sabato 23 maggio 2009

Mediaset in sciopero bella notizia (oscurata)

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Udite udite. E diffondete. Forse è l'unico modo per permettere a questa notizia di raggiungere più orecchie possibile: i lavoratori di Mediaset sono in sciopero. Difendono i loro salari e chiedono che vengano ripristinate le "normali relazioni sindacali". Ma oggi devono prima di tutto lottare contro il silenzio. La loro astensione dal lavoro, infatti, sembra non interessare a nessuno. Di loro non parlano neanche le agenzie di stampa. Paradossale ma vero: accade "qualcosa" - qualcosa di inedito, c'è da dire - nella più grande azienda di comunicazione italiana, e i protagonisti faticano a bucare lo schermo. Ma tant'è, a Berluscolandia. I fatti: Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi uno sciopero dei lavoratori della Videotime di Roma. La Videotime è la società licenziataria di Mediaset-Rti che lavora nei centri di produzione "Palatino" e "Elios". Qui vengono registrati programmi molto seguiti: dal Tg5 a Matrix a Forum. I lavoratori della Videotime si occupano anche del programma "Uomini e Donne" di Maria De Filippi, che però viene registrato a Cinecittà. Si tratta dei tecnici, della parte di produzione, dei parrucchieri, dei truccatori, dei sarti. Insomma, di tutto il personale che serve per mettere in piedi un programma. Ebbene, dall'anno scorso sono tempi di magra. Mediaset dice di essere in crisi (ricavi netti nell'anno 2008: +9%, utile netto: +14,3%) e per questo stringe la cinghia: niente più diaria per gli esterni, fermi i passaggi di livello, diminuzione dei premi di produzione, azzeramento della politica retributiva. Questo è quanto denunciano i sindacati: "Un esempio - spiega Roberto Crescentini, delegato fistel-Cisl della Rsu di Videotime - sabato registriamo Matrix. I lavoratori hanno chiesto di lavorare in straordinario. Ma l'azienda ha chiesto ai parrucchieri solo quattro ore di lavoro, e non sette. Alla domanda: perché? La risposta è stata: l'azienda è in crisi. Figurarsi - dice Crescentini - noi siamo i primi a non voler affossare l'azienda e a capire che è in corso una grave crisi economica e finanziaria. Ma Mediaset è in crisi?". La domanda è pertinente, visto che, racconta Crescentini: "Alla puntata di Forum in cui era ospite Barbara D'Urso, Mediaset ha pagato un parrucchiere 1.300 euro. Come anche viene pagato tutti i giorni un parrucchiere per la conduttrice Rita Dalla Chiesa, ad un prezzo che ci pare esorbitante, visto il momento: 700 euro". Insomma, dicono i lavoratori, se bisogna fare sacrifici che li facciano tutti.  Secondo il dato dei sidnacati lo sciopero è andato benissimo: l'adesione ha sfiorato il tetto del 95%. Ultima chicca: il Comitato di redazione del Tg5 ha inviato un comunicato di solidarietà ai lavoratori di Videotime. Il comunicato, a quanto pare, doveva essere letto durante l'edizione odierna. Ma è stato stoppato. Ci sono notizie più importanti.    

A Poggio Picenze si sta bene

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A Poggio Picenze si sta bene

 A Poggio Picenze si sta bene, se non consideriamo la temperatura esterna intorno ai 30° e quella interna alle tende certamente superiore. Stanno bene specialmente gli anziani, magari malati e stanchi. Alcuni erano talmente stanchi che hanno preferito morire. Ma Francesco ha fiducia e mi dice: "Tanto domani arrivano i condizionatori". I condizionatori il giorno dopo non sono arrivati e nemmeno quello dopo ancora...

  Sappiamo che una settimana fa si parlava di virus gastrointestinale. Colpiva gli sfollati nelle tendopoli, solo a Poggio Picenze sono state male circa 70 persone. Qualche giorno dopo sono arrivati i 
NAS. Hanno portato via la cucina da campo perché non rispettava le norme igieniche. Solo un caso, perché a parte questo a Poggio Picenze si sta bene. Non importa se quando hanno portato una nuova cucina - o era sempre la stessa? - hanno cucinato spaghetti spezzati bolliti, senza neanche un filo d’olio, seguiti da un bel wurstel come secondo. Ci sono sfollati a Poggio Picenze di fede musulmana. E' come se dessero una fiorentina a un cattolico il venerdì santo… Ma questo, mi rendo conto, è del tutto secondario.

  A Poggio Picenze 
si sta bene, in fondo i macedoni sono andati via quasi tutti e chi è rimasto deve vedersela con gli xenofobi di Casa Pound. Gestiscono il magazzino degli abiti e degli alimenti. Qualche giorno fa è tornato dal suo paese un macedone, accompagnato da sua moglie incinta. Ha chiesto delle coperte perché gliene avevano date solo due. Se di giorno si crepa di caldo vi assicuro che di notte fa freddo. Si è visto trattare in malo modo dal buttafuori del magazzino. Se Alessandra non fosse intervenuta probabilmente non avrebbe avuto nessuna coperta... Ma a parte queste piccolezze, al campo di Poggio si sta benissimo.

  Io sono residente a Poggio Picenze da molti anni, però quando arrivo all’ingresso del lager c’è uno sconosciuto vestito da Rambo che mi chiede: “
Lei chi è e cosa deve fare nel campo?”. Evidentemente non ho quel carinissimo tesserino giallo che fa sentire le persone tutte parte di uno stesso gruppo. La sicurezza è importante e viene prima di tutto. Ma non è una questione di sicurezza anche la distribuzione di cibi non avariati? Forse no, dopo tutto a Poggio Picenze si sta bene.

  Faccio un giro per salutare altri amici che si trovano in altre sistemazioni esterne al campo. Mentre parlo con alcuni di loro, vicino alla Piazza Rosa, passano due ceffi che rallentano per girare e ci scrutano dettagliatamente. Lì per lì mi preoccupo, poi mi è tutto chiaro. Sono i tutori dell’ordine di 
Casa Pound. Ti fanno sentire un’estranea in casa tua, ma lo fanno solo per tenere sotto controllo la situazione, per motivi di sicurezza.

 Mai stati così sereni i poggiani! Sono talmente sereni che a guardarli mi viene voglia di portarli tutti via con me.



Stefania Pace 
Residente a Poggio Picenze.
Sfollata a Silvi.

Comitato vittime di Al Tappone

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Vignetta di Livio BoninoLa condanna di Mills per essere stato corrotto da Berlusconi, ma non di Berlusconi per aver corrotto Mills, segna una new entry nell’esclusivo Club Vittime di Al Tappone. Ne fanno parte gli scudi umani del premier: il fratello Paolo, più volte arrestato al posto del fratello; Marcello Dell’Utri, condannato (dunque promosso deputato) a 9 anni in primo grado per mafia per il suo ruolo di «cerniera» fra Cosa Nostra e Al Tappone, il quale però non è stato nemmeno processato; Cesare Previti, condannato a 7 anni e mezzo (ed espulso dal Parlamento) per avere, fra l’altro, corrotto il giudice Vittorio Metta per regalare la Mondadori ad Al Tappone, il quale però uscì miracolosamente prescritto; Salvatore Sciascia, condannato (e dunque promosso deputato) per aver corrotto ufficiali della Guardia di Finanza affinché chiudessero gli occhi sui reati fiscali e contabili delle aziende di Al Tappone, il quale però fu assolto per insufficienza di prove;Massimo Maria Berruti, arrestato per aver depistato le indagini sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e condannato (dunque promosso deputato) per favoreggiamento ad Al Tappone, il quale però era innocente e non aveva alcun bisogno di favoreggiatori; David Mills, condannato (e nemmeno promosso deputato) per aver coperto i reati di Al Tappone in cambio di una mazzetta di Al Tappone, il quale non può essere processato. Anzi fa pure l’incazzato, come se avessero condannato lui. Mentre esprimiamo la massima solidarietà agli scudi umani, ci sia consentito un appello: vittime di Al Tappone, unitevi. E fate come Veronica: parlate.

Fosforo bianco in Afghanistan?

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Un improvviso allarme arriva da
un'organizzazione afghana per i diritti umani che l'11 maggio ha dichiarato che delle persone, in particolare dei civili, siano state colpite da armi al fosforo bianco durante uno scontro tra truppe americane e ribelli. In effetti, i medici afghani della provincia di Farah hanno in cura 16 pazienti con gravi ustioni, dopo lo scontro armato avvenuto il 4 maggio scorso. Ustioni che i medici classificano come "inusuali". La commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan ha deciso di aprire un’inchiesta sul possibile uso di fosforo bianco o di equivalenti armi chimiche di tipo incendiario contro i civili durante lo scontro. Nader Nadery, un membro di questa commissione, ha dichiarato al governatore di Farah che anche molti dei cadaveri ritrovati hanno il corpo fuso o ricoperto da ustioni estese. 

Il fosforo bianco è un materiale spontaneamente infiammabile, che provoca gravi ustioni sul corpo, spesso fondendo parti anatomiche e provocando la morte. Secondo le convenzioni internazionali vigenti, non è vietato il suo uso, ma non può essere utilizzato su zone abitate. La risposta immediata è arrivata dal comando militare statunitense, con un comunicato in cui afferma di aver documentato 44 casi in cui "i militanti talebani hanno usato fosforo bianco in attacchi, o sono state trovate queste armi nei loro depositi". Il significato è chiaro: sono i ribelli ad usare il fosforo e non l'esercito americano.

Secondo la commissione per i diritti umani, i morti sarebbero tra i 120 e i 140, distribuiti in due villaggi della provincia di Farah, ovviamente viene precisato che non si sa quali vittime siamo civili e quali siano combattenti. C'è però qualcosa che non torna nella posizione presa dal comando americano. Infatti, il portavoce dell'esercito, colonnello Gren Julian, dichiara che che l'esercito non ha usato armi al fosforo per uccidere, che le usano solo per illuminare o per creare cortine fumogene, e da qui conclude: "Quindi, se sono state usate, è da ascrivere ai ribelli". Oltre questo, l'esercito americano non intende aprire inchieste sull'accaduto, anche sull'uso di tali armi da parte dei ribelli. "Se qualcuno ha delle prove, mi piacerebbe parlarne", ha concluso Julian.

E' chiaro che c'è qualcosa che non torna. Le prove sono nei 16 ricoverati che mostrano ustioni e ferite compatibili con l'uso di fosforo bianco. Poi Julian ammette, anche se ne limita l'uso all'illuminazione ed alle cortine fumogene, che il suo esercito ha usato la sostanza incendiaria. Infine, se sono stati davvero i ribelli ad usare armi al fosforo, i soldati americani lo sanno benissimo, visto che hanno ingaggiato un combattimento. Pertanto, perché il colonnello Julian mette il condizionale? Qualche malpensante potrebbe pensare che esiste anche una terza ipotesi: l'uso di proiettili incendiari da entrambe le parti.

Eppure il come sia andato realmente il combattimento non è affatto chiaro: da un lato Karzai accusa gli americani di avere ucciso 130 civili, dall'altro i militari che insistono nel dire che i ribelli hanno usato gli abitanti dei due villaggi come scudi umani, nella speranza che venissero uccisi, in modo da dar vita deliberatamente ad una crisi tra governo Afgano e truppe alleate. Come avviene sempre, in caso di incidenti militari di questo tipo, le parti in causa prendono posizioni diametralmente opposte. Oggi c'é però una differenza: anche per gli osservatori ONU per i diritti umani in Afghanistan ci sono dei testimoni importanti tra i civili sopravvissuti. Lo dice un membro di un dipartimento dell'ONU che si trova a Kabul, che ha voluto restare anonimo, intervistato dal quotidiano inglese 
Guardian

Secondo la sua dichiarazione, le bombe al fosforo sono state sganciate da aerei dopo l'abbandono da parte dei ribelli del campo di battaglia. Alcuni aerei americani hanno sorvolato davvero quella zona, e questo lo può vedere chiunque visto che il 
daily report dell'US Air Forse è pubblicato online. "Il quadro che emerge è francamente orribile", ha dichiarato l'ufficiale delle Nazioni Unite, "gli abitanti del primo villaggio colpito, erano andati nella moschea a pregare per la pace. Poco dopo le preghiere della sera, sono iniziati i bombardamenti, e sono durati circa due ore." Restano a terra 130 morti, più i feriti gravi negli ospedali.

Il dottor Mohammad Aref Jalali, a capo dell'ospedale di Herat, un ospedale che gode di finanziamenti internazionali, ha dichiarato che i feriti portati nel suo ospedale presentano "ustioni fortemente insolite soprattutto sugli arti e le estremità, ustioni mai viste prima". Ed aggiunge: "Non possiamo essere sicuri al 100% su quale tipo di arma chimica abbia fatto questo, e non abbiamo gli strumenti per capirlo. Una donna portata qui ha raccontato che 22 membri della sua famiglia sono stati completamente bruciati e ha anche detto che è caduta una bomba 
che ha fatto una luce bianca che ha incendiato tutto, anche i vestiti delle persone. La bomba è stata lanciata da un aereo".

Evidentemente il colonnello Julian non intende ascoltare questa testimonianza, poiché non risulta che i ribelli in Afghanistan abbiano l'aeronautica a disposizione. Anche secondo altri medici afghani, sarebbe stata l'aviazione americana ad usare bombe al fosforo nell'attacco contro i talebani. Aref Jalali è perentorio nel dire che le ustioni "derivano da un agente chimico e non da un incendio di gas o benzina." Human Rights Watch ha chiesto alle forze internazionali a guida Nato di aprire un'inchiesta sull'accaduto. Il presidente afgano alza la voce, anche in considerazione del fatto che il prossimo 20 agosto l'Afghanistan affronterà le elezioni presidenziali, che vedranno ancora Hamid Karzai come principale candidato alla vittoria, forte di aver riconquistato una sorta di "benedizione internazionale": ora é impegnato nel tentativo di riguardagnare consensi nel paese sulla base delle proteste contro l'uccisione di civili inermi. 

Alex Iacuelli - altrenotizie

Come i partiti hanno ucciso la politica

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E' in libreria "La politica è una cosa troppo seria per lasciarla ai partiti" di Roberto Alagna (Castelvecchi editore). L'autore è stato promotore della Rete delle liste civiche italiane e racconta in modo agile la storia di un'esperienza protratta tra il 2001 e i nostri giorni. Se ne consiglia la lettura. 
La politica macina gli avvenimenti e poco dopo li fa scomparire nel dimenticatoio. Si parla tanto di memoria, e soprattutto della dolciastra memoria condivisa, ma si rischia di dimenticare momenti che nella loro estrema semplicità aiutano a capire come il centrosinistra più autolesionista del mondo sia riuscito a rendere Berlusconi irresistibile e imbattibile.
Per capire che ciò che ci è accaduto non aveva nulla di fatale e inevitabile basterebbe ricordare, come fa il libro, che nel 2006 il centrosinistra non ha vinto le elezioni solo perché con testardo masochismo ha rinunciato all'apporto del protagonismo civile in generale e delle liste civiche in particolare, con cui aveva vinto largamente nelle regionali dell'anno precedente. In Friuli, Piemonte, Lazio e Puglia la vittoria andò al centrosinistra solo perché questo fu aiutato in proporzioni determinanti dalle liste civiche.
Ma nelle politiche dell'anno seguente, pur di non perdere qualche pugno di voti a vantaggio delle liste, i partiti decisero di farne a meno. Difficile fare il conto preciso di quanti seggi la rinuncia sia costata. Ma un calcolo prudente fa stimare che invece dell'angosciosa maggioranza di due voti al Senato il centrosinistra avrebbe avuto il favore di numeri assai più confortanti. Prodi avrebbe governato con maggiore tranquillità e l'incubo di oggi non si sarebbe materializzato.
Sembra assurdo che la politica italiana abbia potuto prendere una direzione così diversa da quella allora possibile. Eppure leggere il libro conferma che l'impulso fondamentale fu dato da decisioni poco lungimiranti di pochissime persone. I grandi professionisti della politica ci hanno portato alla rovina. E ancora oggi si ritengono insostituibili e non rinunciano a dare lezioni.
Purtroppo per noi hanno saputo dare solo lezioni di sconfitta. Leggere per non dimenticare.

Pancho Pardi

Fini, i laici e i catto-khomeinisti di Berlusconia

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di Paolo Flores d'Arcais, da La Stampa, 21 maggio

Il presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha pronunciato nei giorni scorsi un’assoluta ovvietà, che la legge dello Stato non deve ispirarsi ai precetti di una religione. Ovvietà in democrazia, beninteso. In una teocrazia farebbe notizia e scandalo (nell’Iran khomeinista con un’affermazione del genere finisci in galera, se ti va bene). Ora, l’ovvietà di Fini, anziché passare inosservata, è finita sulle prime pagine, ha fatto scandalo, ha scatenato lo «stracciarsi le vesti» ormai d’ordinanza. Applichiamo perciò la logica più elementare: se quella che in democrazia è un’ovvietà, ma in una teocrazia è una notizia, da noi suscita clamore, vuol dire che questo Paese già non è più una democrazia, e che nell’establishment le pulsioni teocratiche sono assai forti, e in Parlamento addirittura maggioritarie.

Va da sé: la pulsione teocratica in Italia non si esprime nella forma khomeinista canonica («il Corano è la nostra Costituzione» - anche perché: ve li immaginate Berlusconi e Bagnasco a prendere sul serio il Vangelo?), ma come servitù volontaria ai diktat del Vaticano. Che hanno solo la sottigliezza teologica di non presentarsi come precetti della fede, dogmi del Ratzinger di turno, ma come «evidenze» della «natura umana». Se non è zuppa è pan bagnato: la «natura umana» secondo un laico libertario ha «evidenze» opposte a quelle della Chiesa gerarchica. I laici libertari non appartengono dunque al genere «sapiens sapiens»?

Ora, benché sfugga ai Gennari, Formigoni e altre Roccella, in una democrazia liberale la maggioranza dei voti non è tutto, prima di tutto viene l’autonomia di ciascuno sulla propria vita e la propria libertà. Se una maggioranza parlamentare, anche schiacciante, votasse il battesimo cattolico obbligatorio per ogni nascituro, noi non saremmo più una democrazia, meno che mai se un successivo referendum ratificasse plebiscitariamente questa teocratica violenza.

A maggior ragione sulle questioni «eticamente sensibili». Sulla tua vita (e dunque anche fine-vita), amico lettore, o decidi tu o decide un altro. Ma se sulla nostra vita può decidere sovranamente l’on. Lupi, sulla sua potrà domani decidere la tua volontà, o la mia, o di chiunque detenga una transitoria maggioranza. Mostruosità. Che i nipotini di don Giussani (o di mons. Escrivá de Balaguer) accettano solo in una direzione. Stalin voleva imporre a tutti l’ateismo di Stato. I catto-khomeinisti di Berlusconia vogliono imporre a tutti i malati terminali (o vegetativi permanenti) la tortura di Stato. No.

Silvio, le ville, gli sfollati

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Immagine di gavavenezia
Ricorderete di sicuro il 10 aprile scorso, funerali a L’Aquila delle 300 vittime del terremoto, quando il Cavaliere, molto turbato dalle circostanze, annunciò alle telecamere di tutti i telegiornali e ai taccuini: “Metterò a disposizione le mie case per aiutare gli sfollati”.   

Lacrimava quel giorno. Una toccante cronaca di allora lo racconta così: “Ha vinto la commozione. Dopo aver portato conforto alle vittime che piangevano sulle bare, 
Berlusconi non ha trattenuto le lacrime. Ha assistito alla cerimonia non tra le autorità, ma tra i parenti e la gente comune". Come piace a lui. Successivamente si è fatto largo, continuando a stringere mani e a confortare il dolore di tutti. “Un dolore lancinante e lacerante”, lo ha definito parlando davanti ai microfoni di Panorama del Giorno, la bella trasmissione diCanale 5 che lo seguiva nel suo viaggio dentro il dolore. E ha poi aggiunto: “Già molte persone hanno offerto le proprie case agli sfollati del terremoto e anch’io farò quello che potrò offrendo delle mie case”. 

Ha detto proprio cosi’: “… delle mie case”, nel senso di molte case. Quante? Mezza dozzina, una dozzina, non era il momento della contabilità quello, ma della commozione e poi delle franche decisioni, come piace a lui, 
uomo del fare

Ora quelle molte case per ospitare gli sfollati deve averle esaurite. E con le case, le stanze. E con le stanze pure 
i bagni che nella sola Sardegna dovrebbero essere secondo una memorabile contabilità annotata qualche anno fa dall’indimenticabile Luigi Pintor, in numero di 35, cinque per ognuna delle sue sette ville. 

Deve averle così riempite di sfollati (le ville) che 
non ha più un posto libero da qui all’arcipelago delle Bermuda. E l’altro giorno, per rimediare, si è spinto fino a Taormina per comprarne una nuova. Si tratterebbe di villa Mufarbi, sul pittoresco golfo di Taormina. Costa quasi niente, 5 o 6 milioni, dicono. Ma in compenso contiene una cinquantina di ampie stanze, bagni a sufficienza, e pure un grande parco per aggiungere (eventualmente)tende e roulotte. Comprensibile attesa a L’Aquila per la nuova lista dei fortunati ospiti. 

Mostri di cemento nel mondo: la diga delle Tre Gole

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Marco Cedolin

Pubblicato su Terranauta
Le grandi dighe rappresentano, forse meglio di qualsiasi altra faraonica infrastruttura, l’ambizione di dominio dell’uomo moderno che ha relegato la natura nel ruolo improprio di “nemico” da soggiogare, sconfiggere, umiliare a proprio piacimento. La costruzione di una grande diga implica sempre lo stravolgimento (tanto più intenso quanto più grande è l’opera) di vastissimi territori, la cui realtà verrà modificata in profondità dal punto di vista ambientale, economico, sociale e climatico, con risultati spesso catastrofici tanto nel breve quanto nel lungo periodo.

La diga delle Tre Gole che sorge nella provincia cinese dello Hubei e sbarra il flusso dello Yangtze (il grande fiume azzurro) è stata inaugurata nel mese di giugno 2006. Soprannominata “la Grande Muraglia” del terzo millennio è alta 185 metri (come la Torre Eiffel) e lunga quasi 2,5 km, una volta a regime nel 2009 le sue 26 megaturbine produrranno 84,7 miliardi di kilowattora ogni anno (l’equivalente di una ventina di centrali nucleari) e forniranno circa il 10% della richiesta energetica del paese.
I lavori per la costruzione della diga sono durati 13 anni e la struttura si rivela talmente immensa da essere una delle pochissime costruzioni dell’uomo visibili dallo spazio. Il costo dell’opera, è raddoppiato rispetto alle previsioni iniziali fino ad arrivare a 21 miliardi di euro e rischia di salire ancora prima che la struttura sia completamente funzionante.
L’invaso che formerà un vero e proprio mare nel centro della Cina, si estenderà per quasi 600 km ed occuperà 1084 kmq di superficie con una profondità dell’acqua prevista di 175 metri.

Oltre allo scopo primario consistente nella produzione di energia, la diga delle Tre Gole nelle intenzioni del governo cinese dovrebbe anche costituire un rimedio alle frequenti piene del fiume e contribuire a migliorare la navigazione dello stesso attraverso un complesso sistema di chiuse ed ascensori che consentirebbe il passaggio di navi fino a 10.000 tonnellate di stazza.

Valutare tutte le ricadute negative dal punto di vista socio/ambientale derivanti da un mostro di cemento armato di queste dimensioni è un’impresa oltremodo ardua tante sono le conseguenze della diga e del suo invaso su un territorio immenso e sulla vita di milioni di persone.
Lo Yangtze, terzo fiume del mondo con i suoi 7378 km di lunghezza, costituisce un bacino che accoglie il 12% dell’intera umanità e garantiva in passato il 70% dell’intero pescato cinese, mentre oggi questa percentuale si è più che dimezzata. A causa delle 46 dighe che ne costellano il corso e degli altissimi valori d’inquinamento (aumentati del 73% negli ultimi 50 anni) derivanti dalle centrali elettriche, dalle fabbriche alimentate a carbone e dalla frenetica navigazione, quello che veniva decantato come un “paradiso terrestre” ha ormai perso la maggior parte delle sue peculiarità. Sono scomparsi 800 laghi, l’85% delle foreste originarie non esiste più, le riserve di pesce sono diminuite del 75% e si sono creati problemi di potabilità dell’acqua in oltre 500 città.

L’organizzazione internazionale “Friends of the Earth” definisce quella delle Tre Gole come la diga più distruttiva della storia e analizzando le conseguenze presenti e future connesse all’opera non si fatica a comprendere il perché di un giudizio così negativo.
A causa della diga 1.200.000 persone sono state sfollate con la forza dalle loro case che ora giacciono sul fondo dell’invaso che ha sommerso 30.000 ettari di terreni coltivabili, ed altri 800.000 abitanti saranno costretti ad evacuare nel corso del prossimo anno quando il livello dell’acqua aumenterà ancora. Per consentire il progetto 1.500 villaggi e 75 città sono stati abbattuti e sommersi dall’acqua, insieme a 1300 importanti siti archeologici contenenti reperti vecchi di 6000 anni.
Un vero e proprio esodo sta sconvolgendo il cuore del continente cinese, gli sfollati in gran parte contadini hanno perso la propria casa ed il proprio lavoro, senza ricevere in cambio alcuna indennità e si ritrovano oggi preda della miseria. Ogni protesta è stata nel corso degli anni soffocata con la repressione, molti contestatori fra i quali la giornalista Dai Qing sono stati imprigionati con l’accusa di propaganda sovversiva.

Oltre alle questioni di ordine sociale che riguardano il futuro di milioni di sfollati, la diga delle Tre Gole ingenera tutta una serie di problematiche dal punto di vista ambientale e della sicurezza che seppure sottaciute dal governo cinese meritano di essere messe in evidenza.
A causa della frammentazione di un intero ecosistema il rischio di estinzione per moltissime specie sia animali che vegetali, alcune delle quali uniche, è altissimo in una zona della terra ricca come poche altre di biodiversità.
Un problema di grossa rilevanza sarà costituito dall’accumulo di una parte dei 530 milioni di tonnellate di sabbia e rocce che annualmente scorrono attraverso le Tre gole. Tale accumulo sotto forma di fanghi rischierà di mettere a repentaglio sia la stabilità della diga che il corretto funzionamento delle turbine. Fino ad oggi non è stata prevista al riguardo alcuna contromisura volta a tenere sotto controllo i rischi.
Nel fiume Yangtze vengono inoltre riversati senza che esista alcun tipo di controllo gli scarichi di decine di città, migliaia di fabbriche e milioni di abitazioni, composti da migliaia di tonnellate di sostanze tossiche ed inquinanti. La diga rallentando il corso del fiume favorirà l’accumulo dei rifiuti e delle sostanze altamente nocive, trasformando in breve tempo l’intero bacino in una vera e propria fogna a cielo aperto emanante miasmi venefici con il rischio che si determinino devastanti epidemie.
Le enormi proporzioni del bacino che si verrà a creare, equivalenti in tutto e per tutto a quelle di un vero e proprio “mare” determineranno secondo gli esperti uno stravolgimento climatico dell’intera area. Le temperature stagionali saranno più basse d’estate e più alte d’inverno di almeno 2 gradi e cambierà il regime delle precipitazioni con conseguenze rilevanti e imprevedibili sull’equilibrio dell’intero ecosistema.

Estremamente allarmanti sono i problemi di origine geologica connessi al fatto che la diga è collocata sopra ad una faglia ed è pertanto soggetta ad un grave rischio sismico. Rischio che potrebbe essere amplificato dall’enorme peso dell’invaso che secondo gli esperti sismologici sarebbe in grado di alterare gli equilibri geostatici dell’intera regione, aumentando il pericolo di devastanti terremoti. Un primo segnale in questo senso potrebbe essere rappresentato dalla scossa di grado Richter 5,7 che ha colpito la regione dello Jiangxi il 20 novembre del 2005 causando 15 vittime e la distruzione di migliaia di case.
La conformazione geofisica del bacino presenta inoltre molte similitudini con la tristemente nota area del Vajont, essendo composta da roccia calcarea disseminata di cavità contenenti argilla. Secondo le parole del botanico cinese Hou Xueyu l’area di riempimento sarebbe soggetta a frequenti frane e valanghe di fango e oltre 214 punti si rivelerebbero potenzialmente pericolosi. Il geologo Fan Xiao, dopo aver effettuato un sopralluogo ha evidenziato la pericolosità della frana di Shuping, costituita da 23 milioni di metri cubi di terra e rocce che rischiano di abbattersi a monte della diga sulla sponda sud.
La diga delle Tre Gole (che già al momento dell’inaugurazione presentava allarmanti fessure nella struttura) ed il suo immenso bacino hanno dimensioni talmente imponenti da far si che l’eventualità di un suo crollo per effetto di un cataclisma naturale, di un attacco militare o terroristico o di un cedimento strutturale, causerebbe un’ecatombe di proporzioni gigantesche, superiori a quelle di un bombardamento nucleare, in grado di portare alla morte oltre 100 milioni di persone secondo un’analisi dell’intelligence americana.Tale pericolo appare tanto più drammatico e tangibile se pensiamo che in Cina dal 1949 ad oggi sono già crollate ben 3000 dighe (62 nel corso del solo 1975) causando la morte di 250.000 persone.

giovedì 21 maggio 2009

Mills di questi giorni

Fonte:

 
Vignetta di theHand
La stampa umoristica, cioè Libero, titola: «Giù mazzate a Silvio». Ma dev’esserci un refuso: voleva dire «Giù mazzette da Silvio». Nelreparto servitù, cioè sul Giornale, un cronista non si dà pace: «Berlusconi non era imputato, ma a pag. 359 delle motivazioni di Mills i giudici scrivono che avrebbero condannato volentieri anche lui. Affermazioni pesanti su un imputato che non era più nel processo e che contro di esse non può nemmeno fare appello». E chissà perché l’imputato non era più nel processo: assolto (come ha detto Studio Aperto)? Defunto? No, impunito per legge, ma questo non si può scrivere. 

L’avvocato Flick una volta disse che «i protagonisti di Tangentopoli erano Gustavo Dandolo e Gioivo Prendendolo». Ecco, i giudici dovevano condannare Prendendolo senza nominare Dandolo che, poverino, «non può nemmeno fare appello» a causa del cattivo 
Al Fano. Sempre sul Giornale, il solito poveretto con le mèches ripubblica il solito pezzo: «Processo ridicolo, senza uno straccio di prova: assoluzione inevitabile». Infatti. Naturalmente Al Tappone non gli ha dato retta e s’è messo in salvo. Anche perché le competenze del mèchato in materia di diritto sono pari alla sintassi. Il pover’ometto dice che «Berlusconi nel processo All Iberian fu assolto» (falso, la fece franca per prescrizione) e denuncia, restando serio: «i giudici decidono quali consulenti tecnici l’han detta giusta e quale, tra le versioni e ritrattazioni di Mills, sia l’autentica. La sentenza è un’articolata esercitazione di libero convincimento del giudice». Giudici che giudicano: roba da matti.

Clementina rifacci sognare!

Fonte:



Il TAR ha dato ragione a Clementina Forleo e ha sconfessato il Consiglio Superiore della Magistratura guidato dalla coppia diessina/biancofiore Napolitano/Mancino. Vorrei che questi due signori chiedano pubblicamente scusa alla Forleo. Vorrei che il processo Unipol sia riaffidato al più presto al magistrato Forleo. Vorrei che D'Alema non si rifugi dietro al Parlamento italiano e Europeo come sotto le gonne della mamma per evitare il suo coinvolgimento nel processo Unipol. Il PDmenoelle (in stretta collaborazione con il PDL) ha orientato il giudizio del CSM nei confronti di De Magistris, della Forleo, di Apicella. E' la fotocopia del PDL. Il gemello scemo. Le accuse di Rutelli a Genchi sono l'eco di quelle dello psiconano.
Clementina facci risognare, finisci il lavoro! Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

mercoledì 20 maggio 2009

Giornali e tv su Berlusconi-Mills

Fonte:



Breve e veloce rassegna stampa su come è stata trattata dai quotidiani di oggi la notizia del deposito delle motivazioni della sentenza Mills. Della quale sfugge la gravità del “movente”. Ossia che David Mills ha testimoniato il falso per salvare il peggiore evasore fiscale che l’Italia abbia finora conosciuto: Silvio Berlusconi.

Studio Aperto dichiara assolto Berlusconi nel processo Mills. Incredibilmente vergognoso !

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Lo psiconano è accusato di aver corrotto Mills. Corruzione in atti giudiziari. Gli atti del processo sono pubblici con i documenti di accusa. La corruzione dell'informazione invece passa sempre sotto silenzio. Centinaia di giornalisti sono pagati per scrivere e dire il falso ogni giorno. Le loro parole e i loro articoli sono pubblici. Se Mills è stato pagato per proteggere Testa d'Asfalto, molti giornalisti sono pagati per negare la verità. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene? Noi neppure.

Qualche trovata di Berlusconi funziona alla grande in Italia

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[The Star]

Le vanterie sessuali, le battute, le goliardate infantili riflettono tutte la cultura da bar dello sport - e sì, funziona.

Le gaffe di Silvio Berlusconi si moltiplicano così velocemente che ci mettono un po’ a farsi strada nel mucchio e rendere nota la propria presenza.

Questa settimana il Presidente del Consiglio italiano era in talkshow televisivo, serio e severo mentre respingeva lo strascico di insinuazioni sessuali che ha portato sua moglie, Veronica Lario, a chiedere pubblicamente il divorzio. Mai, ha insistito, ha “frequentato minorenni,” per usare le suggestive parole di sua moglie. E no, lui non nomina ex attricette dalle gambe lunghe, neanche nel suo governo, “per il divertimento dell’imperatore” - di nuovo parole di sua moglie.

Ma mentre la trasmissione veniva registrata, è comparso un video di Berlusconi in visita alle macerie del terremoto di aprile in Abruzzo, che ha ucciso quasi 300 persone. Il filmato lo mostra in posa per una fotografia con i vigili del fuoco davanti ad una chiesa danneggiata. Improvvisamente Berlusconi rivolge la sua attenzione all’unica donna del gruppo - un’attraente dirigente locale - e dice ad alta voce: “Posso palpare un po’ la signora?”. La reazione - tutti hanno riso, compresa la dirigente - spiega, in parte, perché questa e altre gaffe dovrebbero essere messe tra virgolette. Raramente hanno danneggiato la popolarità di Berlusconi.

In una nazione sinonimo di stile e cultura, dove la mancanza di eleganza è trattata al pari di un crimine, è strano che un uomo che si diverte a fare il buffone possa essere eletto Presidente del Consiglio - non una, ma tre volte.

Dire che si tratta di una società maschilista - uno scrittore ha chiamato l’Italia “il paese del femminismo dimenticato” - sarebbe accurato, ma semplicistico. Tale affermazione non spiegherebbe i molteplici scandali per corruzione a cui è sopravvissuto Berlusconi e le gaffe non sessiste da cui esce senza conseguenze, dal compararsi a Gesù Cristo al descrivere il Presidente degli Stati uniti Barack Obama “bello e abbronzato”.

Nel club delle democrazie avanzate, il 72enne Presidente del Consiglio è un fenomeno. Le sole leggi sul conflitto di interessi gli impedirebbero di accedere al potere nella maggior parte delle democrazie. Ma in Italia, fa furore. La cultura politica profondamente corrotta dell’Italia del dopoguerra lo ha reso uno dei cittadini più ricchi del paese. Magnate dei media con un quasi monopolio sulla televisione, è stato spesso accusato di plasmare la nazione a sua immagine influenzando l’attenzione verso la politica e nutrendo gli italiani con uno spettacolo senza fine di kitsch ed esibizionismo.

La relazione, comunque, è simbiotica. Giorgio Gaber, il compianto attore e cantante italiano, forse l’ha detto nel modo migliore: “Non è Berlusconi in sé che mi fa paura, è Berlusconi in me”. Afferma Franco Ferrarotti, decano di sociologia italiana: “Quest’uomo in qualche modo rappresenta i sogni segreti di molte persone.”

Sicuramente Berlusconi non ha vita facile. L’Italia è fortemente divisa tra partiti politici di destra e di sinistra dalla fine della seconda Guerra Mondiale. Molti italiani vorrebbero vedere Berlusconi in prigione. La sua unica vittoria con la maggioranza al governo del 2008 è stata aiutata dai ridicoli conflitti interni della coalizione di centro-sinistra, che Berlusconi ha sconfitto. Per gli italiani in cerca di stabilità - hanno avuto 62 governi dal 1945 - Berlusconi era l’unica alternativa.

La sua coalizione di destra, il Partito delle Libertà, ha subito abolito la tassa di proprietà sulla prima casa. Con circa l’80% degli italiani che posseggono una casa di proprietà, la mossa è risultata ampiamente popolare. Ma il suo fascino è più profondo. Sembra essere l’incarnazione di un proverbio italiano che dice molto del carattere nazionale: Fatta la legge, trovato l’inganno [in italiano nel testo N.d.T.]. Un detto che descrive come la legge e i modi di aggirarla nascano nello stesso momento. Secondo una stima, la sola evasione fiscale ammonterebbe a 300 miliardi di dollari. “Lo sport nazionale è violare la legge. Se uno segue la legge diligentemente, deve stare attento a non essere preso per stupido” dice Ferrarotti da Roma in un’intervista telefonica.

Ancora non è chiaro come un uomo che ha cominciato come cantante sulle navi da crociera sia arrivato a possedere un impero mediatico del valore stimato pari a 7,6 miliardi di dollari. Vi sono sospetti di riciclaggio di denaro della mafia.

Una volta al potere, ha fatto approvare delle leggi che l’hanno aiutato ad evitare una serie di processi per corruzione. Molti italiani lo hanno accettato tranquillamente. Chi non cercherebbe di frodare il sistema per proteggere i propri interessi? Sono anche tranquillizzati. Si aspettano che i politici si riempiano le tasche. Ma con Berlusconi, un ritornello comune dice più o meno così: “E’ così ricco che non ha bisogno di rubare.” (Perché lo ha già fatto, aggiungono i critici.)

Molto del suo denaro deriva dall’ambito delle vendite; Berlusconi controlla il 60% del mercato della pubblicità televisiva. Ma il prodotto che vende meglio è se stesso. Ha introdotto una politica della personalità, in una nazione dominata per decenni da intrighi tecnici. La meticolosità della sua persona è quasi una parodia della politica basata sull’immagine: tacchi per sembrare più altro, impeccabili completi doppio petto, abbronzatura permanente, lifting al viso e trapianto di capelli. Perché no, dicono gli italiani. Apparire belli - la bella figura [in italiano nel testo N. d. T.] - è un’ossessione nazionale.

Prima del trapianto di capelli, una delle sue riviste ritoccò una foto per coprire la calvizie. Più seri sono gli esempi di giornalisti e comici critici messi al bando dalle reti della televisione pubblica RAI, che lui controlla in quanto Presidente del Consiglio, e dalle reti private, che possiede. Gli italiani trascorrono in media 4 ore al giorno davanti alla TV, dominata dalle soap opera e dalle showgirls.

“Nel mondo berlusconiano, non c’è differenza tra la realtà e ciò che viene spacciato per realtà” afferma Paolo Guzzanti, ex senatore e deputato nel partito di Berlusconi. “Il criterio di Berlusconi è sempre lo stesso: “Culetti e cervelletti impacchettati a ragione”.

Ha anche trasformato il noioso dibattito politico italiano. Proprietario del Milan, storica squadra di calcio, Berlusconi usa gli scherzi dei tifosi di calcio come modello, afferma Sergio Romano, ex ambasciatore italiano e importante analista politico. Le vanterie sessuali, le battute, le goliardate infantili (una volta ha fatto il gesto delle corna dietro la testa del Ministro degli Esteri spagnolo) - riflettono tutte il linguaggio e il comportamento dei bar dello sport, aggiunge Romano. E con i sostenitori, in questa nazione che impazzisce per il calcio, funziona.

“Berlusconi si è sempre comportato in modo inappropriato - che poi venga raccontato o no” dice Romano da Milano, la città dove Berlusconi ha fatto la sua fortuna. “Sembra che gli piaccia farlo. Sembra pensare che le proprie gaffe siano parte del suo fascino, parte della sua capacità di sedurre. “Abbiamo sempre pensato che non fosse il comportamento giusto” dice, riferendosi agli osservatori politici. “Ma se guardiamo ai sondaggi vediamo che questo non fa perdere Berlusconi. E, a volte, lo fa vincere.”

Qualcuno accusa Berlusconi di megalomania. Dopotutto, si è comparato a Napoleone. Ma con il suo ultimo peccatuccio sessuale “potrebbe aver passato il segno”, afferma Romano. La Chiesa Cattolica non è contenta - sta procedendo verso il secondo divorzio. Inoltre le madri hanno un ruolo istituzionale in Italia e l’immagine di una Lario schernita e sofferente con tre figli adulti attira comprensione, aggiunge Romano.

Berlusconi e la Lario sono stati sposati per 19 anni. Lui la incontrò quando lei recitava a seno nudo in un’opera teatrale. La tensione all’interno del matrimonio divenne pubblica due anni fa. Berlusconi durante una cerimonia flirtò con un’attricetta, Mara Carfagna. Disse che l’avrebbe sposata se non fosse stato già sposato. La Lario chiese delle pubbliche scuse - e le ottenne. La Carfagna è un’ex Miss Italia che ha lavorato come showgirl nelle reti televisive di Berlusconi. Dopo la cerimonia, finì nel suo partito politico. La scorsa primavera, Berlusconi l’ha nominata Ministro per le Pari Opportunità.

La scorsa estate, emersero delle intercettazioni in cui Berlusconi ringraziava un produttore televisivo per avere fatto lavorare delle belle attrici che lui aveva raccomandato - “le mie ragazze” come le chiamava il Presidente del Consiglio. Un rivale politico lo ha chiamato “magnaccia”. Voci su esplicite conversazioni sessuali contenute in trascrizioni non pubblicate hanno travolto la nazione. La comica Sabina Guzzanti attaccò in seguito Berlusconi, durante un raduno a Roma, gridando al microfono: “Non puoi nominare qualcuno Ministro delle Pari Opportunità solo perché … “ (e qui usò una mimica volgare per indicare il sesso orale).” La Carfagna le ha fatto causa per diffamazione.

Il problema della competenza è riemerso la settimana scorsa. Un gruppo della coalizione di Berlusconi ha criticato la presenza di giovani e attraenti candidate - senza esperienza politica - nella lista del partito per le elezioni europee a giugno.

La Lario ha scritto una e-mail alle agenzie di stampa, dicendo che suo marito usa il proprio partito politico come un harem. Ha chiesto il divorzio qualche giorno dopo, quando è si è saputo che Berlusconi aveva partecipato alla festa di compleanno di Noemi Letizia, aspirante attrice di 18 anni che lo chiama “papi”. Secondo un sondaggio pubblicato mercoledì sul quotidiano romano La Repubblica, il 66% degli intervistati ha ancora “fiducia” nel Presidente del Consiglio.

Ma anche gli italiani alla fine potrebbero chiedersi chi si stia occupando della crisi mentre il Presidente del Consiglio si occupa della sua vita personale. Gli italiani descrivono la propria nazione come un bel casino [in italiano nel testo N. d. T.]. Ma con l’esempio che dà Berlusconi, qualcuno potrebbe trovare più appropriata la traduzione letterale - un bel bordello.

[Articolo originale "A little of Berlusconi's schtick goes a long way in Italy" di Sandro Contenta]

martedì 19 maggio 2009

Luttazzi: Io, al confino mediatico nell’Italia di Berlusconi

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Qualche giorno fa una giornalista del Times, Lucy Bannerman, ha chiesto a Luttazzi un'intervista. Dopo una chiacchierata, Luttazzi le ha proposto di mandargli alcune domande scritte. Questo il testo con le domande e le risposte. A seguire l'articolo come pubblicato dal Timesil 16 maggio con solo una piccola parte delle dichiarazioni di Luttazzi.

Please explain how you were sued by Berlusconi and why?
Nel marzo 2001 conducevo con successo (7 milioni e mezzo di spettatori) un mio talk-show satirico notturno su Rai2 intitolato “Satyricon”. In una puntata intervistai un giornalista allora sconosciuto, Marco Travaglio, che aveva pubblicato da un mese un libro di cui nessuno parlava. Il libro s’intitolava “L’odore dei soldi“ e riguardava le origini misteriose dell’impero economico di Berlusconi. Parlammo dei fatti emersi nel processo a Marcello Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi, fondatore di Forza Italia (il partito di Berlusconi) ed ex-capo di Publitalia (la concessionaria di pubblicità di Berlusconi).
Berlusconi fece causa per diffamazione a me, a Travaglio, alla Rai e al direttore di Rai2 Carlo Freccero che con coraggio aveva mandato in onda l’intervista. Da me Berlusconi voleva 20 miliardi di lire. Quattro anni dopo quell’intervista, Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado a nove anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. (Dell’Utri non è in carcere, però: è diventato senatore del partito di Berlusconi.) Nel 2005 ho vinto la causa e Berlusconi è stato condannato a pagare 100mila euro di spese legali.
Insieme con Berlusconi, mi fecero causa anche Mediaset (5 miliardi di lire), Fininvest (5 miliardi di lire) e Forza Italia (11 miliardi di lire). Ho vinto tutti i processi. Quell’intervista non diffamava nessuno. Informava in modo corretto.

What kind of effect did the lawsuits have on your career?
Nel giugno 2001, Berlusconi vinse le elezioni politiche diventando capo del governo. Nel 2002, in visita di Stato in Bulgaria, Berlusconi pronunciò il famigerato “editto bulgaro”: disse alla stampa che io e altri due giornalisti (Enzo Biagi, il Walter Cronkite italiano; e Michele Santoro) avevamo fatto un “uso criminoso” della tv di Stato e lui si augurava che questo non si ripetesse. Io, Biagi e Santoro venimmo cancellati dai palinsesti: i dirigenti Rai (nominati dalla maggioranza politica berlusconiana) decisero “autonomamente” di non riconfermare i nostri programmi tv. Giustificarono la cosa come “scelta editoriale”. Da allora io non sono più potuto tornare a fare programmi tv in Rai. Vent’anni di attività artistica azzerati. L’editto bulgaro, che per me è ancora in corso in Rai, impedisce due libertà: la mia di esprimermi e quella del pubblico di ascoltarmi. Questa è censura ed è inaccettabile. Immagina Gordon Brown che fa causa al comico Paul Merton perchè non lo gradisce! Inoltre i lunghi processi ti vessano economicamente e psicologicamente. Infine, continuo a recitare i miei monologhi satirici in teatro, ma siccome non sono più in tv ed essendo Berlusconi un mio avversario, sono sempre meno i teatri che decidono di mettermi in cartellone, nonostante io faccia sempre il tutto esaurito. Il problema è politico. E’ maccartismo.

To what extent did your example discourage other satirists/journalists/commentators from criticising Berlusconi?
Al punto che non esiste più un programma di satira nella tv italiana. In Rai, ma anche a Mediaset, a La7 e su Sky vanno in onda programmi comici dove al massimo si prende in giro Berlusconi per cose superflue (il suo lifting, la sua altezza) ma non per quelle gravi (la depenalizzazione del falso in bilancio, il conflitto di interessi enorme, la legge Alfano grazie alla quale non può essere processato). Tre anni fa, Sky Italia chiese di incontrarmi. Proposi un Tg satirico. Mi chiesero come avrei reagito se avessero tagliato al montaggio qualche battuta. Gli risposi che il contratto glielo avrebbe impedito. Sono spariti. Quanto a La7, il mio nuovo programma tv “Decameron” (2007) è stato interrotto alla quinta puntata, dopo che avevo registrato il monologo della sesta puntata, una satira sull’enciclica di Ratzinger.

La satira, dai tempi di Aristofane, dà fastidio perché esprime un giudizio sui fatti, addossando responsabilità. I miei monologhi colpiscono Berlusconi ma anche la religione organizzata e l’opposizione inesistente del PD, inclusi gli scandali in cui sono coinvolti dirigenti di sinistra (il caso Unipol). Ecco perché anche l’opposizione qua si disinteressa alla libertà della satira in tv, che è libertà della democrazia. Neppure Rai3, i cui dirigenti sono di sinistra, mi ha mai chiesto di tornare in tv, in questi anni. Il potere, in Italia, è suddiviso fra clan di destra e di sinistra. Scandali recenti hanno mostrato come questi clan si mettono spesso d’accordo sulla gestione della cosa pubblica, a livello locale e a livello nazionale. Lo stesso tipo di accordo precede le nomine dei dirigenti Rai. Il risultato è che la democrazia sostanziale è corrotta.

Michele Santoro, giornalista di sinistra, è tornato in Rai grazie a un giudice che lo ha reintegrato nel suo posto di lavoro (Santoro era dipendente Rai quando venne cancellato, io no), ma nel suo programma deve sempre ospitare qualche esponente di destra. Si dà per scontato cioè che Santoro debba essere controllato e contraddetto nella sua attività giornalistica perché sgradito a Berlusconi. Non è umiliante? Per contro, un giornalista berlusconiano, Clemente J. Mimun, quando diventò direttore del Tg1 Rai si segnalò per gravi frodi giornalistiche, tutte favorevoli a Berlusconi: fra l’altro, tolse il sonoro a Berlusconi che dava del kapò all’europarlamentare Shultz, non diede la notizia di Berlusconi che aveva definito l’assassinio di D’Antona “un regolamento di conti a sinistra”, e nel 2004 aggiunse al montaggio un pubblico di delegati ONU plaudente a Berlusconi che in realtà parlava all’ONU in una sala semivuota. Il pubblico di delegati applaudiva Kofi Annan. Era un altro filmato! Un falso clamoroso! Questo nel Tg principale della tv italiana. Mimun veniva da Mediaset e lì è tornato. La Rai attuale è piena di dirigenti che vengono da Mediaset, vere quinte colonne. Un anno fa, le intercettazioni telefoniche hanno mostrato come questi dirigenti si fossero accordati con quelli di Mediaset per una programmazione che favorisse Berlusconi in occasione dei funerali di Woytila e delle concomitanti elezioni. Il governo Berlusconi nel frattempo ha proposto una legge che proibisce la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche! Se questa legge fosse stata fatta dieci anni fa, nessuno conoscerebbe gli scandali politici, economici e sportivi più gravi della storia italiana recente.

What parallels do you see between press control in the 1920s/1940s and control of the media in the Berlusconi era?
Nel ventennio fascista l’unica agenzia di stampa era quella del regime, l’Agenzia Stefani. I giornali si attenevano a quello che scriveva l’Agenzia Stefani. I giornali liberi venivano chiusi e gli oppositori al regime perdevano il posto di lavoro, venivano mandati al confino, venivano uccisi. Oggi non uccidono gli oppositori, ma ti mandano al “confino mediatico”: ti tolgono gli spazi di espressione che avevi e che ti eri conquistato col tuo lavoro. Questa è la minaccia sempre presente.

L’altra minaccia è legata all’enorme conflitto di interessi di Berlusconi. Ha aziende tv e imprese di assicurazione e di distribuzione pubblicitaria e cinematografica. Questo inquina la libertà del mercato. Un’inchiesta recente ha dimostrato che, da quando è al governo Berlusconi, molte aziende hanno tolto pubblicità dalle reti Rai per spostarle su quelle Mediaset di Berlusconi. Berlusconi inoltre controlla la politica economica e i servizi segreti. La sua influenza si estende su OGNI settore della vita italiana. E’ un potere di ricatto enorme. Uno dei pochi giornali di opposizione vera, 
il manifesto, sempre documentatissimo e corretto, stenta a sopravvivere perché le aziende italiane non comprano spazi pubblicitari. Ecco un altro tipo di strozzatura. Non stupisce allora che i passi della quasi totalità della stampa e della tv italiana siano felpati. Il caso recente di Veronica Lario e Noemi ha dimostrato una volta per tutte l’esistenza di una sorta di Agenzia Stefani contemporanea, prontissima a ubbidire alle esigenze del Capo e a massacrare la vittima di turno (sua moglie, in questo caso). Fra giornalisti e testate, la lista dell’inquinamento berlusconiano è lunga.

Let's focus on the case of Noemi Letizia. How has Berlusconi used his ownership and influence of the national press to protect himself from any political damage?
In 24 ore la risposta berlusconiana è stata massiccia e su tutti i fronti possibili. E’ andato a Rai1 nel programma notturno “Porta a porta” di Bruno Vespa, dove ha raccontato la sua versione senza il minimo contraddittorio, accusando la moglie, e approfittando dell’occasione per fare un spot pubblicitario sulle iniziative del governo in materia di aiuto ai terremotati dell’Aquila. Nessun giornalista presente (neppure il direttore del Corriere della Sera!) ha ricordato che dei 12 miliardi di aiuti promessi da Berlusconi, il governo ne ha stanziati in realtà solo 4. E nell’arco di 24 ANNI! Una beffa crudele di cui nessuno ha chiesto spiegazioni a Berlusconi lì presente. Ci fossi stato io fra gli ospiti, questa sarebbe stata la domanda, decreto legge del 28 aprile alla mano. Il danno politico sarebbe stato enorme ed è stato evitato.

In questi 15 anni berlusconiani, pochi in Italia (giornalisti, autori satirici) gli hanno chiesto conto delle centinaia di promesse false e mai mantenute. Chi lo farebbe non ha accesso. Chi decide sull’accesso? Dirigenti tv di nomina politica. Di chi è la maggioranza politica che fa il bello e il cattivo tempo praticamente indisturbata? Di Berlusconi, un imprenditore che, in base a una legge del 1957, non poteva neppure candidarsi alle elezioni, in quanto titolare di concessioni pubbliche. La legge prevedeva e cercava di impedire il conflitto di interessi. Che adesso c’è ed è enorme. Il danno venne fatto allora, permettendo a Berlusconi di candidarsi. Tutto il resto, Burlesquoni compreso, è solo una conseguenza di quella illegalità iniziale. Perché gli venne permesso di farlo? Non lo so, ma ne vedo gli effetti: un Paese in cui vige un “fascismo lite” che non mi piace per niente, con al governo partiti xenofobi e razzisti.

Un’altra mossa, non meno importante, è stata quella del portavoce di Berlusconi, il senatore Paolo Bonaiuti, che ha subito convocato per una riunione i direttori dei periodici cattolici che avevano criticato Berlusconi. Il voto cattolico è importante per Berlusconi e ai cattolici importano le leggi berlusconiane in difesa della scuola privata cattolica e dei privilegi economici tipo l’esenzione della tassa ICI per gli immobili del clero cattolico in cui si svolgano attività commerciali o la truffa vera e propria dell’8 per mille. Il giorno dopo, grande risalto al fatto che, grazie al divorzio da Veronica Lario, Berlusconi potrà essere riammesso al sacramento della comunione durante la messa!

When news first broke of his divorce and Lario's allegations regarding "minorenni", international observers speculated that the story might destroy il Cavaliere. But In fact, he remains as popular as ever. Why?
Perché il suo contro-racconto è stato rapidissimo e pervasivo, mentre sua moglie (la vittima) è stata zittita e insultata come una poco di buono e come cornuta (“Libero”, editoriale del direttore Feltri). La propaganda dell’Agenzia Stefani funziona e Berlusconi ne è un maestro. Sua moglie lo conosce da trent’anni e lo ha definito un uomo malato. Ecco un’altra domanda che avrei fatto a Berlusconi, se fossi stato ospite di “Porta a porta”: di che malattia sta parlando sua moglie, presidente?

What are the implications of the Berlusconi regime on the long-term future of italian democracy?
Il danno è già stato fatto. Siamo un Paese non pienamente libero. Gli italiani hanno disimparato che come cittadini hanno dei diritti e dei doveri. E occorreranno decenni perché gli italiani imparino di nuovo a rispettare le leggi, come era naturale invece negli anni passati anche grazie all’esempio dei grandi politici di allora: De Gasperi, Einaudi, La Malfa, La Pira, Dossetti, Berlinguer, Pertini, Scalfaro.

You won your case in court. What kind of reaction did you get?
I giornali ne hanno parlato senza troppo risalto nelle pagine interne (eppure era una notizia bomba: immagina Paul Merton che vince la causa contro Gordon Brown!), mentre la notizia della querela di Berlusconi contro di me era stata data in prima pagina.

Do you hope to return to tv?
Ovviamente. La tv non è un hobby: è il mio lavoro e c’è un pubblico numeroso che stravede per me (e io per loro). Il maccartismo è immorale e illegale.

Under which circumstance, do you believe satire can return to italian popular culture?
La satira italiana non se n’è mai andata. E’ solo sparita a forza dalla tv. Ma i censori dimenticano una cosa: il tempo è dalla nostra parte (Mick Jagger).

Si dice il corrotto ma non il corruttore

Fonte:

Immagine di Roberto Corradi



“Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”. Lo dice Gesù all’apostolo 
Tommaso, che ha dovuto infilare la mano nella piaga del costato per credere nella resurrezione. 

Il processo Berlusconi-Mills (noto a tutti, grazie a un’informazione serva, soltanto come il “processo Mills”: si diceva il corrotto, ma non il corruttore) non ha nulla di spirituale né di trascendente. E’ una sporca storia di corruzione, il paradigma del modus operandi di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana. Un grande corruttore che ha sempre comprato tutto e tutti, avendo sempre avuto la fortuna di incontrare gente comprabile. 

lI suo gruppo 
comprava la Guardia di Finanza perché chiudesse gli occhi sui libri contabili taroccati. Comprava politici, da Craxi in giù, in cambio di leggi à la carte.Comprava giudici, da Vittorio Metta in giù, per vincere cause civili perdute in partenza, come quella che scippò la Mondadori a De Benedetti per dirottarla nelle mani del Cavaliere. Pagava persino la mafia, per motivi facilmente immaginabili. Per sapere tutto questo non era necessario attendere la sentenza di ieri: bastavano tutte le altre, emesse negli ultimi 15 anni nella beata indifferenza della quasi totalità della stampa e della totalità della televisione, per non parlare della cosiddetta opposizione. 

Ora il Tribunale di Milano ci informa che il Cavaliere comprò con 600 mila dollari anche un falso testimone, il suo ex consulente inglese David Mackenzie Mills (che gli aveva costruito un sistema di 64 società occulte, nei paradisi fiscali), per garantirsi “l’impunità e i profitti” nei processi Guardia di Finanza e All Iberian. Il tutto nel 1998-99, quando era giàtravestito da politico, aveva già guidato un governo e si accingeva a guidarne altri due. Ma anche questo si sapeva da anni. O meglio: lo sapeva chiunque avesse dato un’occhiata alle carte del processo o ne fosse stato informato. La sentenza doveva semplicemente sanzionare penalmente una condotta già assodata. Perché uno dei due protagonisti, David Mills, aveva confessato tutto al suo commercialista Bob Drennan, in una lettera che pensava sarebbe rimasta top secret: “… la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato curve pericolose, per dirla in modo delicato) aveva tenuto Mr B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo… Nel 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi… 600 mila dollari furono messi in un hedge fund… a mia disposizione…”. 

Purtroppo per lui (e per “Mr B.”), Drennan lo denunciò al fisco inglese
, così la lettera finì sul tavolo dei pm milanesi. Interrogato a botta calda, Mills confessò a verbale che era tutto vero, salvo poi ritrattare con una tragicomica e incredibile retromarcia. La sentenza di ieri aggiunge la sanzione a ciò che chi voleva o poteva sapere già sapeva: il nostro presidente del Consiglio è, per l’ennesima volta, un corruttore, per giunta impunito per legge. Ha comprato un testimone in cambio di una falsa testimonianza. Un reato commesso per occultarne altri, a loro volta commessi per nasconderne altri ancora. Ora che è di nuovo al governo, per garantirsi l’impunità non ha più bisogno di corrompere nessuno: gli basta violare la Costituzione con leggi come la Alfano, approvata e promulgata nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto contrastarla e respingerla. La stessa indifferenza, salvo rare eccezioni, ieri ha accolto un verdetto che in qualunque altro paese avrebbe portato su due piedi all’impeachment. Lo stesso silenzio di Mills. Che però, almeno, si faceva pagare bene. 

Milano, Alabama

Fonte:


Foto di rbanks da flickr.com 

Probabile che Matteo Salvini, il leghista che
chiede posti prioritari per i milanesi sul metrò, sappia nulla di Rosa Parks e della sua storia lucente. Rosa Parks era una donna nera di Montgomery, Alabama. Quando l’1 dicembre 1955 decise di sedersi in uno dei posti dell’autobus riservato ai bianchi, aveva 42 anni. Lavorava come sarta in un grande magazzino. Stava tornando a casa e aveva avuto una giornata dura. Rimase seduta per una manciata di fermate. Poi salirono dei bianchi. Il conducente le ordinò di alzarsi. E lei, che lo aveva fatto mille altre volte, rispettando la legge dell’Alabama che riservava ai negroes gli ultimi posti in fondo all’autobus, decise di disobbedire: “Non mi alzo”. Il conducente fermò l’autobus, chiamò due poliziotti che arrestarono Rosa Parks. 

Per protesta la comunità afroamericana, guidata dal giovane reverendo 
Martin Luther King, decise che nessun nero sarebbe più salito sugli autobus di Montgomery, fino a quando non fosse stata cancellata la segregazione razziale. Il boicottaggio durò 381 giorni. Durante i quali tutti i neri andavano a piedi, oppure in automobili strapiene, oppure in bicicletta, e gli autobus vuoti rimanevano nelle rimesse. Il 19 dicembre 1956 la Corte Suprema degli Usa - su richiesta dei difensori di Rosa Parks, condannata a 10 dollari di multa - dichiarò incostituzionali le leggi della segregazione. Il giorno dopo Martin Luther King e il reverendo bianco Glen Smith salirono sull’autobus e si sedettero uno di fianco all’altro. Oggi quell’autobus è in un museo, Rosa Parks sta nel cielo dei giusti, Obama abita alla Casa Bianca, e Matteo Salvini fa il capogruppo della Lega a Milano.