La percezione di insicurezza rispetto ai fenomeni criminali in Italia da parte dei cittadini e delle
imprese è in aumento, nonostante il numero dei reati in Italia nel 2008 sia diminuito dell’11% (e
del 12% le rapine), e che l’Italia si collochi, secondo le rilevazioni dell’Eurostat in tema di
delinquenza, al quarto posto in Europa per il numero di crimini denunciati. Per il 24,5% delle Pmi
negli ultimi due anni è peggiorato il livello di sicurezza. Due imprese su tre destinano in media il
2% dei propri ricavi al sostegno dei costi per la sicurezza. Ciò implica che una quota rilevante dei
margini lordi (tra il 10% e il 25%) è destinata ad essere sottratta al reddito degli imprenditori o
agli investimenti per spese connesse alla sicurezza e alla sopravvivenza stessa dell’attivita’. Il
4,1% delle Pmi considera la possibilita’ di trasferire altrove la propria attività o di
cederla a causa del rischio di rapine, furti o estorsioni. Tra le cause principali della criminalità, il
71,1% degli imprenditori indica l’impunità dei criminali e la mancanza di certezza della pena, il
31,6% l’immigrazione clandestina, il 22%
il degrado urbano e sociale, anche in termini di mancanza di infrastrutture.
E’ quanto emerge da un’indagine su Criminalità, sicurezza e Pmi realizzata da Confcommercio in
collaborazione con Format - Ricerche di Mercato, e presentata oggi, a Palermo, in un convegno
presso la Sala Gialla di Palazzo dei Normanni, nell’ambito della sesta tappa del Roadshow PMI di
Confcommercio.
Secondo Confcommercio la lotta alla criminalità organizzata sta facendo passi importanti,
aumentano di anno in anno i beni confiscati alla mafia (nel 2008 sono passate allo Stato 1.139
imprese, con una dislocazione territoriale che vede la Lombardia come terza regione dopo la
Sicilia e la Campania, e un patrimonio immobiliare superiore ai 500 mln) ma rimane pervasiva e
devastante l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia, negli
appalti e nella pubblica amministrazione. Oggi la criminalità organizzata fattura oltre 100 mld di
euro l’anno, si specializza, amplia l’ambito territoriale e diversifica le sue attività.
Le infiltrazioni della criminalita’ nel tessuto imprenditoriale
hanno innanzitutto un effetto destabilizzante sulla concorrenza e nel sistema delle imprese.
L’impresa mafiosa può, grazie a vantaggi competitivi indebiti - quali non rispettare i costi della
legalità in termini di sicurezza sul lavoro, ambiente, etc, piuttosto che ottenere forniture a prezzi
ridotti, ma soprattutto
grazie alla pressochè illimitata disponibilità di risorse finanziarie - dare l’impressione di creare
benessere sul territorio, ma in realtà contribuisce solo ad affossare il mercato, mortificare la
libertà d’impresa e impedire il
dispiegarsi di una compiuta democrazia economica.
Nella lotta al racket e alla criminalità organizzata Confcommercio, secondo quanto emerso nel
corso del convegno di Palermo, ha scelto una strada che la vede, anche attraverso le
organizzazioni territoriali, “al fianco dei propri associati impegnati a collaborare con le forze
dell’ordine e la magistratura
denunciando gli estorsori durante i processi a loro carico, fornendo supporto legale e costituendosi
parte civile contro la mafia”; ma allo stesso modo con fermezza e determinazione Confcommercio
ha deciso “di sospendere quegli associati che coinvolti in tali procedimenti si rifiutino di collaborare
con la
giustizia”.
Confcommercio è direttamente impegnata sul fronte della lotta all’usura e al racket anche con un
rappresentante nel Comitato di Solidarietà per le vittime del racket e dell’usura, ma sopratutto
attraverso le sue organizzazioni territoriali, che operano in stretto contatto con i Consorzi fidi
(molti dei quali gestiscono i fondi per la prevenzione dell’usura della legge 108/96), e associazioni
antiusura e antiracket, sportelli Legalita’.