Pubblicato giovedì 19 febbraio 2009 in Romania[Gândul]
Ero l’unico romeno. Gli altri erano polacchi, ungheresi, bulgari, croati, slovacchi. Ci trovavamo tutti insieme, qualche tempo fa, in una capitale occidentale. La sera, dopo le conferenze su high-tech, ci riunivamo al bar dell’albergo. Ognuno diceva come si chiamava e di dove era. Naturalmente, tutti gli altri si sono riuniti in gruppi ed hanno iniziato a discutere con passione. In modo altrettanto naturale, io, sono stato isolato. Non perchè mi chiamo Popescu, non perchè fossi un mostro con le corna, non perchè non parlassi inglese. Quando sentiva che ero romeno, ognuno prendeva le distanze da me. E non si trattava di uomini politici o giornalisti, ma di esperti di computer. La sensazione che ho vissuto allora, da solo davanti alla mia birra, non la dimenticherò mai.
Ancora di più capisco quei romeni che lavorano onestamente in Italia e che ora hanno paura di entrare in un locale pubblico. Se fossi al posto loro, cercherei, comunque, di riflettere sul fatto che gli italiani che picchiano i romeni in quanto romeni, non si differenziano molto dai romeni violentatori. Ma anche che si tratta di stupri, non del furto di un pezzo di pane perchè si è disoccupati e non si sa cosa dare da mangiare ai propri figli. Lo stupro è la forma più grave di furto: significa depredare il corpo di un essere umano. Che la maggioranza dei predatori di corpi in Italia ha la cittadinanza romena, è un fatto. Esso può avere anche una spiegazione derivante dal mentale collettivo nello spazio carpatico-danubiano. Qui, la violenza sessuale, quando non è aggravata dall’omicidio, è considerata un semi-reato, è trattata quasi con complice divertimento: “Ma si, dai, che le è piaciuto anche a lei!”, “Che ringrazi, la zitella!”, “Qualcuno doveva pur iniziarla, la tipa!”
Orgogliosi a livello teorico e patriottico del loro potenziale virile, “col quale abbiamo sbaragliato gli ungheresi”, i maschi romeni, tra i quali, stando alle statistiche, un terzo ha problemi di erezione, non vogliono comprendere come lo stupro possa uccidere psichicamente una donna, distruggere una ragazza.
Noi romeni che capiamo questo, dobbiamo anche capire – senza doverlo anche accettare – il fatto che le reazioni della società italiana sono inevitabili: i neofascisti si agitano, i politici estremisti cercano di ottenere capitale politico dalla propaganda antiromena, una parte dell’opinione pubblica assorbe questa propaganda; riguardo agli organi di stampa dello Stivale, ho sentito una dichiarazione inedita dell’ex ministro degli Esteri Cioroianu: dice che lo stato romeno deve prendere misure giuridiche contro la stampa italiana! Come se i nostri colleghi “maccheronari” procedessero diversamente dalla nostra stampa “polentona”, che esplode quotidianamente in isteria, stridore, cinismo e aggressività cieca!
Come se la dichiarazione dell’attuale ministro degli Esteri, Diaconescu, relativamente alla “xenofobia” del governo italiano, non fosse stata anch’essa un grido patriottardo, con il quale ci si vuol nascondere la realtà che il PRM [NdT: Acronimo per Partidul România Mare (Partito Grande Romania)] Acronimo per Partidul România Mare (Partito Grande Romania) , l’equivalente romeno degli estremisti italiani, reagirebbe, in una situazione simile, esattamente allo stesso modo, senza che questo implichi necessariamente un’azione di governo.
Accusare gli italiani di xenofobia mi sembra una perdita di tempo. Da una parte c’è l’attitudine folle di centinaia di albanesi kosovari che hanno iniziato sul sito Facebook una campagna di rivolta contro la coppia di cantanti MorandiDuo di musica pop romeno [NdT: Duo di musica pop romeno] per il semplice fatto che sono romeni e lo stato romeno non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo; e dall’altra parte ci sono le reazioni italiane, più o meno giustificate, alle violenze sessuali commesse a catena. Se l’ultimo dei cittadini romeni ad avere commesso uno stupro non ha considerato nemmeno per un momento le conseguenze che possa scatenare contro i romeni in un’atmosfera già fortemente carica di tensione, non possiamo pretendere dagli italiani che siano tutti equilibrati o internazionalisti.
L’unica soluzione viabile mi sembra quella di mangiare sia gli uni che gli altri - che ci piaccia o meno - maccheroni con polenta [NdT: Stanno a simboleggiare i due piatti tipici per l’Italia (la pasta) e la Romania (la polenta)]. Ovvero riconoscere che il problema dei delinquenti romeni in Italia sia un problema italo-romeno. Fino ad ora, ognuna delle due parti ha consumato energie gettando la responsabilità addosso all’altro. Per il governo, per il parlamento della Romania, coloro che sono partiti oltrefrontiera, non sono stati altro, fino ad oggi, che fornitori di miliardi in valuta o di voti ogni 4 anni. Le autorità romene non si sono stancate di dichiarare che “il delinquente non ha etnia o cittadinanza, in quanto delinquente deve essere giudicato, condannato e incarcerato nel paese dove ha compiuto il reato”. Cioè, bene che questi sono venuti da voi, sfortunati voi, cavatevela come meglio potete, stimati colleghi italiani. No, stimati governanti romeni, così come siete stati capaci di pavoneggiarvi con la bilancia valutaria sostenuta dai romeni all’estero, dovete accettare, dobbiamo accettare, che siamo obbligati a pagare per le infrazioni penali di alcuni tra loro. Questo significa forze speciali di polizia dalla Romania che collaborino continuamente con la polizia italiana. Significa una banca dati comune, nella quale siano contenuti i nomi di chi ha precedenti penali e si sposti dalla Romania in Italia e viceversa. Significa creare delle squadre miste di intervento in casi gravi. Allo stesso modo, indipendentemente dalle regolamentazioni europee, non credo che possiamo rifiutare all’Italia, un paese col quale abbiamo un rapporto particolare, la carcerazione in Romania di alcuni condannati. Se c’è bisogno di altre carceri, dobbiamo stanziare fondi dal budget.
A loro volta, le autorità italiane devono riconoscere la loro incapacità di controllare sia il fenomeno della delinquenza romena che le aggressioni antiromene nella penisola. Sono in debito nei confronti dei cittadini italiani e dei romeni che, lavorando onestamente, contribuiscono da anni alla crescita del PIL in Italia. Che arrestino e condannino i colpevoli, ma che anche proteggano gli innocenti.
E noi, romeni di Romania, ancora posseduti dalla rabbia che ci ha pervaso quando abbiamo sentito come è stato ucciso Marian Cozma in UngheriaMarian Cozma, giocatore della squadra nazionale romena di pallamano, ucciso a coltellate fuori da una discoteca in Ungheria , cerchiamo di capire cosa provano gli italiani quando le viene violentata una ragazzina di 14 anni.
[Articolo originale di Cristian Tudor Popescu]