domenica 5 aprile 2009

DAL G7 AL G192: LA CRISI INTERROGA TUTTI.

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Il mondo è in attesa. Gli occhi di tutti sono puntati sul G20 del 2 aprile a Londra, aspettando soluzioni concrete e strategie efficaci per uscire dalla crisi.
L’opinione pubblica tiene sotto pressione i Governi dei venti paesi più potenti del mondo: quelli che dalla seconda guerra mondiale guidano il sistema economico e quelli che sono entrati dopo nel Club, in virtù dei loro strepitosi tassi di crescita. I primi non hanno saputo prevenire il disastro, i secondi non lo hanno fermato.
A Londra dovrebbero trovare un accordo su tutto: i tassi d’interesse, le valute, i paradisi fiscali, i regolamenti bancari, gli stipendi dei manager, la riforma delle istituzioni di Bretton Woods, i piani per l’occupazione, quelli contro la povertà…
L’impresa risulta ancora più ardua, se si pensa che finora i vari incontri dei Grandi (G20, G7, G8) non hanno saputo sciogliere i nodi dell’economia e della finanza, i sorrisi e le foto di gruppo hanno a malapena mascherato la distanza delle posizioni e l’assenza di soluzioni condivise.
Un vuoto decisionale reso ancora più grave dalla presunzione di proporsi come l’unico luogo deputato a trattare i problemi economici del mondo.
Il G7 (allora G5) venne inventato a metà degli anni Settanta, proprio quando le Nazioni Unite stavano mettendo a punto il progetto di un Nuovo Ordine Economico Internazionale.
La crisi petrolifera scoppiata nel 1973 fece vacillare il modello di sviluppo basato sull’industrializzazione e rimise in discussione i rapporti di forza tra paesi produttori di materie prime e paesi industrializzati.
I paesi più potenti, vedendo minacciata la loro posizione dominante, decisero di avocare a sé ogni negoziato sulle questioni economiche e finanziarie. Il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, governati da quegli stessi paesi, ne avallarono la decisione. Così, il confronto e le decisioni sulla finanza e l’economia sono state definitivamente sottratti all’ONU e alle sue agenzie sul commercio (UNCTAD), il lavoro (ILO), lo sviluppo (UNDP), l’ambiente (UNDP).
Il disastro in cui ci troviamo comprova che quella scelta non fu né efficace né lungimirante, ma proprio una congiuntura così drammatica ci impone di andare oltre le recriminazioni.
E’ in gioco la “stabilità e l’equità” delle relazioni economiche e finanziarie internazionali, come ha ben intuito la Commissione Speciale, costituita lo scorso gennaio dal Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e presieduta dal premio Nobel Joseph Stiglitz.
Il G8 rappresenta solo il 13% della popolazione mondiale e non può decidere per tutti i popoli del pianeta. Bisogna cambiare metodo, e per questo la Commissione fa riferimento al G192, vale a dire a tutti i paesi membri dell’ONU: solo da una proposta di riforma allargata e condivisa, infatti, può risultare un cambiamento reale e profondo.
La Commissione ha un programma di lavoro serrato che prevede il confronto con il G20 e il G8, l’interlocuzione con le principali istituzioni internazionali, il dialogo con il settore privato e la consultazione della società civile.
Si stanno analizzando quattro grandi filoni: regole finanziarie, questioni multilaterali, questioni macroeconomiche e riforma dell’architettura finanziaria globale, al fine di sottoporre una proposta di riforma all’ High-level Conference che si terrà al Palazzo di Vetro dall’1 al 4 giugno.
Banca Etica, attraverso la sua Fondazione Culturale, ha preso parte alla consultazione della società civile, focalizzando il proprio contributo sulla regolamentazione della finanza. Secondo quanto afferma la Commissione, il confronto su questo aspetto ha lo scopo di “capire come riportare la finanza alla sua funzione originaria per sostenere l’economia reale e gestire in rischi in modo più equo; come modificare i sistemi e le strutture di regolazione verso meno speculazione e maggiore stabilità, come sostenere con la finanza gli obiettivi dell’occupazione dignitosa e dell’economia verde”.
Non avevamo la certezza che il nostro parere venisse accolto, in quanto non abbiamo lo status consultivo alle Nazioni Unite, siamo però riusciti a farci ascoltare in virtù della nostra specifica esperienza, che viene espressamente citata nel documento che conclude la consultazione, a cui hanno partecipato circa cento grandi reti e organizzazioni internazionali.
Il documento contiene, per così dire, le ricette della società civile per uscire dalla crisi. Molte sono le questioni sollevate e altrettante le proposte avanzate: dall’abolizione del sistema bancario ombra al divieto di utilizzare i derivati per beni vitali come il cibo e l’energia, dalla canalizzazione delle rimesse per progetti sostenibili all’introduzione di tasse globali per finanziare gli obiettivi del Millennio.
I suggerimenti di Banca Etica riguardano, tra l’altro, l’inclusione nella valutazione del rischio degli aspetti sociali ed ambientali (come fa la nostra Banca con il proprio modello di rating), prevedere negli accordi di Basilea un regime specifico per le imprese sociali e le cooperative, ridurre la portata del segreto bancario, sostenere con una normativa adatta il microcredito e la microfinanza.
Non possiamo prevedere l’esito del processo in corso: navighiamo a vista in un mare in tempesta, dobbiamo decidere se naufragare tutti o salvarci insieme approdando su una nuova terra.

Sabina Siniscalchi 
Fondazione Culturale Responsabilità Etica