martedì 31 marzo 2009

NON DOBBIAMO TRADIRLI

fonte:

Di Solange Manfredi


Ieri sono stata alla giornata della legalità, organizzata dall'associazione “I Grilli del Pigneto” a Genzano (Roma).

La sala era piena, molte le persone in piedi.

Nella sala spiccavano le magliette, i cappellini e i cartelloni con la scritta: Io sto con Giachino Genchi.

E Gioachino Genchi era lì. Una presenza silenziosa la sua, simbolica.

Ma le parole di Salvatore Borsellino sono state chiare: “Abbiamo paura che Gioachino Genchi, lasciato solo, possa venire eliminato. Non solo professionalmente e personalmente, cosa che è già stata fatta, ma anche fisicamente”.

Non solo, dunque, una giornata in cui si è parlato di legalità, di democrazia, di giustizia ma, sopratutto una giornata in cui tutti i presenti hanno voluto lanciare un messaggio forte a quei “poteri” che vorrebbero isolare Gioachino Genchi: 
Gioachino Genchi non è solo.


Chi è Gioachino Genchi?

Gioachino Genchi, vice questore della polizia di stato, da 20 svolge l'attività di consulente dell'autorità giudiziaria. E' un consulente informatico.

Da qualche mese a questa parte Genchi subisce attacchi violentissimi, dalla politica, dalla stampa, dalle istituzioni. Attacchi basati sulla menzogna, sulla calunnia. Attacchi tesi a delegittimare, ad isolare, sicuramente a massacrare personalmente ed eliminare professionalmente.

Lo hanno accusato di aver intercettato illegalmente milioni di italiani.

Ma Gioachino Genchi non ha mai intercettato nessuno, il suo lavoro è quello di incrociare tabulati telefonici, ovvero numeri. E, quando ha fatto questo, lo ha fatto perché incaricato da una procura, ovvero legittimamente.

Lo hanno accusato di aver esaminato, e conservato, illegalmente, i tabulati telefonici di 13 milioni di italiani. Si è poi scoperto che i Ros avevano basato questa loro affermazione sul sequestro, a Giachino Genchi, degli elenchi del telefono. (Se non si dovesse tremare davanti a tanta superficialità, commessa da uomini che dovrebbero rappresentare l'elitè dell'Arma dei Carabinieri, ci sarebbe da rotolarsi per terra dalle risate)

Lo hanno sospeso dal servizio, levandogli tesserino, pistola e manette perché reo di essersi difeso, in maniera peraltro assolutamente moderata e civile, dall'accusa di un giornalista che su Facebook gli dava del bugiardo.

Difendere il proprio onore è stato considerato così grave da comportare la sospensione dal servizio.
Meno grave, tanto da non venir sanzionato, è stato considerato il comportamento di quei poliziotti che si sono resi responsabili del massacro del G8 e della scuola Diaz.

Meno grave è stato considerato il comportamento del Generale Mori che, dopo le stragi di Capaci e Via D'Amelio, ha portato avanti una “Trattativa” con la mafia. Eppure nella sentenza che assolveva il generale Mori dal reato di favoreggiamentro a Cosa nostra si legge:

Non può non rilevarsi che nella prospettiva accolta da questo decidente l'imputato Mori pose in essere un'iniziativa spregiudicata....Questo elemento, tuttavia, se certamente idoneo all'insorgere di una responsabilità disciplinare, perché riferibile ad una erronea valutazione dei propri spazi di intervento, appare equivoco ai fini dell'affermazione di una penale responsabilità degli imputati per il reato contestato

Oggi Mori è nuovamente sotto processo, a Palermo, per aver favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano. Processo ovviamente di cui la stampa si guarda bene di parlare, ma che c'è.

Eppure il Generale Mori non è mai stato sottoposto a procedimento disciplinare, mai stato sospeso, solo nuovi incarichi, sino ad essere nominato capo dei servizi segreti. Dall'ottobre del 2001 alla fine del 2006 ha diretto il Sisde, il servizio segreto civile. Oggi dirige l'ufficio per la sicurezza della capitale d'Italia

Genchi, per aver difeso il suo onore da un giornalista che gli dava del bugiardo, invece, è stato sospeso dal servizio.

Qualsiasi persona di buon senso capisce che qualcosa non va.

Ma perché fa tanta paura Genchi?

Perchè Genchi sa.

Cosa sa è lui ha dircelo in una intervista pubblicata su questo blog (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/02/intervista-gioacchino-genchi.html )

“.....E l'attacco che viene fatto nei miei confronti parte esattamente dagli stessi soggetti che io avevo identificato la sera del diciannove luglio del 1992 dopo la strage di via D'Amelio, mentre vedevo ancora il cadavere di Paolo Borsellino che bruciava e la povera Emanuela Loi che cadeva a pezzi dalle mura di via D'Amelio numero diciannove dov'è scoppiata la bomba, le stesse persone, gli stessi soggetti, la stessa vicenda che io trovai allora la trovo adesso!
Ancora nessuno ha detto che io sono folle. 
Anzi, sarò pericoloso, terribile ma che sono folle non l'ha detto nessuno. Bene allora quello che io dico non è la parola di un folle perché io dimostrerò tutte queste cose. E questa è l'occasione perché ci sia una resa dei conti in Italia. A cominciare dalle stragi di via D'Amelio e dalla strage di Capaci. Perché queste collusioni fra apparati dello Stato, servizi segreti, gente del malaffare e gente della politica, è bene che gli italiani comincino a sapere cosa è stata."



Per questo fa paura Genchi. Perchè probabilmente potrà raccontarci la verità su quella trattativa tra Stato e mafia, perchè, probabilmente, potrà spiegarci e provare perchè oggi la massoneria e la mafia sono al governo.

Per questo chi combatte per la giustizia ha paura che non basti delegittimare, calunniare, massacrare professionalmente e personalmente Genchi, ma teme possa subire un incidente, o possa venire suicidato o, ancora, possa venir fatto morire di infarto.

Tanti, troppo uomini onesti sono morti perchè noi non sapessimo la verità.

Tanti, troppi uomini onesti sono morti perchè dei criminali potessero oggi sedere in Parlamento.

Tanti, troppi uomini onesti sono morti perchè oggi, capito il meccanismo, la gente onesta, come è accaduto ieri, non si stringa intorno a Gioacchino Genchi per far sapere al potere occulto che
Genchi non è solo...e non si tocca!

Ieri Salvatore Borsellino ha concluso il suo intervento leggendo uno scritto di Pietro Calamandrei stupendo che riporto:


"....Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore. Assai poco chiedono in verità i nostri morti, non dobbiamo tradirli".


E' vero, non dobbiamo tradire i nostri morti, ma ancor di più non dobbiamo abbandonare i vivi. Dobbiamo difenderli, far sentire loro che non sono soli, proteggerli con la nostra presenza quotidiana ed attenta.

Coloro che, come dice Clamandrei, sono morti “
senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere” sono morti anche perché, quando è partito il terribile meccanismo, noi non siamo stati lì a far quadrato intorno a loro. Li abbiamo lasciati soli, non ripetiamo lo stesso errore.