sabato 15 novembre 2008

Centro Riciclo Vedelago: la raccolta differenziata al 99%

fonte:
http://www.ecoblog.it/post/7160/centro-riciclo-vedelago-la-raccolta-differenziata-al-99
sabato 15 novembre 2008 da roberto


L’intervista è stata fatta dal meet-up veneziano di Beppe Grillo. Lei è Carla Poli, la titolare del Centro di Riciclo di Vedelago, in provincia di Treviso. Il suo mestiere è ricevere, separare e riciclare i rifiuti. Nulla di straordinario, se non fosse che il centro riesce a riciclare quasi il 99% dei rifiuti che riceve.

Un risultato ancora più straordinario se si pensa al contesto culturale in cui si muove. Merito anche di una nuova tecnologia che permette di recuperare anche gli scarti plastici, o il rifiuto secco, per produrre un granulato di plastica che può essere utilizzato nell’edilizia, e tutto con un procedimento di estrusione che non emette sostanze nocive per l’ambiente.

Al di là dei risultati, è interessante anche la filosofia dell’imprenditrice. Vi faccio solo due esempi: “Io non voglio più nemmeno chiamarli rifiuti, per me sono materiali”; “Io non ho paura di rimanere senza lavoro perché, per quanto uno risparmi, ci sarà sempre qualcosa da riciclare. Questo qualcosa, questa frazione residua che viene conferita nel servizio pubblico, non si deve né bruciare, né seppellire, ma è tutta riciclabile”.

FARMACIA ANNUNZIATA

fonte:
http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1404&Itemid=1

A Parma c’è una farmacia che si chiama Santissima Annunziata e lì non si vendono solo aspirine: si regala cultura, e una cultura che rappresenta l’unico salvagente disponibile. I ragazzi che ci lavorano dentro vanno in giro per l’Italia come missionari, raccolgono testimonianze, le registrano e le mettono a disposizione di tutti. E non si fermano lì: vanno anche a rompere le scatole ai vari amministratori locali che a Parma non sono niente di meglio di come sono altrove. L’Italia è abbondantemente fatta (in tutti i sensi).

Date un’occhiata al lavoro che questi farmacisti modesti, tenaci ed efficaci, hanno fatto collegandovi a http://www.youtube.com/user/FARMACIAANNUNZIATA. E, se lo ritenete opportuno, date loro una mano.

Amnistia

fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/

VENERDÌ 14 NOVEMBRE 2008

Marco Cedolin

Se la sentenza di luglio, relativa alle violenze e torture compiute dalle forze dell’ordine nei confronti di centinaia di giovani inermi all’interno della caserma di Bolzaneto, durante il G8 del 2001 era sembrata un vero e proprio colpo di spugna, avendo portato alla condanna solamente15 dei 45 imputati a complessivi 24 anni di carcere contro gli oltre 76 chiesti dai magistrati Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, senza oltretutto contestare il reato di tortura dal momento che non esiste nel nostro ordinamento giuridico in spregio perfino alla convenzione ONU in materia di diritti dell’uomo, la sentenza di ieri riguardante la sanguinosa irruzione delle forze dell’ordine all’interno della scuola Diaz, sempre durante il G8 di Genova, riesce a fare perfino di peggio assumendo il carattere di una vera e propria amnistia.

Nonostante nel corso del processo siano state dimostrate in maniera incontrovertibile le responsabilità degli agenti, sia per quanto riguarda le violenze gratuite nei confronti dei giovani che dormivano all’interno della scuola Diaz, sia in merito alla falsificazione delle prove consistenti in bombe molotov, picconi e spranghe portati sul posto dagli stessi poliziotti al fine di giustificare con l’inganno il proprio operato, la sentenza emessa dal prima sezione penale del Tribunale di Genova è di quelle da lasciare basito chiunque sia stato in grado di percepire la gravità degli accadimenti. Tredici condanne e sedici assoluzioni (fra le quali tutti gli uomini appartenenti ai vertici della polizia) per un totale di 35 anni e sette mesi, rispetto agli oltre 108 anni chiesti dall'accusa, sembrano davvero troppo poco per dare l’illusione che in questo paese esista una qualche forma di giustizia anche quando a commettere i reati sono uomini appartenenti alle forze dell’ordine.

Alla luce di sentenze come quelle che dopo 7 anni hanno “graziato” i responsabili dei gravissimi fatti di sangue (ancora più gravi in quanto compiuti da coloro che dovrebbero fare rispettare la legge) accaduti durante il G8 di Genova del 2001, non stupisce più di tanto constatare come il poliziotto Spaccarotella, responsabile dell’assassinio di Gabriele Sandri, avvenuto un anno fa all’interno del parcheggio di un autogrill, nonostante l’imputazione di omicidio non sia stato sospeso dal servizio e neppure abbia subito alcun procedimento disciplinare.
Non resta che prendere coscienza del fatto che le forze dell’ordine, anche quando sbagliano, rispetto alla legge continuano a rimanere “più uguali” rispetti a tutti gli altri.

venerdì 14 novembre 2008

La mattanza delle balene in Danimarca

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http://www.ecoblog.it/post/7146/la-mattanza-delle-balene-in-danimarca

13/11/2008
Ogni anno, dal 1709, le acque delle isole Fær Oer, arcipelago danese a sud dell’Islanda, si tingono di rosso. Non per strani fenomeni di inquinamento marino, ma a causa dell’uccisione di molte centinaia di balene pilota, macellate dagli stessi abitanti, spesso adolescenti, che dimostrano così di entrare a far parte nell’età adulta.

La crudele mattanza non ha infatti scopi commerciali, in quanto la carne di questi cetacei, inquinata da tossine e metalli pesanti, non è conforme agli standard dell’Unione sugli alimenti per il consumo umano. La balene pilota, molto socievoli con l’uomo, vengono attirate nelle baie, spesso usando dei motoscafi che disorientano l’intero gruppo di cetacei. Una volta arenate sulla riva, vengono circondate ed uccise a colpi di ascia e uncini.

Sebbene le balene del Nord Atlantico siano considerate specie protetta dalla “Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats”, le Fær Oer hanno un proprio governo che stabilisce indipendentemente le regole della caccia.

Ogni anno, quindi, vengono uccisi fino 2000 animali, sconvolgendo equilibri e mettendo in pericolo l’intera specie, visto che spesso i piccoli che scampano alla caccia, sono comunque condannati a morte.

TOPOLINI! PER IL CONTROLLO DELLE NASCITE MANGIATE OGM

fonte:
http://www.greenpeace.org/italy/news/ogm-rischi-salute

12/11/2008
ROMA, Italia —

Il governo austriaco ha pubblicato uno studio molto preoccupante sui rischi sanitari legati agli OGM. La fertilità dei topi nutriti con mais OGM è risultata molto indebolita rispetto a topi alimentati con prodotti naturali: hanno generato una prole ridotta di numero e di peso. È la dimostrazione di quanto poco sappiamo dell'impatto a lungo termine degli OGM sulla salute e sull'ambiente e di quanto sia inadeguata l'attuale procedura di valutazione dei rischi a livello europeo.

Lo studio, commissionato dal ministero austriaco per l'Agricoltura e la Salute, é stato presentato dal Dott. Jürgen Zentek, professore di medicina veterinaria presso l'Universitá di Vienna e coordinatore del progetto. Si tratta di una delle pochissime analisi di lungo termine mai condotte sul tema. Considerando la gravitá delle potenziali minacce riguardo la salute e la riproduzione umana, Greenpeace chiede il ritiro di tutti gli alimenti e i prodotti OGM dal mercato mondiale.

Giocare alla roulette genetica con il nostro cibo é come giocare alla roulette russa con consumatori e salute pubblica.
Di proprietà della Monsanto, la varietá di mais OGM (NK 603 x MON 810), testata in questo studio, é tollerante a un erbicida e resistente a un determinato parassita. É stato approvato per la coltivazione e l'uso come alimento in diveri stati, fra cui USA, Argentina, Giappone, Filippine e Sud Africa. In Europa e in Messico, é autorizzata per l'uso in alimenti e mangimi.

L'Efsa ha dato luce verde per un OGM potenzialmente pericoloso per la salute. È inaccettabile affidarsi esclusivamente ai dati della Monsanto per dare l'ok all'autorizzazione. Il panel OGM dell'Efsa dovrebbe essere sospeso subito e riformato fino a quando sará realmente in grado di di valutare i rischi connessi agli OGM. L'Efsa dovrebbe trasformarsi in una agenzia che protegge i consumatori e non gli interessi economici della Monsanto.

Il prossimo 4 dicembre i ministri dell'Ambiente europei si riuniranno per decidere se rafforzare o meno il sistema di valutazione dei rischi OGM. È l'occasione giusta per chiedere ai Ministri di votare a favore della protezione dell'ambiente e dei consumatori.

Aiutaci a fare pressione sui Governi europei. Scrivi subito ai Ministri!

OLIO DI PALMA. LO SCANDALO CONTINUA

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http://www.greenpeace.org/italy/news/certificazioni-rspo

11/11/2008
ROMA, Italia — Oggi l'industria dell'olio di palma festeggia il primo certificato "di olio di palma sostenibile" rilasciato dalla RSPO. Ma c'è ben poco da festeggiare: la prima certificazione è stata rilasciata alla United Plantations, che è coinvolta nella distruzione delle foreste torbiere indonesiane e rifornisce Nestlè e Unilever. Per protesta, in Indonesia gli attivisti di Greenpeace hanno bloccato una nave con un carico di olio di palma destinato all'Europa. Uno di loro si è incatenato all'ancora della Gran Couva, resistendo per ore.

Con la pubblicazione del nuovo rapporto "Olio di palma – Lo scandalo delle certificazioni in Indonesia" Greenpeace denuncia come l'attribuzione del primo certificato da parte della RSPO (Tavola Rotonda per l'olio di palma sostenibile) sia una cortina di fumo per coprire misfatti come l'appropriazione indebita di suolo forestale, la degradazione di foreste e torbiere e la violazione delle leggi indonesiane.

United Plantations possiede diverse piantagioni in Malesia e Indonesia. La società ha ricevuto la certificazione solo per le proprie piantagioni malesi ma a condizione che tutte le sue piantagioni – comprese quelle in Indonesia – soddisfino i criteri minimi di sostenibilità stabiliti dalla RSPO. United Plantations non rispetta nessuno di questi criteri!

L'abbattimento e gli incendi nelle foreste e torbiere indonesiane hanno già determinato l'accelerazione dei cambiamenti climatici. L'Indonesia è, infatti, il terzo più grande emettitore di gas serra nel mondo.

La prossima settimana l' si riunirà a Bali per il sesto incontro annuale della RSPO. E' assolutamente necessario che vengano stabiliti criteri rigidi ed efficaci per impedire alle compagnie coinvolte nella distruzione delle foreste del Borneo e di Sumatra di rivendicare la produzione di olio di palma sostenibile, imbrogliando il mercato.

Nel corso di quest'anno - attraverso la campagna Deforestazione Zero – Greenpeace ha convinto Unilever, Ferrero e tante altre importanti multinazionali che acquistano olio di palma a impegnarsi per sostenere un'immediata moratoria per salvare le ultime foreste e torbiere del Sud Est Asiatico. fondamentale che anche i produttori, il governo indonesiano e quelli europei compiano questo passo. Subito.

giovedì 13 novembre 2008

Segnali di fumo

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http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

13 novembre 2008, in PETER GOMEZ
La politica si fa anche con i segnali. Con dei provvedimenti che non necessariamente portano un reale beneficio alla collettività, ma che dimostrano un'inversione di tendenza. Con delle scelte che, almeno dal punto di vista dell'immagine, riavvicinano i cittadini alle istituzioni.

Per esempio, se con durezza si interviene sui dipendenti pubblici per arginare i tassi di assenteismo e si finisce così per punire anche chi assenteista non è (pensate a quella maggioranza d'impiegati non fannulloni che oggi si vede decurtare lo stipendio in caso di malattia), è bene che chi fa le leggi dimostri di voler partecipare ai sacrifici. Solo così si può sperare che anche le persone cui si chiede di stringere la cinghia comprendano come, dietro le nuove norme, ci sia la volontà di tutelare il bene comune (la burocrazia dello Stato) e non quella di punire indiscriminatamente un'intera categoria. È necessario insomma essere credibili.

Da questo punto di vista, ieri il parlamento ha perso ancora una volta una buona occasione. L'Italia dei Valori, durante la discussione della finanziaria, ha proposto di abolire il doppio stipendio incassato da chi oltre che parlamentare è anche ministro, di cancellare le comunità montane e i rimborsi elettorali concessi per cinque anni ai partiti anche se la legislatura finisce in anticipo. Tutti e tre gli emendamenti sono stati bocciati da un voto contrario bipartisan e dall'astensione degli onorevoli prodiani e dellUdc.

Certo, riforme epocali di questo tipo è difficile immaginare di farle a colpi di emendamenti. Tagliare, come è giusto, i rimborsi elettorali che Udeur, Pdci, Verdi e Rifondazione (ma anche gli altri partiti) continueranno ad incassare sino 2011, nonostante non siano più presenti in parlamento, porterebbe alla definitiva scomparsa delle formazioni minori. E quindi si dovrebbe forse calibrare meglio una norma tanto drastica. Stesso discorso vale per le comunità montane. Sono quasi tutte inutili, ma non tutte. Bisognerebbe saper scegliere caso per caso.

Sui doppi stipendi dei parlamentari che fanno anche i ministri, invece, non può esserci discussione di sorta. Un Berlusconi che, oltretutto, è già molto ricco di suo, perché deve ricevere una busta paga da premier e una da onorevole, quando alla Camera non ci mette mai piede? Intendiamoci, non che abolire le doppie retribuzioni finisca per incidere realmente sulle casse dello Stato. La spesa, dal punto di vista del debito complessivo, è minima. Ma non farlo incide sulla testa dei cittadini.

Insomma, con i dipendenti pubblici non si va per i sottile, si taglia con il machete e si finisce per punire anche chi ha sempre fatto il proprio dovere. Sui componenti della Casta, invece, non si interviene. Mai.

E allora tra gli elettori si fa sempre più strada un dubbio, che giorno dopo giorno, si trasforma in certezza. L'oligarchia sta cambiando strategia. Punta a creare il nemico individuando una serie di gruppi sociali già poco popolari per conto loro (i dipendenti pubblici, i piloti, gli immigrati, eccetera, eccetera) sui quali scaricare le colpe di tutti i mali. E non lo fa perché l'alternativa alla riforma dello Stato è la bancarotta. L'obiettivo primario è un altro: mantenere i consensi, sviando l'attenzione dai privilegi e i comportamenti di chi siede nelle istituzioni e in parlamento. Sperando, inutilmente, che nessuno se ne accorga.

NO TAV, NO MAFIA

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http://ilcorrosivo.blogspot.com/

11/11/2008


Marco Cedolin

Ci sono note di colore che meglio di qualsiasi altro accadimento riescono a fotografare perfettamente lo stato di profondo degrado nel quale ormai giacciono sia l’informazione che la politica all’interno di questo disgraziato Paese. Note di colore che sembrerebbero rubate ai cartoni dei Simpson o a qualche commedia del filone demenziale, ed invece appartengono drammaticamente al lemmario dei nostri TG e dei mestieranti della politica che proprio davanti alle telecamere giorno dopo giorno costruiscono la propria immagine, cambiando opinione alla bisogna, così come fanno con gli abiti le modelle durante un defilè.

Ormai da un paio d’anni, senza che nessun politico o giornalista abbia avuto a dolersene più di tanto, sul Monte Musinè, praticamente all’ingresso della Valle di Susa, campeggia un’enorme scritta “NO TAV” non dipinta con la vernice, bensì realizzata pazientemente con teli e reti da cantiere per opera di un nutrito gruppo di valsusini.
Qualche giorno fa un ugualmente nutrito gruppo di NO TAV si è recato sul Musinè alla luce del sole e, dopo che le guardie forestali avevano proceduto all’identificazione di ogni singolo partecipante, ha provveduto a risistemare la scritta originaria danneggiata dalle intemperie, premurandosi, in pieno accordo con la sensibilità di tutti gli altri attivisti valsusini, di affiancare ad essa un’altrettanto eloquente scritta “NO MAFIA”, chiudendo in questo modo il cerchio che vede le grandi opere come una delle principali fonti di arricchimento delle organizzazioni mafiose, come tanta letteratura e altrettanti processi stanno a dimostrare.

Per una strana ironia del destino, là dove la primigenia scritta NO TAV (senza dubbio espressione di un sentimento partigiano) aveva suscitato al più una stizzita indifferenza, la neonata scritta NO MAFIA (che dovrebbe rappresentare il sentimento di qualsiasi italiano) ha invece scatenato una vera e propria levata di scudi della quale si sono fatti interpreti tanto gli organi d’informazione quanto i politici locali più in vista.
Perfino il TG3 regionale si è sentito in dovere di dedicare un servizio carico di livore al “drammatico” avvenimento, mentre il quotidiano la Repubblica ha approfondito la questione all’interno di un articolo.
I giornalisti della RAI si sono profusi in uno dei loro migliori campionari di cattiva informazione, travisando completamente la realtà e fornendo informazioni fasulle, arrivando ad affermare che la scritta sarebbe stata tracciata con la vernice (mentre si tratta di teli) da mani ignote (mentre l’hanno composta alla luce del sole persone che hanno fornito le proprie generalità) per collegare l’alta velocità Torino – Lione a chissà quale riferimento mafioso, riferimento che in Italia ormai sfugge solamente a chi per mestiere fa il belatore nei TG nazionali.
Il balioso vicegruppo di Forza Italia alla camera Osvaldo Napoli, ex sindaco di Giaveno ed ex avversario del TAV quando nel 1997 lo definiva “una follia senza limiti”, evidentemente contrariato oltremisura dal fatto che qualcuno abbia avuto l’ardire di osteggiare la mafia, ha letteralmente perso le staffe arrivando a definire sulle pagine di Repubblica i NO TAV come “gli estremisti della Val di Susa, personaggi disgustosi, vigliacchi e incapaci di razionalità” che andranno rintracciati (hanno già lasciato i loro nomi) e puniti a norma di legge (quale legge, quella che dovrebbe tutelare la mafia?) senza esitazione.
Il cangevole presidente della Comunità montana bassa Valle di Susa Antonio Ferrentino, ex DS, ex NO TAV (diventato famoso in Italia grazie agli innumerevoli passaggi in TV all’ombra della bandiera con il treno crociato) ha dichiarato al TG3 che si tratterebbe di una provocazione che non può essere attribuita alla Valle, da rigettare come gli altri estremismi, lasciando intuire che nel territorio da lui amministrato opporsi alla mafia è cosa disdicevole, provocatoria ed estremistica.
Il manevole deputato del PD Giorgio Merlo di Pinerolo, approdato alla corte di Veltroni dopo lunga esperienza fra scudi crociati e margherite, sempre sulle pagine di Repubblica non ha esitato a manifestarsi sodale con le parole di Osvaldo Napoli, dimostrando di fatto che in tema di mafia e grandi opere, PD e PDL mantengono la stessa visione d’insieme senza che esista alcuna sbavatura.

La morale che si evince da questa vicenda surreale è una sola e si può sintetizzare in un consiglio a tutti i movimenti che in Italia si battono contro le grandi opere e le nocività.

Gridate e scrivete pure NO TAV, NO Mose, NO inceneritore, NO Ponte, NO Centrale, NO rigassificatore, NO discarica, NO basi di guerra, ma non azzardatevi ad aggiungere NO mafia perché in quel caso politici e giornalisti perderanno davvero la testa e non esiteranno ad additarvi come estremisti pericolosi da rinchiudere.

ALITALIA

La dittatura dolce

fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/131108-la-dittatura-dolce/

13/11/08
E’ una dittatura dolce, si usa dire adesso (ma solo da parte di alcuni audaci che spesso vengono isolati) del governo Berlusconi.

Non vedo come si possa usare la parola “dolce” che è pur sempre zuccherosa e benevola. Viviamo in un periodo della storia italiana in cui stanno accadendo fatti del pre-nazismo tedesco, del primo fascismo italiano, ma i nostri media non vedono, trascurano o sorridono.

E il nostro sistema politico (reparto opposizione), considera a volte con qualche attenzione drammatica questo o quel fatto, questa o quella legge indecente. Ma sembra non vedere la costellazione malefica che si sta formando e consolidando, in un fitto dialogo fra “iniziative spontanee” (uccidere a sprangate il giovane nero) e spirito di governo.

La dittatura mediatica e amara di Berlusconi, dei soci xenofobi della Lega, del nuovo richiamo al fascismo di cariche istituzionali, compongono, tra fatti e parole, un quadro allarmante.

E’ il quadro di un partito estraneo all’Italia, rappresentante di un territorio inventato (Padania) votato solo in alcune aree del Nord, che si è infiltrato nel Parlamento e che Berlusconi ha voluto nel suo governo. Portano sentimenti di persecuzione e di odio che, dai tempi del fascismo, non hanno mai avuto casa in Italia.

E’ il quadro di aggressioni razziali e fasciste, leghiste e naziskin, che si ripetono con frequenza quasi quotidiana. Ma i media provvedono a raccontarli in modo ben separato, negando di volta in volta il legame.

Sono spontanei? Questo è il lato peggiore. C’è chi sente subito l’invito alla cattiveria, al disprezzo, alla persecuzione. E’ il quadro di una nuova arroganza, espresso persino in situazioni istituzionali, persino come sfida al Presidente della Repubblica dal ministro della Difesa che, il giorno della Resistenza, vuole celebrare Salò.

NON C’E NIENTE DI DOLCE COMPAGNI. RESTA LA PAROLA “DITTATURA”.

Furio Colombo

lunedì 10 novembre 2008

Scuola: Cossiga evoca il morto e attacca l'Unità

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http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=16308

Cossiga torna a colpire. E questa volta se la prende anche con L’Unità. Che abbiamo fatto di male? Sosteniamo la protesta degli studenti. Gravissima colpa per uno che consiglia alla polizia di fermare l’onda, prima infiltrando degli agenti, e poi facendoci scappare il morto. È il succo della lettera aperta che l’ex presidente della Repubblica ha inviato al Capo della polizia Antonio Manganelli. Un lungo testo in cui il picconatore dispensa consigli su come placare la rabbia degli studenti. La sua teoria, in sostanza, è questa: lasciateli fare casino, fateci scappare il morto, magari un bambino.

Così poi anche i negozianti puniti dai cortei, anche la gente comune, inizierà ad avere paura. «E con la paura – scrive Cossiga – l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unità, che li sorregge».

Il piano che Cossiga ha in mente è preciso e dettagliato. L'ideale, spiega, sarebbe che «qualche commerciante, qualche proprietario di automobili, e anche qualche passante, meglio se donna, vecchio o bambino» fossero feriti o «danneggiate, se fosse possibile, la sede dell'arcivescovo di Milano, qualche sede della Caritas o di Pax Christi».

Finora, infatti, secondo la teoria di Cossiga ha sbagliato a reagire: «Gli studenti più grandi, anche se in qualche caso facendosi scudo con i bambini – spiega – hanno cominciato a sfidare le forze di polizia, a lanciare bombe carta e bottiglie contro di esse e a tentare occupazioni di infrastrutture pubbliche, e ovviamente, ma non saggiamente, le forze di polizia hanno reagito con cariche d'alleggerimento, usando anche gli sfollagente e ferendo qualche manifestante. È stato, mi creda un grande errore strategico. Io ritengo che, data anche la posizione dell'opposizione queste manifestazioni aumenteranno nel numero, in gravità e nel consenso dell'opposizione».

Secondo Cossiga «un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti. A mio avviso, dato che un lancio di bottiglie contro le forze di polizia, insulti rivolti a poliziotti e carabinieri, a loro madri, figlie e sorelle, l'occupazione di stazioni ferroviarie, qualche automobile bruciata non è cosa poi tanto grave, il mio consiglio è che in attesa di tempi peggiori, che certamente verranno, Lei – consiglia a Manganelli – disponga che al minimo cenno di violenze di questo tipo, le forze di polizia si ritirino, in modo che qualche commerciante, qualche proprietario di automobili, e anche qualche passante, meglio se donna, vecchio o bambino, siano danneggiati, se fosse possibile la sede dell'arcivescovo di Milano, qualche sede della Caritas o di Pax Christi, da queste manifestazioni,e cresca nella gente comune la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unità, li sorregge».

Poi la provocazione: «L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio come ho già detto un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita». A quel punto «io aspetterei ancora un po’ - dice - adottando straordinarie misure di protezione nei confronti delle sedi di organizzazioni di sinistra. E solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti, ma senza arrestare nessuno».

Infine, Cossiga ha già anche a chi dare la colpa: «Il comunicato del Viminale dovrebbe dire che si è intervenuto contro manifestazioni violente del Blocco Studentesco,di Casa Pound e di altri manifestanti di estrema destra, compresi gruppi di naziskin che manifestavano al grido di “Hitler! Hitler”». E il gioco è fatto. Come nel ’77.

L'Unità 08.11.08

domenica 9 novembre 2008

Il jolly-clown italiano

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http://temi.repubblica.it/micromega-online/071108-il-jolly-clown-italiano/

07/11/2008
Silvio Berlusconi ha scelto un percorso odioso, l’insulto razzista, per lanciare un annuncio politico. L’insulto, ormai, benché mutilato prontamente dalle agenzie italiane di un'altra frase di scherno (“E si muove e si comporta come se fosse il Messia”) ha fatto il giro del mondo e il suo effetto di stupore, di vera meraviglia, di incredulità, di penoso gesto comico, qualcosa come abbassare all’improvviso i pantaloni in pubblico, è appena iniziato.

Il clown italiano delle corna al ministro di Aznar e degli insulti (“Kapo”) all’eurodeputato tedesco Schultz è diventato di colpo un personaggio che si controlla poco ma che lavora molto a trame di destra che non sono il “liberalismo” di cui del resto non parla più, ma progetti di potere autorevolmente riconosciuti da Licio Gelli come “il piano P2”.

L’uscita dal vertice del mondo di un personaggio come George Bush avrebbe potuto essere compensata non dal disorientato galantuomo John McCain (a cui comunque l’ex ministro della Giustizia Castelli, in una intervista a “Il Giornale” riconosce i due grandi meriti di essere “bianco e cristiano”) ma dalla sua vice Sarah Palin, probabilmente poco equilibrata, sicuramente fascista e certamente sul mercato degli acquisti di un miliardario in cerca di complici.

Inaspettatamente non è accaduto. Non solo ha vinto un personaggio estraneo e avverso alla sempre più fitta ragnatela Reagan, Bush padre, Bush figlio. Ma anche intelligente, colto carismatico e nero.

La Storia cambia e Berlusconi, reso più libero di altri personaggi altrettanto pericolosi, dal suo danaro, muove a sua volta la sua pedina. La copre di ridicolo ma potrebbe essere calcolato. Dopo tutto decine di milioni di americani di origine italiana, benché imbarazzati a morte, premeranno perché prima o poi ci sia, persino per Berlusconi, una breve e secca telefonata presidenziale che qui verrà venduta come il riconoscimento e l’inchino del mondo.

Ma quel che premeva a Berlusconi, sotto il camouflage dell’insulto, era l’annuncio. L’annuncio è questo: L’Italia autoritaria e pericolosa di questa rozza e violenta destra italiana d’ora in poi starà con la Russia di Putin, avversa all’America. Il modello (soffocamento progressivo degli avversari e finta celebrazione della democrazia rappresentata dall’unico leader) è già definito e noto nel mondo. E’ il modello Putin.

Ha un volto tragico. Come nei film di Spiderman, Berlusconi vorrebbe dargli il volto ridanciano del jolly-clown. Ma nell’enfasi dell’insulto al “nero abbronzato” la maschera è caduta e almeno una cosa finalmente si sa nel mondo.

Il pericolo è Berlusconi. E’ un uomo ridicolo. Ma il pericolo che il clown miliardario rappresenta non è uno scherzo.

Furio Colombo

L’impero di Berlusconi sulla Vigilanza Rai

Fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/limperio-di-berlusconi-sulla-vigilanza-rai/

Obama ha vinto e ci sarebbe motivo per occuparsi della nuova luce che l’evento può gettare sulla politica internazionale. Invece la congiuntura avvilente della politica italiana costringe a toccare un tema al confronto assai meno rilevante, ma molto spinoso nel nostro contesto.
La maggioranza sembra aver deciso di negare la tradizione che vuole i presidenti delle commissioni parlamentari di garanzia espressi dall’opposizione. Per la commissione di vigilanza sulle telecomunicazioni il candidato dell’opposizione è Leoluca Orlando, deputato di IdV, sostenuto con coerenza dal PD. Per quasi quaranta convocazioni formali la maggioranza ha fatto mancare sistematicamente il numero legale.
Non vuole Orlando presidente e pretende di scegliere il candidato dell’opposizione. Se vuole ha i numeri per farlo ma, consumata la rottura di una finora intatta convenzione istituzionale, non potrà pretendere che l’opposizione riconosca come suo il candidato che avrà imposto.
La sua nomina d’imperio metterà in una posizione scomoda anche l’eventuale percettore dei suoi voti. Come potrà un esponente dell’opposizione accettare i voti della maggioranza mentre non riceve quelli della sua parte? Quale credibilità avrà agli occhi dell’opposizione il suo eventuale esponente votato solo dalla maggioranza?
Speriamo che nessuno voglia prestarsi al gioco. Ma se per caso qualcuno nei ranghi dell’opposizione ritenesse possibile simile azzardo sarà bene che valuti con la massima attenzione l’ipotetico passo. Nominato dalla maggioranza sarà considerato un suo strumento. E a niente varranno le proteste di indipendenza. La sua disagevole esperienza dimostrerà in modo definitivo che nel paese infelice in cui un solo soggetto è allo stesso tempo proprietario delle maggiori reti private, capo del potere politico e controllore delle reti pubbliche, la vigilanza sulle telecomunicazioni può essere svolta, si fa per dire, solo da chi si assoggetta al suo imperio. L’accettazione della nomina sarà la rinuncia a uno dei deboli strumenti di cui la democrazia ancora dispone per limitare un’anomalia istituzionale unica al mondo.

Pancho Pardi

Fise Unire: «A cosa serve fare raccolte differenziate per poi mandarle a riciclare in Cina?»

http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=16456

07/11/2008

dalla nostra inviata Lucia Venturi
RIMINI. Il settore del recupero delle frazioni che provengono dalla raccolta dei rifiuti continua a crescere nel nostro paese, ma ancora non riesce a far invertire la tendenza all’importazione dall’estero di materie prime riciclate, con l’unica eccezione della carta da macero.
Il rapporto di Fise Unire su l’Italia del recupero presentato oggi a Ecomondo, ha messo in evidenza che il settore del riciclo produce ogni anno 35 milioni di tonnellate di materiali, che rappresentano un´importante fonte di sostituzione delle materie prime vergini. Di questi 7 milioni provengono dal circuito dei rifiuti urbani, circa 10 milioni dal circuito dei rifiuti speciali, 8 milioni dal settore demolizioni e costruzioni e 12 milioni da sfridi di produzione. In particolare 20 milioni sono costituiti da metalli, 5,5 da carta e cartone, 4,8 da legno, 1,8 da vetro e 1,3 da plastica.

Dagli Rsu si recupera circa il 22% sul totale prodotto, e il 34% è invece la percentuale di recupero dagli speciali.
Dai risultati dell’analisi presentata, il recupero appare come un settore economico fondamentale per l’approvvigionamento delle materie necessarie a quasi tutti i settori della produzione di base dei materiali. In particolare con la crescita della domanda internazionale delle materie prime, il ruolo del settore del recupero sta aumentando e diventando di importanza strategica per il settore industriale italiano, su cui però l’attuale situazione di crisi dei prezzi delle materie prime potrebbe avere gravi effetti.

Il settore ha avuto una crescita costante negli ultimi anni e mentre la produzione industriale ha subito una contrazione dell’1,6%, le attività di recupero sono cresciute complessivamente dell’8,2%.
E il fatto che l’Italia si confermi anche nel 2007 un paese importatore di materie prime seconde dimostra che vi sono ancora notevoli margini di crescita, con l’effetto di implementare le caratteristiche di vantaggio ambientale ed economico che già detiene. Un discorso a parte vale per la carta, su cui da qualche anno siamo passati da importatori ad esportatori netti in cui la principale rotta è la Cina.

«Con il contributo ambientale pagato dal Conai abbiamo alimentato un inquinamento ambientale, grazie all’esportazione del macero» ha detto Luca Arnaudo dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, intervenuto al dibattito e che ha colto l’occasione per evidenziare gli elementi positivi e negativi di un sistema - quello degli imballaggi - che è stato oggetto di un’ indagine conoscitiva che si è conclusa a luglio.

«Se dobbiamo fare raccolte differenziate per poi mandarle in Cina , è meglio che facciamo altro - ha dichiarato il presidente di Fise-Unire, Corrado Scapino - Il settore del recupero delle frazioni che provengono dalla raccolta dei rifiuti nella loro totalità è la miniera del nostro paese povero di materie prime. Il problema sta allora nell’alimentare un mercato interno capace di assorbire quello che proviene dalle raccolte differenziate, che rappresenterebbe anche un sistema a garanzia delle variazioni di mercato e di crisi congiunturali».

Secondo il presidente di Unire anche la crescita degli acquisti verdi potrebbe essere uno strumento utile in tal senso. Ma è necessario anche superare altre criticità che esistono nel nostro paese e che determinano un freno allo sviluppo del settore e all’inversione di tendenza tra import ed export.
Tra queste quella che è stata più volte ripresa riguarda la differente regolamentazione che esiste tra diverse aree del paese, in termini di permessi, autorizzazioni, documenti, requisiti e garanzie che sono necessari per esercitare una determinata attività connessa al recupero dei rifiuti e alla loro gestione. Così come il continuo rimettere mano alle norme e adesso anche ai sistemi di controllo determina una situazione di enorme incertezza che non aiuta certo a fa crescere il sistema.

Un altro ostacolo al corretto sviluppo del settore, è stato individuato nei ritardi nel processo di liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali che è stata estesa in molte realtà anche ai rifiuti speciali. «La mancanza di criteri che indichino come e quanta assimilazione può essere fatta- ha detto Scapino- porta ad una distorsione del settore che è stata evidenziata anche nell’indagine dell’Antitrust».

Dimostrata l´origine antropica del riscaldamento dei poli

fonte: http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=16358

03/11/2008
LIVORNO. Un gruppo internazionale di ricercatori britannici, giapponesi e statunitensi ha dimostrato per la prima volta su Nature Geoscience che l´aumento di temperatura nell´Artide e nell´Antartide è causato da attività umane.

Comunque fino ad ora non è stato possibile collegare in modo definitivo il riscaldamento delle regioni polari con le attività umane, il 90% degli scienziati si dichiarava certo della predominante componente antropica del cambiamento climatico, ma fino ad ora nessuno aveva l´assoluta certezza che lo stesso meccanismo funzionasse ai poli. Lo stesso rapporto dell´Ipcc concludeva che «l´influenza antropogenica è stata rilevata in tutti i continenti tranne l´Antartide, in cui la copertura di osservazione non è sufficiente per fare una valutazione».

In Antartide sono stati inoltre osservati sia fenomeni di riscaldamento che di raffreddamento.

Eppure diversi studi sottolineavano che negli ultimi decenni le temperature nell´Artide sono aumentate al doppio della velocità mondiale, con un rapido deterioramento e diminuzione dello spessore della banchisa. In Antartide il global warming è stato osservato al lavoro nella penisola antartica, con il gigantesco collasso della piattaforma di ghiaccio Larsen B nel 2002.

L´Ipcc comunque (e nonostante le molte sciocchezze dette sull´affidabilità dei suoi dati) ha sempre detto che per rendere certa la causa antropica del riscaldamento dei poli i dati erano troppo scarsi: "solo" 100 stazioni meteorologiche nell´Artide e appena 20 nell´Antartide, con dati che per l´Antartide risalgono solo fino alla metà del XX secolo, mentre per l´Artide comprendono gli ultimi 100 anni. C´è poi la grande variabilità naturale del clima polare a rendere tutto ancora più complicato.

I ricercatori hanno messo insieme le registrazioni delle temperature di tutte le regioni polari ed analizzato quattro modelli climatici affidabili, usando sia fattori naturali, come cambiamenti dell´attività solare e eruzioni vulcaniche, sia aggiungendo attività umane come le emissioni di gas serra e l´assottigliamento dell´ozono stratosferico.

Solo i modelli che comprendevano anche le attività umane si sono rivelati in grado di prevedere con precisione le tendenze delle temperature osservate. «In generale, nonostante la scarsezza delle osservazioni, abbiamo scoperto che il riscaldamento causato dall´uomo è rilevabile in entrambe queste regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. - scrivono i ricercatori su Nature Geoscience - I nostri risultati dimostrano che l´attività umana ha già causato un significativo riscaldamento in entrambe le regioni polari, con probabili conseguenze sulla biologia polare, le comunità indigene, l´equilibrio della calotta di ghiaccio e il livello del mare mondiale».

Secondo Alexey Karpechko dell´unità di ricerca sul clima dell´università britannica dell´East Anglia, «È sicuramente un lavoro importante. Il riscaldamento artico è stato già portato alla ribalta in diverse pubblicazioni, sebbene non sia stato mai attribuito ad attività umane. Nell´Antartide però, tale rilevazione è stata fino a questo momento preclusa dall´insufficienza dei dati disponibili. I cambiamenti della circolazione atmosferica causati dal buco nell´ozono hanno ridotto il riscaldamento sulla maggior parte dell´Antartide, rendendo ancora più difficile percepire i cambiamenti causati dall´uomo. Visto che si prevede che lo strato di ozono sarà ripristinato in futuro, potremmo aspettarci un maggiore riscaldamento in Antartide negli anni a venire».

FUSIONE FREDDA 1-2


Primo, consumare meno. Il “negawatt” sul Financial Times

fonte: http://www.kyotoclub.org/index.php?go=30b559

04/11/2008

Un report del Financial Times dedicato all’energia. Tra i diversi articoli pubblicati uno sull’economicità del risparmio energetico.

“Se vuoi consumare meno energia devi pensare Negawatt”. E’ questo il titolo di un articolo del Financial Times del 3 novembre pubblicato nell’ambito di un report “Energy” (che è scaricabile da internet) che affronta il tema del risparmio energetico per le aziende, affermando che il miglior modo per ridurre le emissioni è non generarle. Attraverso questo comportamento virtuoso si ottiene anche un consistente risparmio in denaro.

Come sostiene Amory Lovins, studioso ambientalista americano, le società che consumano grandi quantità di energia dovrebbero ragionare in termini di “negawatts” e non di “megawatts”. Gary Parke, specialista del settore energia della Evolve Energy ricorda che il negawatt corrisponde ad un megawatt di energia risparmiata o non prodotta. 
Il negawatt fornisce un ritorno d’investimento elevato e rapido, come confermato dalla McKinsey, nota società di consulenza internazionale, che ha calcolato che per un prezzo del petrolio di 50 $ al barile e un investimento di 170 miliardi di dollari di investimento in efficienza, il negawatt, andrebbe a generare più di 900 miliardi di dollari per il risparmio di energia con un tasso interno di ritorno di circa 17% annuo.

Erika Negro

Rubbia: "Né petrolio né carbone soltanto il sole può darci energia"

fonte:
http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/ambiente/energie-pulite/rubbia-solare/rubbia-solare.html

di GIOVANNI VALENTINI
GINEVRA - Petrolio alle stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a lezione di Energia da un docente d'eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande laboratorio del mondo, il professore s'è ritirato a studiare e lavorare, dopo l'indegna estromissione dalla presidenza dell'Enea, il nostro ente nazionale per l'energia avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.
Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, "con particolare riferimento - come si legge nel decreto del ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio - al solare termodinamico a concentrazione". Un progetto affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l'energia infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la fiaccola olimpica. E proprio mentre parliamo, arriva da Roma la notizia che il governo uscente, su iniziativa dello stesso ministro dell'Ambiente e d'intesa con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica. 

Prima di rispondere alle domande dell'intervistatore, da buon maestro Rubbia inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle. 

Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un rapporto dell'Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora dagli esperti della IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia. Un "outlook", come si dice in gergo, sull'andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra ciò che era stato previsto e la realtà. 

Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la forbice tra l'outlook della IEA e l'effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi, nonostante tutte le correzioni apportate dall'Agenzia nel corso del tempo. In pratica, dal 2000 in poi, l'oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno. "Il messaggio dell'Agenzia - si legge a pagina 71 del rapporto tedesco - lancia un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza dimenticare i mass media". 

Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell'Energy Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40 milioni di barili contro i 120 pronosticati dall'Agenzia. E anche qui, "i risultati per lo scenario peggiore - scrivono i tedeschi - sono molto vicini ai risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che questi siano i più realistici". C'è stata, insomma, una ingannevole sottovalutazione dell'andamento del prezzo e c'è una sopravvalutazione altrettanto insidiosa della capacità produttiva. 

Passiamo all'uranio, il combustibile per l'energia nucleare. In un altro studio specifico elaborato dall'Energy Watch Group, si documenta che fino all'epoca della "guerra fredda" la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal '90 in poi, invece, la domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si sono fortemente discostate dalla realtà. 

Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua visione sul futuro dell'energia?
 
"Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra". 

Eppure, dagli Stati Uniti all'Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?
 
"Sa quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l'arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie". 

Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?
 
"Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo". 

In che cosa consiste?
 
"Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile". 

Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
 
"E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia". 

Ora c'è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s'è detta favorevole...
 
"Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso". 

E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
 
"Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità". 

Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
 
"E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma". 

Il sole, però, non c'è sempre e invece l'energia occorre di giorno e di notte, d'estate e d'inverno.
 
"D'accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente". 

Se è così semplice, perché allora non si fa?
 
"Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni fa". 


(30 marzo 2008)

BERLUSCONI AMA BARACK

fonte: http://www.dariofo.it/


Dunque Obama ha vinto. Mancava solo lui per formar il quartetto perfetto dell’impossibile; parliamo dei campioni neri che vincono le gare riservate da sempre ai soli bianchi: un nero per la prima volta vince il campionato mondiale di tennis e un altro quello di golf; un terzo, un certo Hamilton, si porta a casa il trofeo della Formula 1; e adesso, per finire, Barack della tribù Keniota diventa addirittura il primo Presidente nero d’America. Non c’è più religione!
Forse, come succede sempre quando ci si ritrova appresso a un evento straordinario troppo grande, non ci riesce di inquadrarne il valore e la dimensione.
Se ci pensi, c’è proprio da non crederci: un uomo di colore eletto Presidente della più potente nazione del mondo che fino ad un secolo e mezzo fa teneva gli schiavi alle catene e applicava l’apartheid, e permetteva che una banda di criminali, il Ku Klux Klan, facesse stragi di negri e li mandasse al rogo su una croce di fuoco. Ed ecco che in un batter di ciglio tutto si rovescia: agli ex schiavi si concede la cittadinanza e addirittura il diritto allo studio e al lavoro remunerato.
Certo, ogni tanto se ne lincia qualcuno: uno o due pastori protestanti vengono sparati, ma succede di scorgere neri che insegnano all’università, neri che dirigono e operano in cliniche e ospedali. Sindaci neri, per non parlare dei poliziotti e giocatori di baseball e basket. L’esercito USA è ormai composto in massima parte da ispanici e colorati, dove perfino i comandanti sono neri. Forse i bianchi amano sempre meno la patria?
D’accordo, le regioni del Sud e le periferie delle metropoli pullulano ancora di poveracci di colore. New Orleans, una città famosa per le sue bande di jazz, abitata da una popolazione di soli schiavi redenti è stata spazzata via da Kathrina, un uragano previsto e annunciato, ma nessuno s’era preoccupato di intervenire per tentare di limitare il disastro: tutto il territorio sott’acqua, le uniche cose che galleggiavano erano barchette di fortuna e cadaveri di animali e uomini annegati.
Qualche anni fa, quando quel ragazzo di colore, certo Barack Hussein Obama, smilzo e dall’aria troppo mite si presentava alle elezioni dello Stato dell’Illinois, nessuno ci aveva fatto caso: parlava alla gente casa per casa, si prendeva cura dei senzatetto e degli emarginati. Era avvocato, plurilaureato ad Harvard, era perfino docente universitario, ma nessuno ci avrebbe scommesso tre centesimi. E invece riesce a farsi eleggere Senatore…Va beh, uno su più di 400 si può accettare.
Dopo qualche anno, altre votazioni e il negretto dal nome scomodo – Barack significa “benedetto da Dio” e ricorda quello di Osama Bin Laden, il re dei terroristi – riesce a farsi eleggere un’altra volta senatore… Va beh, si comincia a esagerare, ma lasciamo correre. Due anni fa ‘sto Obama si presenta addirittura alle primarie per le presidenzali… Ahahah... Guarda che ce ne sono dei pazzi in giro! Dove si procura i dollari a milioni che servono per pagarsi un minimo di propaganda?
E lui, il negretto, che fa? S’attacca ai computer… anzi, prima ancora cerca dappertutto volontari che lo aiutino, poi, alé, tutti collegati alla rete… chi ci avrebbe mai pensato? Riesce a raggiungere e coinvolgere migliaia, anzi milioni di sostenitori: “Datemi un dollaro, per favore”. Pronti, eccoli, anche due, fino a quattro, cinque a testa… è una valanga: supera addirittura il battage della Clinton e anche quello del sostituto di Bush. E’ un demonio!
Qui l’avvocato professore di Harvard comincia a preoccupare la concorrenza e allora si mette in atto la tecnica dello sputtanamento: si cerca di sparargli addosso calunnie, maldicenze, ma non funziona.
Il resto lo sapete tutti: riesce a farsi scegliere come unico rappresentante del partito democratico, riesce a far fuori anche la Clinton, e alla fine vince.
È straordinario come da noi in Italia, appena s’è profilata la possibilità di una netta vittoria dell’africano, in massa i sostenitori si siano fatti avanti da tutte le parti, anche da destra! Perfino fasci di antica data… a parte qualche ritardato cronico tipo Gasparri che ha tranquillamente dichiarato: “Della elezione di Obama sarà contenta soprattutto… Al Qaeda”. Poi, scozzonato anche dai suoi camerati, ha cercato di rimediare in modo a dir poco pietoso.
Naturalmente anche Berlusconi è già pronto a saltare sul carro del vincitore: “Io mi sono trovato bene con Bush – assicura - ma certamente mi troverò egualmente bene con Obama”… tant’è vero che il nostro ha già cominciato a stendersi sulla faccia un fondotinta molto più scuro… e forse si farà i capelli appena cresciuti tutti crespi… Insomma, per il nostro Silvio il mondo cambia ma lui non se ne accorge: un presidente vale l’altro, e ribadisce: “Con tutti ci si può adattare: basta un sorriso, una manata sulla spalla, un regalino…. Un rolex tutto d’oro! I negri, si sa, da sempre vanno pazzi per le cose che luccicano... E l’affare è fatto”.
Ed è tanto convinto di poter conquistare l’amicizia e la simpatia del moretto che ha esclamato davanti alle telecamere: “Naturalmente, giacché sono più anziano di lui e ho molta più esperienza gli darò qualche buon consiglio!” Oddio, quale consiglio? Mi sembra di sentirlo…
BERLUSCONI: Caro Barack dammi retta, fai come ho fatto io col mio Governo in Italia: fatti subito un paio di leggi a tuo completo vantaggio.
OBAMA: Che leggi?
BERLUSCONI: Tanto per cominciare quella sul conflitto d’interessi.
OBAMA: Ma ne abbiamo già una nel nostro ordinamento molto valida, che dice: nessun cittadino americano può candidarsi ad una carica politica se si trova ad essere proprietario di mezzi di informazione, quali giornali o televisioni.
BERLUSCONI: Scusa - incalza il Berlusconi – mi sono male espresso… a proposito del conflitto di interessi, dicevo che quella legga bisogna abolirla…
OBAMA: Non si può! È una legge fondamentale del nostro ordinamento politico!
BERLUSCONI: Ma chi se ne frega degli ordinamenti! Dammi retta: se mi consenti… quella è una legge che bisogna bloccare… distruggerla, sbatterla fuori da ogni ordinamento.
OBAMA: No, il conflitto di interessi è un perno inamovibile, tant’è vero che ultimamente un candidato molto forte, che proprio qui a New York gestiva una rete televisiva di informazione è stato costretto a liberarsene vendendola a terzi.
BERLUSCONI: La conosco la tecnica! Si prende l’impresa in questione e la si ammolla ad un fratello, come ho fatto io, o a parenti prossimi, e tutto è a posto.
OBAMA: No! Qui da noi se ti fai scoprire a condurre un gioco del genere, ti sbattono sotto processo e quindi in galera.
BERLUSCONI: Eh, ma come siete rimasti indietro! Siete ancora al tempo delle leggi per fregare Al Capone, perdìo! Beh, lasciamo correre il conflitto di interessi. Imponi almeno una legge sull’immunità.
OBAMA: E che sarebbe?
BERLUSCONI: Si tratta di bloccare tutti i processi contro le quattro più alte cariche dello Stato.
OBAMA: E con che motivazione?
BERLUSCONI: Ma, dico, sei proprio all’oscuro di tutto! Si tratta del cosiddetto lodo Schifani, detto volgarmente Schifezza, col quale si possono sospendere tutti i processi legali contro, appunto, me, i due presidenti di Camera e Senato che stanno con me e il presidente della Repubblica di cui non posso far commenti.
OBAMA: Ma per carità, non se ne parli nemmeno! Da noi la Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
BERLUSCONI: Ma anche da noi, che discorsi! – sghignazza – Anche da noi la televisione… pardon, voglio dire la Costituzione, dice la stessa cosa, ma è questione di interpretarla! Noi italiani siamo bravissimi a interpretare tutto, siamo i più elastici politici del mondo! D’accordo, ma almeno sulla emigrazione, volete o no mettere una legge che vi salvi?
OBAMA: In che senso ci salvi?
BERLUSCONI: Andiamo, il mio amico Bush è stato costretto a metter su un muro al confine con il Messico per arginare l’invasione degli ispanici!
OBAMA: Sì, è vero, quello dell’immigrazione è un problema che dovrò affrontare, ma non costruendo altri muri.
BERLUSCONI: E fai come abbiamo fatto noi, con i rom!
OBAMA: E chi sono i rom?
BERLUSCONI: Sono zingari, senza mestiere, che rubacchiano, specie i ragazzini. E allora gli prendiamo le impronte digitali.
OBAMA: Prendete le impronte digitali ai ragazzini?
BERLUSCONI: Eh sì, vanno intorno dappertutto a chiedere l’elemosina, rubano le borse alle vecchiette, e quando li acchiappi li puoi trattenere al massimo per un paio d’ore e sono subito fuori.
OBAMA: Scusa, ma io ho sentito dire che questi zingari vivono in campi veramente disastrati, senza servizi, un po’ a livello di profughi, eppure sono cittadini europei!
BERLUSCONI: Eh, questo è un disastro! Se fossero neri dell’Africa non ci sarebbero problemi.
OBAMA: Ah, bene! Anch’io sono nero dell’Africa!
BERLUSCONI: Scusa, ma non intendevo… anzi, mi hai frainteso, io ho grande rispetto per la gente di colore… soprattutto per i capelli, dei neri: che belli! Fitti, solidi, non cadono mai! Mai visto un nero calvo!
Ma insomma, almeno un consiglio fattelo dare: c’è la legge che noi abbiamo imposto per bloccare i processi. Quella dei dieci anni…
OBAMA: Sì, la conosco.
BERLUSCONI: Come la conosci?
OBAMA: Non dimenticare che sono avvocato, e qualche informazione internazionale la devo pur prendere. Se mi permetti, è una schifezza come tutte le altre che avete fatto passare, per non parlare poi del gioco di mandare tutto in prescrizione. Sbaglio, o tu di 10 processi che dovevi sostenere, non ne hai portato a termine neanche uno… li hai fatti cadere tutti in prescrizione, appunto.
BERLUSCONI: Ma è legale!
OBAMA: Certo, voi siete così elastici, quindi in grado di allungare, stendere, rimandare… siete degli autentici tirasassi!
BERLUSCONI: Ehi, Obama, andiamo piano con le parole! Non dimenticare che sono un presidente, che faccio parte del G8, sono un possidente ricco sfondato, ho tre televisioni mie più tre di stato, ho giornali, pubblicità e ho pure un sacco di donne, anche ministre, e soprattutto…. sono bianco, ricordatelo, morettino!

Cassandra ha sempre ragione?

fonte: http://www.decrescitafelice.it/?p=347#more-347

07/11/2008
di Andrea Bertaglio

Si sente dire in questo periodo che il “crash finanziario” di questi ultimi mesi non rappresenta solo la fine di un’era, ma anche la fine degli stili di vita a cui ci eravamo abituati. Speriamo solo sia vero. Il “feticismo delle merci”, per dirla con Marx, ci ha fatto completamente uscire di senno. Fare debiti per comprare una casa, un’auto o una moto non era più sufficiente. Si è sentita (o è stata fatta sentire) la necessità di contrarne addirittura per andare in vacanza, in modo da poter far vedere ai colleghi quanto si era abbronzati al rientro da una noiosissima permanenza dall’altra parte del mondo in un villaggio all-inclusive, magari senza nemmeno essersi presi la briga, dopo venti ore di aereo, di visitare le bellezze e le popolazioni locali. Debiti per tutto, appunto, dalla casa ai gadget più inutili. Il che ci ha portati alla situazione attuale.
Il problema è che oggi, le cosiddette Cassandre che mettevano in guardia sui rischi inerenti a questo tipo di atteggiamenti, non possono nemmeno godersi il fatto di aver sempre avuto ragione. Perché?
 Perché stanno pagando di tasca loro, insieme a milioni di altre persone che in molti casi non se la sono nemmeno goduta così tanto, i debiti di tutte le cicale che oggi piangono miseria ed invocano l’aiuto dei governi. E va bene, non si può lasciare che tutto collassi. Tagliamo pure fondi alla sanità o all’istruzione per aiutare quelle associazioni a delinquere chiamate banche (già che ci siamo insieme a compagnie aeree fallite da anni piuttosto che grandi opere tanto inutili quanto dispendiose). Tiriamo pure la cinghia finchè ne siamo in grado, o finchè siamo disposti a farlo, per aiutare chi non ha avuto il minimo scrupolo negli ultimi anni quando si trattava di speculare e di aumentare il proprio profitto. Del resto a tutto c’è un rimedio. O quasi.
Per quanto grave sia il tracollo finanziario, per quanto cupo sia l’inizio della recessione (e lo sono, vista la totale dipendenza dal mercato della maggioranza delle persone), c’è infatti una crisi che è molto più grave e che ha dimensioni molto più grandi di quella economica: quella ambientale. Il debito ecologico stimato è infatti di quattro trilioni e mezzo di dollari all’anno, il doppio di quello delle istituzioni finanziarie (1). La razza umana consuma il 30% di risorse in più rispetto a quello che la Terra riesce a produrre e a rigenerare. Ogni anno si estinguono a causa nostra tra le cinquanta e le cinquantacinque mila specie viventi. Distruggiamo la biodiversità del nostro pianeta ad un ritmo superiore a quello dell’ultima grande estinzione, e l’abbiamo già ridotta di un terzo dal 1970 ad oggi. Deforestazione, impoverimento dei suoli, inquinamento di aria ed acqua (2). Si potrebbe andare avanti un giorno intero ad elencare danni più o meno gravi causati dall’attività umana. Basta dire che praticamente ogni forma di vita su questo pianeta è attualmente in declino.
Non è più tempo di pensare che questi siano discorsi da ingenui o da sognatori. Gli effetti del nostro operato sono qui da vedere. Il “financial crash” dovrebbe essere una spia, un avvertimento all’ottusità umana, alla vera ingenuità di chi pensa di risolvere tutto con la tecnologia, all’egoismo di chi non bada minimamente alle conseguenze future delle proprie azioni. Il panico che attanaglia così tante persone che temono di perdere i propri risparmi, potrebbe impallidire se si pensasse a ciò che succederebbe se, invece delle banche, collassasse la biosfera. Ciò non vuol dire che si deve restare chiusi in casa terrorizzati e non sentirsi più in diritto di avere una vita piena ed appagante. Non significa nemmeno iniziare a giocare con le parole, inventando concetti assurdi quali “sviluppo sostenibile”, il miglior esempio di contraddizione in termini degli ultimi anni. Il vero “Change we need”, più che presidenti nuovi di zecca, è un briciolo di consapevolezza, e di un auto-esame di coscienza. Perché come abbiamo fatto a livello finanziario, anche a livello ambientale stiamo vivendo oltre i nostri mezzi. La differenza è che se le Cassandre hanno ragione anche questa volta, non ci saranno tante lacrime da versare, nè tanti aiuti da invocare. Come diceva già a suo tempo Winston Churchill, siamo ormai entrati in un periodo di conseguenze. Figuriamoci quindi oggi. Prima ci renderemo conto di ciò, agendo di conseguenza, prima avremo un futuro di cui parlare. Perché non ci sarà governo in grado di saldare i debiti del “crash ecologico”, se o quando ci verrà presentato il conto.

Fonti:
1): “The Living Planet report”, studio internazionale del WWF che si avvale in questo caso di cifre tratte da un rapporto delle Nazioni Unite, nel quale è stato calcolato il valore economico dei servizi non più “regolarmente” provvisti dai diversi ecosistemi distrutti annualmente, considerando per esempio le ridotte precipitazioni sulle coltivazioni o le ridotte protezioni da alluvioni ed allagamenti.
(2): “The Guardian”, 29 Ottobre 2008.