domenica 8 febbraio 2009

CAPONETTI (ANTIRACKET): ANCHE I VIGILI URBANI CHIEDEVANO IL PIZZO

fonte:
http://www.addiopizzo.org/public/tg10_06-02-2009.pdf

di Giuseppe D′Onchia

A Gela anche i vigili
urbani chiedevano
la tangente. Ne sarebbe stato
vittima Renzo Caponetti (nella foto),
commerciante all’ingrosso di
prodotti alimentari ed attuale presidente della locale
associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Era il 2004.
Lo racconta lo stesso Caponetti nel libro di
prossima uscita che si intitola “No al pizzo,
imprenditori siciliani in trincea”. Il volume curato da
Gabriella De Fina e pubblicato da Thor Editrice, si
compone di 224 pagine e raccoglie le testimonianze di
chi, in Sicilia, si è ribellato al pagamento della
tangente. La presentazione è affidata a Ivan Lo Bello,
presidente di Confindustria regionale. Tra coloro i
quali hanno voluto denunciare, attraverso il proprio
racconto, le vessazioni di cui sono state vittime, negli
anni, due gelesi: oltre a Renzo Caponetti, anche
Rosario Amarù, titolare di un’avviata azienda leader
nella meccanica di precisione ed attuale vice
presidente di Confindustria Caltanissetta. Caponetti
racconta fatti sempre segreti, tra cui quello dei due
vigili. I due agenti di polizia municipale, in divisa, si
presentarono al deposito di Caponetti e con fare
minaccioso gli chiesero il pagamento dei soldi. La
vittima denunciò tutto alla Polizia. I due vigili furono
sospesi per un po’, ma come afferma lo stesso
presidente dell’Antiracket, adesso sono in servizio,
regolarmente. Nel libro, Caponetti sostiene che quanto
racconta è’ quasi uno sfogo, perché qualcuno deve
sapere tutto quello che ho passato. Il presidente
dell’antiracket, chiarisce che non ha mai pagato alle
bande estorsive che si sono puntualmente presentate,
perché ha sempre vissuto in un mondo dove la legalità
era al centro dell’attenzione. Ha sempre denunciato
tutto agli investigatori, facendo nomi e cognomi. Gli
hanno chiesto anche 50 milioni subito e un pagamento
regolare di un milione al mese. Per registrare le
telefonate intimidatorie, in quegli anni, si serviva di
una ventosa sull’apparecchio collegata ad un
registratore. I delinquenti gli hanno bruciato tre
autovetture. E se non potevano prendersela con lui
(che girava sempre armato, più per passione che per
altro) gli estorsori minacciavano i commercianti che
acquistavano i suoi prodotti. Un suo cliente fu
picchiato selvaggiamente. Tutto questo avveniva nel
periodo compreso tra il 1986 e il 1988. Poi, dice
Caponetti, scoppiò la guerra di mafia ed alcuni che mi
chiedevano i soldi, furono ammazzati. Caponetti,
conclude il suo lungo racconto, svelando anche un
retroscena tragico che non ha mai rivelato a nessuno,
neanche ai familiari. Il 30 maggio del 2004, qualche
mese dopo essere stato nominato presidente
dell’antiracket, mentre transitava in pieno centro, fu
aggredito da sconosciuti, armati di catena. Stramazzò
al suolo e fu ricoverato: i malviventi gli ruppero due
costole. L’anno dopo, volevano ucciderlo. Era in sella
alla sua moto, quando si accorse che dietro di lui, su
un’altra moto, un ragazzo stava per prendere una
pistola. Caponetti si buttò a terra e le costole che si
erano appena saldate si riaprirono. Estrasse la pistola
e si difese. Da quel momento vive sotto scorta.