che un utente si connette al proprio profilo in base alla frequenza di navigazione, ai gruppi a cui si è iscritti, alla nazionalità, allo stato civile… l'approccio semplicistico o individuale al social network, per cui si crede di poterlo utilizzare in modo politicamente utile, semplicemente perché si fanno veicolare contenuti «partigiani», si creano gruppi e cause, si organizzano eventi, rischia di sottovalutare la potenza dei meccanismi impersonali che lo regolano e di non far altro che alimentare il Minotauro. Questa riflessione è tanto più urgente, quanto più il fenomeno «Facebook» sta diventando dilagante, un autentico fenomeno di massa, che potenzialmente modificherà le forme di comunicazione e di relazione anche fuori dalla rete”.(1) 

Il social network è una rete sociale che mette in contatto persone per i più svariati motivi, per creare legami sociali, per motivi di lavoro, per creare gruppi a tema, ecc. Le reti sociali su Internet mettono in scena gli stessi limiti intrinseci della rete. 
Alcuni si iscrivono a queste reti per l’effetto “lo fanno tanti e lo faccio anch’io” senza riflettere particolarmente e ritenendo il fatto così comune e popolare da trascinare l’attenzione. 

I social network online si diffusero a partire dal 2003, e oggi i più popolari sono Facebook e Myspace. Su questi social network si tende addirittura a creare un particolare linguaggio, riproponendo l’appiattimento semantico proprio della cultura di massa. 
Per entrare a far parte di un social network online basta creare un profilo personale, e fornire un proprio indirizzo email. Si possono precisare esperienze musicali, lavorative, gusti artistici, propensioni ideologiche ecc., al fine auspicare i contatti con altri utenti che si identificano con le caratteristiche indicate, fino a creare una cerchia di contatti più o meno ampia. Si possono creare community tematiche sulla base di passioni, idee, aree di business, ecc. 

Su Facebook è noto il caso dei “fake”, ovvero dei falsi profili di persone che non si sono mai iscritte al sito. Persino il papa avrebbe ben quattro fake. Spesso non si può essere certi dell’identità della persona contattata, e chiunque può definirsi in qualsiasi modo, tanto le possibilità di verifica non ci sono se non si incontra la persona nella realtà. 

Altro fatto risaputo è la difficoltà a togliere dal sito il materiale inviato, anche quando la persona interessata non ha mai voluto inviare la tal foto che la ritrae. La trafila per eliminare il materiale inviato è lunga e occorre provare di essere stati “taggati”, ovvero di essere vittima di qualcuno che ha voluto inviare senza autorizzazione quel materiale. In teoria il materiale inviato può essere rimosso quando si vuole, ma la programmatrice Cristina D'Arienzo ha provato a caricare un'immagine sul suo profilo e poi a rimuoverla, ma notava che la foto rimaneva comunque raggiungibile nel web.
Sembrerebbe dunque che Facebook, anche quando l’utente chiede la cancellazione, si arroghi il diritto di conservare dati o informazioni.
Chi ha cercato di cancellare il suo profilo si è visto sparire il profilo e il materiale inviato, che però rimaneva raggiungibile da chiunque nel web. In altre parole, si può far cancellare l’account ma i dati inseriti rimangono. E’ chiaro che si tratta di violazione della legge sulla privacy. Proprio per violazione della privacy è stata sollevata una causa collettiva presso la Corte Distrettuale di San Jose, in California.

A tutela della privacy si è fatto sentire anche il Commissario europeo per la Società dell'Informazione Viviane Reding che accusa i social network di non avere tutela della privacy dei propri utenti. Il commissario chiarisce il punto di vista dell'Unione Europea attraverso un videomessaggio, in cui dice: 
"Le informazioni su una persona possono essere usate solo con il suo previo consenso: non possiamo rinunciare a questo principio di base e avere tutti i nostri dati registrati in cambio di una promessa di pubblicità più mirata".(2) 

Il comico Dario Cassini ironizza su Facebook: “Sono il primo comico italiano schierato contro questo lavaggio del cervello di Facebook!!... Che cos’è facebook?... a che serve?... serve a fare amicizia… ma la cosa drammatica è che la gente ti chiede amicizia, posso diventare amico tuo … ma la realtà è che gli amici fanno effetto, … guardi sul tuo monitor “Dario ha 5400 amici” son tanti… cammini dentro casa e pensi “è fantastico, ho 5400 amici” … e ti domandi quant’è bella l’amicizia… poi un attimo dopo ti fermi e pensi “ma se io ho 5400 amici come mai pure stanotte sto in mutande solo come un cane davanti a ‘sto computer e mi sto mangiando un sofficino solo … e se va bene fra una mezzora trovo coraggio e faccio finalmente un po’ di sesso da solo”… facebook ha un solo fine nella vita: togliere le ansie alla gente… gli ex cercano le ex e le ex cercano gli ex, perché in un mondo dove la certezza non esiste, dove il sentimento è flagellato dove l’amore non è mai la risposta giusta … ho bisogno di sapere che te (la ex) stai messa molto peggio di me”.(3) 

I social network servono anche ad attrarre pubblicità e occasioni di marketing. Ad esempio, esistono le SocialAds, che consistono nella possibilità di inserire messaggi pubblicitari sulla home page personale, e le Facebook pages, che contengono marchi e i prodotti pubblicizzati dalle società.
Ma l’opportunità più notevole offerta è quella della pubblicità indiretta, che consiste, ad esempio, nel parlar bene di un ristorante, negozio o prodotto, apparentemente in modo del tutto spontaneo. Di fatto, specie se a parlare di un dato prodotto è un personaggio influente o popolare, l’effetto pubblicitario è garantito. Per questo motivo, a proposito del “marketing conversazionale” si parla di una “nuova era della pubblicità”, assai più sottile ed efficace dei soliti spot televisivi che molti ormai glissano. Ovviamente questo non vuol dire che tutti quelli che parlano di un prodotto o di un servizio lo facciano per fini pubblicitari, ma che di certo alcuni lo fanno. 

Esistono altri modi tecnologici per appiattire la realtà o per controllare gli individui. 
Secondo alcuni studiosi, il controllo dei cittadini avverrà in futuro attraverso sofisticate apparecchiature elettroniche piccolissime, dette microchip. Il microchip potrà essere un grande fratello posto dentro il nostro stesso corpo, e sarà reso accettabile da una propaganda che mira a far credere che si tratti di un oggetto utile per la "sicurezza" o la salute. In questa propaganda sarà detto che chi lo porta non potrà essere rapito, che il genitore potrà proteggere meglio il bambino, che alcuni microchip curano malattie o aiutano in determinate patologie, ecc. In realtà si tratta di apparecchiature che pongono il soggetto sotto il potere di chi le controlla. 
Grazie alla propaganda, la famiglia statunitense Jacobs (4) si è convinta a farsi impiantare sottopelle il VeriChip, un modello di microchip lungo 11,1 millimetri, con un diametro di 2,1 millimetri e una frequenza di 125 kHz. 
Si tratta di un microcomputer in grado di dialogare con un normale computer. Al suo interno, per il momento, verranno registrati tutti i dati medici dei Jacobs. 
Alcuni tipi di microchip di ultima generazione, detti Bio-chip, hanno le dimensioni di un chicco di riso, e contengono un "transponder" e una batteria al litio. 
Transponder è un sistema che permette l'immagazzinamento in microcircuiti integrati delle informazioni, e la lettura attraverso onde a distanza. Uno di questi modelli è chiamato Mondex, ed è distribuito in 20 paesi, fra cui il Canada, la Cina, la Gran Bretagna, Israele, l'Indonesia, la Malesia, le Filippine, il Nicaragua e l'Honduras. Di solito questi microchip vengono inseriti nel palmo della mano destra. Secondo alcuni esperti, come il dott. Carl Sanders, se la batteria al litio si dovesse rompere causerebbe danni all'organismo e dolori molto forti. 
Già dal 1993 l'azienda americana Destron Idi, del Colorado, costruisce e pubblicizza microchip elettronici di identificazione (LD.I.CHIPS), e da tempo alcuni microchip sono utilizzati per il controllo e l'identificazione degli animali d'allevamento e degli animali domestici. 

L’idea di impiantare chip a scopo di controllo divenne nota dagli anni Novanta, ma soltanto dopo l'11 settembre i media iniziarono a rafforzare la propaganda a favore dell'inserimento di etichette RFID all’interno del corpo umano, per motivi di "sicurezza". Molti militanti per i diritti umani hanno sollevato la questione della privacy e del controllo, cercando di frenare il fenomeno. Tuttavia, sembrerebbe che le ditte che producono microchip abbiano venduto migliaia di prodotti, di cui almeno un migliaio è stato impiantato in umani. Secondo Angela Fulcher, vice presidente del marketing di VeriChip, il microchip "Viene utilizzato al posto di altre applicazioni biometriche, come le impronte digitali".(5) 

I clienti latino-americani li comprerebbero per motivi di sicurezza, ad esempio in Messico sono stati venduti col pretesto che ci sono molti rapimenti di minori. 
Una società dell’Arizona, la Technology Systems International, ha creato etichette RFID per controllare i detenuti. I bracciali per detenuti di TSI trasmettono segnali ogni due secondi a una batteria di antenne montate sul penitenziario. Un computer può determinare la posizione esatta di ogni detenuto e ne può controllare gli spostamenti. 
La tecnologia TSI viene utilizzata anche negli ospedali, per controllare gli spostamenti degli individui all’interno dell’ospedale e lanciare un allarme se un paziente dovesse stare male. Oppure per monitorare i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. 
Scriveva il giornale londinese "Sunday Times" del 16 aprile 1995: "In futuro gli scienziati vogliono inserire microchip elettronici nelle nostre teste, in modo che potremo collegarci direttamente all'autostrada informatica. I ricercatori britannici fanno parte del team internazionale che lavora al progetto di un impianto che traduca il pensiero umano nel linguaggio informatico". 
Oggi ci sarebbero diverse persone con microchip negli Stati Uniti, in Sud America e in Gran Bretagna. 

Il controllo robotizzante renderà la vita sociale sempre più “virtuale” o superficiale, e, come nei "reality", potrà essere improntata al litigio, al pettegolezzo, all’incomunicabilità e al senso di solitudine, vuoto e separazione.
La vita emotiva "reale" sarà appiattita dallo stile di vita e dal bisogno di ottundimento che deriverà sempre più dai problemi economici, lavorativi e affettivi che le persone dovranno affrontare. Saranno allora i mass media a stimolare le risposte emotive, attraverso programmi spazzatura che evocheranno le risposte emotive più immediate, provocando una pseudo-catarsi. Le emozioni saranno canalizzate su binari non pericolosi, facendo in modo che la vera rabbia per la condizione frustrante in cui si vive divenga bisogno di rimanere agli aspetti più superficiali dell'esistenza, magari criticando le scelte degli altri o facendo pettegolezzi.
I reality puntano a mostrare scene di accesa emotività, (pianto, litigi, eccitazione emotiva, ecc.) per coinvolgere gli spettatori in un clima di disordine emotivo, e per fare in modo che le persone si svaghino pensando ai problemi altrui anziché meditare sulla vera realtà. Dunque, i reality, oltre ad avere una funzione (come altri programmi) di diffusione di una realtà falsata e ridotta agli aspetti più immediati, assolvono anche alla funzione di stornamento delle emozioni e dei pensieri da cose che potrebbero essere scottanti verso cose futili, transeunti e inutili. 
I reality vengono congegnati in modo da stimolare gli aspetti meno nobili della realtà umana, attraverso l'insulto, il pettegolezzo, il litigio e la volgarità. Viene mostrata un'emotività straripante, talvolta non equilibrata. Ad esempio, alcuni protagonisti, dopo pochi giorni che si trovano nella casa del "Grande Fratello", piangono a dirotto quando hanno modo di parlare con i parenti. Ma nella vita mormale tutti noi possiamo allontanarci dai parenti per alcuni giorni (ad esempio quando andiamo in vacanza o per lavoro) e non piangiamo a dirotto quando torniamo. Nei reality tutto viene esasperato, ed è promossa una sorta di "ritorno al primitivo". Ad esempio può essere posto in primo piano il problema del cibo, del russare o del lavarsi; viene negata la lettura dei libri e i corpi diventano protagonisti nei commenti e nelle critiche. 
Con la scusa del "gioco", attraverso il "Grande Fratello" si diseducano i giovani al vivere pacifico, alla serenità con i propri simili e alla solidarietà. Vengono mostrate in particolar modo le scene di litigi, di seduzione sessuale o di attrito fra i partecipanti. Addirittura, anche dopo la fine del programma, i protagonisti sono invitati in altri programmi (come "Questa Domenica") in cui vengono in vari modi aizzati gli uni contro gli altri oppure spinti a far emergere gli attriti e i rancori vissuti dentro la casa. Si tratta di una pedagogia dello scontro o della sessualizzazione dei rapporti, in linea con ciò che prevale anche negli altri programmi televisivi o negli altri media. 
Alcuni studiosi hanno trovato nel reality "Grande fratello" una metafora dell’esistenza. Infatti, come nella vita reale esiste un potere che osserva, impone regole, punisce o premia. Tale sistema di potere impone anche il livello di esistenza, favorendo la regressione quasi a livello animale. Impone anche le performance, gli imprevisti e le sorprese. Come nel “Truman Show” le persone sono accuratamente sorvegliate in modo tale che il “gioco” riesca bene. Nella realtà si tratta di controllare per impedire il realizzarsi di una libertà che porterebbe ad elaborare proprie regole e dunque a distruggere il sistema precedente. 

Anche i serial televisivi, le telenovele o le soap opera (Sentieri, Beautiful, Centovetrine, Febbre d'Amore, ecc.) influiscono sulla mente delle persone, presentando i fatti all'interno di una cornice emozionale quotidiana. Lo scopo principale di queste produzioni è di far vivere emozioni, provocate non dalla vita reale ma da fatti irreali e spesso assurdi. Gli eventi sono intrecciati fra loro in modo tale da attrarre l'attenzione sui personaggi, sul loro operato e sulle loro scelte, evitando di far attendere la conclusione, che tarderà ad arrivare, dato che tali produzioni possono durare anche molti anni. Il pubblico è generalmente femminile, anche se negli ultimi anni è cresciuto il numero dei telespettatori maschi. Le trame delle soap opera puntano a suscitare un "appagamento compensatorio" in esistenze in cui la routine quotidiana è noiosa e spesso problematica. Presentare personaggi attraenti, eleganti, ricchi, petrolieri, creatori di moda, gestori di grandi alberghi o medici importanti, significa rendere le persone comuni partecipi, seppure fittiziamente, di ambienti che probabilmente non avvicineranno mai nella realtà. Gli spettatori seguiranno gli eventi con l'illusione di arricchire la propria esistenza, e ne saranno così coinvolti che ne parleranno come si trattasse di persone reali, cercando di prevedere le future mosse dei personaggi o criticandoli per i loro errori. 
In queste produzioni gli uomini e le donne sono spesso in contrasto o nemici, e anche quando sono marito e moglie appare il tradimento o la mancanza di amore. Spesso chi attende un figlio ha tradito e il bambino non è del marito o del compagno. In altri casi si è innamorati di un altro pur avendo un marito. I temi fissi sono dunque il contrasto, anche molto acceso, fra le persone, il tradimento, l'inganno e la promiscuità sessuale. Lo scopo è quello di seminare sfiducia nei rapporti umani e nella coppia. Gli uomini e le donne appaiono inaffidabili, infantili, oppure vittime di tradimento e inganni. Se non si è carnefici si deve essere per forza vittime. Gli amori sono sempre difficili e contrastati. Gli ostacoli possono essere di vario genere, e quando alcuni vengono risolti ne appaiono altri. Non c'è quasi mai una coppia felice a lungo. 
Spesso gli eventi delle soap opera sono creati in modo tale da generare ansia e inquietudine, persino quando ci sarebbe una via logica di risolvere il problema posto. 
Talvolte vengono poste situazioni inverosimili o assurde (la persona morta che ritorna, la persona che cambia volto, i gemelli uno buono e l'altro cattivo, ecc.), ma ciò nonostante le persone possono continuare ad identificarsi con i personaggi. Le scene di crudeltà, delitti, o aggressività, accrescono l'inquietudine dello spettatore. Spendere la propria esistenza guardando per ore programmi spazzatura o produzioni di dubbia qualità, significa anche non avere esperienze di crescita collettiva, e sentire il vuoto dovuto alla solitudine e alla mancata realizzazione delle potenzialità personali. 

Nel provare emozioni stimolate dall'esterno, l’uomo di oggi può perdere il riferimento alle proprie esperienze e alle proprie vere emozioni, che potrebbero essere di rabbia contro il sistema; oppure potrebbe emergere il bisogno di vivere un'esistenza di maggiore qualità sociale e umana.

La manipolazione emotiva avviene anche in ciò che è diventato il rapporto fra i sessi, nei continui tentativi di svilire tale rapporto attraverso varie tecniche. 
Per diversi secoli la nostra cultura si è prodigata ad alimentare il senso romantico dei rapporti uomo/donna. Tale romanticismo si manifestava attraverso il vedere l'amata (Petrarca), attraverso l'amore ostacolato (Shakespeare), o attraverso l'amore proibito (Dante). In tutti i casi c'è l'incontro con la persona amata, che alimenta l'unicità dell'altro, concentrandosi sulle peculiarità spirituali di chi fa scaturire il sentimento amoroso. 
Da alcuni decenni la nostra cultura è entrata in una nuova fase, in cui i rapporti uomo/donna si sono caricati di elementi nefasti, e caratterizzati da difficoltà comunicative, divisioni ontologiche o sociali e da reciproca diffidenza. L'amore romantico sembra essere diventato frutto di fantasia, sganciato dall'essere dell'altro, e poco duraturo. Negli ultimi decenni, i mass media hanno potenziato gli aspetti sessuali del rapporto uomo/donna, attraverso le pubblicità e i messaggi diretti o indiretti di tipo sessuale. La cultura di massa ci vede tutti conformisti, e allo stesso tempo in lotta. Le produzioni cinematografiche sono ormai quasi tutte destabilizzanti per i rapporti di coppia: le famiglie sono presentate come "allargate" o disgregate da separazioni o divorzi, e le coppie di innamorati sono sempre più in "crisi", o vivono "evasioni", indicate implicitamente come "comuni".
In alcuni casi sembra che non sia più il tempo dei rapporti amorosi, ma dei rapporti "di consumo". Chi non sta al gioco finisce per apparire retrogrado, poco aggiornato sui tempi o, nella peggiore delle ipotesi, un inibito sessuale. Le chat offrono talvolta uno spaccato di ciò che oggi sono diventati i rapporti uomo/donna: un mix di incomunicabilità, superficialità, senso di vuoto e paura. Spesso si evita ogni autentica comunicazione, chiusi nella prigionia di se stessi, spersonalizzati e con un'illusione di libertà, ridotta a possibili rapporti sessuali. Davanti allo schermo anche i residui di spontaneità, che si manifesterebbero nella realtà, vengono a mancare, lasciando il posto ad un'atmosfera fittizia, in cui si pensa di "divertirsi", o di "provare sensazioni". 

Internet è diventato anche un "luogo" virtuale che produce effetti sul pensiero e sul comportamento. Tali effetti risentono del mancato approfondimento intellettuale: molte persone si sono disabituate alla lettura trascorrendo ore davanti allo schermo (della TV o del computer), e questo produce effetti passivizzanti che sono funzionali all'appiattimento culturale proprio della cultura di massa. Secondo una statistica del 2003, elaborata dallo Eurobarometer Survey on European Partecipation in Cultural Activities, in un anno, gli italiani che leggono almeno un libro sono il 42,2%. Questo vuol dire che quasi il 60% degli italiani non legge nemmeno un libro all'anno. Ciò significa che il tempo libero viene utilizzato per stare davanti ad uno schermo, con tutto ciò che ne deriva. 
Dunque, oggi anche i rapporti sociali possono trovare in Internet un luogo di nascita e di crescita. Ciò è guardato come positivo e destinato all'espansione. Scrive la professoressa di Economia aziendale Andreina Mandelli: "Possiamo pensare alla rete come modello di organizzazione dei nostri pensieri e della nostra socialità".(6) 
Ma di che tipo di socialità si tratta?
Il modello di comunicazione che la rete offre ha caratteristiche precise. Gli individui sono posti davanti allo schermo, soli, privi di ogni contatto reale ed emotivo con l'altro. Inevitabilmente essi vedranno se stessi, ma soltanto come insieme di proiezioni da far vivere attraverso il contatto fittizio con l'altro. 

Le "esperienze" delle chat per coppie, possono essere talvolta lo specchio delle nevrosi di incomunicabilità fra i sessi. 
Molti, complice il senso di anonimato, possono ritenere di dover assecondare gli aspetti più immediati nella ricerca di svago, di gioco o di evasione dal quotidiano. Alla fine, possono crearsi "rapporti di consumo", che trascinano all'interno di una realtà in cui la realizzazione di un più alto livello nei rapporti uomo/donna viene impedita, ed emerge la sfiducia, quando non il totale disincanto, a che possa esistere tale più alto livello. 

Gli esseri umani sembrano essere diventati adattabili a tutto, anche a ciò che peggiora la loro esistenza, e molti scelgono di dare un'impronta misera e superficiale alla loro vita, che esclude ogni possibilità di vera crescita con se stessi e con gli altri. 
L’esistenza è molto più della sensazione del momento, molto più dei rapporti sociali virtuali, e molto più dei tanti palliativi mediatici e tecnologici offerti dal sistema per sviare l’attenzione da ciò che realmente siamo e da ciò che potremmo fare per abbattere un assetto fatto di inganni, crimini e controllo. 
Diventare automi controllati oppure riprendere la propria umanità: è il bivio in cui si trovano i popoli nella civiltà contemporanea. 



Articolo correlato: 
“Infelicità umana e disumanizzazione”
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/01/infelicit-umana-e-disumanizzazione.html


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NOTE

1) http://www.millepiani.net/archivesfilosofici/2009/04/05/una_repubblica_fondata_sul_web.html
2) http://ec.europa.eu/commission_barroso/reding/video/index_en.htm
3) http://nofacebooked.altervista.org/2009/02/
4) Fonte: "Sette" de "Il Corriere della Sera", #15, 2002. 
5) CNET News.com, 14 Settembre 2004. 
6) Mandelli Andreina, "Il mondo in rete", Egea, Milano 2000, p. 9.

La piscina col velo islamico, ovvero la santa alleanza dei clericalismi

Fonte:


di Paolo Flores d'Arcais

La decisione della piscina “Siloe” di Bergamo, di riservare un’ora al nuoto “islamicamente corretto” (solo donne, costume testa-piedi approvato dai mullah) costituisce l’ennesimo episodio di sudditanza della convivenza civile al clericalismo. Il fatto che si tratti di clericalismo islamico non cambia nulla: sempre una resa dello Stato laico è. Un clericalismo di minoranza non cessa di essere clericalismo, e la somma di due clericalismi non diventa tolleranza, e meno che mai integrazione. L’integrazione si realizza solo sulla base del pieno dispiegarsi dei diritti individuali, della autonomia di ciascuno (uomo e donna), non sul moltiplicarsi delle sudditanze e dei divieti. E la ghettizzazione delle donne è l’esatto opposto della autonomia. E’, al massimo, servitù “volontaria”, dove il carattere “volontario” va corretto dalle infinite virgolette di una condizione materiale, sociale, culturale, che vanifica la possibilità di libera scelta.
Che la piscina in questione sia di proprietà della Curia di Bergamo, sia insomma uno degli infiniti beni immobili della Chiesa cattolica gerarchica, è sommamente significativo. L’ora natatoria islamico-clericale, promossa dai vertici diocesani clerico-cattolici, verrà sbandierata come un fulgido esempio di dialogo interreligioso, di iper-ecumenismo, alla faccia dei critici (soprattutto cristiani) di Papa Ratzinger, che hanno osato parlare di un suo “abbandono” del Concilio Vaticano II. E di un ancor più fulgido esempio del magistero civile della Chiesa, ultimo baluardo ormai agli egoismi, divisioni e derive di razzismo che stanno saturando la società italiana.
Balle. Quali che siano le intenzioni (che vogliamo considerare buone, anzi eccellenti, e perfino progressiste, aprioristicamente), ciò che si è realizzato è solo una santa alleanza dei clericalismi che ribadisce la subordinazione della donna in seno a una parte (probabilmente non piccola) delle famiglie di immigrati, e anzi tale subordinazione legittima e santifica, lanciando così un messaggio ai tantissimi nostalgici italici delle prevaricazioni di sesso (ancora fin troppo correnti, malgrado la parità giuridica). A conferma, se ce ne fosse bisogna, che laicità ed eguaglianza fanno corpo unico, non si può ricercare l’una senza l’altra. E che non si può combattere un clericalismo e difenderne un altro (sia detto per i leghisti d’ordinanza, che per gli immigrati non vogliono l’eguaglianza laica ma la falsa “integrazione” cattolica).

Una giornata con Etain: cronaca di una gioia silenziosa

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Avevamo letto il suo libro, ne avevamo sentito parlare, avevamo pubblicato un suo articolo, l’avevamo citata più volte, ma fino ad ora non avevamo ancora incontrato Etain Addey, esponente del bioregionalismo italiano, o meglio del movimento che invita i cittadini urbanizzati a ridiventare nativi del luogo. Siamo andati a trovarla a Pratale e abbiamo capito perché il suo libro si intitola "Una gioia silenziosa".

di 
Daniel Tarozzi

Pratale - Vallingevano - Etain Addey
Le colline di Pratale
Arriviamo un po’ da tutta Italia. Io da Roma, mia cugina e suo marito da Torino, Daria e Marco da Bologna e Paolo Merlini, con un suo amico, dalle Marche. La giornata non è delle migliori. Nuvole grigie e pesanti coprono interamente il cielo, ma ormai ci siamo organizzati e poi le meravigliose colline umbre sono affascinanti anche con questo tempo.

Quattro diversi luoghi di partenza, quindi, per una sola destinazione: Località Pratale, casa di Etain Addey.

Paolo la conosce già, ma non è mai venuto qui. Io e mia cugina abbiamo letto il suo libro, Una gioia silenziosa, e quindi in qualche modo ci sembra di conoscerla, ma non l’abbiamo mai incontrata. Daria e Marco non ne sanno granché, ma abbiamo spesso visioni e valori comuni e sono partiti sulla fiducia, spinti (spero) dal nostro entusiasmo e dalla loro voglia di esplorare mondi diversi.

Ah, dimenticavo un piccolo particolare: non abbiamo avvertito Etain del nostro arrivo. Lei non ha né telefono né internet e non abbiamo fatto in tempo a scriverle tramite posta ordinaria.

“Andate anche senza avvisare, vi accoglierà a braccia aperte”. Così ci ha assicurato chi la conosce, ma quando, dopo aver girovagato tra le colline umbre alla ricerca della nostra meta, abbiamo varcato il cancelletto (da lasciare sempre chiuso, se no gli asini scappano), ci siamo resi conto che 6 persone adulte e un bambino piccolo stavano piombando in una casa privata, ad ora di pranzo, senza aver dato alcun preavviso. E meno male che Paolo e il suo amico sarebbero arrivati nel pomeriggio!

Un po’ esitanti, ma anche emozionati dallo splendore del paesaggio (colline alberate, asinelli, pecore, gatti, cani, galline, orti, ulivi, colline, colline, colline, verdi di tutti i tipi, cavalli, emozioni), ci siamo avvicinati alla casa dove Etain vive con il compagno Martino e con chi capita da queste parti…

Ad un certo punto si è aperto un cancelletto ed un uomo con un’espressione neutra si è affacciato e ci ha aspettato in silenzio.“Salve!” ,lo abbiamo salutato mentre l’imbarazzo (il mio almeno) cresceva.

“Disturbiamo? Stavate pranzando?”, domando esitante.

“Vorrà dire che aggiungeremo qualche piatto a tavola”, mi risponde l’uomo che solo dopo realizzai essere il famoso Martino descritto nel libro di Etain. Non capisco se il tono è scocciato, burbero, o solo spiccio.


Etain Addey, autrice de "Una gioia Silenziosa" nella sua casa a Pratale
Entriamo nella casa di legno e finalmente la mia tensione si scioglie. L’atmosfera è subito accogliente. C’è un signore inglese, una ragazza italiana (di Venezia), ma soprattutto c’è Etain che ci viene incontro e ci saluta come se ci stesse aspettando da sempre.

Siamo immediatamente a nostro agio e, dopo pochi secondi, mi trovo a chiacchierare con Etain di bioregionalismo e dell’intervista che ho fatto la scorsa settimana a Giuseppe Moretti.

Nel frattempo c’è un via vai di mani e gesti per la casa. Chi cucina, chi apparecchia, chi chiacchiera, chi scherza.

Dopo 10 minuti siamo tutti seduti intorno alla tavola e stiamo pranzando. Ora sono certo: il tono di Martino era solo spiccio. È infatti sorridente e affabile mentre parliamo e mangiamo come se ci conoscessimo da tempo.

Gli argomenti che attraversano la tavola sono i più disparati: come crescere i bambini, le origini dell’ottimo vino che stiamo bevendo, l’invadenza delle persone che vogliono insegnarti a vivere, i libri di Andrea De Carlo, i diversi modi con cui coltivare l’orto e così via.

Dopo aver pranzato e lavato i piatti, Etain ci conduce a visitare i due orti (uno lo coltiva lei e l’altro Martino), mostra i pulcini appena nati al bimbo di mia cugina, va a controllare i pomodori appena seminati in una piccola serra improvvisata.

La casa in cui abbiamo pranzato, costruita in legno, è riscaldata da una stufa (a legna) che viene utilizzata anche per cucinare. Non c’è riscaldamento tradizionale, né gas, quindi. Eppure ci si riscalda e si cucina ugualmente.


Il "signore inglese", "mia cugina col bimbo" e gli asini di Etain
Etain si è trasferita in queste colline 30 anni fa. Non aveva quasi niente e non sapeva fare quasi niente. Col tempo, e grazie agli insegnamenti dei contadini locali, questa donna inglese è diventata esperta di agricoltura, cucina, allevamento di animali, mungitura, tosatura, tessitura, autoproduzione di sapone, lavaggio a mano di vestiti e chissà quali e quante altre cose.

Eppure scrive libri e articoli, porta avanti ricerche culturali e spirituali, ha trovato il tempo di crescere tre figli ed ospita continuamente viaggiatori.

Proprio le centinaia di ospiti che in questi tre decenni si sono succeduti a casa di Etain hanno contribuito a renderla quello che è. Infatti, qui si può arrivare senza preavviso, ma se ci si vuole fermare per un lungo periodo “bisogna” contribuire ai lavori. Ci si alza all’alba, si segue l’orto, si mungono gli animali, si tosano, si ripara la casa e così via, a seconda delle esigenze e delle stagioni.

Un’esperienza meravigliosa, quasi mistica, mi viene da pensare. Un incontro magico tra la riscoperta di equilibri naturali, il contatto con la terra, con gli animali, col sudore e con la fatica, e la cultura e la spiritualità che debordano da ogni sguardo di Etain, così come dalla sua piccola libreria, un incantevole studio dove qualunque aspirante scrittore troverebbe l’ispirazione per quel famoso libro che vuole scrivere da quando è bambino.

Ma è veramente difficile riportare a parole questi luoghi, questi modi di vivere, quest’intensità di esseri.


Paolo Merlini ed Etain Addey
Le nostre riflessioni e le nostre contemplazioni sono interrotte da un arrivo improvviso: Paolo Merlini e il suo amico sono giunti. Paolo, come al suo solito, ci inonda di parole e aneddoti. Rischierebbe di essere pesante, se non fosse così avvincente e passionale. Ci ritroviamo nuovamente seduti intorno al tavolo. Daria e Marco ci salutano, devono tornare a Bologna. Noi, tra un teh inglese, una ricotta fatta in casa, un pane buonissimo e della marmellata di mele cotogne, osserviamo e ascoltiamo Paolo ed Etain che si alternano nel raccontare e scambiare pareri su episodi, sentieri, esperienze.

Si sta facendo sera quando ripartiamo. Abbiamo avuto il tempo di chiacchierare anche un po’ in privato con l’autrice di Una gioia silenziosa. Osservando questi luoghi e respirando queste atmosfere abbiamo capito che il titolo di questo libro è realmente efficace. Da questi silenzi (mai totali e sempre costellati di suoni animali, vegetali, spirituali) non può che nascere una gioia vera, reale, silenziosamente trionfante.

Ritorniamo alla nostra macchina a passo lento. Il signore inglese e la ragazza di Venezia stanno lavorando la terra. Martino è da qualche parte, forse tenta di addomesticare l’ultimo nato tra i cavalli. Etain è rientrata in casa. Non sappiamo cosa stia facendo. Io ho sottobraccio 4 libri che mi ha donato questa donna che si è radicata in un luogo restando una nomade dello spirito.

Ma Etain non ci ha donato solo dei libri ed un pranzo. Ci ha donato la consapevolezza di un mondo. Quello a cui forse tutti noi potremmo appartenere. Quello che nell’ultimo secolo, così abilmente, abbiamo spinto fuori dalle nostre città-prigione. Quello che forse, un giorno, torneremo ad abitare, anzi a ri-abitare, ridiventando - finalmente - nativi del luogo.

La rivoluzione prossima ventura

Fonte:



Fra i venti capi di Stato o premier che hanno partecipato al summit di Londra mi pare chesolo Silvio Berlusconi, battute e gaffe a parte, abbia dimostrato di aver percepito, col suo intuitaccio che oserei definire animale, il pericolo. A rischio non è solo il sistema economico mondiale, a rischio sono anche le leadership che lo guidano. E poco importa che alcuni leader, come Obama che è appena arrivato all’onor del mondo, non siano personalmente responsabili della crisi. Anche Luigi XVI pagò gli errori di Luigi XIV, il Re Sole.
La gravissima responsabilità delle leadership dei Paesi industrializzati è aver continuato a puntare su 
un modello di sviluppo basato sulle crescite esponenziali che non poteva durare all’infinito. Di aver puntato, illudendo le proprie popolazioni, su un futuro orgiastico che non si è mai realizzato, che anzi si è man mano allontanato. Ora questo sistema è arrivato al suo limite e questo futuro non esiste più. L’errore dei leader oggi è di perseverare sulla vecchia strada. Cosa sono questi trilioni di dollari che si stanno immettendo nel sistema? Sono il tentativo disperato di drogare ulteriormente il cavallo sfinito sperando che riesca a fare ancora qualche passo. È denaro inesistente. Altrimenti non si capisce perché non lo abbiano usato prima. È denaro tossico non diversamente dai «titoli tossici», gli hedge fund, perché come questi scommette su un futuro iperbolico, su un futuro che non c’è. L’inevitabile che ci aspetta è la decrescita. Ma sarebbe bene che fossimo noi a governarla, guardandola, invece di aspettare supinamente il collasso finale, che sarà quasi istantaneo. Sono due secoli e mezzo, dall’inizio della Rivoluzione industriale, che avviò l’attuale modello di sviluppo, che noi stiamo accumulando denaro, cioè futuro, ma adesso la pellicola è quasi alla fine.
E proprio come la pellicola di un film ci mette un certo tempo a svolgersi ma arrivata alla conclusione si riavvolge quasi fulmineamente, così accadrà al nostro modello di sviluppo se le leadership non cominceranno a riavvolgere loro la pellicola prima che arrivi alla fine, ma
 si affideranno agli automatismi del meccanismo o, peggio, faran di tutto, come stan facendo, per accelerarlo, accelerandone così la fine. Se ciò dovesse accadere queste leadership e le stesse democrazie verrebbero spazzate via. Le democrazie sono nate su bagni di sangue perché le aristrocrazie che per diversi secoli avevano garantito alle proprie popolazioni certi equilibri non erano più in grado di farlo. Quando centinaia di milioni di persone inurbate si accorgeranno che non possono mangiare l’asfalto della città faranno fare alle leadership democratiche la stessa fine che queste riservarono a quelle aristocratiche.

Massimo Fini

Il Tar del Lazio annulla trasferimento Forleo

Fonte:


30 aprile 2009
Bari.
 Il Tar del Lazio ha accettato il ricorso presentato dai legali del Gip di Milano, Clementina Forleo avverso il provvedimento del Csm con il quale fu deciso il trasferimento d'ufficio da Milano a Cremona. 
 


Il giudice aggiunge l'avvocato Pesce che ho appena sentito al telefono mi ha riferito che seppure felice della notizia non intende per il momento lasciare il tribunale di Cremona. Finalmente un giudice terzo imparziale ha riconosciuto l'ingiusta attegiamento persecutorio assunto dal Csm nei suoi confronti".

Il plenum del Consiglio della magistratura decise a maggioranza di disporre il trasferimento dalTribunale di Milano del giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo (originaria di Francavilla Fontana), per incompatibilità ambientale. 

La decisione dopo le dichiarazioni della Forleo sul comportamento dei magistrati milanesi che seguivano l’inchiesta sulle scalate bancarie. 

«Lotterò fino alla fine dei miei giorni - dichiarò il gip di MIlano originaria di Francavilla Fontana; andrò a testa alta in tutti i tribunali, affermando il principio per cui la legge è uguale per tutti e auspicando una seria riforma della giustizia». 

A chi a suo tempo le chiese se avrebbe fatto ricorso al Tar contro la delibera di Palazzo dei Marescialli rispose: «Certamente». 

Oggi attraverso il suo legale, avv. Pesce Clementina Forleo manda a dire: ho vinto una battaglia di principio, non credo che tornerò a Milano. Almeno per ora.

 La notizia è stata data da uno dei legali del giudice di Francavilla Fontana, avv. Giovanni Pesce (nativo di Oria), il quale ha commentato "che la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio ha annullato il trasferimento motivando questa decisione ritenendo insussitenti i presupposti di quella decisione".

A commentare alla Gazzetta la decisione del Tar è stata al telefono da MIlano la stessa Forleo, la quale ha detto: "Sono commossa e ovviamente molto contenta - ha detto". 

"Questo dimostra che la verità prima o poi viene a galla. E comunque continuerà a battermi per l'indipendenza e l'autonomia del giudice e contro le logiche clientelari e le correnti all'interno all'interno dell'organo di autogoverno della magistratura conitnuerà". 

Alla domanda se adesso tornerà a Milano essendo la sentenza immediatamente eseucutiva, il Gip ha preferito non rispondere riservandosi di decidere e di affidarsi per ulteriori commenti ad un comunicato ufficiale dei suoi legali. "Aggiungo solo - ha concluso - che mi batterò ancora affinchè il giudice resti una figura indipendente e autonoma, al di fuori delle logiche clientelari".

Servi si nasce, italiani si diventa

Fonte:

Freedom House l'organizzazione fondata da Eleanor Roosevelt, ha classificato l'Italia semi libera per l'informazione. Unica nazione europea occidentale. Dietro di noi ci sono Corea del nord, Turkmenistan, Birmania, Libia, Eritrea. Ma non disperiamo, siamo in grado di raggiungerle grazie a giornalisti come Belpietro, Riotta, Mimun e a politici della statura di Boccone del Prete Franceschini e di (Musso)Fini.
Freedom House attribuisce la nostra posizione al 
controllo delle televisioni da parte dello psiconano. Non sono d'accordo. La libertà di espressione, di scrivere e di voler ascoltare la verità non dipende da un ometto senza principi. La responsabilità è degli italiani. Un popolo che, nella sua maggioranza, pagherebbe per vendersi. Un popolo simpatico, gioviale, senza pensieri. Con un udito sensibile. Il suono della verità gli fa male ai timpani. Con la memoria di un'ameba. Che dedica piazze e vie al latitante Bottino Craxi e tollera un corruttore professionista alla guida del Paese.
Testa d'Asfalto fa il suo mestiere. Vende la merce che gli italiani vogliono comprare. La
dimenticanza è un tratto nazionale. Nessuno ricorda più nulla. Qui e ora, solo qui e ora è importante. L'informazione si nutre del passato, ma il passato in Italia non esiste. L'Italia vive in un eterno presente. La sua memoria è una spiaggia lavata senza sosta dalle onde del mare. Un Paese cinico, spesso servo, per un periodo luce del mondo. Un posto in cui si vive bene solo se si è già morti dentro. Un Paese senza coscienza di sè che forse non esiste. Un tunnel di morti ammazzati e dimenticati. In nessun Paese democratico nel dopoguerra c'è stata una strage di magistrati, di giornalisti, di poliziotti, di Carabinieri, di persone comuni, semplicemente oneste, come in Italia. E' stata una strage immane, un Vietnam d'Italia, lo documenta il Calendario dei Santi Laici. L'italiano non parla, non sente, non vede e odia l'informazione. Per informarsi e trarne le conseguenze dovrebbe mettere in discussione tutto, a partire da sè stesso e dal suo contributo alla vita sociale. Non vuole sapere, perchè sapere è pericoloso. L'italiano è barricato in suo fortino personale di convizioni, di miti, di balle, di televisioni. E' una questione di sopravvivenza. E' un malato terminale di democrazia che si illude di essere libero. L'italiano vive un incubo, ma riesce a trasformarlo in un sogno. Per lui tutto è possibile, l'importante è crederci. Disinformare per Credere. Freedom House ha anche fatto l'elenco dei "10 peggiori Paesi per essere un blogger". Sono: Myanmar, Iran, Siria, Cuba, Arabia Saudita, Vietnam, Tunisia, Cina, Turkmenistan e Egitto. L'Italia non c'è ancora, ma è solo questione di tempo. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Il piano CHIESE

Fonte:

 Il piano C.A.S.E. - Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili - prevede che siano costruite abitazioni di 50mq per circa 13.500 sfollati. Si chiamerannoabitazioni durevoli. Un'evoluzione di quelle vecchie, che erano le abitazioni cedevoli

 I 
quartieri durevoli, invece, fra vent’anni dovrebbero servire per gli studenti. Diventeranno campus, ma con una differenza. Nel resto del mondo i campusservono per dare un futuro. In Italia servono a toglierlo. Il futuro ormai è un bene prezioso, se lo possono permettere in pochi. Così, anzichè rilasciare certificati di laurea, stiliamo certificati di morte. Dove non riescono la droga e le malattie, ci pensano le scuole. A San Giuliano è stato un successone: abbiamo fatto fuori 27 bambini più una maestra. Bonus extra point.  A Torino abbiamo totalizzato un morto e 20 feriti. Si poteva fare meglio. Alla Casa dello Studente, ancora non si sa quanti ne abbiamo seppelliti. Senza contare lo spettacolare finale Twin Towers... Non ci facciamo mancare niente!

  Il Papa vuole 
case e chiese. Io voglio solo case. Le chiese fatele durevoli. Oppure fatele itineranti: una domenica a turno, negli androni dei palazzi. Almeno finchè l'ultimo dei bambini non avrà nuovamente una cameretta dove giocare e studiare, e il suo un papà un lavoro per pagargli un futuro. All'estero.

  Invece sembra che i religiosi avranno i 
soldi, e i cittadini i debiti. E' il cosiddettopiano CHIESE.

Lettera di Stefania Pace
Il Decreto anti Robin Hood

 Il 
decreto-legge 28 aprile 2009, n.39 non salva l’Abruzzo. Lo fa crollare definitivamente. Dodici articoli, scritti con la connivenza delle amministrazioni locali, dodici misure-vergogna.

  L'
Art. 3 stabilisce che le case - quelle verenon quelle durevoli - potranno essere ricostruite usufruendo di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato econtributi con il sistema del credito d’imposta. Ma i soldi per la ricostruzione saranno dilazionati fino al 2032 e comunque dovranno essere anticipati dai cittadini, i quali verranno rimborsati sulle fatturazioni. Invece, per le aziende e per gli Istituti religiosi sono previsti indennizzi, sia per gli immobili sia per i beni e le strumentazioni in essi contenuti. 
 Perché per i risarcimenti ai privati vengono usati i termini 
finanziamento e credito d’imposta, mentre per le aziende e per le strutture religiose viene usato il termineindennizzo

 Inoltre il decreto impone che siano aperte due 
discariche, una a Barisciano e una a Poggio Picenze. Dovranno smaltire i rifiuti urbani generici e quelli derivanti dalla distruzione degli immobili danneggiati. Anche di quelli che avevano coperture dieternit. Fino a circa una settimana fa, nei pressi di Piazza d’Armi c’era in funzione un trita macerie che frantumava indistintamente qualsiasi cosa. Chissà se esiste un nesso tra la polvere e le fibre d'amianto di cui l'aria era satura e i numerosi casi di broncospasmo che hanno colpito i bambini di alcune tendopoli?  

 Intanto mentre la popolazione sopravvive al freddo e alle mille difficoltà che il
campeggio comporta, i dirigenti della Protezione Civile alloggiano comodamente presso l’Hotel Cristallo a Fonte Cerreto e si rifocillano con l’ottima cucina del ristorante Il Geranio.

 C'è da capirli: non tutti sono tagliati per fare i 
campeggiatori.

Febbre suina: tra delirio economico e follia ambientale

Fonte:
Dopo il morbo mucca pazza e la più recente aviaria, un’altra influenza ha risucchiato l’umanità in un vortice di panico: la febbre suina. Prima di cadere nella spirale della paura è bene fare alcune importanti riflessioni che possano aiutare a comprendere quello che sta accadendo.

di
 
Valerio Pignatta

Febbre suina
La febbre suina ha gettato l'umanità nel panico
Un dato di partenza per inquadrare nella sua giusta dimensione la questione dell'influenza (o febbre) suina è quello del tasso di mortalitàdi questa malattia di cui a stento qualcuno parla in questa bagarre che si è scatenata sui media: l'ipotesi avanzata dall'European Centre for Diseases Prevention and Control (Ecdc), un'agenzia dell'Unione Europea, è quella di un tasso di mortalità simile a quello dell'influenza stagionale, che negli over 65 è pari all'1%. Questo è quanto ha affermato in questi giorni in una conferenza stampa a Stoccolma Angus Nicoll, capo del Programma influenza ente europeo.

Certo, la situazione è in continua evoluzione e viene costantemente tenuta sotto controllo, ma questo è il punto fermo da cui occorrerebbe partire.

In secondo luogo va anche sottolineato che i casi di morte che si sono avuti in Messico (8 su un totale di 99 persone infettate) non sono stati ancora analizzati al meglio nella loro evoluzione patologica.

C'è addirittura chi mette in dubbio la causa virale da febbre suina come la causa determinante della morte di tali soggetti. E non è una persona qualunque colei che fa questa affermazione bensì Tereza Brugal, presidente della Società spagnola di epidemiologia, che in una intervista pubblicata nel sito del quotidiano spagnolo El Mundo dichiara che tali decessi potrebbero anche essere dovuti ad un insieme di altre concause aggravanti come ad esempio il ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell'infezione (per l'inadeguatezza del sistema sanitario messicano), un debole sistema immunitario da parte degli infettati e la presenza di altre patologie pregresse (per le cattive condizioni alimentari e igieniche in cui vivono moltissimi messicani; Città del Messico è infatti una delle città più popolose e inquinate del mondo).

vaccini
Il costo dei vaccini influenzali in Messico in questo periodo è quasi decuplicato
I media, tuttavia, puntano più sul numero complessivo di pazienti colpiti cercando di suscitare maggior ansia e coinvolgimento generale e rimanendo ambigui rispetto al numero di casi effettivamente mortali. Sicuramente ci sono dunque altre motivazioni in gioco. Non per niente il costo dei vaccini influenzali in Messico in questo periodo è quasi decuplicato. Una manovra farmaceutica a livello internazionale in questo senso non è da escludersi. Del resto, è già accaduto in passato.

A partire da queste premesse che riflessioni si possono fare?

La prima che mi viene in mente è ovvia ed è sempre la stessa per ogni allarme di tipo “alimentare”, ossia la condizione grave in cui gli animali da carne vengono allevati, con mangimi “monotematici”, in spazi angusti, sovratrattati farmacologicamente e magari a contatto con nitrati ecc. È chiaro che in queste situazioni i virus hanno buon gioco nella loro corsa alla riproduzione, alla mutazione e alla colonizzazione degli organismi. Lo stretto contatto con gli allevamenti intensivi, e magari in condizioni di scarsa igiene, pare il mix necessario per la trasmissione del contagio all'uomo (così come pare sia accaduto per il primo caso accertato in Messico).

Tutto, però, è molto controverso.

Ad esempio, l'Organizzazione mondiale per la salute animale sostiene che non vi sono focolai di influenza suina negli allevamenti di maiali messicani e che non è dimostrata alcuna trasmissione tra le due specie, perlomeno non in questa occasione.

Un altro aspetto della questione è che, a fronte di quello che sta accadendo, dovremmo perlomeno riflettere sul fatto che la produzione di animali clonati, e quindi con lo stesso patrimonio genetico, come da più parti si auspica ormai col sostegno dell'industria biotech, ci metterebbe in realtà in una situazione catastrofica di fronte a eventualità di pandemie generalizzate, dato che solo la diversità “individuale” può trovare le strategie per far fronte a questo tipo di situazione biologica.

È la biodiversità che va incentivata. Non l'omologazione.

aereri
Questo frenetico traffico mondiale di persone, animali e oggetti cosa sta causando a noi stessi e al pianeta?
Altra riflessione che inquadra il tutto da un altro punto di vista: ma quanto ci sta nuocendo viaggiare come folli intorno al mondo in aereo per i motivi più disparati, superficiali e assurdi? Questo frenetico traffico mondiale di persone, animali e oggetti cosa sta causando a noi stessi e al pianeta? Quante piante e animali esotici stanno devastando i nostri ecosistemi e viceversa? Quanti insetti e batteri, e appunto anche virus, viaggiano beati incontro a “paradisi fiscali” dove non hanno antagonisti? Ma cosa stiamo esattamente facendo? Boh.

Eppure, perlomeno fino al 28 aprile scorso, l'OMS ha “ribadito con forza” che non si raccomandano né chiusura delle frontiere né restrizioni ai viaggi internazionali. L'importante, secondo la massima organizzazione mondiale che dovrebbe tutelarci a livello sanitario, è rimanere “calmi e razionali”, che probabilmente, tradotto nella lingua del mercato della salute, significa vaccinarsi o munirsi di antivirali e continuare a spendere e spandere in ogni ambito. Primum non nocere... al salvadanaio del sistema.

Ultimo dato di fatto su cui spendere una parola: un essere umano è costantemente a contatto con batteri e virus di ogni genere. Virus e batteri possono sì avere un potenziale nocivo, ma questo deve fare i conti con il nostro sistema immunitario. E non è una differenza da poco, altrimenti saremmo estinti come specie già da un pezzo. Se un sistema immunitario è equilibrato e in buona forma i rischi di complicazioni gravi dovuti a un'infezione si riducono moltissimo. Salvaguardare quindi con l'alimentazione e lo stile di vita il proprio benessere psicofisico è sempre e comunque un buon investimento. Anche per il Pianeta. Ad esempio, mangiare poca carne oltre che a garantire un migliore stato di salute a chi lo pratica consentirebbe di limitare il numero di allevamenti e conseguentemente di aumentare gli spazi e/o il modo di allevare gli animali destinati all'alimentazione umana. Il che ridurrebbe la loro sofferenza. Se poi si volesse divenire vegetariani... la febbre dell'oro non ci contagerebbe.