venerdì 13 marzo 2009

L'occupazione sostenibile

Fonte:
http://www.comunivirtuosi.org/

Grandi opere, ecoincentivi, permessi di costruire, condoni: molti tentativi si rincorrono per cercare vie da esplorare per vincere una crisi complessa.

Vorrei provare a fornire una proposta al governo e ai decisori. Abbiamo una grande opportunità in Italia per creare posti di lavoro a costo ridotto per la società: promuovere la raccolta differenziata di tipo domiciliare.

Le amministrazioni virtuose italiane che hanno già intrapreso questa via hanno dimostrato come il cambiamento della raccolta rifiuti da stradale a domiciliare, con una raccolta differenziata integrata, necessita almeno del 50% di manodopera in più.

In pratica servire i 45milioni di italiani, che ancora non lo sono, con raccolta domiciliare, significherebbe creare circa 100.000 posti di lavoro diretti.

Un intervento di questo tipo ha tre considerazioni immediate: richiede tempi di attivazioni rapidissimi, dell’ordine di mesi, come si direbbe per le grandi opere è immediatamente cantierabile; dà ordine al sistema dei rifiuti riportando le materie nei canali corretti contribuendo al contenimento della produzione complessiva, aumentando l’efficienza degli impianti di smaltimento, garantendo un maggior controllo di filiera evitando conferimenti fraudolenti; aumenta la qualità (non solo la quantità) delle materie prime seconde, creando ulteriori posti di lavoro nel comparto del recupero, quantificabili in ulteriori 100.000 posti di lavoro. Comparto a dura prova della crisi globale, ma certamente più flessibile dell’industria classica che si basa sull’utilizzo delle risorse naturali prime, distanti e costose.

Ovviamente tutto ciò ha un costo: la raccolta e il trattamento post raccolta costano mediamente il 30 – 50% in più dell’attuale costo di raccolta. È altresì vero che in questo modo diminuiscono i costi alla collettività dello smaltimento finale (discariche in particolare) e il modello nell’arco di 3 anni può raggiungere un nuovo equilibrio. Si tratta di sottrarre risorse dallo smaltimento per investirle nelle raccolte.

In termini ancor più visivi si tratta di smetterla di buttare biglietti da 100 euro sotto terra e darli alle persone. Se poi il governo decidesse di investire per contenere l’aumento di costi dello start up l’intera operazione il costo complessivo potrebbe aggirarsi attorno ai 900 milioni di euro. Meno di un miliardo di euro per 200.000 posti di lavoro!

Roberto Cavallo - Presidente AICA (Associazione Internazione per la Comunicazione Ambientale)

Pannelli fotovoltaici da arance, mirtilli e melanzane

Fonte:

Celle fotovoltaiche organiche

Saranno sul mercato il prossimo anno i pannelli solari organici porodotti dall’italiana Polo Solare Chose (Center for Hibrid and Organic Solar Energy), nato dalla collaborazione tra Regione Lazio, che ha disposto un finanziamento di 6 milioni di euro e Università di Tor Vergata, curatrice della parte scientifica.

L’idea è quella usare il meccanismo della fotosintesi clorofilliana, per ricavare energia da materiali naturali e a costi contenuti.

Celle fotovoltaiche organiche

Celle fotovoltaiche organiche Celle fotovoltaiche organiche

Queste celle solari, utilizzano i composti del carbonio e sono strutturate a “sandwich” con un substrato o di vetro o di plastica morbida e da pellicole molto sotili che contengono il composto fotoattivo tra due elettrodi: alcuni materiali assorbono la radiazione luminosa e altri la trasformano in energia rilasciandola. I pigmenti, derivati dall’antocianina, per ottenere questo tipo di energia organica sono molteplici, si va dai frutti di bosco, alle bucce delle arance agli spinaci e i costi si riducono notevolmente: 2 euro per watt prodotto.

Spiega Aldo Di Carlo docente e responsabile del progetto:

la linea avrà inizialmente una produzione limitata a 10.000 metri quadri l’anno, con un costo contenuto. Questo permetterà al prodotto di penetrare nel settore delle piccole e medie imprese.

Ed ecco qualche caratteristica tecnica rilevata dal documento Fonti rinnovabili panoramiche e prospettive:
Efficienza della singola cella = 6% su aree (0.5 cm x 0.5 cm)
Efficienza del modulo = 2.6% su un area attiva di (13.5 cm2)
Shelf life > anno
Dyesol test accelerati di tempo di vita:
22 anni per Europa Centrale
13 anni per Europa del Sud

Attualmente sono coinvolti nel progetto 6 gruppi di Tor Vergata (Ingegneria e Chimica), 5 gruppi esterni (UniFerrara, UniSapienza, PoliTorino, UniTorino e CNR) e una società di ricerca (Labor).

Renzi, più Bush che Obama

Fonte:

Passano pochi giorni della clamorosa vittoria di Matteo Renzi nelle primarie per il candidato Pd a sindaco di Firenze. E subito il giovane Obama italiano (così è stato definito dai fans e dai media) dice con coraggio la sua opinione su una di quelle questioni che richiedono coraggio, capacità di andare controcorrente e di contraddire l’invadente autorità religiosa. Dunque il tipico atto non facile e non conveniente che rivela la tempra di un Obama.

Ecco la prova di Matteo Renzi. Non è ancora sindaco di Firenze. E’ solo presidente della provincia, con supervisione su alcune strade e alcuni edifici scolastici. Potrebbe tirarsi indietro. Ma è giovane, è l’Obama italiano, ha coraggio italiano, e gli sembra doveroso correre il rischio.

Qualcuno, a Firenze, ha proposto la cittadinanza onoraria per Beppino Englaro, papà di Eluana. Vuol dire dirgli grazie per il coraggio che ha avuto nel rispettare, durante diciassette anni, la Costituzione italiana nel corso della sua dolorosissima vicenda. Ma anche per la sua determinazione a esigere che le autorità di questo Paese, l’Italia, rispettassero quella legge-guida nonostante il diverso parere dell’autorità religiosa.

Entra in scena Matto Renzi, neocandidato Pd a sindaco di Firenze il cui nuovo segretario, Franceschini, ha appena giurato sulla Costituzione.

Il giovane Renzi è colui che rappresenterà alle elezioni di Firenze ciò che è nuovo, progressista, coraggioso. Ed ecco che l’Obama fiorentino dice un chiaro, alto, giovane e moderno :“NO, MAI. No a Englaro cittadino di Firenze. Non vedete? Divide la città! E’ antipatico a molta gente, è visto da tutti (leggi cattolici teocon) come un brutto simbolo”. O,come ha detto un po’ meglio monsignor Betori dell’arcidiocesi di Firenze: “Uno che ha compiuto un atto nefasto, offensivo e distruttivo”.

Ora, ammettiamolo, Matteo Renzi un certo coraggio ce l’ha. Infatti ci vuole coraggio per dire no con tanto vigore a una piccola, nobile proposta. Ma il coraggio è come un motore, dipende dove ti porta. Il motore morale e politico di Matteo Renzi sorpassa all’indietro non solo Obama ma anche il laico avversario di Obama, McCain. 

La nuova, moderna Firenze (che vuole Matteo Renzi, Pd) punta all’indietro verso Bush e al miglior fondamentalismo cristiano.

Furio Colombo

In natura non si producono i rifiuti

Fonte:http://www.terranauta.it/a867/rifiuti_e_riciclo/in_natura_non_si_producono_i_rifiuti.html
I processi e le reazioni chimiche che hanno permesso la vita sul nostro pianeta nel corso di questi lunghissimi anni non producono rifiuti. È stato necessario creare l’uomo per diffondere questa grande invenzione! Ecco quanto è emerso dall'intervento del Prof. Gianni Tamino al convegno "RIfiuto: RIduco, RIciclo".
di Salvina Elisa Cutuli

fotosintesi
La fotosintesi clorofilliana è un processo fondamentale per l'economia della natura
In natura i rifiuti non esistono perché la natura non produce rifiuti.

Questa non è la formula che riassume il risultato finale di una ricerca scientifica, ma la semplice realtà dettata dallo studio analitico dei processi che contraddistinguono le reazioni chimiche naturali.

La natura ha una sua economia che si basa su un capitale naturale - la materia - e su una energia disponibile gratuitamente come quella del sole. Il pianeta è un sistema chiuso, ma non isolato, quindi scambia energia ma non la materia che rimane nel pianeta.

Questo l'esordio del Prof. Gianni Tamino al convegno "RIfiuto: RIduco, RIciclo" tenutosi a Gambettola lo scorso 25-26 ottobre, con il suo intervento dal titolo "Non bruciamoci il futuro".

Il Prof. Tamino ha spiegato come la stragrande biomassa che noi vediamo (qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici o alla produzione di ammendante agricolo, che rappresenta una sofisticata forma di accumulo dell’energia solare) è alimentata e garantita dall’energia solare che, catturata dalle piante attraverso appositi pigmenti, crea lo zucchero, una molecola complessa.

Durante questa reazione si produce l’ossigeno che si potrebbe considerare come scarto o “rifiuto”, ma in realtà, per noi umani l’ossigeno è fondamentale nel processo di respirazione che ci permette di demolire lo zucchero e ricavare l’energia necessaria. Gli scarti e i rifiuti della nostra respirazione sono la Co2 e l’acqua, entrambi fondamentali per il processo clorofilliano delle piante.

La materia organica di cui siamo fatti è frutto di una trasformazione continua di materia organica in materia inorganica grazie alle piante che sono i produttori primari alimentati dal sole. Ad eccezione di una piccola quota che entra in sistemi inorganici come le rocce o i giacimenti di carbone, di petrolio e di metano, complessivamente la materia viene tutta riciclata.

biomasse
Le biomasse sono alimentate e sostenute dall'energia solare
Questo ciclo potrà verificarsi finché ci saranno due condizioni fondamentali:

- la biodiversità degli organismi viventi sufficiente a mantenere i cicli;

- l’energia solare, l’ unica fonte energetica necessaria.

Analizzando superficialmente i diversi processi naturali ci si accorge che nel corso delle reazioni chimiche non vengono prodotti rifiuti e se anche venissero prodotti, alla fine ognuno di questi troverebbe una collocazione in un ciclo naturale. È proprio questariciclicità in presenza di energia solare ad aver permesso la vita nel corso di questi milioni di anni.

L’uomo, invece, sembra essere totalmente nemico di questo principio divenendo un grande “creatore” di rifiuti.

Tutti i processi produttivi umani sono determinati da un flusso di energia fossile ed esauribile come petrolio, carbone e uranio e avvengono mediante la combustione. Il risultato ottenuto è un prodotto commerciale che deve “necessariamente” durare poco per aumentare i consumi e una gran quantità di rifiuti inquinati e non riciclabili. Gli ossidi di azoto - che le combustioni in natura producono solo in presenza di elevate temperature che permettono appunto una reazione dell’azoto con l’ossigeno - hanno “invaso” il pianeta a seguito dei numerosi processi di combustione avviati dall’uomo. Gli ossidi di azoto hanno dato origine a particolati, metalli pesanti, monossidi di carbonio, ossidi di zolfo, polveri sottili e diossine. Tutti prodotti che non si riciclano.

Anche di Co2, di per sé riciclabile, ne viene prodotta una quantità talmente elevata rispetto a quella riciclabile, che si accumula creando l’effetto serra. Dalla rivoluzione industriale in poi la sua è stata una crescita esponenziale. Pure i rifiuti, soprattutto da 50 anni or sono, vengono prodotti a dismisura perchè per "uscire dalla crisi bisogna consumare di più".

termovalorizzatore
Il fumo nocivo di un inceneritore
Anziché optare verso una diminuzione della produzione dei rifiuti e un riciclaggio di questi, si incentivano le costruzioni di nuovi inceneritori pensando di risolvere il problema rifiuti con un semplice processo di combustione di cui adesso conosciamo qualche conseguenza. Bruciando si accelera il processo di non soluzione che porta ad una strada senza uscita.

Circa l’80% dei rifiuti è riciclabile, si potrebbe benissimo potenziare questa percentuale grazie ad una diminuzione di rifiuti a monte. Ma questa forse non è la strada più redditizia!

Confrontando l’economia della natura con quella dell’uomo ci si accorge che la natura utilizza una fonteinesauribile che non costa nulla, il sole.

La percentuale di energia solare utilizzata nel pianeta nei vari processi e dall’insieme degli organismi viventi attraverso la fotosintesi clorofilliana è meno dell’1%.

L'intervento del Prof. Tamino è fondamentale per capire che giustificare l’utilizzo di fonti fossili non rinnovabili sostenendo che l’energia solare non è sufficiente a ricoprire tutte le richieste dell’uomo è solo una scusa riprovevole.

L’energia solare sarà disponibile per altri 4/5 miliardi di anni, impariamo ad utilizzarla!

Crolla il traffico merci

Fonte:


Marco Cedolin
La notizia viene riportata all’interno di un articolodella Stampa nella sezione cronaca di Torino e riguarda il traffico merci fra Italia e Francia ai valichi piemontesi e valdostani, ma la situazione risulta essere molto simile un po’ dappertutto in Italia, dal momento che secondo un’analisi della Fita Cna datata 23 gennaio 2009, sarebbero oltre 10.000 le aziende di autotrasporto destinate a chiudere i battenti entro la fine dell’anno.
La diminuzione dei traffici merci è iniziata nel 2001 con il deteriorarsi della situazione economica, ma nell’ultimo anno ha raggiunto livelli davvero imponenti. Al valico del Frejus, in Valle di Susa, i transiti dei mezzi pesanti sono diminuiti del 25%, al tunnel del Monte Bianco di circa il 20% ed a Ventimiglia del 16%. A causa di questa enorme riduzione dei transiti merci ai valichi di frontiera, il traffico risulta essere diminuito del 13,1% anche sulla tangenziale di Torino e sull’autostrada Torino – Aosta, secondo i dati diffusi dall’Ativa che gestisce entrambe le tratte.

La notizia resterà con tutta probabilità relegata nel novero della cronaca locale, in quanto troppo scomoda per tutta la schiera di “cantastorie” edesperti da salotto buono che continuano pedissequamente a giustificare proprio con l’incremento esponenziale del traffico merci, la necessità di costruire sempre nuovi tunnel, nuove linee ferroviarie ad alta velocità e nuove autostrade. Mentre la movimentazione delle merci, in virtù di una crisi economica tanto profonda quanto destinata a protrarsi molto a lungo nel tempo, risulta in fase di rilevante e progressiva riduzione, l’Italia sta investendo e si appresta ad investire decine di miliardi per costruire grandi opere destinate proprio al trasporto delle merci, che dovrebbero affiancare quelle esistenti, attualmente sottoutilizzate.
Il lavori di costruzione del doppio tunnel del Brennero (BBT) della lunghezza di 55 km stanno per partire, dopo che l’opera è stata formalmente inaugurata dal presidente Napolitano nello scorso mese di aprile 2008. Al Frejus, proprio dove il crollo del traffico risulta maggiore, stanno per aprirsi i cantieri relativi alla costruzione di un secondo tunnel parallelo che benché venga spacciato come canna di sicurezza, avrà le stesse dimensioni di una normale galleria autostradale. Sempre in Val di Susa il governo ha confermato la volontà di procedere in tempi brevi allo scavo del tunnel di 54 km sotto al massiccio dell’Ambin, che risulta parte integrante del controverso progetto TAV Torino-Lione, senza preoccuparsi minimamente del fatto che oltre alla totale mancanza dei traffici ferroviari (la linea ferroviaria attuale risulta sfruttata al 35% delle proprie potenzialità) stanno diminuendo in maniera sempre più marcata anche quelli su gomma.
Quando i lavori saranno terminati, dentro a questi tunnel e sulle relative infrastrutture di accesso non ci sarà con tutta probabilità nulla da trasportare, ma questo ovviamente è di secondaria importanza per tutti coloro (ultimo in ordine di tempo l'architetto Fuksas) che vivono di slogan e sono soliti plasmare la realtà ad uso e consumo dei propri padroni.

giovedì 12 marzo 2009

Lo Stato "democratico"

Fonte:



Sabato 28 Febbraio a Bergamo. Stato di polizia: ecco come si trattano i manifestanti pacifici. La polizia a Bergamo carica dei manifestanti ne isola alcuni e sono manganellate. Per difendere una sede di forza nuova cioè dei fascisti. I primi 30 secondi sono senza audio ma acoltate bene l'audio successivo e guardate le immagini.

De Magistris: "Avevo scoperto la nuova P2"

Fonte:


Brunu Vespu e Pigu Battistu

Fonte:



Vignetta di BandanasPer due sere di fila, Porta a Porta ha processato i due rumeni che non hanno commesso lo stupro della Caffarella. Appena usciti dal tribunale, avvocati e poliziotti si trasferivano al TeleRiesame per proseguire il dibattito, anzi il dibattimento, spiattellando verbali a favore di telecamera. Vespa trasmetteva il filmato della confessione (poi ritrattata) del “biondino” e domandava perché mai uno dovrebbe accusarsi di un reato che non ha commesso. Poteva chiederlo a David Mills, ma lui non si occupa di queste inezie. Già, che accadrebbe se circolasse il video-interrogatorio di Mills (18-7-2004) e qualcuno lo trasmettesse, come ha fatto Vespa con quello di Alexandru Loyos (18-2-2009)? Saremmo sommersi di strilli contro la gogna mediatica, la violazione della privacy e del segreto (che su atti depositati non esiste). 

Invece, trattandosi di rumeni, silenzio di tomba: l’insetto ha detto che il video “è stato messo a disposizione nostra e degli altri organi d’informazione”, senz’aggiungere che la legge-bavaglio Al Fano, da lui più volte applaudita, gli avrebbe vietato non solo di mostrarlo, ma anche di parlarne. Pena la galera. Per fortuna, a denunciare la “persecuzione politico- giudiziaria”, l’”ossessione forcaiola”, la “ghigliottina mediatica” che fabbrica “mostri in effige” (sic), rammentando la sacra “presunzione d’innocenza”, ha provveduto Pigi Battista in un vibrante fondo sul Corriere. Anzi no, mi dicono che queste parole Battista le ha scritte per Mastella, Del Turco, D’Alfonso e Margiotta, peraltro mai scagionati. Per Mastellu, Del Turcu, D’Alfonsu e Margiottu, c’è tempo.
(Vignetta di Bandanas)

mercoledì 11 marzo 2009

L’Iran?… no, e’ l’Italia a presentare un emendamento per bandire Facebook

Fonte:

L’Iran?… no, e’ l’Italia a presentare un emendamento per bandire Facebook

Pubblicato martedì 24 febbraio 2009 in Olanda

[de nieuwe reporter]

L’UDC e’ il partito ‘di opposizione’ della destra con piu’ deputati perseguiti penalmente. Giampiero D’Alia, senatore del partito, ha recentemente redatto l’emendamento 50bis per mezzo del quale siti come Facebook e Youtube potrebbero essere chiusi sul territorio nazionale su richiesta del Ministero degli Interni. L’emendamento e’ stato approvato come parte del grande pacchetto sicurezza del governo italiano.

Il network Facebook cresce in maniera velocissima in Italia. Un grafico mostra la crescita esponenziale di Facebook comparandolo a Myspace, Blogger e Splinder. Il sito contava 4.149.320 registrazioni a novembre dello scorso anno, mentre nel febbraio di quest’anno e’ cresciuto del 55,59%, fino a 6.455.960 registrazioni.

La comunita’ italiana di Facebook mostra un vivace e intricato groviglio di contatti. Gli studenti italiani hanno spesso usato Facebook lo scorso autunno per le loro proteste contro i cambiamenti nel sistema scolastico. Un programma TV su Gaza in cui un giornalista se ne era andato via arrabbiato, ha comportato numerose reazioni sul sito. Nel frattempo la questione di Eluana Englaro, sfruttata dalle logiche politiche e del vaticano in modo estremo, e’ stata a lungo discussa anche su Facebook mentre sono stati inseriti online ‘testamenti biologici’ come conseguenza della tragedia di Eluana.

Pacchetto sicurezza

L’emendamento 50bis di D’Alia e’ parte del piu’ grande ‘pacchetto sicurezza’ che in passato ha reso possibile la presenza dell’esercito e polizia extra a Napoli e in altre zone, e che prevede sull’isola di Lampedusa una sorta di Alcatraz per immigranti illigali. Il parlamentare motiva il suo emendamento nominando siti come Facebook in cui nei mesi scorsi sono comparsi gruppi che idolatrano mafiosi di primo ordine come i siciliani Toto’ Riina e Bernardo Provenzano e il camorrista napoletano Cutolo, o la organizzazione terroristica delle Brigate Rosse. Questi gruppi non contano che circa duecento membri. Gli altri gruppi italiani con decine di migliaia di soci su Facebook portano invece nomi di famosi giudici uccisi dalla mafia.

In un’intervista con il settimanale L’Espresso il senatore D’Alia ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Nel caso di simili contenuti dannosi il ministero intimera’ il provider che avra’ pertanto due possibilita’: o accettare, e quindi cancellare i contenuti indicati, o non farlo. Nell’ultimo caso diviene complice di chi inneggia a Provenzano e Riina, e si da’ ragione pertanto della soppressione del sito.[...] Lo stesso vale per i video su Youtube, che concernono lo scambio di offese e minacce tra gli utenti, e vale anche per i commenti sui blog”.

Protesta

Subito si sono formati gruppi di protesta su Facebook contro l’emendamento di D’Alia. Ma non sono le prime proteste italiane contro le limitazioni alla liberta’ di espressione sul web. E non sono nemmeno i primi tentativi per regolare la comunicazione digitale.

Infatti nel 2007 su iniziativa di un parlamentare, ancora dell’ UDC, fu oscurato un sito italiano. E’ accaduto a causa del gioco-video flash-based Operation Pedopriest. Il gioco nel 2007 e’ stata la provocatoria risposta dei mediartisti di Molleindustria al documentario della BBC ‘Sex, Crime and the Vatican’.

A giugno di quell’anno Luca Volonte’, all’epoca a capo dell’UDC al Senato, protesto’ presso tre ministri che il gioco aveva lo scopo di attaccare la Chiesa e il Papa Benedetto XVI. Richiese pertanto ai ministri di prendere dei provvedimenti urgenti in modo che la liberta’ d’espressione non diventasse un alibi per giustificare l’offesa di sentimenti umani e religiosi e soprattutto della religione cattolica.

l Ministero degli Interni fece sapere che il sito era stato gia’ ispezionato dalla giustizia, e gli artisti tolsero il loro sito dal web, “per non peggiorare la situazione del nostro web provider, che è responsabile legalmente per tutto il contenuto’. Dopodiche’, come era prevedibile, il gioco e’ rimbalzato ed e’ stato copiato in Italia e all’estero.

Un mese piu’ tardi e’ stato registrato un dominio online dal nome lucavolonte.eu per una parodia, una copia quasi esatta del sito di Volonte’, con l’Operazione Pedopriest ben in vista.

Il sito e’ stato prontamente chiuso a causa della ’sostituzione di persona e calunnia a mezzo stampa’. Ma non e’ ancora finita, perche’ ora il sito si trova con la stessa parodia negli USA. Voci dicono che il PM italiano stia valutando se presentare una richiesta internazionale alle autorita’ americane.

Emigrazione

L’emendanmento 50bis comportera’ probabilmente nel contesto internazionale una emigrazione di siti e servers fuori dall’Italia, sull’esempio della crescente emigrazione di gente dal Paese.
Facebook e Google hanno intanto reagito in modo scosso all’emendamento 50bis di D’Alia. Marco Pancini di Google Italia ha detto alla stampa di non essere d’accordo con “queste leggi ad aziendam. [..] Qui si ha a che fare con reati di opinione”. Pancini fa sapere che “la polemica circola a livello internazionale e la cosa continua ancora.[..] C’e’ una corrente all’interno della politica contro l’industria internet e il mondo degli utenti” afferma Pancini. Facebook paragona l’emendamento ad un blocco dei binari a seguito di graffiti indecenti nella stazione.

La formulazione dell’emendamento trova origine nell’esigenza di combattere il culto dei mafiosi nei gruppi di Facebook ma in pratica avra’ il carattere di una censura vera e propria che si estendera’ anche a siti come Youtube. Le aziende della telecomunicazione sono ritenute responsabili della cancellazione dei contenuti incriminati con multe fino a 300.000 euro. Per il provider sara’ forse piu’ semplice chiudere un intero sito che andare in cerca di un aspetto di un contenuto illegale su una certa piattaforma.

Skype

Il prossimo mezzo di comunicazione digitale che diventera’ forse bersaglio del governo italiano e’ Skype. L’intercettazione telefonica di un trafficante di cocaina e’ sotto l’attenzione da un paio di mesi: ” Ne riparliamo di nuovo su Skype di quei due chili di cocaina”.

PS. In questo momento c’e', sempre in relazione al ‘pacchetto sicurezza’ del governo italiano, un provvedimento per bandire le intercettazioni telefoniche nel corso di inchieste giudiziarie. I giornalisti e i giornali sono punibili (fino a 3 anni) se scrivono su persone indagate o nominano i magistrati legati all’inchiesta o, ancora, se informano su processi non ancora conclusi.

PPS. Gabriella Carlucci del PdL (il partito di Berlusconi) attraverso la proposta di legge 2195 vuole “assicurare la legalita su internet” per cui, secondo lei, il governo dovrebbe nominare un comitato che vigili che ogni testo online sia riferito riconducibile all’autore”. In altre parole, con tale proposta di legge si vuole che l’anonimato sulla rete giunga a termine. La proposta, nelle intenzioni di chi l’ha formulata, si vuole abbia valore anche fuori dai confini geografici italiani. La proposta non e’ ancora ufficiale, ma alcune parti circolano gia’ sul web.

[Articolo originale di Cecile Landman]

Guerrilla Gardening: come liberare il giardiniere che è in te

Fonte:http://www.terranauta.it/a857/cultura_ecologica/guerrilla_gardening_come_liberare_il_giardiniere_che_e_in_te.html
Nato in America negli anni '70, il Guerrilla Gardening è una forma di giardinaggio politico, di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambientalisti. E' legato alla permacultura o alle problematiche inerenti ai diritti della terra. Lo scopo è quello di rimodellare ed abbellire con piante e fiori le zone dimesse della città. Ma come funziona praticamente?
di Martina Turola

Guerrilla gardening
Angoli urbani prima e dopo la cura...
Sembra proprio che l'inizio del nuovo millennio abbia segnato la popolarità di una parola, "guerriglia", proprio in un periodo storico in cui di guerriglie, oramai, se ne vedono ben poche. Si sa però che la ricontestualizzazione è caratteristica della modernità. Così si sente parlare sempre più spesso diguerrilla marketing, termine con il quale si intende la promozione pubblicitaria non convenzionale che utilizza creativamente i mezzi di comunicazione, il passa parola e le potenzialità dei social network.

Ma non è quello che interessa a noi, perché in questo caso stiamo per parlare di "Guerriglia Gardening". Liberiamoci subito da equivoci, vista la premessa fatta: non si tratta di nessuna nuova tecnica di promozione di un marchio di fertilizzanti, né di attrezzi di giardinaggio, bensì, di "una forma di giardinaggio politico, di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambientalisti". Così viene definito da Wikipedia, che evidenzia anche come questi movimenti siano legati alla permacultura o alle problematiche inerenti ai diritti della terra.

Ma come funziona praticamente? Molto semplice. Si individua un pezzo di terra abbandonato, magari in un'area cittadina che avrebbe proprio bisogno di un po' di verde. Poi ci si arma di pale e badili e si parte con l'azione/attacco. Lo scopo è quello di rimodellare ed abbellire con piante e fiori le zone dimesse della città.

Vi sono gruppi di giardinieri guerriglieri che agiscono di notte, in segreto, e poi magari pubblicano sul web le prove fotografiche delle loro incursioni. Ve ne sono altri invece che lavorano più apertamente, cercando di coinvolgere le comunità locali.

Il logo dei Guerrilla Gardening
Il logo dei Guerrilla Gardening
"Qualcuno ha detto che i guerriglieri del verde fanno di notte quello che le amministrazioni comunali dovrebbero fare di giorno … ed è verissimo", si legge sul blog i fiori del bene.

Difficile non pensare ai figli dei fiori, agli anni '70, ed è infatti proprio da questa matrice culturale che nasce il movimento. Anno di nascita ufficiale 1973, quando Liz Christy e il suo gruppo Green Guerrilla, nella area di Bowery Houston a New York, trasformano un derelitto lotto privato in un giardino.

Dopo trent'anni questo spazio è ancora ben tenuto grazie alla cura di alcuni volontari e alla protezione del dipartimento parchi di New York. Pare addirittura che ve ne sia traccia nella Bibbia e, sempre su Wikipedia, si fa riferimento a ”due celebrati giardinieri di questo genere, attivi prima del conio del termine Guerrilla gardening: Gerald Winstanley e The Diggers (gli zappatori) nel Surrey England, nel 1649, e John Chapman soprannominato>seme di mela nell'Ohio, USA, nel 1801”.

Dopo questa breve ricostruzione storica, è interessante osservare cos'è diventato il guerrilla gardening ora. Un modo per produrre cibo per i lavoratori delle piantagioni di banane Tacamiche nell'Honduras, che hanno fatto crescere illegalmente degli ortaggi sulla piantagione abbandonata, invece di lasciare la terra con la chiusura della piantagione.

Un vaso privo di piante
Spesso il "verde cittadino" è abbandonato in condizioni imbarazzanti
Un gesto politico, come raccontaUrban Activism, un blog che raccoglie spunti di attivismo per il miglioramento della vita in ambiente urbano. Dopo l'esperienza newyorkese della Green Guerrilla "i giardinieri coltivano e gestiscono autonomamente gli spazi verdi occupati, non solo coltivando, ma anche organizzando iniziative coinvolgendo il quartiere e le scuole elementari, aggiungendo al Guerrilla Gardening un’importante funzione sociale e culturale".

Quando l'azione dei singoli si unisce, assistiamo invece ad eventi di grande impatto, come nel maggio 1996, quando circa 500 attivisti affiliati con "The Land is Ours" (la terra è nostra), tra cui George Monbiot, giornalista ambientalista di "The Guardian", hanno occupato circa 13 acri di terreno abbandonato, appartenente alla Guinness, sulle rive del Tamigi nel Wandsworth, la parte sud di Londra. La loro azione voleva sottolineare quello che loro descrissero come "il terrificante misuso della terra urbana, la mancanza di case popolari, e il deterioramento dell'ambiente urbano".

O come quando, il Primo Maggio del 2000, Reclaim the Streets, un collettivo di attivisti che sostengono l'idea che gli spazi pubblici siano di proprietà collettiva, organizzò un attacco di massa di Guerrilla Gardening presso la piazza del Parlamento a Londra, con tanto di parata carnevalesca accompagnata da band di Samba mentre qualche migliaio di "giardinieri" occuparono la piazza piantando fiori e ortaggi.

Vaso con piante in città
Lo stesso vaso un po' più verde...
Una lunga storia insomma che approda in Italia con qualche ritardo, ma che vede già i suoi ferventi sostenitori, e vanta un attacco collettivo a Torino nel 2007, ad opera del gruppo Badili badala (in piemontese "bighellone") nell'ambito del meetup amici di Beppe Grillo Torino.

Andate a farvi un giro sul web, troverete guerrillagardening.it. E' un sito molto animato con tanto di consigli e idee su come realizzare una "bomba di semi", preparare "il primo attacco" e curare le proprie piantine nei giorni successivi, ma anche su come salvare le piante spontanee. Perché“a volte, più importante di piantumare nuove piante è scovare gli alberelli che nascono spontaneamente”.

Il Cavaliere e le papere

Fonte:


Vignetta di Roberto CorradiDunque il Cavaliere vorrebbe che i parlamentari non votassero più in aula. Basta con queste lungaggini della vecchia politica. Basta con questi riti tanto cari alla sinistra. Lo facessero (al massimo) per delega. Delega a chi? Ai capigruppo. Diciamo una decina in tutto. Magari neanche in aula, direttamente a Palazzo Grazioli, mentre lui mangia il tris di pasta. Chi è d’accordo alzi la mano, benissimo, e lei, laggiù, l’astenuto, mi versi un po’ d’acqua, per favore. 

Tutto più rapido, più efficiente, più moderno. Come accadeva durante i suoi antichi consigli di amministrazione. Quelli che lui presiedeva in via Rovani, a Milano, ai tempi eroici della tv commerciale e delle holding e delle pupe di Drive in, con il Confalonieri seduto alla sua destra e poi Galliani, Dell’Utri, Bernasconi, Foscale, eccetera. 
Unanimi tutti al suo volere. E incantati, nei rari momenti di silenzio, dal fruscio di ciabatte che si sentiva provenire dal piano di sopra, dove viveva ancora nascosta al mondo (e alla prima moglie e al sacerdote) la silente Veronica. Per quattro  lunghi anni, quando si dice il sentimento. 

Beati i molti politologi che di giorno in giorno intravedono nello sguardo acuto del  Cavaliere, nelle sue azioni e minacce, l’embrione dello statista che si perfeziona, si evolve, insieme con la sua primigenia idea di 
governo aziendale, autoritario, piramidale, che cede ai contrappesi della democrazia. Non sanno (o fanno finta di non sapere) che per lui vale e varrà per sempre l’imprinting delle papere di Lorenz. Le quali, nel suo caso, nuotano nello stagno in plastica di Milano Due, con palestre, piazzette, vigilanza armata intorno, transenne all’entrata, niente poveri tra i piedi. Il logo aziendale in ogni aiuola. E in ogni famiglia, una seconda moglie in soffitta.

La gomma del Ponte

Fonte:

Marco Cedolin
Pubblicato su Terranauta
Come un chewing gum masticato per troppo tempo ed ormai privo di gusto, anche il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, sembrava potere ambire come unica destinazione al cestino della spazzatura. Durante il biennio del Governo Prodi il controverso progetto del Ponte che fin dal momento del suo concepimento aveva finito per dividere anziché unire gli italiani, pareva infatti destinato definitivamente ad obliare nel novero delle opere ciclopiche che mai sarebbero state cantierizzate. Il tutto dopo 40 anni di chiacchiere e ipotesi assai fantasiose, costate al contribuente italiano oltre 160 milioni di euro, sotto forma di consulenze e stipendi dispensati a pioggia.

Il governo Berlusconi, nell’ambito del pacchetto di finanziamento del valore di quasi 18 miliardi di euro, dedicato alle grandi infrastrutture, varato lo scorso 6 marzo con l’ambizioso proposito di 
sostenere il rilancio dell’economia italiana, ha invece deciso di puntare proprio sulla costruzione del Ponte sullo Stretto. Decisione concretizzatasi nello stanziamento di 1,3 miliardi di euro (circa il 20% del costo previsto dell’opera) da parte del Cipe, per dare il via all’inizio dei cantieri.

La scelta di destinare cospicue risorse finanziarie nella realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina non può mancare di destare tutta una serie di perplessità.
Si tratta di una grande opera il cui costo previsto risulta elevatissimo, 6,1 miliardi di euro nelle previsioni destinati come minimo a raddoppiare durante la realizzazione come sempre avviene in questi casi, che peseranno sulle spalle dei contribuenti incrementando il peso del debito pubblico, senza che esistano serie prospettive di ritorno dell’investimento.

I lavori di costruzione, destinati a protrarsi per almeno 10 anni, determineranno impatti ambientali e sociali di grossa rilevanza a fronte di ricadute assai modeste in termini di utilità dell’opera.

Una volta ultimato, il Ponte somiglierà ad una vera e propria cattedrale nel deserto costituito da due regioni (Sicilia e Calabria) le cui infrastrutture stradali e ferroviarie versano in uno stato disastroso. Basti pensare che in entrambe le regioni oltre la metà delle linee ferroviarie non sono ancora elettrificate e la maggior parte delle tratte (90% in Sicilia e 70% in Calabria) sono costituite da un binario unico. La concentrazione di tutte le risorse finanziarie per consentire la costruzione del Ponte, rischierà inoltre di prolungare a tempo indefinito questo gap infrastrutturale, rendendo in questo modo ancora più stridente il contrasto fra una costosissima mega opera faraonica e il contesto di assoluta arretratezza del sistema dei trasporti che la circonda, mettendone ancora più in evidenza il carattere di scarsa utilità.
In ultima analisi occorre inoltre sottolineare come il Ponte dovrebbe sorgere su un’area ad elevatissimo rischio sismico, scarsamente adatta ad ospitare un’infrastruttura di questo genere.
Anche con l’ausilio di molta fantasia risulta difficile immaginare come i miliardi investiti nel Ponte (1,3 miliardi di euro), nel TAV Tortona – Genova meglio conosciuto come Terzo Valico e Milano – Verona (2,7 miliardi di euro) e nel MOSE (800 milioni di euro) possano contribuire a risollevare il nostro paese dalla crisi economica. Al contrario l’apertura di cantieri per grandi opere che negli anni peseranno sul bilancio pubblico per decine di miliardi di euro, rischiano di precipitare ancora più in basso le nostre già disastrate finanze.

martedì 10 marzo 2009

Una tassa bellissima

Fonte:http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/



Vignetta di NatangeloCome al solito è solo una questione di soldi. Tanti soldi. Per arginare almeno un po' la crisi finanziando i sussidi di disoccupazioneservono almeno 10 miliardi di euro. Dove trovarli? Una risposta ricca di buon senso l'ha fornita l'ex ministro per l'attuazione del programma del governo Prodi, Giulio Santagata. Il 14 febbraio Santagata ha proposto di introdurre anche in Italia una tassa patrimoniale. Ma l'idea non è risultata troppo popolare: quasi tutte le forze politiche hanno preferito ignorarla, mentre l'Italia dei Valori(ormai fatta scomparire dai tg e dalle colonne dei giornali) ha timidamente detto che ci sta riflettendo sopra. 

Niente di sorprendente. Di fronte alla parola "tasse" i nostri politici prendono paura. In passato molte elezioni sono state vinte o pareggiate in nome dell'abolizione dei balzelli. Ma questo, appunto, era il passato. La prospettiva di trovarsi nei prossimi mesi a dover governare un Paese in cui 
i senza lavoro diventano milioni, dovrebbe spingere a qualche riflessione in più. Tassa patrimoniale non vuol dire infatti prelevare denaro dalle tasche di tutti i cittadini, o colpire i semplici proprietari di un appartamento o di un pezzo di terra. 

I numeri, del resto, parlano chiaro. In Italia la ricchezza delle famiglie ammonta, secondo Banca d'Italia, a 8000 miliardi di euro. Il 10 per cento di esse ha però in mano il 50 per cento del tesoro (oltre 4000 miliardi). 
È lì che bisogna andare a trovare i soldi. Ovviamente non dovranno essere tassati i beni produttivi, non si pagheranno cioè tasse sulla proprietà delle imprese. A essere tassato sarà invece il resto. E, visto che solo l'8 per cento di quei 4000 miliardi è ricollegabile all'attività d'impresa, la base imponibile (cioè il pezzo di tesoro sul quale il fisco può intervenire) toccherebbe i 3500 miliardi.

Non tutti i proprietari comunque dovranno pagare. Santagata propone, anzi, che il prelievo scatti solo a carico di chi possiede immobili, terreni e titoli per 
più di 5 milioni di euro. Fatti due conti si scopre così che basterebbe un intervento del 3 per mille per far incamerare allo Stato 10 miliardi.
Sarebbe impopolare una tassa del genere? No, perché riguarderebbe solo un parte minima della popolazione. Che, oltretutto, non verrebbe particolarmente vessata. Il 3 per mille di 5 milioni equivale a 15 mila euro. Un sacrificio accettabile anche per quei ricchi che nel 2009-2010 si troveranno a 
fare i conti con la propria coscienza tutte le volte che per strada incontreranno chi è rimasto disoccupato. Una decisone doverosa da parte del governo che per far fronte al peggio vuole aumentare l'età pensionabile (delle donne, ma non solo) e crede che per far ripartire l'economia basti il via libera a una nuova cementificazione selvaggia del Paese
(Vignetta di Natangelo)