di Pierfranco Pellizzetti, da il Secolo XIX
Siamo proprio sicuri che tutto il Partito Democratico sia in lacrime dopo la tremenda batosta alle regionali sarde?
Di certo non lo sono i dirigenti locali interessati a qualche affaruccio edilizio sulla costa, cui il Governatore uscente - Renatu Soru - aveva creato un po’ di fastidi con la sua politica delle aree e dei vincoli. Un braccio di ferro che mandò in tilt la maggioranza che lo appoggiava. Tanto da costringerlo ad andare alla conta elettorale anticipata proprio per vincere tali resistenze sottotraccia. Il primo avversario occulto contro cui l’imprenditore prestato alla politica ha dovuto combattere la sua battaglia finita male. Ma anche riprova che il partito non tiene sotto controllo gli interessi affaristici periferici. Per i quali - in Sardegna - è meglio Silvio Berlusconi e il suo guardaspalle Ugo Cappellacci, molto meglio il modello di sviluppo fondato su centri fitness e cemento a tutto spiano, del troppo poco accomodante compagno di partito.

Poi ci sono le conferme per i vincitori: quando c’è da catturare un voto il piazzista-Berlusconi non lo tiene proprio nessuno (specie se il partito avversario si dedica all’autolesionismo), il blocco sociale aggregato dalla Casa delle Libertà continua a tenere alla grande; nonostante la crisi economica in aggravamento e le patenti inadeguatezze del governo in carica. Cose ormai risapute. Come risaputa e ulteriormente confermata è l’incapacità dell’opposizione di attrezzare contromosse minimamente efficaci, di evitare almeno gli autogol.
Mentre dall’America arrivano zefiri che potrebbero ritendere le vele delle navicelle progressiste (come è stato per il primo centro-sinistra quando alla Casa Bianca sedeva John Kennedy, o per le varie Terze Vie imperante Bill Clinton), qui siamo ancora ai puri movimenti di organigramma interno. Con i “margheriti” che insidiano, grazie a una maggiore compattezza di cordata e l’età anagrafica più bassa, il numero pur ancora prevalente dei cinquantenni invecchiati di provenienza post-comunista, tra loro l’un contro l’altro armati. Anche in questo caso ne abbiamo una recentissima avvisaglia: la vittoria alle primarie fiorentine per il sindaco di Matteo Renzi, nonostante (o grazie a) la dichiarata ostilità dei Veltroni e dei Dalema.
(18 febbraio 2009)